Sentenza Tribunale di Grosseto n.793 del 9/10/2003, estensore dr.Branda Francesco Luigi
Rifiuti. Discarica (nozione)
MOTIVAZIONE
Nesti
Paolo, comandante dei vigili urbani di Grosseto, ha riferito che nel maggio
2002, a seguito di un esposto presentato da alcuni abitanti del quartiere di via
dei Barberi in Grosseto, effettuò
un sopralluogo all'interno dell'area di proprietà comunale data in concessione
al CO.SE.CA. ( Consorzio Servizi Ecologici e Ambientali) per il parcheggio di
attrezzature e di
mezzi utilizzati nello svolgimento dell'attività dello stesso consorzio.
Nel
corso del sopralluogo, verificò che
all'interno della suddetta area estesa per circa 3 mila metri quadri, erano
stati accumulati notevoli quantitativi di rifiuti provenienti dall'attività di
raccolta effettuata dal CO.SE.CA., costituiti da frigoriferi, scaldabagni,
stufe, materassi, reti da letto, materiali ferrosi e lignei; inoltre,
all'interno di una baracca posizionata sullo stesso sito, erano stati altresì
depositati altri rifiuti costituiti da
componenti di computer, materiale elettronico, bombole di gas vuote, parti di
ciclomotori.
Dopo
aver effettuato i rilievi fotografici, procedette al sequestro preventivo
dell'area, su cui, in assoluto contrasto con quanto autorizzato nel
provvedimento di concessione (parcheggio veicoli e deposito attrezzature), erano
stati depositati ingenti quantitativi di rifiuti.
Il
teste ha precisato che il Consorzio,
all’epoca dei fatti, era rappresentato da Ciarpaglini Donatello,
titolare della carica di direttore responsabile; Capanni Ilvo svolgeva le
funzioni di capo cantiere sull'area in oggetto.
Gli
autori dell’esposto, Caporali Sabatino e Balatresi Meda Ivasta, abitanti nei
fabbricati adiacenti al cantiere, hanno riferito di aver deciso di presentare la
denuncia a causa del cattivo odore e del degrado provocati dai cumuli di rifiuti in oggetto.
Entrambi
hanno riferito che i rifiuti meglio rappresentati nelle fotografie erano
costantemente presenti sull’area, e peraltro in quantità crescente poiché lo
scarico era continuo mentre il
prelievo per il trasporto altrove avveniva più di rado.
In
tal senso hanno precisato che, soprattutto in relazione agli accumuli di
frigoriferi e materassi, gli stessi rifiuti
depositati sull’area vi
rimanevano per lunghi periodi (anche per mesi) e che i quantitativi venivano
costantemente reintegrati, in modo che la
stessa area era sempre ricoperta da rifiuti del medesimo genere.
Il
rapporto fotografico, acquisito al fascicolo del dibattimento,
conferma con assoluta chiarezza e maggiore dettaglio, la versione dei
fatti fornita dai suddetti testimoni.
Invero,
dalla visione delle rappresentazioni fotografiche, emerge che sull’area
denominata “cantiere di via dei Barberi”, al momento del sopralluogo, erano
accumulate ingenti quantità
di rifiuti costituiti da elettrodomestici abbandonati, rottami ferrosi, bombole
di gas vuote, rifiuti urbani, scaricati sul suolo e senza alcuna protezione per
evitare contaminazioni del terreno sottostante.
L’imputato
Capanni, in sede di dichiarazioni spontanee, ha riferito che l’area di via dei
Barberi è stata da sempre utilizzata quale area destinata al deposito
temporaneo ed alla
differenziazione; dopodiché i quantitativi selezionati venivano trasferiti
altrove, con l’impiego di veicoli di maggiore portata di quelli utilizzati per
la raccolta.
L’imputato
ha riferito che successivamente al sequestro,
in adempimento dell’ingiunzione di bonificare l’area, i rifiuti sono
stati trasportati altrove dopo essere stati caricati su 8 o 9 conteiner da 24
metri cubi cadauno.
I
testi della difesa, allo stesso modo, hanno riferito che i rifiuti raccolti con
mezzi di trasporto di dimensioni contenute venivano deposita sull’area in
questione, e di qui , con veicoli di maggior portata ed a cadenza giornaliera,
trasportati altrove per lo smaltimento ( terra e rocce venivano conferite
a Cava Terrazzieri in Roselle; il legno alla Cooplat; frigorifero, ferro e
materiale elettrico da Busisi; ingombranti a Valpiana), aggiungendo che il
consistente accumulo accertato in sede di sopralluogo era stato causato dal
notevole aumento della produzione di rifiuti verificatasi nel periodo festivo
immediatamente precedente.
I
testi (in particolare Ranieri Adolfo) hanno confermato che Ciarpaglini
Donatello era il direttore responsabile del Consorzio e che Capanni Ilvo
rivestiva le funzioni di capo cantiere, con riferimento al cantiere di via dei
Barberi.
La
difesa ha prodotto i formulari dei trasporti di rifiuti dal cantiere di via dei
Barberi in altro sito.
In
diritto.
La
contestazione mossa agli imputati è di aver realizzato e gestito una discarica
di rifiuti senza autorizzazione.
La
nozione di discarica è stata dapprima delineata dalla dottrina e dalla
giurisprudenza, in mancanza di uno specifico
riferimento normativo; e quindi recentemente delineata con l’attuazione
della direttiva CEE n.31/1999 , ad opera del D.lvo n.36/2003.
La
definizione assume rilievo con riferimento alle conseguenze sanzionatorie
previste dal D.L.vo n. 22/97 in relazione all’ipotesi di reato integrata dalla
realizzazione e/o gestione di una discarica non autorizzata, ben più grave
rispetto ad esempio all’abbandono o al deposito incontrollato di rifiuti.
Sul
punto la prima pronuncia significativa è stata quella della Sezioni Unite della
Suprema Corte n. 12753 del 28 dicembre 1994, che affrontando il tema di
realizzazione e gestione di discarica abusiva ha precisato: “La
realizzazione di discarica consiste nella destinazione e allestimento a tale
scopo di una data area, con l’effettuazione di norma delle opere a tal fine
occorrenti: spianamento del terreno impiegato, apertura dei relativi accessi,
sistemazione, perimetrazione e recinzione …. La gestione di discarica senza
autorizzazione presuppone l’apprestamento di un area per raccogliervi i
rifiuti, e consiste nell’attivazione di una organizzazione articolata o
rudimentale non importa, di persone, cose e/o macchine dirette al funzionamento
della discarica”.
Con
successiva sentenza n. 3968 del 12 aprile 1995, la III sezione, ha affermato che
“L’accumulo ripetuto nello stesso
luogo di rifiuti speciali, ben interpreta il concetto giuridico di discarica non
autorizzata; , e l’anno dopo, con sentenza. 8 novembre 1996, n. 9579, ha
ulteriormente specificavato: “E’
configurabile il reato di discarica abusiva (sanzionato ai sensi dell’art. 51
comma 3 del decreto Ronchi) anche quando i rifiuti vengano accumulati in
un’area trasformata di fatto in deposito degli stessi, mediante una condotta
ripetuta, consistente nell’abbandono - per un tempo considerevole e comunque
non determinato - di una notevole quantità, che occupa uno spazio cospicuo. La
provvisorietà e lo stoccaggio in attesa di un trasferimento, da attuare in
tempi lunghi, non escludono la sussistenza dell’illecito”.
Più
di recente, la Suprema Corte (sent. 10 ottobre 2001, n. 2597) ha nuovamente
affrontato il problema temporale della permanenza dei rifiuti: “L’attività
di deposito incontrollato di rifiuti che non sia occasionale e discontinua bensì
reiterata per un tempo apprezzabile e con carattere di definitività integra gli
estremi del reato di cui all’art. 51 comma 3 del D. L.vo n. 22/97”.
E
sotto il profilo del degrado connesso all’abbandono dei rifiuti, con sentenza
n. 6796 del 20 febbraio 2002, ha precisato che “ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di
discarica non autorizzata, non è sufficiente l’accumulo più o meno
sistematico di rifiuti in un’area controllata, ma occorre l’ulteriore
elemento costituito dal degrado, quanto meno tendenziale dello stato dei luoghi,
per effetto della presenza dei materiali destinati all’abbandono”,
inoltre quanto all’apporto di rifiuti, secondo la Corte, “…
può essere unico, purché sia considerevole, e tale da far assumere al luogo
una non equivoca destinazione”.
In
sintesi, secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza, al fine della
individuazione del concetto di discarica sono necessari due elementi: a) il
numero e il tempo dei conferimenti, che denota una sorta di organizzazione
dell’attività; b) la
trasformazione subita dal territorio per effetto degli stessi, a seguito della
permanenza della destinazione dell’area.
I
suddetti elementi oggettivi si riscontrano indubbiamente nel caso concreto,
posto che – secondo quanto dichiarato dai testi e rappresentato con estrema
chiarezza dalle fotografie in atti – nel cantiere di via dei Barberi dato in
concessione al CO.SE.CA., gli odierni imputati hanno realizzato e gestito un
impianto in cui sono stati sistematicamente scaricati al suolo, senza alcuna
precauzione per la tutela dell’ambiente, ingenti quantitativi di rifiuti, tra
cui alcuni rifiuti pericolosi quali ad esempio le bombole di gas (cosi definite
al punto 36 dell’allegato “G” al Decreto Ronchi); inoltre, la suddetta
area è stata destinata a tempo indeterminato allo scarico dei rifiuti, con
evidente degrado ambientale; il tutto senza alcuna autorizzazione .
La
difesa ha controdedotto che tali rifiuti venivano depositati nell’area in
attesa di essere trasportati altrove per lo smaltimento.
Tuttavia
l’argomento difensivo non vale ad escludere l’ipotesi di reato contestata,
per i seguenti motivi:
- i rifiuti, costantemente
reintegrati in misura crescente, erano continuamente presenti sull’area e
sempre in quantitativi considerevoli.
Al
riguardo, basta ricordare che, secondo le stesse dichiarazioni dell’imputato
Capanni, per adempiere all’ingiunzione di bonificare l’area, i rifiuti sono
stati trasportati altrove dopo essere stati caricati su 8 o 9 conteiner da 24
metri cubi cadauno.
Inoltre,
come è documentato dalla comunicazione a firma dell’imputato Capanni,
depositata presso l’ufficio della Polizia Municipale in data 24/09/2002, la
bonifica del sito è stata effettuata mediante lavori protratti dal 29 giugno al
successivo mese di settembre, ad ulteriore dimostrazione della consistenza della
discarica la cui bonifica ha richiesto interventi protratti per un considerevole
lasso di tempo.
- Lo scarico era effettuato direttamente sul suolo, senza alcuna
precauzione idonea ad evitare l’inquinamento del suolo sottostante.
- L’area era stata destinata
stabilmente a ricevere i rifiuti provenienti dalla raccolta e tale destinazione
non era affatto transitoria, posto che il CO.SE.CA. - secondo quanto dichiarato
dagli stessi testi indicati dalla difesa – aveva organizzato sullo stesso
cantiere (di via dei Barberi) il
deposito preliminare di grandi quantità di rifiuti in attesa del successivo
trasporto altrove mediante veicoli di maggiore portata rispetto a quelli
utilizzati per la raccolta.
- Il trasporto in altra discarica non avveniva tempestivamente bensì con
notevoli ritardi, come testimoniato dagli autori dell’esposto (Sabatini e
Balatresi) i quali hanno riferito
che, soprattutto in relazione agli accumuli di frigoriferi e materassi, gli
stessi rifiuti depositati erano
rimasti sull’area per lunghi periodi (nell’ordine di mesi) e che i
quantitativi venivano costantemente reintegrati, in modo che la stessa area era sempre ricoperta da rifiuti del medesimo
genere.
A
conferma di ciò, assume rilievo la circostanza – già evidenziata - secondo
cui le operazioni di bonifica dell’area (successivamente al sequestro, hanno
richiesto l’impiego di imponenti mezzi e si sono protratte per alcuni mesi.
- Il deposito ed accumulo dei rifiuti, del tutto privi di qualsivoglia
precauzione idonea ad evitare l’inquinamento del terreno sottostante, ha
provocato un notevole degrado della zona, come testimoniato dai testi Caporali e
Balatresi, e visivamente ben documentato dalle rappresentazioni fotografiche. In
proposito, ad ulteriore dimostrazione del degrado all’ambiente circostante,
provocato dai cumuli di rifiuti, occorre evidenziare che la discarica è stata
realizzata e gestita in pieno centro abitato, come è peraltro documentato dalle
stesse foto in atti che rappresentano i fabbricati circostanti adibiti a civile
abitazione.
L’accertamento
della realizzazione e gestione di una discarica, così come delineata nella
definizione data dalla giurisprudenza costante, e del difetto di qualsivoglia
autorizzazione costituiscono dunque gli elementi integrativi del rato
contestato.
Per
completezza, occorre comunque confrontare la condotta contestata con lo jus
superveniens, ed in particolare, con le disposizioni contenute nel decreto
legislativo n. 36/2003, che in attuazione della direttiva comunitaria n.
31/1999, ha introdotto nel nostro ordinamento la definizione di discarica.
E’
necessario anzitutto premettere la finalità della disciplina legislativa,
dichiarata all’art. 1 del suddetto decreto: “Per conseguire le finalità
di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 il presente
decreto stabilisce requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche,
misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a ridurre il più possibile
le ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle
acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e dell'atmosfera, e
sull'ambiente globale, compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute
umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita
della discarica.
E’
evidente infatti che anche l’interpretazione della norma deve essere orientata
secondo la suddetta finalità.
Ciò
posto, come già accennato, all’art. 3, comma 1, lettera g), viene delineata
la definizione di discarica come l' "area adibita a smaltimento dei
rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona
interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi
da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono
sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale
definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere
preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o
smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per
un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di
rifiuti
in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno".
La
definizione di discarica data dal legislatore si riferisce evidentemente ad
un’area adibita – id est stabilmente destinata – allo smaltimento
dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo.
Dunque
gli elementi caratterizzanti ( che giustificano il particolare rigore nella
disciplina e nelle precauzioni da adottare per impianti di tal genere), sono
dunque costituiti dalla stabile destinazione alle fasi dello smaltimento e
dal contatto diretto dei rifiuti con il suolo.
La
definizione legislativa, a ben vedere, coincide con i risultati cui era già
pervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte.
Con
riferimento al casi di specie, il deposito preliminare di rifiuti realizzato nel
cantiere di via dei Barberi integra la nozione di discarica per i seguenti
motivi.
Innanzitutto
va premesso che, secondo l’autorevole insegnamento della Suprema Corte, nel
concetto di smaltimento di rifiuto devono infatti essere comprese
tutte le fasi della vita dello stesso, che possono dividersi in: a)
operazioni preliminari (conferimento,
spazzamento, cernita, raccolta
e trasporto); b) operazioni di trattamento (trasformazione, recupero,
riciclo, innocuizzazione); c)
operazioni di
deposito (nel suolo
o sottosuolo). (Fattispecie relativa allo spianamento di terreno adibito
a deposito di rifiuti, integrante secondo la Suprema Corte – la realizzazione
di una discarica: Sezione III, n.1819 del
29/07/1999) .
Orbene,
nel caso concreto, è indubbio che l’area in questione è stata adibita ad una
fase dello smaltimento consistita nel deposito preliminare, mediante operazioni
di scarico sul suolo di ingenti quantitativi di rifiuti, poi abbandonati in loco
per un considerevole lasso di tempo .
Non
ricorre, inoltre, alcuna delle esclusioni previste dal capoverso della norma
citata.
Così,
in primo luogo, non può ritenersi che il cantiere di via dei Barberi rientri
tra gli “impianti in
cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo
trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento”.
L’ipotesi
normativamente prevista deve essere infatti riferita agli impianti in cui le fasi dello scarico e del successivo
prelievo per il trasporto altrove non siano intervallate da lunghi periodi di
tempo in cui i rifiuti restino abbandonati sul suolo, con evidente pericolo di
inquinamento del terreno sottostante.
Nel
concreto, al contrario, è stato riscontrato che i rifiuti venivano
costantemente scaricati sul suolo e abbandonati anche per alcuni mesi nella
stessa area in attesa di trasportati altrove; inoltre, non risultava adottata
alcuna precauzione (impermeabilizzazione) idonea ad evitare l’inquinamento del
terreno.
Tutto
ciò dimostra che il deposito effettuato non è assolutamente ascrivibile alle
operazioni strettamente funzionale allo scarico ed alla preparazione al
successivo trasporto altrove.
Per
la stessa ragione, non ricorre neanche l’ipotesi dello stoccaggio posto che
“essa consiste essenzialmente nel deposito
preliminare di
rifiuti finalizzato
al sollecito compimento di una delle
operazioni di smaltimento in senso stretto” e deve
essere comunque connotata dalla assoluta separazione dei rifiuti dal suolo
sottostante, in modo da evitare ogni pericolo di inquinamento
(cfr., rispettivamente, Cass. 9168
del 09/10/1997 e Cass. 13105 del 24/03/2003).
Non
è altresì ipotizzabile il deposito temporaneo in senso tecnico, ,
in quanto per aversi
deposito
temporaneo i rifiuti devono originare da una attivita' di produzione
svolta proprio in quel
luogo: Cass. n. 13606 del
23/12/1998.
L’interpretazione
accolta è in aderenza con le
dichiarate finalità di protezione dell’ambiente cui si ispira la disciplina
sopravvenuta, che impongono l’osservanza del criterio ermeneutico più
favorevole alla tutela dell’ambiente (Corte di
Cassazione Penale Sez. III del 31 luglio 2003, Sentenza n. 32235 )
ed è in linea con quello sostenuto anche dalla Corte di Giustizia
Europea, secondo cui per ritenere sussistenti i presupposti di fatto e di
diritto che legittimano le rispettive figure, deve verificarsi la sussistenza di
tutte le condizioni previste dalla legge.
Nel
caso di specie, gli elementi dominanti che connotano la condotta, attraendola
nella definizione di gestione di una discarica (sottoposta a ben maggiori
obblighi di precauzione), sono costituiti dal fatto che i rifiuti erano
accumulati in quantitativi considerevoli e
venivano abbandonati sul
suolo per un prolungato lasso di tempo, senza alcuna separazione dal terreno
sottostante esposto perciò al pericolo di inquinamento, in una situazione di
fatto che, nell’ottica di tutela per l’ambiente che presiede alla
disciplina, presenta le connotazioni tipiche
della discarica intesa come luogo in cui si svolge lo smaltimento di
rifiuti (o alcune fasi dello smaltimento) mediante deposito sul suolo o nel
suolo.
Il
fatto che, sporadicamente, alcune quantità di rifiuti venissero prelevate e
trasportate altrove, salvo essere immediatamente reintegrate con altre dello
stesso tipo, pertanto non esclude affatto la destinazione dell’area a
discarica.
Sotto
il profilo soggettivo, risulta accertato che entrambi gli imputati hanno
concorso quali “gestori” della discarica, nelle rispettive qualità di
legale rappresentante (Ciarpaglini) e di capo cantiere (Capanni) della società
CO.SE.CA., utilizzando l’area nel modo accertato, senza alcuna autorizzazione.
Invero,
agli stessi è rispettivamente ascrivibile la decisione e l’esecuzione del
deliberato, concernenti l’utilizzo dell’area secondo le modalità contestate
nell’imputazione e accertate in dibattimento.
Sotto
il profilo sanzionatorio, possono concedersi agli imputati, entrambi
incensurati, le circostanze attenuanti generiche, prevalenti sulla contestata
aggravante.
Pertanto,
tenuto conto dei criteri di cui agli artt. 133 e seguenti c.p., si ritiene di
giustizia la pena di mesi 4 di arresto ed euro 2000 di ammenda (p.b. mesi 6 ed
euro 3000; - 62 bis = mesi 4 ed euro 2000). Segue per legge la condanna di
entrambi al pagamento delle spese processuali, nonché l’ordine di bonifica
dell’area a cura e spese degli stessi (ove non già eseguita).
Possono
essere concessi i doppi benefici, formulandosi una prognosi favorevole sulla
futura astensione da ulteriori reati, in considerazione dell’incensuratezza
dei prevenuti.
La
condotta accertata ha di sicuro provocato un danno al Comune di Grosseto,
costituito parte civile, in quanto proprietario dell’area su cui è stata
gestita abusivamente la discarica, con evidente danno al territorio. La
liquidazione è rimessa al competente giudice civile.
Le
spese di costituzione si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Visti
gli artt. 533 e 535 c.p.p.
Dichiara
Ciarpaglini Donatello e Capanni Ilvo colpevoli del reato loro ascritto e,
concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata
aggravante, li condanna ciascuno alla pena di mesi 4 di arresto ed euro 2000,00
di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena
sospesa e non menzione.Ordina la bonifica dei luoghi a cura e spese dei
condannati, ove non già eseguita, disponendo a tal fine il dissequestro
dell’area.
Visti
gli artt. 539 e 541 c.p.p.
Condanna
Ciarpaglini Donatello e Capanni Ilvo al risarcimento dei danni in favore della
costituita parte civile Amministrazione Comunale di Grosseto, da liquidarsi in
separata sede e rimette le parti davanti al giudice civile competente per la
liquidazione, oltre alla rifusione delle spese di costituzione in favore della
stessa parte civile, liquidate in complessivi euro 1500,00 per onorari, oltre
IVA, CPA e rimborso forfetario come per legge.
Giorni
30 per i motivi.
Grosseto,
9/10/2003
Il Giudice
Dr.Francesco Luigi Branda