Ordinanza emessa a seguito di rinvio della Corte di cassazione (la relativa sentenza è leggibile qui)
REPUBBLICA
ITALIANA
TRIBUNALE
DI SANTA MARIA CAPUAVETERE
-seconda
sezione penale-
ORDINANZA
Proc.2126/05
Pen. MOD 21
Nr.240/05
T. riesame
Il Tribunale di Santa Maria Capuavetere riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:
dott.ssa
Luisa Toscano
Presidente
dott. Francesco Chiaromonte Giudice estensore
dott.Adolfo Di Zenzo Giudice
letta la richiesta di riesame avanzata dalla difesa di Bianca Maria Martinelli, con riferimento al sequestro preventivo del GIP del 10.3.2005 , con la relativa documentazione allegata;
letti gli atti del procedimento, debitamente trasmessi in copia, e le memorie depositate,
Ha pronunciato mediante deposito del dispositivo la seguente Ordinanza.
Fatto
e Diritto
Con
ricorso depositato in data 10.3.2005 la Vodafone Omnitel, per il tramite del suo
difensore, spiegava istanza di riesame avverso il provvedimento di sequestro
preventivo emesso dal Gip sede ed avente ad oggetto l’istallazione di una
antenna radio base per la telefonia mobile,
che secondo la impostazione accusatoria, risultava realizzata in assenza di
permesso di costruire.
Con
il ricorso in esame la Vodafone deduceva sostanzialmente che, per la
realizzazione del manufatto in contestazione, non dovesse trovare applicazione
la normativa del testo unico dell’ edilizia e le relative sanzioni penali di
cui all’art. 44, dal momento che la materia era specificamente disciplinata
dal Dl.vo 259/03 (cd. Gasparri bis) che doveva essere considerata normativa
speciale in subiecta materia rispetto
alle disposizioni generali di cui alla L. 380/01.
Su
queste basi, assumeva il ricorrente che i titoli abilitativi richiesti dalla
Gasparri (variabilmente
autorizzazione o denuncia inizio attività a seconda se l’impianto di
telefonia avesse potenza superiore o inferiore a 20 watt per impianti con
tecnologia UMTS) dovessero essere considerati onnicomprensivi delle valutazioni
elettromagnetiche ed urbanistiche insieme.
Nel
caso di specie, pertanto, secondo la prospettazione difensiva, trattandosi
della realizzazione di un impianto UMTS con potenza di emissione inferiore a 20
Watt per il quale era stata presentata regole denuncia di inizio attività,
si giungeva alla conclusione che la procedura amministrativa richiesta era stata
perfettamente ed esaustivamente rispettata.
E’
parso di comprendere, infatti che, secondo le argomentazioni del ricorrente, i
lavori dell’erigendo traliccio non
dovessero ritenersi inibiti dalla ordinanza emessa dal Comune di Marcianise in
data 25/4/04, con il quale pure veniva
dichiarata “sospesa” la procedura amministrativa in esame.
Ciò
sull’asserito presupposto che analoga ordinanza del medesimo Comune pacificamente
relativa ad una ulteriore antenna da allocare in diverso sito, era stata
annullata dal Tar Campania con sentenza 823/05.
Tali
conclusioni, a dire del ricorrente, “per
la chiarezza della loro motivazione” avrebbero avuto un effetto incidente “
non solo sul singolo atto impugnato ma sull’intera materia sottoposta la suo
esame” , con la conseguenza di consentire del tutto legittimamente alla
Vodafone la ripresa dei lavori alla stazione radio base in contestazione.
Peraltro
anche a non volere condividere tale impostazione, sempre secondo quanto asserito
dal ricorrente, la diversa tipologia dei titoli assentivi richiesti dalla
Gasparri bis (autorizzazione e Dia) e la mancata previsione di specifiche
disposizioni penali in caso di violazione della normativa in parola, avrebbero
dovuto portare necessariamente a concludere per la irrilevanza penale di
eventuali irregolarità amministrative rispetto ai dettami della legge in esame.
In
altre parole, anche qualora si dovesse
ritenere che la specifica procedura della DIA non fosse stata
nel caso di specie rispettata, ciò non avrebbe potuto consentire di ritenere
sussistente un fumus del reato di cui
all’art. 44 l.380/01, che – come noto-
è riferito alle sole costruzioni realizzate in assenza di permesso di
costruire.
Su
queste premesse, il ricorrente chiedeva l’annullamento del sequestro
preventivo e la restituzione dell’antenna radio base.
Il
Tribunale, a seguito di apposita udienza camerale, decideva il ricorso
rigettando le richieste della Vodafone, con apposita ordinanza emessa in data 24
marzo 2005.
Con
tale provvedimento, il Tribunale dopo una analitica ed apprezzabile
ricostruzione cronologica del succedersi normativo in
subiecta materia , giungeva alla conclusione che non esisteva sempre e
comunque un rapporto di specialità tra la Gasparri bis ed il testo unico
380/01, con la conseguenza che interventi del tipo di quello in contestazione
abbisognassero contemporaneamente di due diversi atti assentivi, uno per fini di
inquinamento elettromagnetico ed un secondo per fini urbanistici.
Su
queste premesse il Tribunale giungeva a ritenere
che l’effettivo rispetto della procedura prevista dal dlvo 259/03, non
valesse ad escludere la necessità di chiedere ed ottenere contemporaneamente al
Comune un permesso di costruire per i fini piu’ strettamente urbanistici della
erigenda installazione.
Piu’
in particolare, è parso che il
Tribunale abbia inteso ritenere sussistente un rapporto di specialità tra le
due normative esclusivamente nel caso di realizzazione di impianti di potenza
inferiore a 20 watt “che per dimensioni
anche non sarebbero suscettibili di alterare il territorio in termini
evidentemente significativi” ; solo per questi infatti, vi sarebbe stata una omologia di nomen di
titoli assentivi contemplati dalla
normativa urbanistica e quella della Gasparri bis (come detto la Denuncia di
inizio attività).
Di
converso, è parso di comprendere che, sempre secondo la ricostruzione del
Tribunale, per quella tipologia di impianti per i quali la legge del 2003
richiede una “autorizzazione”, tale atto assentivo non potesse essere
considerato utile ad esaurire anche le dovute valutazioni urbanistiche,
dal momento che tale procedura amministrativa non rientra più tra quelle
contemplate nel testo unico
dell’edilizia (che prevede –come noto- variabilmente solo le procedure della
Dia e del permesso di costruire).
Su
queste premesse, con un innegabile salto motivazionale circa le ragioni fattuali
e probatorie per cui -nel caso di specie- non dovesse ritenersi sussistente
alcuna relazione di specialità tra le due normative (nonostante
l’erigenda costruzione contemplasse la realizzazione di un impianto radio base
UMTS con potenza di emissione inferiore a 20 watt), il Tribunale rigettava
il ricorso sul suggestivo
presupposto che “la realizzazione di un traliccio di circa 30 metri di altezza
composto da un pilone in ferro, stabilmente ancorato al suolo su una piattaforma
in cemento armato, con una cabina di alloggio strumenti dovesse indurre a
ritenere necessario il preventivo rilascio di un permesso di costruire per la
tutela degli specifici fini di matrice urbanistica ad esso collegati”.
Avverso
tale ordinanza spiegava ricorso in Cassazione la Vodafone, che deduceva ancora
una volta la erronea
interpretazione delle norme di diritto applicabili al caso di specie che,
imporrebbero -a suo ritenere- la sussistenza di una relazione di specialità tra
il Dlgs 259/2003 ed il T.U. 380/01, con conseguente irrilevanza penale delle
condotte in contestazione.
Inoltre,
con il medesimo ricorso, si lamentava altresì il vizio di motivazione su un
punto decisivo della questione, avendo, come accennato, il Tribunale omesso di
considerare che l’antenna radio base installata nel territorio del Comune di
Marcianise è di potenza inferiore a 20 watt.
Le
doglianze del ricorrente venivano in certa misura accolte dalla III sezione
penale della Cassazione che, ai sensi e per gli effetti degli artt. 607, 127 e
325 c.p.p., annullava con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capuavetere
l’ordinanza impugnata, imponendo lo specifico principio di diritto a cui il
Tribunale doveva attenersi per decidere il ricorso in parola.
In
particolare la Corte riteneva in diritto effettivamente sussistente il dedotto
rapporto di specialità tra le due normative in esame esclusivamente
sotto il profilo procedimentale e ferme restando le sanzioni penali previste dal
T.U. 380/01 in caso di conclamata irregolarità amministrativa e fattuale
rispetto alle regole procedimentali stabilite dal dlgs 259/03.
Su
queste premesse interpretative , La Corte rimetteva al Tribunale del Riesame
l’onere fattuale di verificare se le procedure amministrative risultassero nel
caso di specie rispettate, con conseguente insussistenza del fumus
del reato di cui all’art. 44 L.380/01.
Il
procedimento veniva pertanto incardinato innanzi al presente collegio che, dopo
apposita udienza camerale del 25 ottobre 2005, letta la ulteriore memoria
depositata dal ricorrente in pari data, decideva come da dispositivo rigettando
la richiesta e confermando il decreto di sequestro preventivo impugnato.
Motivi
della decisione
Le
motivazioni della Corte di Cassazione sulla tesi del rapporto di specialità.
Al
fine di comprendere le ragioni di tali conclusioni vale la pena anzitutto, per
ragioni di brevità, riportarsi integralmente
alle motivazioni della sentenza della III sezione della Suprema Corte che devono
intendersi qui integralmente richiamate.
Ciò
non solo e non tanto per la vincolatività procedimentale dei principi di
diritto in esse contenuti, ma anche per la loro autorevolezza ed esaustività
argomentativa.
Con
la usuale precisione, infatti, la III sezione ha
ripercorso, nei vari accapi della sentenza, le principali argomentazioni dei
sostenitori delle due possibili interpretazioni relative al raccordo tra la le
due normative interessate, indicando con insuperabile chiarezza le ragioni per
cui deve ritenersi sussistente un rapporto di specialità esclusivamente procedimentale tra le due normative in parola.
Senza
alcuna pretesa di potere efficacemente integrare le argomentazioni della Corte,
giova evidenziare come risulti particolarmente convincente l’ assunto secondo
cui l’attuale formulazione del Dlgs 259/03 certamente non consente di
escludere che la normativa di settore debba rispettare non solo gli specifici
limiti in essa contenuti (innegabilmente riferiti ai soli problemi di potenziale
inquinamento elettromagnetico delle stazioni radio base) ma anche le ulteriori
regole e disposizioni stabilite dalle leggi nazionali (e regionali) disciplinanti
la specifica materia urbanistica, certamente interessata ed interessente nella
costruzione di installazioni di tal fatta.
In
linea con quanto ricordato dalla
Suprema Corte, giova infatti a questo fine evidenziare che
il precedente decreto Gasparri (dlgs 198/02) conteneva -nel
suo art. 3- una cd “clausola di esclusività” che prevedeva
testualmente che “le categorie di
infrastrutture di comunicazioni…sono opere…realizzabili esclusivamente sulla
base delle procedure definite dal presente decreto” e che “
le installazioni in questione dovessero ritenersi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e fossero
realizzabili anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra
disposizione regolamentare (…)
Su
queste basi, deve essere certamente ritenuto significativo e magniloquente il
rilievo che l’attuale formulazione degli artt. 86 e ss del Gasparri bis,
proprio recependo le censure di costituzionalità per eccesso di delega
contenute nella sentenza della Corte Costituzionale 303/2003, ha previsto
espressamente che gli interventi in esame dovessero essere qualificati come
opere di urbanizzazione primaria alle quali
deve applicarsi la normativa vigente in materia (tra cui certamente rientra
l’intera normazione del T.U. sull’edilizia e la legislazione primaria e
secondaria di settore).
Su
queste basi, del tutto condivisibilmente, la
Corte è giunta alla conclusione che gli Enti territoriali competenti ( ed in
specie il Comune), investiti dell’ onere di valutare la ammissibilità dei
progetti per la installazione di antenne radio base sia
pure con le particolari procedure indicate dalla Gasparri bis, debbano
e possano effettuare una duplice valutazione che ricomprenda non
solo gli aspetti del potenziale inquinamento elettromagnetico, ma anche la
compatibilità urbanistica dell’intervento con le regole generali e gli
specifici strumenti urbanistici dell’area interessata.
Le
conseguenze della suindicata impostazione.
Vale
la pena evidenziare quanto sia importante ed ampia la portata di una tale
impostazione.
Anzitutto,
infatti, portando a coerenti conseguenze il ragionamento suindicato, deve
necessariamente immaginarsi che l’interessato richiedente, nel presentare un
progetto per la realizzazione di una antenna radio base, al fine di consentire
al Comune di potere efficacemente esercitare il suo potere di controllo
“bidirezionale” (elettromagnetico e urbanistico), dovrà fornire tutti gli
elementi utili all’Ente territoriale per effettuare le sue valutazioni.
In
altre parole appare evidente che l’interessato dovrà presentare elaborati,
grafici e relazioni tecniche che -oltre a descrivere la potenza di emissione
dell’erigendo impianto- contengano anche esaustivi elementi per comprenderne
le caratteristiche morfologiche ed urbanistiche dell’intervento nonché la sua
esatta allocazione in una specifica area che dovrà presentare una destinazione
urbanistica compatibile con l’intervento in esame.
In
linea con tale impostazione dovrebbe pertanto ritenersi pienamente
legittimo il comportamento del Comune che inibisse la realizzazione dell’opera
con appositi e formali provvedimenti amministrativi (rigetto richiesta di
autorizzazione e/o di sospensione della Dia) per acclarate incompatibilità urbanistiche dell’intervento ed anche a
prescindere da altrettante incompatibilità tecniche sotto il profilo
dell’inquinamento elettromagnetico.
Ragionando
a contrario verrebbe da chiedersi se possa considerarsi legittimo il
provvedimento Comunale con cui si autorizzi la realizzazione di un intervento
siffatto senza tenere in alcun modo conto
di eventuali incompatibilità urbanistiche
dell’opera erigenda con la specifica area territoriale interessata.
Su
queste basi non sarebbe peregrino immaginare che, oltre a possibili censure di
legittimità in sede di Giustizia Amministrativa, un provvedimento siffatto
potrebbe essere potenzialmente passibile di disapplicazione da parte del Giudice
Ordinario qualora ne sussistano i
relativi presupposti di legge (atto illecito e/o emanato in assenza di uno dei
presupposti di legge).
La
rilevanza penale del mancato rispetto delle regole processuali del Dlgs 259/03.
Giova
a questo punto evidenziare che tali argomentazioni potranno avere una qualche
rilevanza per il Giudice Penale solo se ed in quanto si ritenga, contrariamente
a quanto sostenuto dalla difesa nella procedura in esame, che il mancato
rispetto delle regole procedimentali del dlgs 259/03, consenta comunque di
conservare la riserva di sanzione penale prevista dal tu sull’edilizia.
In
altre parole, appare evidente, che qualora si volesse rimanere ancorati al dato
letterale del nomen iuris dell’atto assentivo richiesto dalla legge Gasparri
per interventi siffatti (Dia o autorizzazione), la eventuale
realizzazione di un impianto radio base senza alcuna preventiva comunicazione o
richiesta all’ente territoriale competente, non sarebbe in grado di fare
scattare la sanzione penale di cui all’art. 44 T.U. 380/01 (espressamente
riferita ad interventi edilizi in assenza di permesso di costruire).
Ad
analoghe conclusioni dovrebbe pervenirsi qualora la realizzazione
dell’impianto radio base sia effettuata in sostanziale
difformità dal titolo assentivo richiesto dalla legge speciale (dia o
autorizzazione che sia).
In
realtà, però, come accennato, tale
riduttiva impostazione non è stata condivisa dalla Suprema Corte che, mutuando
un ragionamento ormai pacificamente recepito per la comprensione degli esatti
limiti del potere di normazione statale e regionale nella materia urbanistica e
del regolare assetto del territorio, ha stabilito che le
deroghe contenute nella legge Gasparri, rispetto alle regole del T.U.
sull’edilizia, siano esclusivamente di natura procedimentale e non siano in
grado di intaccare la scelta generale del legislatore urbanista di fornire “copertura” di sanzione penale per irregolarità
amministrative e fattuali connesse alla realizzazione di interventi siffatti.
Tale
interpretazione, peraltro assolutamente vincolante
per il Tribunale, risulta oltremodo condivisibile se si rammenta che è lo
stesso Dlgs 259/2003 a confermare l’assoluto rilievo urbanistico di siffatti
interventi, classificandoli come
“opere di urbanizzazione primaria sottoposte alla normativa vigente”
(pacificamente assoggettate altrimenti a permesso di costruire ai sensi
dell’art. 3 l.380/01); non può essere a questo fine trascurato che il
dichiarato scopo del legislatore del 2003 è
soltanto stato quello di favorire una esigenza
di semplificazione e concentrazione dei procedimenti amministrativi, per la
salvaguardia e tempestività degli stessi, in attuazione dei principi comunitari
contenuti in numerose direttive indicate e recepite nell’art. 41 della
l.166/02 e non certamente quello di “sottrarre” all’ambito del penalmente
rilevante interventi edilizi ritenuti rilevanti e per ciò stesso
meritori della massima e grave sanzione di cui all’art. 44 della legge
380/01.
E’appena
il caso di aggiungere che, diversamente argomentando, l’assunto secondo cui la
realizzazione (senza il titolo abilitativo richiesto dalla legge) di un
imponente traliccio con basamento in cemento armato
dovrebbe o meno avere rilevanza penale a seconda della destinazione
funzionale a cui lo stesso è deputato
(emissione di onde elettromagnetiche radio base o altro), mal si concilierebbe
con i principi di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal momento che –innegabilemente-
sotto un profilo strettamente urbanistico l’aggressione contra
legem del territorio risulterebbe
in tali casi perfettamente identica.
Non
resta che aggiungere come il recente pronunciamento della Corte Costituzionale
n.336/2005 -pure citato dal difensore nella memoria depositata agli atti- afferisce al diverso ed annoso problema del coordinamento tra
la legislazione nazionale e regionale nella materia in esame e non risulta
pertanto conferente nel caso di specie.
Le
conclusioni fattuali nel caso concreto.
Una
volta enunciati e ribaditi i principi di diritto da tenere presenti per decidere
la presente procedura non rimane che comprendere quale effetto incidente questi
debbano e possano avere nel caso in esame.
Come
accennato, la Suprema Corte, ha inteso annullare con rinvio
la precedente ordinanza perché
il Tribunale del Riesame potesse valutare ( e motivare) circa le effettive
caratteristiche tecniche della stazione radio base in oggetto
e stabilire, pertanto, quale effetto incidente queste potessero avere
sulla attuale sussistenza di un fumus di reità per il reato di cui all’art.
44 l.380/01.
Per
tutto quanto sopra detto, evidentemente, tale ulteriore accertamento fattuale
non risulta certamente funzionale
ad operare i distinguo interpretativi proposti dal Tribunale del Riesame nella ordinanza annullata ( dal variare del tipo di atto assentivo richiesto – autorizzazione o
dia- discenderebbe la sussistenza
di un rapporto di specialità tra legge Gasparri e testo unico sull’edilizia),
quanto piuttosto risulta utile e necessario per stabilire se quanto concretamente realizzato sia o meno legittimato dalla
procedura amministrativa seguita nel caso concreto.
Su
queste basi, piu’ in generale, nel pieno rispetto dei principi di diritto
indicati dalla Suprema Corte, appare necessario stabilire se, nel caso concreto,
la realizzazione dell’antenna radio base in esame risulti costruita a seguito
dell’instaurarsi di un valido e completo procedimento amministrativo in
linea con le prescrizioni della Gasparri bis.
A
questo fine deve propedeuticamente essere evidenziata una ulteriore emergenza
fattuale, francamente trascurata dal Giudice di prime cure e pure
particolarmente rilevante alla luce delle interpretazioni imposte dal Supremo
Collegio:
Come
accennato, risulta allo stato acclarato ed incontestato che la denuncia di
inizio attività presentata dalla società Vodafone per la realizzazione della
antenna radio base in sequestro fu tempestivamente sospesa con apposita
ordinanza comunale.
Orbene,
pur essendo stato presentato ricorso al Tar avverso tale provvedimento, risulta
allo stato evidente che alcun
pronunciamento sia stato emesso dal Tar, né in sede cautelare, né in sede
definitiva, in ordine a tale specifico atto amministrativo.
Tale
particolare, oltre a desumersi dalle argomentazioni del ricorrente, trova piena
conferma nella documentazione acquisita agli atti tra cui in particolare la
“perizia tecnica” a firma del dirigente del V settore del Comune di
Marcianise che conferma che le intervenute decisioni del Tar Campania in subiecta
materia afferivano ad altri siti su cui era stata richiesta la istallazione
di altrettante antenne e non anche a quello in contestazione.
Orbene,
in linea con le valutazioni cui è pervenuto il dirigente del V settore del
Comune di Marcianise, risulta francamente del tutto destituito di fondamento e
contrario ai basilari principi di giustizia amministrativa l’assunto difensivo
secondo cui tali decisioni, attesa la identità di materia, dovrebbero
giuridicamente avere un effetto incidente anche sulla ordinanza relativa al sito
in oggetto.
Su
queste premesse, appare innegabile che l’impianto in esame risulta
irritualmente realizzato in chiaro dispregio della inibizione amministrativa
(allo stato assolutamente cogente) fatta dal Comune di Marcianise con il
provvedimento di sospensione suindicato.
Ne
discende evidentemente, che la istallazione in parola, anche a prescindere dalla
confutazione delle sue reali capacità di emissione elettromagnetica
(difficilmente accertabile nella attuale fase processuale), è
stata realizzata senza una procedura validamente completata (decorso del
termine di legge dalla presentazione della Dia senza la adozione di
provvedimenti inibitori del Comune competente) e
senza che tale inibizione risultasse successivamente e giuridicamente superata
da una valida decisione giudiziaria di annullamento della ordinanza di
sospensione.
Ne
discendono rispettivamente l’attuale sussistenza
di un fumus reità in ordine al reato in contestazione e la invariata
attualità delle esigenze cautelari poste alla base del sequestro impugnato.
Ptm
Il
Tribunale nella suindicata composizione
Letta
la richiesta di riesame avanzata dalla difesa di Bianca Maria Martinelli, con
riferimento al sequestro preventivo del GIP del 23.2.2005, con la relativa
documentazione tecnica allegata, rigetta la richiesta e, per l’effetto,
conferma l’impugnato provvedimento.
Condanna
l’istante al pagamento delle spese della presente procedura.
Manda
alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
Santa
Maria Capua Vetere 25 ottobre 2005
Il
Presidente
I Giudici