Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2987, del 12 giugno 2014
Caccia e animali.Legittimità diniego rilascio porto di fucile ad uso caccia per congedo dal servizio militare di leva per patologie
L’accertamento da parte di una struttura militare di disturbi di natura -xxxx- ha indotto la Questura a non concedere il rilascio del porto di fucile ad uso caccia, facendo prevalere l’interesse alla pubblica sicurezza rispetto a quello del singolo al rilascio del porto d’armi. In presenza di un dubbio sulla sufficienza di garanzie circa un uso lecito delle armi la Questura ha deciso di negare l’autorizzazione al porto d’armi, né avrebbe potuto ignorare il contenuto del referto medico dell’ospedale militare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02987/2014REG.PROV.COLL.
N. 08567/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8567 del 2008, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Questura di Reggio Calabria;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino Tripodi, con domicilio eletto presso Rocco Quartuccio in Roma, via G. Donati N. 136;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00349/2008, resa tra le parti, concernente diniego rilascio porto di fucile ad uso caccia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2014 il Cons. Michele Corradino e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Melillo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 349/08 del 23 maggio 2008, depositata il 1° luglio 2008, il T.A.R. Calabria- Sez. distaccata di Reggio Calabria ha accolto il ricorso con cui il Sig. -OMISSIS- ha impugnato il decreto del 23 maggio 2007, CAT. 6F/07, emesso dal Questore di Reggio Calabria.
Il sig. -OMISSIS- ha impugnato il citato decreto poiché con esso era stata respinta la domanda di licenza per il rilascio del porto di fucile per uso caccia essendo stato egli congedato in passato dal servizio militare di leva per patologie -OMISSIS-.
Con la sentenza impugnata il T.A.R. Calabria- Sez. Distaccata di Reggio Calabria ha accolto il ricorso ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso presentato dal Sig. -OMISSIS-, relativo alla violazione degli artt. 1, 3 e 4 del D.M. 28 aprile 1998, anche alla luce del primo motivo di ricorso con il quale si denunziava mancanza di contraddittorio, dichiarando invece assorbito il terzo motivo.
Il Ministero dell’Interno e la Questura della Provincia di Reggio Calabria hanno appellato detta sentenza, chiedendone l’annullamento, per violazione del T.U.L.P.S. e del D.M. 28 aprile 1998.
Si è costituito in appello il Sig. -OMISSIS-, chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza del 27 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione come da verbale d’udienza.
DIRITTO
In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità dell’eccezione contenuta nella comparsa di costituzione dell’appellato, con la quale è stata denunziata irricevibilità del ricorso in appello per decorso del termine breve per impugnare la sentenza di primo grado.
Dall’esame degli atti di causa emerge che la sentenza impugnata è stata notificata al Ministero dell’Interno e al Questore della Provincia di Reggio Calabria in data 7 agosto 2008.
Il ricorso in appello, infatti, è stato consegnato dall’Avvocatura Generale dello Stato all’Ufficio notifiche in data 14.11.2008 e dunque nel rispetto del termine breve di 60 giorni previsto per l’impugnazione dall’art. 92 c.p.a. L’atto è stato poi notificato dall’Ufficiale giudiziario in data 8 gennaio 2009.
Alla luce di quanto statuito da un consolidato orientamento della giurisprudenza, va applicato il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione. La notifica si perfeziona dunque per il notificante al momento della consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario (Corte Cost. 26.11.2002, n. 477 e 23.01.2004, n. 28; principio di recente richiamato anche dalla Sesta Sezione di Codesto Consiglio di Stato in materia di procedimenti tributari nella sentenza n. 4821 del 26.09.2013), poiché sarebbe irragionevole e lesivo del diritto di difesa far derivare una decadenza dal ritardo nel compimento di un’attività svolta da soggetti diversi rispetto allo stesso notificante. Infatti, “la notifica di un atto processuale, almeno quando essa debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, per il notificante, al momento dell’affidamento dell’atto all’Ufficiale giudiziario che funge da tramite necessario nel relativo procedimento vincolato, senza quindi che possa influire negativamente per la parte il mancato perfezionamento della medesima notifica, ove non a lei imputabile” (Cass. civ., sez. VI, ordinanza n. 371 del 9.01.2013; in senso analogo Cass. civ., sez. II, sentenza n. 20712 del 10.09.2013).
È stata poi eccepita dal sig. -OMISSIS- l’inammissibilità dell’impugnazione per mancata indicazione nel ricorso del rappresentante legale della Questura di Reggio Calabria. L’eccezione è infondata, poiché la suddetta mancanza non costituisce motivo di inammissibilità del ricorso ben potendosi comprendere dal contesto generale dell’atto il soggetto destinatario degli effetti.
Esaminate le questioni di rito, nel merito l’appello è fondato.
Il Ministero dell’Interno e la Questura della Provincia di Reggio Calabria deducono l’infondatezza della sentenza di primo grado e asseriscono che il provvedimento in questione è stato adottato nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge.
Il decreto emesso dal Questore di Reggio Calabria ha respinto l’istanza di rilascio di porto di fucile per uso caccia, considerando insufficienti le garanzie relative ad un uso lecito delle armi da parte del -OMISSIS-. Tale assunto è stato basato sulla disamina del carteggio acquisito in merito alla detta istanza: in particolare si è accertato che l’interessato è stato congedato dal servizio militare di leva per -OMISSIS-e per tale motivo dichiarato permanentemente inabile al servizio militare.
In base a quanto disposto dagli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. e dall’art. 1 del D.M. 28 aprile 1998, l’Avvocatura Generale dello Stato denunzia innanzi tutto che la sentenza emessa in primo grado non è corretta poiché la sussistenza delle patologie dell’istante costituisce causa ostativa al rilascio dell’autorizzazione all’uso delle armi. Inoltre, si deduce che la sentenza non appare giuridicamente fondata nella parte in cui individua violazione di legge, in particolare dell’art. 3 del D.M. 28 aprile, nell’accertamento dei requisiti psicofisici di colui in quale richiede il porto d’armi.
I motivi sono fondati.
La licenza di portare armi non può essere concessa nelle ipotesi previste dall’art. 11 del T.U.L.P.S.: fra esse si menziona il caso di “chi non può provare la sua buona condotta”. Allo stesso modo, l’art. 43 dispone che la licenza può essere negata a “chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.
Il D.M. 28 aprile 1998 fissa nell’art. 1 i requisiti psicofisici minimi per il rilascio del porto di fucile per uso di caccia e fra essi annovera “l’assenza di disturbi mentali, di-OMISSIS- o comportamentali”. L’art. 3 dispone, inoltre, che “l’accertamento dei requisiti psicofisici è effettuato dagli uffici medicolegali o dai distretti sanitari delle unità sanitarie locali o dalle strutture sanitarie militari e dalla Polizia di Stato”.
In via generale, va rammentato che alla P.A. è riconosciuta ampia discrezionalità nell’adozione del provvedimento di diniego di una siffatta istanza, poiché l’espansione della sfera di libertà del privato recede innanzi al bene della sicurezza collettiva. La delicatezza degli interessi pubblici coinvolti giustifica l’ampiezza della discrezionalità del potere della P.A. e “il possesso da parte di un cittadino di un’arma, o l’utilizzo della medesima a fine di caccia, non rientra nello “statuto ordinario dei diritti della-OMISSIS- appartenenti al singolo”, ma costituisce un quid pluris, la cui concessione risente della necessità che, stante il potenziale pericolo rappresentato dal possesso e dall’utilizzo dell’arma, l’Amministrazione si cauteli mercè un giudizio prognostico che, ex ante, escluda la possibilità di abuso”(Cons. St., sez. VI, 2.03.2010, n. 3558).
Il suddetto potere è stato inoltre esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza.
Nel caso esaminato, la Questura si è basata sulla documentazione dell’ospedale militare che aveva disposto il congedo assoluto del sig. -OMISSIS-, dichiarandolo permanentemente inabile al servizio militare. Vi è stato pertanto un accertamento da parte di una struttura militare di disturbi -OMISSIS- e della-OMISSIS- dell’interessato. Il referto medico, seppure relativo ad un periodo precedente e ad un diverso contesto, accerta una condizione che non è stata contestata dal -OMISSIS- nel momento in cui ciò era possibile e che non può essere ignorata dall’Amministrazione. La relazione medica descrive infatti un modo di reagire dell’interessato a particolari situazioni. Essa, in via cautelativa, ha indotto la Questura a non concedere il rilascio del porto di fucile ad uso caccia.
“Il rilascio delle autorizzazioni di polizia rappresenta un’eccezione al generale divieto imposto ai cittadini sia di detenere, che di usare armi, in nome del primario interesse alla preservazione dell’incolumità dei cittadini stessi. Proprio in ragione di ciò, l’autorità preposta è chiamata a compiere una discrezionale valutazione circa la capacità del soggetto richiedente di garantire la capacità di non abusare delle armi stesse. Tale giudizio di affidabilità …può essere anche meramente prognostico e indiziario” (Cons. St., sez. III, 6.05.2011, n 3245). Il detentore delle armi deve infatti essere persona esente indizi negativi, dovendo sussistere nei suoi confronti piena affidabilità in merito all’uso delle armi.
Vanno invece respinte le deduzioni dell’appellato.
Nel merito egli rinvia al ricorso introduttivo, ripresentando le medesime doglianze del primo grado.
Con il primo motivo di ricorso si è denunziata violazione degli artt. 7 e 8 della l. n. 241/1990: dalla violazione irrimediabile del contradditorio deriverebbe l’illegittimità del provvedimento impugnato, posto che non sono state neanche comunicate le ragioni giustificanti l’omessa comunicazione di avvio del procedimento di rigetto dell’istanza relativa al porto d’armi.
Il motivo non è fondato poiché i provvedimenti in materia di detenzione e utilizzo di armi tendono a salvaguardare la collettività dal pericolo dell’uso delle armi da parte di un soggetto che si ritiene capace di abusarne e hanno dunque di per sé il carattere dell’urgenza, in considerazione della situazione di pericolo che mirano a prevenire. Essi rientrano pertanto fra gli atti per i quali l’art. 7 della l. n. 241/1990 consente di prescindere dalla previa comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Piemonte, sez. II, 25.11.2011, n. 1230).
Con il secondo motivo è stata denunziata violazione degli artt. 1, 3, 4 del D.M. 28 aprile 1995, in particolare per mancanza di accertamento medico nelle modalità previste dalla legge dello stato psicofisico dell’interessato al momento dell’istanza, e violazione degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S., per errata interpretazione della ratio delle stesse norme, con l’individuazione di una eccessiva discrezionalità amministrativa nell’emissione del provvedimento.
Con il terzo motivo si è denunziato eccesso di potere e carente motivazione del provvedimento emesso, violazione ed erronea interpretazione dell’art. 33 D.M. 29 novembre 1995. Dalla permanente inabilità al servizio militare acclarata dall’ospedale militare non si potrebbe infatti dedurre in via diretta una non sufficiente garanzia all’uso lecito delle armi.
Il secondo ed il terzo motivo non sono fondati per le ragioni sopra espresse, che invece giustificano l’accoglimento del ricorso presentato dal Ministero dell’Interno e dalla Questura della Provincia di Reggio Calabria.
L’accertamento da parte di una struttura militare di disturbi di natura -OMISSIS- ha indotto la Questura a non concedere il rilascio del porto di fucile ad uso caccia, facendo prevalere l’interesse alla pubblica sicurezza rispetto a quello del singolo al rilascio del porto d’armi. In presenza di un dubbio sulla sufficienza di garanzie circa un uso lecito delle armi la Questura ha deciso di negare l’autorizzazione al porto d’armi, né avrebbe potuto ignorare il contenuto del referto medico dell’ospedale militare.
Per le ragioni sopra esposte, l’appello va accolto e, in conseguente riforma dell’appellata sentenza, va respinto il ricorso originario.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,accoglie
l 'appello e, per l'effetto rigetta il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Michele Corradino, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)