TAR Marche, Sez. I, n. 525, del 22 maggio 2014
Caccia e animali.Legittimità diniego rinnovo porto fucile per uso caccia per uccisione accidentale di un animale e spari in luogo abitato.

Se è vero che, in assoluto, il divieto di detenzione di armi da fuoco non ha una durata perpetua, è altrettanto vero che il semplice decorso del tempo non può di per sé giustificare la richiesta di un nuovo porto d’armi, laddove l’autorità di P.S. continui a ritenere sussistenti le ragioni di pubblico interesse che hanno a suo tempo indotto a revocare (o a non rilasciare) la licenza di porto d’armi. Anche in vista di assunzione in qualità di accompagnatore venatorio e/o addestratore di cani da caccia, presso un’azienda faunistico-venatoria della Provincia. La sospensione del titolo era stata disposta in quanto il ricorrente era stato sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 544-bis e 703 c.p. (uccisione accidentale di un animale e spari in luogo abitato). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00525/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00555/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 555 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Giovanni Tantucci, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Fabiani, Maria Laura Sommese, con domicilio eletto presso l’Avv. Maurizio Fabiani, in Ancona, via San Martino, 23;

contro

- U.T.G. - Prefettura di Ancona, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati presso la sede della stessa, in Ancona, piazza Cavour, 29; 
- Questura di Ancona, non costituita;

per l'annullamento

del decreto emesso dal Prefetto di Ancona in data 8/5/2013, notificato il 9/5/2013, prot. 25174/2013 - Fasc. 2656/2013-Area I-bis relativo al ricorso del 22/2/2013 presentato dal ricorrente sig. Tantucci Giovanni per la riforma integrale del provvedimento Cat. 6F/2013 datato 12/1/2013, notificato il 30/1/2013, con il quale il Questore di Ancona ha respinto la sua istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia e di revoca del provvedimento di sospensione del 26.2.2005", nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compreso il provvedimento di rigetto emesso dal Questore di Ancona in data 12/1/2013 e il provvedimento confermativo adottato dal Questore di Ancona in data 12/11/2013.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Ancona e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori avv. Laura Sommese; avv. dello Stato Andrea Honorati nei preliminari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Tantucci con il ricorso introduttivo ha impugnato:

- il provvedimento datato 12/1/2013, con il quale il Questore di Ancona ha respinto la sua istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia;

- il decreto datato 8/5/2013, con il quale il Prefetto di Ancona ha respinto il ricorso gerarchico proposto dal sig. Tantucci avverso il citato provvedimento del Questore.

In punto di fatto, il ricorrente evidenzia che i provvedimenti in questione sono stati adottati a seguito della presentazione di un’istanza volta a rimuovere l’atto di sospensione della licenza di porto di fucile, adottato dal Questore pro tempore di Ancona in data 26/2/2005. La sospensione del titolo era stata disposta in quanto il ricorrente era stato sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 544-bis e 703 c.p. (uccisione accidentale di un animale e spari in luogo abitato). Il processo penale si è concluso con la condanna definitiva del ricorrente alla pena della reclusione per giorni 42.

In data 8/11/2012 il sig. Tantucci aveva presentato l’istanza di cui sopra, che è stata rigettata dal Questore con il primo degli atti impugnati in questa sede. Il Prefetto ha poi respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il diniego del Questore, confermando, in particolare, il giudizio di inaffidabilità del sig. Tantucci a detenere ed utilizzare le armi da fuoco in maniera tale da non mettere in pericolo la pubblica incolumità.

2. Il ricorso introduttivo è affidato ai seguenti motivi:

- falsa applicazione degli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S., in relazione all’art. 444 c.p.p. (la sentenza emessa a seguito di “patteggiamento” non può essere assimilata ad una sentenza di condanna);

- il provvedimento del Questore è stato adottato in data antecedente a quella del deposito delle memorie ex art. 10-bis L. n. 241/1990, il che denota un difetto di istruttoria e di motivazione;

- nel merito, l’amministrazione non ha valutato che il ricorrente era titolare di licenza di porto d’armi dal 1968, che non ha mai dato luogo a rilievi circa la sua condotta e le modalità di conservazione delle armi legalmente detenute e che, in generale, non vi è alcun automatismo fra condanne penali e diniego di rilascio/rinnovo del porto d’armi. Non sono state nemmeno assunte informazioni presso il locale comando dell’Arma dei Carabinieri.

3. Si sono costituite le amministrazioni intimate, instando per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 318/2013 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare, evidenziando però che il sig. Tantucci aveva sempre la facoltà di rappresentare alla Questura la propria particolare situazione (ossia lo stato di disoccupazione e l’esistenza di una promessa di assunzione in qualità di accompagnatore venatorio e/o addestratore di cani da caccia, proveniente da un’azienda faunistico - venatoria della provincia di Pesaro e Urbino), in modo da verificare la possibilità del rilascio di un titolo che gli consentisse di svolgere le suddette attività.

4. Avvalendosi proprio di tale facoltà, l’odierno ricorrente ha presentato alla Questura un’istanza di revisione del precedente provvedimento, allegando anche la documentazione relativa ad una visita di idoneità psico-fisica sostenuta in data 19/9/2013 e chiarendo i dettagli dell’attività lavorativa di cui alla predetta promessa di assunzione.

La Questura ha però riconfermato il precedente diniego, sulla base delle seguenti considerazioni:

- le esigenze lavorative del ricorrente non possono prevalere sulle esigenze di tutela della pubblica incolumità poste a base del diniego di rinnovo della licenza già impugnato con il ricorso introduttivo;

- non sono peraltro specificate le ragioni che impongono il possesso dell’arma da fuoco per svolgere le attività di cui alla promessa di assunzione da parte della citata azienda faunistico - venatoria.

5. Il provvedimento è stato impugnato con i motivi aggiunti, in cui il sig. Tantucci evidenzia che:

- il provvedimento è inficiato in primo luogo da difetto di istruttoria (poiché la Questura non ha tenuto conto dei chiarimenti forniti dal ricorrente per il tramite del proprio legale di fiducia circa le modalità di svolgimento delle mansioni di accompagnatore venatorio);

- in secondo luogo, la Questura ha errato nel considerare perpetuo il divieto di porto d’armi, soprattutto se si pone mente al fatto che i reati di cui sopra risalgono a circa 10 anni addietro e che per il resto la condotta serbata da esso ricorrente è stata sempre inappuntabile. Il certificato di vista medica svolta in data 19/9/2013 conferma inoltre che esso ricorrente è in possesso di tutti i requisiti psico-fisici richiesti dal D.M. 28/4/1998;

- in terzo luogo, l’amministrazione continua a ritenere ostativa una sentenza penale assunta all’esito di “patteggiamento”, la quale non può essere assimilata ad una sentenza di condanna;

- la Questura non ha inoltre tenuto conto del fatto che la licenza non è stata mai revocata, bensì solo sospesa;

- l’attività che dovrebbe essere svolta presso la citata azienda venatoria è attività di caccia, per cui il porto d’armi è necessario.

6. Con ordinanza n. 61/2014 il Tribunale ha fissato per l’8 maggio 2014 l’udienza di trattazione del merito.

Il ricorso e i motivi aggiunti non meritano accoglimento.

7. Va preliminarmente chiarito il senso della precisazione contenuta nell’ordinanza cautelare n. 318/2013. Poiché nel corso della discussione orale sulla domanda cautelare proposta con il ricorso introduttivo il difensore del ricorrente non era stato in grado di chiarire in che cosa consistesse l’attività di accompagnatore venatorio e se per svolgere tale attività fosse indispensabile il possesso di un’arma da fuoco, il Tribunale, pur respingendo l’istanza di sospensiva - previa valutazione sommaria di infondatezza delle censure proposte - aveva lasciato alle parti la possibilità di valutare se fosse possibile autorizzare in qualche modo il sig. Tantucci a svolgere l’attività in parola pur senza abilitarlo al porto d’arma.

Non si è dunque in presenza di un’ordinanza cautelare c.d. propulsiva, come il ricorrente sembra adombrare alle pagine 3 e 4 dell’atto di motivi aggiunti.

In sostanza, non essendo stata chiarita la natura dei compiti propri dell’accompagnatore venatorio, il Tribunale aveva ipotizzato che tale attività possa essere svolta semplicemente accompagnando i cacciatori frequentatori dell’azienda faunistica lungo i percorsi di caccia, ma senza portare l’arma al seguito (per cui si tratterebbe, in sostanza, di una licenza di caccia, ma senza l’uso dell’arma). La documentazione versata in atti dal ricorrente in allegato ai motivi aggiunti, ed in particolare la nota dell’A.F.V. “San Fiorano” datata 26/10/2013, ha invece chiarito che per svolgere il predetto incarico è necessario portare al seguito l’arma da fuoco.

Da ciò discende che la questione principale attorno a cui ruota il presente giudizio è quella relativa alla congruità del giudizio di inaffidabilità del ricorrente emesso dalla Questura e confermato dalla Prefettura (e riconfermato poi dalla Questura).

8. Come detto, il Tribunale è dell’avviso che il ricorso e i motivi aggiunti non siano meritevoli di accoglimento.

In effetti, seppure è vero che, in assoluto, il divieto di detenzione di armi da fuoco non ha una durata perpetua, è altrettanto vero che il semplice decorso del tempo non può di per sé giustificare la richiesta di un nuovo porto d’armi, laddove l’autorità di P.S. continui a ritenere sussistenti le ragioni di pubblico interesse che hanno a suo tempo indotto a revocare (o a non rilasciare) la licenza di porto d’armi.

L’unico vincolo al riguardo è rappresentato dall’adeguatezza della motivazione, sulla quale il giudice amministrativo può esercitare un controllo estrinseco.

Nel caso di specie, sulla base degli atti del giudizio, il Collegio ritiene che la Questura e la Prefettura non siano incorse nelle dedotte illegittimità.

9. Non sussiste in primo luogo la violazione dell’art. 10-bis L. n. 241/1990, e ciò in quanto la data riportata in calce al decreto del Questore impugnato con il ricorso introduttivo è palesemente errata. Se davvero il provvedimento fosse stato adottato prima del deposito della memoria difensiva datata 14/1/2013, non si comprende come il Questore potesse menzionare nell’atto la memoria stessa.

Si è pertanto trattato di mero lapsus calami, che non rende quindi illegittimo il provvedimento.

10. Ugualmente infondato è il motivo con cui si deduce la non assimilabilità della sentenza emessa a seguito di patteggiamento ad una sentenza di condanna.

In disparte il fatto che il provvedimento di cui all’art. 43 T.U.L.P.S. non presuppone la previa commissione di reati da parte dell’interessato o il loro accertamento con sentenza definitiva - essendo sufficienti anche comportamenti non aventi sicura rilevanza penale, ma che denotano il possibile abuso delle armi legalmente detenute - ai fini che qui interessano la sentenza emessa a seguito di patteggiamento va certamente assimilata ad una sentenza di condanna, visto che il giudice penale può adottare sentenza di applicazione della pena su richiesta solo se accerta di non dover pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di rito.

Ma, del resto, esistono nell’ordinamento varie fattispecie in cui la sentenza ex art. 444 c.p.p. è equiparata ad una sentenza di condanna a seguito di dibattimento (vedasi, ad esempio, l’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006), per cui sotto questo profilo non può ritenersi errata la tesi dell’amministrazione.

11. Né rileva il fatto che la Questura non abbia ritenuto utile assumere informazioni dalla locale Stazione CC. In effetti, nessuna dubita del fatto che la condotta di vita del sig. Tantucci sia stata irreprensibile dopo il 2005, anche perché in caso diverso nei provvedimenti impugnati la Questura avrebbe citato i pregiudizi penali o di polizia esistenti sul conto del ricorrente. Il giudizio finale spetta però al Questore, quale autorità provinciale di P.S.

12. Non è stato applicato alcun automatismo fra sentenza di condanna e giudizio di inaffidabilità. Ovviamente, essendo stato il ricorrente condannato proprio per una vicenda in cui è palese l’abuso delle armi, l’onere motivazionale che incombeva sull’autorità di P.S. era molto meno stringente, non dovendosi spendere molte parole per spiegare da quali elementi la Questura avesse tratto il giudizio di inaffidabilità.

13. Quanto ai motivi aggiunti, si osserva che:

- in sede di merito non sono ovviamente rilevanti di per sé le ragioni personali per le quali il ricorrente ritiene indispensabile il rilascio della licenza di porto d’armi (tali ragioni essendo valutabili solo in sede cautelare, nell’ottica del bilanciamento di interessi che il giudice deve compiere per valutare la sussistenza del periculum in mora);

- è quindi condivisibile l’osservazione del Questore circa il fatto che, se fossero rilevanti e vincolanti le ragioni di ordine lavorativo, qualsiasi soggetto al quale è stato legittimamente inibito l’uso delle armi potrebbe chiedere il rilascio di un nuovo titolo abilitativo accampando tali circostanze, il che frustrerebbe le finalità perseguite dalle disposizioni del T.U.L.P.S. di cui si è fatta applicazione nella specie;

- per il resto, la circostanza per cui il ricorrente ha in essere una proposta lavorativa non incide sul presupposto principale, ossia l’affidabilità nella tenuta delle armi da fuoco. Come già esposto nell’ordinanza cautelare n. 318/2013, il Tribunale ritiene che sul punto l’operato dell’autorità di P.S. sia congruamente motivato;

- i provvedimenti impugnati in questa sede vanno altresì qualificati come atti impliciti di revoca definitiva della licenza di porto d’armi che era stata solo sospesa in pendenza del procedimento penale. La censura è dunque improntata a mero formalismo.

14. Il ricorso e i motivi aggiunti vanno quindi respinti.

Le spese di giudizio possono però essere compensate, anche in ragione delle motivazioni sostanziali che sono alla base dell’iniziativa giudiziaria posta in essere dal ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge e compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Francesca Aprile, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)