Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2311, del 6 maggio 2014
Caccia e animali.Legittimità sospensione del porto di fucile per uso caccia in ragione dei suoi rapporti con il padre, ritenuto elemento di spicco di clan camorristico
E’ legittima la sospensione del porto di fucile per uso caccia in ragione dei suoi rapporti con il padre, ritenuto elemento di spicco di clan camorristico e con altri soggetti pregiudicati e sul rilievo che ciò comportasse il venir meno dei requisiti di sicura affidabilità e della buona condotta richiesti dalla legge nei confronti dei possessori di armi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02311/2014REG.PROV.COLL.
N. 04939/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4939 del 2011, proposto da: ……, rappresentato e difeso dall'avv. …., con domicilio eletto presso ….. in Roma, via ,,,,;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: sezione V n. 27374/2010, resa tra le parti, concernente la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2014 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti l’Avvocato…. su delega di ….. e l’Avvocato dello Stato Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno ricorrente, titolare di porto di fucile per uso caccia rilasciatogli il 3.6.2006, è stato destinatario di un provvedimento di sospensione, adottato nei suoi confronti il 21.8.2010, motivato in ragione dei suoi rapporti con il padre, ritenuto elemento di spicco di clan camorristico operante nella provincia di Caserta, e con altri soggetti pregiudicati e sul rilievo che ciò comportasse il venir meno dei requisiti di sicura affidabilità e della buona condotta richiesti dalla legge nei confronti dei possessori di armi.
2. Proposto ricorso avverso tale atto, deducendo vizi di illegittimità relativi al contraddittorio procedimentale ed alla motivazione dell’atto, il Tar lo ha respinto, sul presupposto della natura ampiamente discrezionale del potere esercitato e sul rilievo che la stabile frequentazione di soggetti pregiudicati potesse fondare una prognosi negativa in termini di affidabilità.
3. Con il presente appello è impugnata la sentenza, riproponendo e sviluppando le originarie censure, sottolineando in particolare l’insufficienza del solo vincolo di parentale e valorizzando, nel caso di specie, il dato oggettivo per cui l’appellante non risiede nella stessa abitazione del genitore.
3.1. Costituitasi solo formalmente l’amministrazione, all’udienza pubblica del 27 marzo 2014 la causa è passata in decisione, direttamente ai preliminari.
4. L’appello è infondato, per le seguenti ragioni.
4.1. Premesso che in materia di autorizzazioni di polizia i provvedimenti di revoca o di sospensione, per il loro carattere preventivo, possono fondarsi anche solo su di un giudizio probabilistico e che l’amministrazione è investita di un potere indubbiamente discrezionale; è vero anche che tale potere deve essere pur sempre esercitato secondo i canoni generali della discrezionalità amministrativa, dando conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi ovvero inidoneo all'esercizio di determinate attività.
4.2. Nella vicenda in esame, nella quale ciò che si contesta al ricorrente sono rapporti di frequentazione con soggetti pregiudicati tra i quali è ricompreso lo stesso genitore, il grado di sufficienza del provvedimento di sospensione, e del giudizio prognostico in esso racchiuso, deve essere valutato alla luce di tutte le risultanze procedimentali e non del solo atto conclusivo.
4.3. In questa prospettiva, che è coerente con uno schema di giudizio non più rigidamente impugnatorio, deve essere apprezzata la nota del Dirigente del Commissariato di Sessa Aurunca del 12.8.2010 – recante la proposta sulla base della quale è stato poi adottato, in senso conforme, il provvedimento di sospensione - dove si chiarisce come, per un verso, lo “spessore criminale” del genitore dell’odierno ricorrente “si è andato evolvendo nel tempo, al punto che, attualmente, lo stesso è ritenuto il capo zona del clan malavitoso operante in Cellole”; e come, per altro verso, la residenza indicata dal …. sia tale solo in senso formale e al solo fine di celare il regime di convivenza con il padre, con cui manterrebbe invece “una stretta correlazione ed una assidua frequentazione che si spinge al di là del mero vincolo di parentela” (v. relazione di servizio del 13.7.2010, allegata).
A questo si aggiunge, sempre nella nota prodotta in atti già nel giudizio di primo grado, una frequentazione “assidua e costante” con un sovrintendente di Polizia di Stato all’epoca tratto in arresto con l’accusa, quanto mai grave, di avere favorito la latitanza di soggetti della criminalità organizzata.
4.4. Alla luce di tali elementi, che valgono ad integrare e corroborare (sul piano procedimentale, prima ancora che processuale) la motivazione del provvedimento di sospensione, si comprende come la misura adottata non trova il suo unico fondamento nel vincolo parentale che lega il ricorrente al genitore, ritenuto capo zona di un clan camorristico, vincolo sussistente già alla data del rilascio del porto di armi ma la cui importanza è cresciuta nel tempo parallelamente alla rilevanza criminale del genitore.
4.5. Tale vincolo infatti, lungi dal costituire un dato solamente formale e statico, si è tradotto nel caso in esame in frequentazioni e contatti, anche con soggetti terzi, sufficientemente circostanziati e definiti, quindi in elementi di fatto sui quali è ragionevole fondare un giudizio prognostico di segno negativo, nel senso che il figlio possa essere partecipe o anche solo di ausilio alle attività criminali del padre e, quindi, non dia più affidamento di non abusare delle armi ai sensi dell’art. 43 del t.u. del 1931.
5. Del pari infondata è la dedotta violazione dell’art. 7 della l. 241/1990, sul rilievo sia della natura tipicamente cautelare del provvedimento emesso, sia del fatto che, nella parte motiva, l’amministrazione ha dato correttamente atto delle comprensibili e condivisibili esigenze di celerità che impedivano la comunicazione di avvio del procedimento.
6. Per tali ragioni, il ricorso è infondato e va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
6. Le spese seguono la regola generale della soccombenza e sono liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna P. ….. al pagamento delle spese processuali in favore dell’Amministrazione dell’Interno, liquidate nell’importo complessivo di euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 27 marzo e 15 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)