TAR Piemonte Sez. I n. 1575 del 24 marzo 2010
Rifiuti. Obblighi di bonifica
Nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, che le competenti Autorità amministrative hanno l'obbligo di individuare e ricercare, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica, con la conseguenza che esso può essere posto a suo carico solo se responsabile o corresponsabile dell'illecito abbandono
N. 01575/2010 REG.SEN.
N. 01503/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1503 del 2006, proposto da:
Salamanno Italo, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Yeuillaz, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Maria Vittoria, 6;
contro
Provincia Torino, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Silvana Gallo e Francesca Massacesi, con domicilio eletto presso l’avv. Francesca Massacesi in Torino, corso Inghilterra, 7/9;
Comune Cirie', in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
A.R.P.A. - Agenzia Regionale Protezione Ambientale P.te, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
- dell'ordinanza in data 17.8.2006 n. 195-269050/2006 del Dirigente del Servizio Gestione Rifiuti e Bonifiche della Provincia di Torino, dott. Guglielmo Filippini, emessa ai sensi dell'art. 244 del D. Lgs. n. 152 del 3.4.2006, parte IV, titolo V, in materia di bonifica di siti contaminati, con la quale "determina di diffidare ai sensi dell'art. 244 del D. Lgs. n. 152/2006 i responsabili della situazione di inquinamento relativa al terreno sito in strada Crotti, nel Comune di Ciriè, identificato al Foglio II, particelle 136, 137, 333, 334, affinché attivino le procedure di cui al titolo V, parte IV del D.LGS. n. 152/2006, in materia di bonifica di siti inquinati ...";
- degli altri atti illegittimi presupposti, preordinati, consequenziali o comunque connessi del procedimento ed in particolare del verbale della Guardia di Finanza, Tenenza di Lanzo Torinese, del 21.4.2006, dei verbali Guardia di Finanza, Tenenza di Lanzo torinese, delle operazioni compiute il 2.12.2005 e il 6.12.2005 e dei rapporti di prova dell'A.R.P.A. Piemonte n. 2005/TO013338 e n. 2005/013339.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia Torino;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/02/2010 il Primo Referendario dott. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in oggetto, parte ricorrente espone di essere stata, negli anni ottanta, l’amministratore della società Nuova Fustoil s.n.c. di Salamanno Italo & C., con sede in Cirié, svolgente attività di rigenerazione di fusti e contenitori di materiali liquidi e solidi; la sede operativa della società si trovava presso il capannone sito in Cirié, fraz. Borche, che la Nuova Fustoil conduceva in locazione dal signor Annibale Blotto, il quale era ed è tuttora titolare di un’azienda di lavorazione di prodotti chimici.
Si espone che, all’inizio del 1988, il ricorrente acquistava uno stock di contenitori in plastica vuoti da rigenerare, che, nell’ambito dei buoni rapporti tra le parti, il signor Blotto autorizzava a depositare nell’area in proprio uso esclusivo, adiacente al cimitero di Ciriè, in via Crotti, distinta al foglio 2, particelle 136, 137, 333 e 334; i contenitori venivano depositati a circa 150 metri di distanza dalla tettoia ancora attualmente esistente lungo il confine dell’area. Pochi mesi dopo, con sentenza del 20 agosto 1988, il Tribunale di Torino dichiarava il fallimento della società Fustoil, nominandone curatore l’avv. Giorgio Minieri.
Si espone ancora che, nel maggio 2001, il ricorrente veniva identificato dagli agenti del Servizio tutela ambientale della Provincia di Torino come indagato nel procedimento penale n. 11959/2001 per il reato di cui all’art. 51 del D. lgs. n. 22 del 1997, per discarica abusiva in relazione ai contenitori depositati nell’area di via Crotti, ed invitato a rimuoverli; in data 9 maggio 2001 il ricorrente procedeva alla rimozione e smaltimento, mediante la Ecogreen Torino s.r.l., di tutti i contenitori e imballaggi, depositati dalla Nuova Fustoil nell’area di via Crotti.
Infatti, con decreto in data 8 novembre 2001 il G.I.P., su richiesta del P.M., archiviava il predetto procedimento penale (n. 11959/2001) a carico del ricorrente per discarica abusiva ex art. 51 del D. lgs. 22/1997, rilevando anche che l’indagato aveva ottemperato all’ordinanza del Sindaco e che i rifiuti erano stati regolarmente smaltiti.
Si espone ancora che, in data 26 aprile 2006, il Comune di Cirié, in seguito dell’entrata in vigore del D. lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, trasmetteva gli atti alla Provincia di Torino, che, con l’ordinanza n. 195-269050/2006 del 17 agosto 2006, impugnata con il ricorso, diffidava il ricorrente, identificato come gestore dell’area dal 1987 al 2001, nonché il signor Annibale Blotto, gestore dell’area dal 1975 ad oggi (ricorso RG. 1400-06), e alla signora Luisa Paccotti, proprietaria dell’area, alla messa in sicurezza d’emergenza, alla bonifica e al ripristino ambientale, ai sensi del D.M. 471/1999, del terreno in questione, sito in Ciriè, via Crotti, a seguito di segnalazione della Tenenza di Lanzo Torinese della Guardia di Finanza.
Secondo parte ricorrente, il provvedimento in epigrafe indicato sarebbe illegittimo, per i seguenti motivi:
1 - Violazione di legge in riferimento agli artt. 239 e ss. del D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e art. 3 D. lgs. della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza e/o insufficienza di istruttoria, mancanza di vaglio critico, sviamento, insufficienza della motivazione e contraddittorietà tra atti amministrativi; ciò in quanto, nel caso di specie, l’Amministrazione non avrebbe effettuato le indagini richieste dalla norma citata, omettendo ogni attività istruttoria, ed avrebbe erroneamente identificato il ricorrente quale gestore dell’area dal 1987 al 2001 e responsabile della situazione di inquinamento riscontrata dai tecnici dell’ARPA, benché il ricorrente fosse totalmente estraneo ai fatti; l’estraneità del ricorrente alla contaminazione asserita dall’Amministrazione emergerebbe anche sotto il profilo del nesso eziologico, che non è stato accertato dalla P.A. e che comunque non sussisterebbe; infine, il ricorrente non potrebbe in ogni caso effettuare attività alcuna sul sito, non potendo non solo disporne e neppure accedervi per mancanza di titolo giuridico.
2 - Violazione e falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 26 della legge Regione Piemonte n. 42/2000 ed all’art. 242 del D. lgs. 152/2006. Sviamento; ciò in quanto l’esistenza, sui terreni de quibus, di un’industria facente capo ad Annibale Biotto induce a ritenere la qualificazione di tali terreni come agricoli del tutto impropria, trattandosi di sito industriale.
3 - Violazione e falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 17 del D. lgs. n. 22 del 1997. Sviamento; ciò in quanto i contenitori in questione sono stati depositati nell’area di via Crotti nel 1998, anteriormente all’entrata in vigore del D. lgs. n. 22 del 1997 che, quindi, non è applicabile retroattivamente.
Si costituivano le Amministrazioni intimate chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2010, il ricorso veniva posto in decisione.
DIRITTO
Rileva il Collegio che con l’impugnata determinazione dirigenziale in epigrafe specificata, il ricorrente, individuato tra i responsabili della situazione di inquinamento riscontrata presso il terreno ubicato in Strada Crotti, nel Comune di Ciriè, è stato diffidato, a norma dell’art. 244 del D. Lgs. 152/06, ad attivare le procedure di cui al Titolo V, Parte Quarta, del D. lgs. medesimo, in materia di bonifica di siti inquinati, che prevede un ordine ai soggetti responsabili (come il ricorrente) di dare corso alle procedure di cui all’art. 242 del precitato D. Lgs. 152/06 e di presentare il Piano di Caratterizzazione alle Autorità competenti nel termine di 30 giorni dalla notifica dell’atto, con l’avvertenza che, in difetto, si procederà d’ufficio alla bonifica in conformità al combinato disposto degli artt. 244, comma 4, e 250 del cd. Codice dell’ambiente.
Tale procedura è generata dalla situazione di inquinamento riscontrata dalla Guardia di Finanza, con il sostegno tecnico dell’A.R.P.A, presso il sito di Strada Crotti, in Comune di Ciriè, identificato al Foglio 11, particelle 136, 137, 333, 334; sul terreno in questione, qualificato, in base agli strumenti urbanistici, come area agricola a verde pubblico con zona di rispetto cimiteriale, era stata riscontrata una situazione di superamento dei valori limite di concentrazione accettabili per i terreni agricoli e per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale, evidenziando la necessità di adottare le opportune misure amministrative.
In allegato al rapporto, la Guardia di Finanza trasmetteva la documentazione tecnica da cui risultava la presenza di sostanze inquinanti in concentrazioni superiori ai limiti previsti dall’art. 26 della L. R. 42/2000, ovvero di nichel ed idrocarburi totali, cobalto, cromo, tricloropropano e idrocarburi pesanti, come da rapporti di prova n. 2005/TO 013338 e n. 2005/TO 013339 dell’ARPA Piemonte, riferiti ai campionamenti effettuati il 6.12.2005 sul terreno di Strada Crotti (cfr. doc. n. 4 Amministrazione resistente).
La Guardia di Finanza dava altresì conto dell’approfondita ricerca per individuare il proprietario del sito nonché i responsabili della contaminazione, individuati nella sig.ra Paccotti Luisa quale attuale proprietaria e nei sig.ri Salamanno Italo e Blotto Annibale quali responsabili, in quanto effettivi gestori dell’area, rispettivamente, negli anni dal 1987 al 2001, il primo, e dal 1975 ai 2006, il secondo.
Non avendo i soggetti interessati ottemperato alla diffida, ed avendo entrambi impugnato il provvedimento con separato ricorso, il Comune aveva provveduto in via sostitutiva, a norma dell’ultimo comma dell’art. 244 D. lgs. 152/2006, all’esecuzione d’ufficio di misure di messa in sicurezza d’urgenza, nonché ad attivare le procedure operative ed amministrative di cui all’art. 242 del decreto medesimo ed alla richiesta di finanziamento per l’esecuzione degli interventi di cui sopra, nell’ambito del programma regionale di bonifica relativo all’anno 2008, ai sensi dell’art. 16 della L. R. 42/00.
Secondo il Collegio, il richiamo alle risultanze delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, contenuto nel provvedimento provinciale, sarebbe sufficiente ad individuare il ricorrente tra i responsabili della contaminazione ed a ricondurre all’attività del medesimo, sotto il profilo soggettivo, la contaminazione del suolo, in presenza di un positivo riscontro, che può essere anche indiziario, purché ragionevole, del nesso di causalità fra la condotta a suo tempo posta in essere dal ricorrente, in quanto titolare della Nuova Fustoil s.n.c., e la contaminazione riscontrata in relazione alle sostanze inquinanti rinvenute nel terreno.
Nel caso di specie, infatti, come risulta anche dalla comunicazione della Guardia di Finanza e dallo stesso tenore del ricorso, all’inizio dell’anno 1988 il ricorrente, in qualità di titolare della Nuova Fustoil, azienda che svolgeva attività di rigenerazione di fusti e contenitori di materiali liquidi e solidi, aveva depositato abusivamente sul terreno di Strada Crotti una rilevante quantità di fusti usati ancora da rigenerare, fusti rimasti abbandonati in loco fino all’anno 2001, quando, per evitare conseguenze di carattere penale, nonostante l’intervenuto fallimento della Nuova Fustoil, il ricorrente li fece rimuovere e smaltire a propria cura e spese prima ancora di essere destinatario di un’ordinanza comunale di rimozione.
Infatti, nel maggio 2001, il ricorrente veniva identificato dagli agenti del Servizio tutela ambientale della Provincia di Torino come indagato nel procedimento penale n. 11959/2001 per il reato di cui all’art. 51 del D. lgs. n. 22 del 1997, per discarica abusiva in relazione ai contenitori depositati nell’area di via Crotti, ed invitato a rimuoverli; in data 9 maggio 2001 il ricorrente procedeva alla rimozione e smaltimento, mediante la Ecogreen Torino s.r.l., di tutti i contenitori e imballaggi, depositati dalla Nuova Fustoil nell’area di via Crotti.
Come asserito dal ricorrente e attestato dalla comunicazione della Guardia di Finanza, nell’anno 2001 il ricorrente si è limitato a rimuovere i fusti abbandonati, senza in alcun modo preoccuparsi di verificare che essi non avessero prodotto alcun tipo di inquinamento.
Pertanto, è accertato che per 13 anni, dal 1988 al 2001, alcuni rifiuti consistenti in fusti usati già contenenti oli e grassi industriali, vuoti o parzialmente vuoti, siano stati abusivamente abbandonati sul terreno di Strada Crotti da parte del ricorrente.
Il fatto che, nello stesso 1988, la ditta del ricorrente sia stata dichiarato fallita non priva di responsabilità il ricorrente medesimo per l’abbandono abusivo dei predetti fusti, da lui steso ammesso e oggetto, nel 2001, di una sua attività volta alla loro rimozione.
Il fatto, inoltre, che, con decreto in data 8 novembre 2001, il G.I.P., su richiesta del P.M., abbia archiviato il citato procedimento penale (n. 11959/2001) a carico del ricorrente per discarica abusiva ex art. 51 del D. lgs. 22/1997, rilevando anche che l’indagato aveva ottemperato all’ordinanza del Sindaco e che i rifiuti erano stati regolarmente smaltiti, non priva di rilevanza il fatto di contaminazione riscontrato dalla Guardia di Finanza, atteso che il ricorrente, nello smaltire i fusti abusivamente depositati, non ha in alcun modo proceduto ad una valutazione circa la necessità di una bonifica del terreno.
Inoltre, dalle analisi chimiche effettuate dall’ARPA., di cui si da conto nella relazione della GdF, è evidente che, nel terreno oggetto dei campionamenti, sono state riscontrate tracce intollerabili di idrocarburi e metalli pesanti, tipicamente riconducibili al deposito ed alla movimentazione sul suolo di rifiuti industriali, quali quelli rimossi; la loro mera rimozione non è, evidentemente, sufficiente alla bonifica del terreno.
Pertanto, appare incontestabile che il ricorrente abbia autonomamente concorso a determinare, con la sua condotta, la situazione di superamento dei livelli di contaminazione nel terreno de quo, assumendo a tutti gli effetti, le vesti di responsabile dell’inquinamento tout court, avendo gestito l’area nel 1988, avendo in tale veste abbandonato i predetti fusti, non preoccupandosi, nello smaltirli, di verificare che essi non inquinassero, né segnalando tali rischi al curatore fallimentare, per attivare le procedure di bonifica tempestivamente..
Peraltro, sotto il profilo causale, anche in campo amministrativo-ambientale non può non valere la regola, codificata nel processo civile (nel leading case di cui alla pronuncia della Cassazione civile, sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581) del “più probabile che non”
Secondo tale regola, ai sensi degli art. 40 e 41 c.p., un evento è da considerarsi causa di un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo; ma l'applicazione di tale principio, temperato dalla regolarità casuale, ai fini della ricostruzione del nesso eziologico, va applicata alla peculiarità delle singole fattispecie normative di responsabilità civile o amministrativa, dove muta la regola probatoria.
Pertanto, mentre ai fini della responsabilità penale vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio, nel processo civile, così come nel campo della responsabilità civile o amministrativa, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non, facilmente riscontrabile, nella specie, in via presuntiva, dal fatto che dalle analisi chimiche effettuate dall’ARPA, di cui si da conto nella relazione della GdF, è risultato che, nel terreno oggetto dei campionamenti, sono state riscontrate tracce intollerabili di idrocarburi e metalli pesanti tipicamente riconducibili al deposito ed alla movimentazione sul suolo di rifiuti industriali, quali quelli depositati da parte ricorrete e successivamente rimossi.
Né può valere ad escluderne la responsabilità la considerazione che, non essendo egli proprietario del terreno e non potendone materialmente disporre, non sarebbe addebitabile nei suoi confronti alcuna culpa in vigilando atteso che, come detto, il ricorrente è il diretto responsabile della contaminazione, per aver abbandonato abusivamente rifiuti industriali sul terreno.
Infatti, nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, che le competenti Autorità amministrative hanno l'obbligo di individuare e ricercare, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica, con la conseguenza che esso può essere posto a suo carico solo se responsabile o corresponsabile dell'illecito abbandono (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885).
Si deve, inoltre, osservare che le rilevazioni dell’ARPA sui valori di concentrazione limite accettabili per la tipologia di terreni “area agricola a verde pubblico”, devono fare esclusivo riferimento alla destinazione d’uso dei suoli come impressa dall’ente che, al riguardo, ha competenza esclusiva, ovvero il Comune in sede di disciplina urbanistica, considerato che il D.M. 471/99 ha disciplinato i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti, così come prevista dagli strumenti urbanistici in vigore.
Infine, il Collegio rileva che la disciplina contenuta nel d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e nel D. M. 25 ottobre 1999, n. 471 è diretta a risanare anche i siti contaminati antecedentemente all'entrata in vigore di detta disciplina e che ancora necessitano di interventi (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 13 febbraio 2001, n. 987), attesa la natura di illecito permanente della contaminazione.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, I sezione, pronunciandosi sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario, Estensore
Paola Malanetto, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2010