Presidente: Cantillo M. Estensore: Carbone V. P.M. Di Salvo E. (Conf.)
Smithwline Beecham Farm. (Guarino ed altro) contro Com. Senago ed altri (Romanelli ed altro)
(Cassa con rinvio, App. Milano, 20 novembre 1992).
PROVA CIVILE - CONSULENZA TECNICA - OGGETTO - Azione di risarcimento del danno ambientale - Promozione da parte di un Comune a norma dell'art. 18 legge n. 349 del 1986 - Prova del danno - Oggetto - Consulenza tecnica di ufficio - Ammissibilità.
Con riguardo ad azione di risarcimento del danno ambientale, promossa da un Comune a norma dell'art. 18 legge n. 349 del 1986 (nella specie, nei confronti di imprese che si assumono responsabili di produzione, circolazione e sversamento di rifiuti speciali industriali senza l'adozione di idonee cautele), nella prova dell'indicato danno bisogna distinguere tra danno ai singoli beni di proprietà pubblica o privata, o a posizioni soggettive individuali, che trovano tutela nelle regole ordinarie, e danno all'ambiente considerato in senso unitario, in cui il profilo sanzionatorio, nei confronti del fatto lesivo del bene ambientale, comporta un accertamento che non è quello del mero pregiudizio patrimoniale, bensì della compromissione dell'ambiente, vale a dire della lesione "in sè" del bene ambientale, la cui sussistenza è valutabile solo attraverso accertamenti, eseguiti da qualificati organismi pubblici, in presenza dei quali non può fondatamente rigettarsi la richiesta del danneggiato di consulenza tecnica di ufficio, non sussistendo in ottemperanza di questi all'onere della prova ed essendo la consulenza finalizzata alla verifica di fatti essenziali per la decisione, rispetto ai quali essa si presenta come strumento tecnicamente più funzionale ed efficace d'indagine.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Michele CANTILLO Presidente
" Vincenzo CARBONE Rel. Consigliere
" Alfio FINOCCHIARO "
" Ugo VITRONE "
" Giulio GRAZIADEI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
SMITHWLINE BEECHAM FARMACEUTICI S.P.A., già Zambeletti in persona
dei legali rappresentanti pro tempore elettivamente domiciliata in
Roma piazza Borghese 3 c-o gli avvocati Giuseppe Guarino e Paolo
Mercuri giusta procura speciale per Notaio Luigi Prinetti di Milano
rep. 69960 del 24.9.1993;
Ricorrente
contro
- AUSCHEM S.P.A. (nuova denominazione assunta da Rol S.p.A.);
- COMUNE DI SENAGO;
- FALLIMENTO CENTRO ECOLOGICO PADANO;
- HOECHST ITALIA S.P.A.
- COEDE S.A.S.;
Intimati
e sul secondo ricorso 11476-93 proposto
da
COMUNE DI SENAGO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma via Cosseria 5 c-o l'avvocato Enrico Romanelli
che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Giovanni
Mariotti giusta delega a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
HOECHST ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Alessandria 130 c-o
l'avvocato Fabio Lorenzoni che la rappresenta e difende unitamente
all'avvocato Francesco Perli giusta delega in calce al controricorso
e ricorso incidentale;
Controricorrente
contro
3M ITALIA S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma Via Alessandria 130 c-o l'avvocato
Fabio Lorenzoni che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato
Francesco Perli giusta delega in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
Controricorrente
contro
SMITHWLINE BEECHAM FARMACEUTICI S.P.A. (già Soc. Zambeletti);
- AUSCHEM S.P.A. (nuova denominazione assunta dal Rol S.p.A.)
- FALLIMENTO CENTRO ECOLOGICO PADANO in persona del curatore Massa
Giordano;
COEDE S.A.S.
Intimati
e sul terzo ricorso 11651-93 proposto
da
HOECHST ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma via Alessandria 130 c-o
l'avvocato Fabio Lorenzoni che la rappresenta e difende unitamente
all'avvocato Francesco Perli giusta delega in calce al controricorso
e ricorso incidentale;
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
- SMITHWLINE BEECHAM FARMACEUTICI S.P.A. (già società Zambeletti);
- COMUNE DI SENAGO
- FALL.TO CENTRO ECOLOGICO PADANO in persona del Curatore Massa
Giordano
- COEDE S.A.S.
- ROL S.P.A. (ora AUSCHEM S.P.A.);
- 3M ITALIA S.p.A.
Intimati
e sul quarto ricorso 11652-93 proposto
da
3M ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma Via Alessandria 130 c-o l'avvocato
Fabio Lorenzoni che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato
Francesco Perli giusta delega in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
- SMITHWLINE BEECHAM FARMACEUTICI S.P.A. (già Società Zambeletti)
- COMUNE DI SENAGO
- FALLIMENTO CENTRO ECOLOGICO PADANO, in persona del curatore Massa
Giordano
- COEDE S.A.S.
- ROL S.P.A. (già AUSCHEM S.P.A.)
- HOECHEST ITALIA S.P.A.
Intimati
avverso la sentenza 2004-92 della Corte di Appello di Milano
depositata l 20.11.1992;
sono presenti per il ricorrente 10147-93 l'avvocato Panunzio con
delega;
sono presenti per il ric. 11476-93 per il ricorrente l'avvocato
Romanelli E.;
per il resistente gli avvocati Perli per la Hoechst e per la 3M It.
Soc. con l'avvocato Lorenzoni;
per i ricorsi 11651 e 11652-93 gli avvocati Perli e Lorenzoni;
udita la relazione del Consigliere Rel. Dott. Carbone nella pubblica
udienza del 10.3.1995;
la difesa del ricorso principale (n. 10147-93) l'avvocato Panunzio
con delega chiede l'accoglimento del proprio ricorso, rigetto degli
altri;
la difesa del ricorso n. 11476-93 chiede per il ricorrente Comune di
Senago l'avvocato Romanelli chiede l'accoglimento del proprio ricorso
e rigetto degli altri;
per i ricorsi 11651-93 e 11652-93 gli avvocati Perli e Lorenzoni per
la Hoechst e per la 3M Italia chiedono l'accoglimento del proprio
ricorso e rigetto degli altri;
udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Di Salvo che
conclude per l'accoglimento del 1 motivo ricorso principale;
assorbiti gli altri rigetto degli incidentali.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Senago convenne in giudizio innanzi al Tribunale di
Milano, con atto del 3.12.1984, la s.p.a. Centro Ecologico Padano,
precedentemente dichiarata fallita dal Tribunale di Lodi il
27.2.1984, nonché le società Smithkline Beecham Farmaceutici s.p.a.
(già Società Zambelletti), Auschem s.p.a. (prima denominata Rol
s.p.a.), Hoechst Italia s.p.a., 3M Italia s.p.a., Coede s.a.s.,
dichiarando che dal febbraio del 1983 era stata rilevata l'esistenza
nel proprio territorio di un serbatoio fisso, di proprietà della
soc. Coede, ed utilizzato dalla soc. CEP per lo stoccaggio di rifiuti
speciali industriali prodotti dalle altre società.
Inoltre nel marzo 1983 il deposito, perché sprovvisto della
prescritta autorizzazione era stato sottoposto a sequestro. Infine, a
seguito di esami effettuati dal laboratorio provinciale di igiene,
era stata accertata nell'aprile del 1983 la presenza nel serbatoio di
sostanze tossiche, per cui la Giunta regionale aveva vietato ogni
ulteriore conferimento di rifiuti.
Nelle more, la s.p.a. CEP era dichiarata fallita, mentre la Usl
competente aveva individuato gravissime perdite di sostanze
inquinanti dal predetto serbatoio, sicché il Comune, non essendo in
grado il curatore fallimentare di smantellare la struttura del
serbatoio, aveva provveduto d'ufficio ad appaltare il lavoro ad altra
società, per il costo di lire 124.823.586.
Tanto premesso, il Comune di Senago chiese nei confronti di tutti
i convenuti la condanna in solido per il fatto illecito commesso
mediante la produzione e lo scarico abusivo nel serbatoio dei propri
rifiuti tossici, con il conseguente rimborso della spesa sostenuta
per lo smantellamento dello stesso nonché con la condanna al
risarcimento del danno ambientale dovuto alla compromissione
dell'ambiente per il diffondersi nel territorio del comune di rifiuti
tossici prodotti e sversati senza le dovute cautele imposte dalla
legge.
Sull'eccezione del curatore del fallimento, che rilevò
l'improponibilità della domanda proposta in sede diversa da quella
concorsuale, il Tribunale, con sentenza del 17.11.1988, accolse
l'eccezione della curatela e, ritenuta la responsabilità solidale
degli altri convenuti, li condannò al pagamento della somma di lire
155.000.000 in favore dell'istante.
Siffatta decisione ha trovato conferma da parte del giudice del
gravame che, con sentenza del 20.11.1992, ha respinto l'appello.
Secondo la Corte territoriale: a) l'eccezione di incompetenza del
Tribunale ordinario, per essere competente il Tribunale fallimentare
di Lodi, è destituita di fondamento, in quanto si tratta di
obbligazioni solidali, e quindi di litisconsorzio meramente
facoltativo; b) la domanda di risarcimento del danno ambientale va
rigetta in quanto sfornita di prova; ne', a tal fine, può essere
sufficiente la richiesta consulenza tecnica d'ufficio, che non può
avere solo intenti esplorativi e surrogatori; c) la responsabilità
delle società convenute va affermata sia sulla base dell'art. 2043
c.c., per aver consentito il deposito dei propri rifiuti tossici nel
serbatoio, non abilitato a riceverli, e per non essersi accertate del
loro definitivo smaltimento, sia ai sensi dell'art. 2050 c.c.,
poiché l'attività di produzione da cui residuino sostanze tossiche
e nocive è certamente attività pericolosa, con la conseguenza che
ai produttori dei rifiuti non basta provare di aver contrattualmente
demandato a terzi lo smaltimento dei rifiuti stessi per vincere la
presunzione legale di responsabilità.
Avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano ha proposto
ricorso per cassazione la s.p.a. Smithkline Beecham Farmaceutici
(già s.p.a. Zambelletti). Il Comune di Senago ha presentato
controricorso e proposto ricorso incidentale. Le società 3M Italia
s.p.a e Hoechst Italia s.p.a. hanno proposto ricorso incidentale e
presentato controricorso avverso il ricorso incidentale del Comune di
Senago, ai sensi dell'art. 371, co. 4, c.p.c..
Sono state depositate tempestive memorie sia da parte del
ricorrente principale, sia da parte dell'Amministrazione comunale e
degli altri ricorrenti incidentali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Vanno preliminarmente riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.,
tutti i ricorsi, trattandosi di impugnazioni autonomamente proposte
avverso la stessa decisione.
Con il primo motivo del ricorso principale, e con il primo motivo
dei ricorsi incidentali n. 11651 e n. 11652, da trattare
congiuntamente in quanto strettamente connessi, si ripropone in
questa sede di legittimità la questione dell'incompetenza del
Tribunale ordinario per asserita violazione dell'art. 24 l. fall.
267-1942, per essere competente il Tribunale di Lodi, in quanto non
si tratterebbe di responsabilità solidale ne di litisconsorzio
meramente facoltativo, ma di responsabilità esclusiva della società
fallita per il mancato svuotamento del deposito, con la conseguente
competenza funzionale esclusiva del giudice fallimentare.
L'assunto proposto dal ricorrente principale è infondato, mentre
va dichiarato inammissibile l'analogo motivo di ricorso dei
ricorrenti incidentali che hanno sollevato la questione per la prima
volta in questa sede, non avendola mai avanzata in prime cure.
In proposito i giudici di merito hanno accertato una
responsabilità solidale sia della S.p.a. CEP che degli altri
soggetti, questi ultimi per aver prodotto rifiuti speciali
industriali senza aver adottato tutte le misure atte ad evitare il
danno, limitandosi a trasferirne la detenzione all'altra società che
ne consentiva lo sversamento in un serbatoio abusivo, perché privo
della prescritta autorizzazione, serbatoio peraltro non a tenuta
stagna, mantenuto in funzione nonostante gli ordini di
smantellamento, resisi necessari a seguito delle accertate gravissime
perdite di sostanze inquinanti.
La Corte territoriale ha, pertanto, accertato una situazione di
corresponsabilità di più soggetti per lo stesso evento dannoso, sia
pure a diverso titolo. In particolare, sussiste la responsabilità
concorrente del produttore di rifiuti per culpa in vigilando, per
avere, cioè, effettuato svernamenti direttamente o a mezzo di terzi
a lui legati contrattualmente, in un deposito sprovvisto della
prescritta autorizzazione e già sottoposto a sequestro. È vero che
all'epoca dello sversamento - come rileva il ricorrente principale -
non era ancora entrata in vigore la normativa che impone al
produttore di rifiuti il controllo sulla discarica, introdotto con il
d.p.r. 10.9.1982 n. 915, ma è altresì vero che, anche prima della
normativa di settore, il produttore di rifiuti tossici o nocivi era
obbligato, in base ai principi generali, e cioè in base al
richiamato art. 2050 c.c., a non cagionare danno nell'esercizio di
un'attività indubbiamente pericolosa quale quella che da luogo alla
produzione di rifiuti tossici e nocivi a livello industriale, anzi,
di adottare tutte le misure idonee ad evitare ogni possibile danno,
anche quello ambientale.
Ed il rapporto processuale con pluralità di condebitori solidali
non diventa improcedibile per il fallimento di uno di essi, in quanto
l'attrazione della competenza del Tribunale in sede fallimentare si
presenta solo per il condebitore solidale dichiarato fallito, mentre
per gli altri condebitori solidali, rimasti in bonis, il giudizio
deve proseguire davanti al Tribunale ordinario. Non sussiste,
pertanto, una vis attrcativa del Tribunale fallimentare nei confronti
del presente processo, stante la coesistenza di comportamenti
illeciti posti in essere dalle società convenute o un dovere del
terzo danneggiato di doversi rivolgere al curatore, potendo egli
convenire in giudizio gli altri condebitori.
Come ha già rilevato questo Collegio (cass. 7 gennaio 1983 n.
105), l'improcedibilità del giudizio tra il creditore ed uno dei
condebitori solidali, determinata dal fallimento di quest'ultimo, non
impedisce che il giudizio stesso prosegua nella sede ordinaria nei
confronti degli altri condebitori in bonis, senza essere attratto
nella competenza del Tribunale fallimentare, con il quale non ha che
un rapporto di mera occasionalità.
Con il secondo e terzo motivo del ricorso principale, nonché con
il secondo e terzo motivo dei ricorsi incidentali della Hoechst e
della 3M, si censura l'impugnata sentenza per violazione e falsa
applicazione degli artt. 2043 e 2055 c.c. e 4 l. reg. Lombardia n.
94-1980, per non aver tenuto conto che la società ricorrente aveva
affidato ad altri lo sversamento dei depositi tossici e, una volta
consegnati materialmente, in base a contratto, andava esonerata da
ogni responsabilità.
La censura è infondata, in quanto intende costituire una figura
di detentore di rifiuti ex contractu, su cui scaricare l'esclusiva
responsabilità del fatto.
Il soggetto produttore dei rifiuti tossici, infatti, è comunque
soggetto agli artt. 2043 e 2050 c.c., e non può esonerarsi da
siffatta responsabilità attraverso una fittizia distinzione tra
soggetto produttore dei rifiuti, e soggetto tenuto allo smaltimento e
stoccaggio degli stessi, in quanto tutti i soggetti coinvolti nel
ciclo di produzione e smaltimento dei rifiuti tossici, ed in
particolare il soggetto produttore, sono ugualmente responsabili e
solidalmente tenuti ad adottare quelle misure di sicurezza, anche
nella fase di smaltimento, affinché lo sversamento definitivo e lo
stoccaggio dei rifiuti prodotti avvenga senza danni a terzi.
Con l unico motivo del ricorso incidentale proposto dal Comune di
Senago si censura l'impugnata sentenza per aver respinto la domanda
di risarcimento del danno ambientale, sull'assunto che esso non fosse
provato, per cui non poteva disporsi consulenza tecnica d'ufficio.
Secondo il ricorrente incidentale, l'amministrazione comunale aveva
fornito adeguata prova sulla sussistenza del danno ambientale come
MOTIVI DELLA DECISIONE
appare dalla documentazione amministrativa esibita dal Comune e
richiamata nello svolgimento del processo. Nel febbraio 1983,
infatti, era stata rilevata l'esistenza di un serbatoio per lo
stoccaggio di rifiuti speciali industriali, considerati dall'analisi
effettuata dal laboratorio provinciale di igiene altamente tossici e
nocivi. Inoltre, la predetta struttura, poiché risultava sprovvista
della prescritta autorizzazione, era stata sottoposta a sequestro
dalla provincia di Milano. Infine, nel marzo del 1983, ad un mese dal
rilevamento, la Giunta regionale aveva imposto la cessazione di ogni
conferimento di rifiuti, e la USL competente aveva, successivamente,
accertato gravissime perdite di sostanze inquinanti dal serbatoio.
Di fronte a questa documentazione, non contestato non v'è dubbio
sullo sversamento di rifiuti tossici e nocivi in un deposito privo di
autorizzazione e non a tenuta stagna, come evidenziato dalla USL, che
aveva rilevato, in proposito, "una gravissima perdita" di sostanze
altamente inquinanti.
Appaiono, pertanto, allegati in atti elementi gravi, precisi e
concordanti sul dedotto pregiudizio ambientale, che non è valutabile
se non attraverso accertamenti disposti da qualificati organismi,
atti ad emettere analisi e riscontri tecnici ed a valutare il
pregiudizio per il territorio, derivante dalla presenza di sostanze
tossiche e nocive, anche in relazione alla loro concentrazione ed al
grado di assorbimento del terreno. Di fronte a queste risultanze
istruttorie non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte di
legittimità (Cass. 30.1.1985 n. 622) il rigetto della domanda per
inosservanza dell'onere probatoria in presenza della richiesta
consulenza tecnica. Con la ricordata giurisprudenza, infatti, questa
Corte aveva già avuto modo di affermare che quando la consulenza
tecnica sia richiesta da una parte al fine di accertare fatti
essenziali per la decisione, rispetto ai quali si presenta come
strumento tecnicamente più funzionale ed efficace di indagine, il
giudice di merito non può negarla, senza confutare con adeguata
motivazione le ragioni addotte dalla parte e non può rigettare la
pretesa sostanziale osservando che con quella richiesta non si è
adempiuto all'onere della prova.
Inoltre, proprio in relazione al danno ambientale, occorre
rilevare come le conseguenze pregiudizievoli dovute al progressivo
sversamento ed accumulo di rifiuti tossici, si manifestarlo, e sono
riscontrabili, solo nel tempo, e non certo coevamente e
contestualmente all'illegittimo deposito.
Il concetto di danno ambientale sviluppatosi solo di recente,
rispetto al tronco dell'illecito aquiliano, attraverso l'art. 18 l. 8
luglio 1986 n. 349, accoglie il concetto di "compromissione o torto
ambientale", consistente nell'alterazione, deterioramento,
distruzione, in tutto o in parte, dell'ambiente. In altri termini,
non basta la violazione puramente formale della normativa in materia
di inquinamento, nella specie in materia di rifiuti tossici, ma
occorre che lo Stato, o gli enti territoriali, su cui incidono i beni
oggetto del fatto lesivo (cfr. Cass. 12 febbraio 1988 n. 1491), ai
sensi del comma 3 dell'art. 18, deducano l'avvenuta compromissione
dell'ambiente.
Se è vero, pertanto, che l'onere probatorio grava sul soggetto
danneggiato, non è men vero che la prova del danno ambientale non
può non consistere nella compromissione dell'ambiente stesso,
accertata attraverso rilevazioni ed esami pubblici, o rilevamenti
della USL, così come evidenziati dal ricorrente incidentale.
Poiché il danno ambientale supera e trascende il danno ai singoli
beni che ne fatto parte, quest'ultimo si ancorato alla tradizionale
concezione civilistica delle conseguenze patrimoniali, come rilevato
dalla giurisprudenza di legittimità nonché degli stessi giudici
delle leggi (Cass. sez. un. 25 gennaio 1989 n. 440; 9 aprile 1992 n.
4362; Corte cost. 30 dicembre 1987 n. 641), la compromissione
dell'ambiente va vista, sotto l'aspetto probatorio, in stretto
collegamento con l'art. 18, tenuto conto delle particolarità in esso
contenuto, ed in particolare nei commi 6 e 7, che lo diversificano
dal genus aquiliano, cui pure appartiene.
Nella disciplina del danno ambientale, infatti, considerato in
senso unitario, l'ordinamento ha voluto tener conto non solo del
profilo risarcitorio, ma anche di quello sanzionatorio, che pone in
primo piano non solo e non tanto le conseguenze patrimoniali del
danno arrecato (i c.d. danni conseguenza), ma anche e soprattutto la
stessa produzione dell'evento, e cioè l'alterazione, il
deterioramento, la distruzione, in tutto o in parte dell'ambiente, e
cioè la lesione in sè del bene ambientale. La particolare rilevanza
dell'evento lesivo si riscontra sia nel comma 3 dell'art. 18, dove la
legittimazione degli enti territoriali è in funzione
dell'appartenenza dei beni oggetto del fatto lesivo, sia nel comma 4,
dove si riconosce alle associazioni dei cittadini di sollecitare
l'esercizio dell'azione "in presenza di fatti lesivi di beni
ambientali". Gli spunti di maggiore interesse sono dati, comunque,
dal comma 8, dove si prevede, ove possibile, il ripristino dello
stato dei luoghi a spese del responsabile, ma soprattutto nei commi 6
e 7, che rappresentano l'aspetto più peculiare del danno ambientale
rispetto al genere del danno aquiliano in generale.
Nel comma 6 si prevede, ove non sia possibile una precisa
quantificazione del danno, una determinazione in via equitativa,
rapportata non al solito criterio della Differenztheorie, ma
parametrato a criteri del tutto inusitati per il vecchio modello del
danno risarcibile nella responsabilità civile, in quanto il bene
ambiente è fuori commercio, e come tale insuscettibile di una
valutazione venale secondo i prezzi di mercato, dovendo essere
considerato nel suo valore d'uso. Il giudice, infatti, deve tener
comunque conto: a) della gravità della colpa individuale, b) del
costo necessario per il ripristino dell'ambiente; c) del profitto
conseguito dal trasgressore, in conseguenza del suo comportamento
lesivo dei beni ambientali.
Balza evidente come sotto il riflettore dell'indagine giudiziaria
non si trovi la situazione patrimoniale dello Stato o degli altri
enti legittimati, come conseguenza del danno ambientale subito,
bensì elementi chiaramente sanzionatori, a livello di pene civili,
quali la gravità della colpa del trasgressore, il profitto
conseguito dallo stesso, ed il costo necessario al ripristino, al
posto del pregiudizio patrimoniale subito.
Infine, il comma 7 dell'art. 18 rappresenta una deroga del
principio nell'art. 2055 c.c., perché, nell'ipotesi di concorso di
più soggetti, non sussiste la prevista solidarietà, ma ciascuno dei
coautori del danno risponde nei limiti della propria responsabilità
individuale.
Il timbro repressivo adoperato dal legislatore conferisce al torto
ecologico una sua peculiarità nell'ambito della responsabilità
civile, con la conseguenza che anche la prova di siffatto torto non
può non risentirne, ispirata, come dev'essere, non a parametri
puramente patrimoniali, ma alla compromissione dell'ambiente,
strettamente collegata al fatto lesivo del bene ambientale posto in
essere, come nella specie, da chi ha concorso nell'utilizzo di un
serbatoio non autorizzato, dal quale fuoriuscivano, come accertato
dalla USL, i rifiutati tossici e nocivi che vi erano stati sversati.
Il giudice del rinvio dovrà tener conto degli esposti principi,
ed in particolare che nella prova del danno ambientale bisogna
distinguere tra danno ai singoli beni di proprietà pubblica o
privata, o a posizioni soggettive individuali, che trovano tutela
nelle regole ordinarie, e danno all'ambiente considerato in senso
unitario, in cui il profilo sanzionatorio nei confronti del fatto
lesivo del bene ambientale comporta un accertamento che non è quello
del mero pregiudizio patrimoniale, ma della compromissione
dell'ambiente.
Lo stesso giudice provvederà anche sulle spese di questo giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e rigetta quelli recanti i numeri
10147, 11651 e 11652, mentre accoglie il ricorso incidentale del
Comune di Senago n. 11476-93.
Cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte
d'appello di Milano.
Così deciso in Roma addì 10 marzo 1995 nella camera di consiglio
della prima sezione civile.