TAR Veneto Sez. III n. 2875 del 7 luglio 2010
Rifiuti. Discarica e previo trattamento
La direttiva 26 aprile 1999, n. 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, in attuazione del principio sancito dall’art. 174 del Trattato secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, all’art. 1 afferma che in materia è perseguito l’obiettivo di prevenire e ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti. L’art. 6 della medesima direttiva pone il principio secondo il quale gli Stati membri provvedono affinché solo i rifiuti trattati vengano collocati a discarica. La regola del previo trattamento - inteso come processo fisico, termico, chimico, o biologico, inclusa la cernita, che modifichi le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero (cfr. art. 2, lett. h della direttiva) - ha lo scopo di ridurre la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l’ambiente. In applicazione del principio generale di proporzionalità - il quale implica la positiva affermazione della necessità di una misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della stretta adeguatezza rispetto allo scopo da raggiungere - al fine di evitare un inutile sacrificio economico non giustificato dal fine di raggiungere obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute, la regola del previo trattamento subisce dei temperamenti nella stessa direttiva quando superi la soglia della non necessità e dell’inidoneità rispetto allo scopo perseguito.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02875/2010 REG.SEN.
N. 01806/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1806 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Inerteco Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Biondaro e Francesco Maria Curato, con domicilio eletto presso lo studio de secondo in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, , rappresentato e difeso dagli avv.ti Ezio Zanon, Tito Munari e Francesco Zanlucchi, e domiciliata in Venezia, Cannaregio, 23;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso originario: del decreto n. 39 del 30 giugno 2009 con cui la Regione Veneto ha rilasciato ad Inerteco s.r.l. l'Autorizzazione Integrata Ambientale per l'impianto di discarica per rifiuti non pericolosi "con riclassificazione in sottocategoria di discarica di cui alla lett. a), art 7, comma 1, del D.M. 3/8/2005, ossia in discarica per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile, con deroghe ai parametri DOC e MO", nella parte in cui subordina il rilascio dell'autorizzazione al rispetto delle condizioni per il conferimento dei "rifiuti pericolosi stabili e non reattivi" contenute nelle prescrizioni nn. 11 e 13 della relazione istruttoria predisposta dagli Uffici della Direzione Tutela Ambiente;
B) quanto ai motivi aggiunti: del punto 2 del decreto n. 72 del 19 ottobre 2009, con il quale la Regione Veneto ha dato esecuzione all’ordinanza cautelare n. 845 del 9 settembre 2009.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2010 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori avv. Biondaro per la parte ricorrente e avv. Munari per la Regione Veneto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Regione Veneto al fine di eseguire un intervento di bonifica di una discarica sita in località Cà Bianca nel Comune di Zevio, classificata di “II categoria di tipo B” per rifiuti speciali non tossico nocivi, nel 1999 ha autorizzato il gestore della discarica, cui in seguito è subentrata la Società ricorrente, ad un ulteriore conferimento di rifiuti per un quantitativo utile a rendere economicamente realizzabile la bonifica.
La Regione con decreto n. 39 del 30 giugno 2009 del Segretario ambiente e territorio della Regione Veneto, riclassificata la discarica nella sottocategoria di discariche per rifiuti non pericolosi prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a) del DM 3 agosto 2005 - ovvero come discarica per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile - ha rilasciato l’autorizzazione integrata ambientale, necessaria in base alla normativa sopravvenuta.
L’autorizzazione ha ammesso delle deroghe per i parametri DOC (carbonio organico disciolto) e MO (molibdeno) rispetto ai limiti previsti dalla tabella dell’art. 6 del DM 3 agosto 2005, ed ha altresì dettato una serie di prescrizioni, tra le quali la 11 e la 13, che limitano il conferimento in discarica dei rifiuti pericolosi stabili e non reattivi, riducendoli da 128 a 3 tipologie.
Tali prescrizioni sono impugnate con il ricorso in epigrafe per le seguenti censure:
I) violazione e falsa interpretazione dell’art. 6 della direttiva 99/31/CE, dell’art. 7 del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36, dell’art. 6 del DM 3 agosto 2005 e degli artt. 2.2.1 e 2.3 dell’allegato 1 della Decisione 2033/33/CE, difetto di istruttoria e di motivazione, perché non sussiste un obbligo di trattamento preventivo dei rifiuti pericolosi stabili e non reattivi al fine del loro conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi, e pertanto non è giustificata la restrizione ai soli rifiuti identificati dai codici CER del capitolo 19 in uscita da impianti autorizzati al trattamento dei rifiuti pericolosi;
II) violazione dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, perché viene compiuta un’interpretazione che contrasta con il tenore letterale e la ratio delle norme;
III) illogicità.
Si è costituita in giudizio la Regione Veneto concludendo per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 845 del 9 settembre 2009, è stata accolta la domanda cautelare.
La Regione con decreto n. 72 del 19 ottobre 2009 del Segretario ambiente e territorio, indicando espressamente di provvedere in esecuzione dell’ordinanza cautelare, ha ammesso oltre allo smaltimento di rifiuti speciali non putrescibili e non pericolosi conformi ai requisiti del DM 3 agosto 2005, anche lo smaltimento di rifiuti pericolosi non putrescibili, stabili e non reattivi, conformi ai requisiti dell’art. 6 commi 3 e 5 del medesimo decreto ministeriale.
Il decreto, in attesa del giudizio di merito, ha dettato, al punto 2 del dispositivo, una prescrizione al tecnico responsabile della discarica, comportante l’obbligo di annotare, ai fini della loro eventuale successiva asportazione, tutti i carichi di rifiuti pericolosi non conformi al decreto n. 39 del 30 giugno 2009 del Segretario ambiente e territorio impugnato con il ricorso originario.
Tale prescrizione, ritenuta illegittima dalla Società ricorrente, è impugnata con motivi aggiunti, qualificati anche come istanza di esecuzione dell’ordinanza cautelare ai sensi dell’art. 21, comma quattordicesimo della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per le censure di elusione dell’ordinanza n. 845 del 9 settembre 2009, violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale e difetto di motivazione.
La Regione ha replicato ai motivi aggiunti chiedendone la reiezione.
Alla pubblica udienza del 27 maggio 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La Regione Veneto con decreto n. 39 del 30 giugno 2009 del Segretario ambiente e territorio ha rilasciato alla Società ricorrente, che gestisce una discarica per rifiuti speciali non tossico nocivi nel Comune di Zevio, riclassificata nella sottocategoria di discariche per rifiuti non pericolosi inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile, l’autorizzazione integrata ambientale prescritta dalla normativa sopravvenuta.
Con l’autorizzazione è stata innovatimente rideterminata la tipologia di rifiuti conferibili.
In particolare la prescrizione n. 11 della relazione istruttoria che fa parte integrante del decreto come allegato B, ha previsto che “è ammesso nel lotto 2 della discarica lo smaltimento di rifiuti speciali non putrescibili e non pericolosi conformi, fatte salve le deroghe di cui al precedente punto 9, ai requisiti del DM 3 agosto 2005; è altresì ammesso lo smaltimento di rifiuti pericolosi non putrescibili stabili non reattivi, identificati dai codici dell’elenco europeo del capitolo 19 e conformi, fatte salve le deroghe di cui al precedente punto 9, ai requisiti del comma 3 dell’art. 6 del medesimo DM 3 agosto 2005”.
L’ultimo periodo del sesto capoverso della prescrizione n. 13 ha stabilito che “relativamente ai rifiuti pericolosi stabili e non reattivi potranno essere ammessi in impianto esclusivamente i rifiuti in uscita da impianti autorizzati al trattamento di rifiuti pericolosi nei quali il produttore – detentore sia in grado di rilasciare, unitamente alla caratterizzazione di base, una dichiarazione sulla stabilità e non reattività dei rifiuti”.
In tal modo mentre prima era possibile il conferimento di un numero di 128 tipologie di rifiuti pericolosi stabili non reattivi, ora tale numero è stato ridotto a sole 3 tipologie identificate dai codici CER del capitolo 19 in uscita da impianti autorizzati al trattamento dei rifiuti pericolosi, ovvero quelli identificati dal codice “19.03.04” (rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente stabilizzati); “19.03.06” (rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati); “19.04.02” (ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi).
La Società ricorrente con il primo motivo lamenta la violazione della normativa nazionale e comunitaria le quali, a determinate condizioni, ammettono il conferimento di rifiuti pericolosi in discariche per rifiuti non pericolosi anche senza un previo trattamento, invece inderogabilmente imposto dal provvedimento impugnato.
2. Il ricorso è fondato.
La Regione nelle proprie difese afferma in primo luogo che la prescrizione imposta rientra tra quelle che la stessa può discrezionalmente introdurre ai sensi dell’art. 7, comma 2, del DM 3 agosto 2005.
L’assunto, privo di riscontri, non può essere condiviso.
Infatti le prescrizioni impugnate, nei contenuti e nelle motivazioni poste a supporto delle medesime, non consentono di farle corrispondere a quelle previste dall’art. 7, comma 2, del DM 3 agosto 2005.
Detta norma prescrive che “i criteri di ammissibilità per le sottocategorie di discariche di cui al comma 1, vengono individuati dalle autorità territorialmente competenti in sede di rilascio dell'autorizzazione. I criteri sono stabiliti, caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche dei rifiuti, della valutazione di rischio con riguardo alle emissioni della discarica e dell'idoneità del sito e prevedendo deroghe per specifici parametri. A titolo esemplificativo e non esaustivo i parametri derogabili sono DOC, TOC e TDS”.
In applicazione di tale norma, a seguito di idonei approfondimenti istruttori, la Commissione tecnica regionale nel rendere il parere n. 3564 del 27 novembre 2008 (cfr. i paragrafi 8 e 9) che costituisce l’allegato A del decreto n. 39 del 30 giugno 2009, ha ad esempio concesso deroghe ai parametri DOC e Molibdeno.
Le prescrizioni impugnate, come emerge dalla lettura del paragrafo “tipologie di rifiuto conferibili” a pag. 15 della relazione istruttoria che costituisce l’allegato B del decreto n. 39 del 30 giugno 2009, sono invece state motivate senza riferimento alle caratteristiche dei rifiuti, alla valutazione di rischio o all’idoneità del sito, ma con esclusivo richiamo al contenuto di un parere reso dalla Direzione per la qualità della vita del Ministero dell’Ambiente del 6 giugno 2008, redatto in risposta ad un quesito formulato dalla Regione, ove si legge che “i rifiuti pericolosi ammessi in discariche per rifiuti non pericolosi sono quelli identificati dai codici dell’elenco europeo del capitolo 19, in uscita da impianti autorizzati al trattamento di rifiuti pericolosi nei quali il produttore – detentore sia in grado di rilasciare, unitamente alla caratterizzazione di base, una dichiarazione sulla stabilità e non reattività dei rifiuti”.
Pertanto, dovendosi escludere che le prescrizioni contestate siano state dettate dalla Regione ai sensi dell’art. 7, comma 2, del DM 3 agosto 2005, la loro legittimità deve essere scrutinata sulla base della loro conformità o meno alla normativa nazionale e comunitaria vigente.
3. La Regione afferma che la restrizione troverebbe la propria giustificazione nel carattere eccezionale e derogatorio del conferimento di rifiuti pericolosi in discariche per rifiuti non pericolosi, e nel principio secondo il quale i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo aver subito un trattamento.
La tesi, così enunciata, si basa su una lettura parziale e non corretta della normativa vigente.
La direttiva 26 aprile 1999, n. 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, in attuazione del principio sancito dall’art. 174 del Trattato secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, all’art. 1 afferma che in materia è perseguito l’obiettivo di prevenire e ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti.
L’art. 6 della medesima direttiva pone il principio secondo il quale gli Stati membri provvedono affinché solo i rifiuti trattati vengano collocati a discarica.
La regola del previo trattamento - inteso come processo fisico, termico, chimico, o biologico, inclusa la cernita, che modifichi le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero (cfr. art. 2, lett. h della direttiva) - ha lo scopo di ridurre la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l’ambiente.
In applicazione del principio generale di proporzionalità - il quale implica la positiva affermazione della necessità di una misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della stretta adeguatezza rispetto allo scopo da raggiungere - al fine di evitare un inutile sacrificio economico non giustificato dal fine di raggiungere obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute, la regola del previo trattamento subisce dei temperamenti nella stessa direttiva quando superi la soglia della non necessità e dell’inidoneità rispetto allo scopo perseguito.
Infatti l’art. 6 della direttiva dispone che tale disposizione non si applica ai rifiuti inerti il cui trattamento non è tecnicamente possibile, né a qualsiasi altro rifiuto il cui trattamento non contribuisca agli obiettivi di cui all'articolo 1 della direttiva, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l'ambiente (il testo italiano presenta una formulazione che potrebbe far pensare alla possibilità di imporre il previo trattamento dei rifiuti anche laddove non è tecnicamente possibile o necessario; il suo significato può tuttavia essere chiarito alla luce del testo scritto in lingua inglese secondo cui “This provision may not apply to inert waste for which treatment” etc.; e alla luce del testo in lingua francese secondo cui “Cette disposition ne puet s’appliquer aux dèchets inerts etc.).
Il punto iii) della lett. c) del medesimo articolo 6 della direttiva, analogamente, dispone che gli Stati membri debbono provvedere affinché le discariche per i rifiuti non pericolosi possano essere utilizzate “per i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi (p.e. solidificati, vetrificati), con un comportamento del colaticcio equivalente a quello dei rifiuti non pericolosi di cui al punto iii), conformi ai pertinenti criteri di ammissione dei rifiuti fissati a norma dell'allegato II. Tali rifiuti pericolosi non possono essere depositati in aree destinate ai rifiuti non pericolosi biodegradabili” (il testo italiano erroneamente indica il punto iii anziché il punto ii).
L’allegato alla decisione 19 dicembre 2002 n. 2003/33/CE, che stabilisce i criteri e procedure per l'ammissione dei rifiuti nelle discariche in attuazione della direttiva, al paragrafo 2.3. individua i criteri di ammissibilità dei rifiuti pericolosi nelle discariche per rifiuti non pericolosi, fissando i valori limite del colaticcio, ma senza stabilire che i rifiuti pericolosi ammessi in discariche per rifiuti non pericolosi debbano essere stati inderogabilmente sottoposti ad un trattamento di solidificazione, stabilizzazione o vetrificazione, in quanto rinvia alle disposizioni di cui all’art. 6, lett. a) e c) punto iii) della direttiva sopra esaminati, i quali individuano i casi in cui non vi è necessità di un previo trattamento.
La normativa nazionale di recepimento, ovvero il Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36, conformemente alla direttiva, all’art. 7, al comma 1 lett. b), dispone che “i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento. Tale disposizione non si applica: a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile; b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente” e all’art. 7, comma 3, lett. c), dispone che, nelle discariche per i rifiuti non pericolosi, possono essere ammessi i “rifiuti pericolosi stabili e non reattivi che soddisfano i criteri di ammissione previsti dal decreto di cui al comma 5”.
Il DM 3 agosto 2005, attuativo del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36, all’art. 6 comma 3, si esprime nello stesso senso laddove afferma che “nelle discariche per rifiuti non pericolosi sono, altresì, smaltiti rifiuti pericolosi stabili non reattivi (ad esempio, sottoposti a processo di solidificazione/stabilizzazione, vetrificati) che: a) sottoposti a test di cessione di cui all'allegato 3 presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate in tabella 5; b) hanno una concentrazione in carbonio organico totale (TOC) non superiore al 5% con riferimento alle sostanze organiche chimicamente attive, in grado di interferire con l'ambiente, con esclusione, quindi, di resine e polimeri od altri composti non biodegradabili; c) hanno il pH non inferiore a 6 e la concentrazione di sostanza secca non inferiore al 25%; d) tali rifiuti non devono essere smaltiti in aree destinate ai rifiuti non pericolosi biodegradabili”.
Orbene, dall’excursus normativo emerge che:
- è ammesso il conferimento di rifiuti pericolosi nelle discariche di rifiuti non pericolosi quando siano stabili e non reattivi, e presentino i criteri di ammissibilità previsti dal citato art. 6 del DM 3 agosto 2005, evidenziando in tal modo un comportamento del colaticcio equivalente a quello dei rifiuti non pericolosi (come prescritto dal citato art. 6, lett. c, punto iii della direttiva 1999/31/CE);
- non è necessario un previo trattamento di solidificazione, stabilizzazione o vetrificazione ove sia analiticamente provata la presenza delle predette caratteristiche;
- nel caso di specie resta ovviamente ferma la necessità, a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi criteri di ammissibilità, di un riesame puntuale dei rifiuti pericolosi conferibili in base alla precedente autorizzazione, per eliminare quelli eventualmente non corrispondenti ai rigorosi criteri di accettabilità previsti dalla decisione 2003/33/CE e dall’art. 6 del DM 3 agosto 2005.
Ne consegue la non correttezza delle conclusioni cui è pervenuta la nota del 6 giugno 2008 della Direzione per la qualità della vita del Ministero dell’Ambiente, fatte proprie dalla Regione, e l’illegittimità, per carenza di una base normativa, della prescrizione n. 11 e dell’ultimo periodo del sesto capoverso della prescrizione n. 13, che devono essere pertanto annullate in accoglimento del primo motivo del ricorso originario, mentre restano assorbite le restanti censure, e va dichiarata l’inammissibilità dei motivi aggiunti, con i quali è stato impugnato il decreto n. 72 del 19 ottobre 2009 del Segretario ambiente e territorio adottato per dare esecuzione all’ordinanza cautelare, in quanto questo ha natura soprassessoria e i suoi effetti cessano con la sentenza di merito, cosicché le doglianze avverso lo stesso avrebbero dovuto essere esaminate ai sensi dell’art. 21, quattordicesimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
La novità delle questioni oggetto della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla le prescrizioni n. 11 e n. 13 della relazione istruttoria che fa parte integrante, come allegato B, del decreto n. 39 del 30 giugno 2009, del Segretario ambiente e territorio della Regione Veneto in epigrafe indicato, nel senso precisato in motivazione, e dichiara l’inammissibilità dei motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Elvio Antonelli, Consigliere
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/07/2010