Consiglio di Stato, Sez. III, n. 153, del 21 gennaio 2015.
Caccia e animali.Legittimità revoca licenza porto di fucile per uso caccia per problematiche relative all’abuso di alcol e comportamento minaccioso nei confronti dei vicini di casa.

Il potere discrezionale di cui dispone l’Amministrazione può essere esercitato in senso negativo all’interessato in presenza di una condotta che, pur non concretandosi in specifici illeciti di rilevanza penale, possa tuttavia incidere, anche su un piano solo sintomatico, sul grado di affidabilità del soggetto autorizzato. La disponibilità dell’arma richiede, quindi, il concorso di condizioni di perfetta e completa sicurezza circa il loro uso, così da scagionare ogni possibile dubbio e perplessità sulla possibile incidenza dell’autorizzazione a tal fine rilasciata sull’ordine e sulla sicurezza pubblica, sulla tranquilla convivenza civile, sul possibile danno all’incolumità delle persone. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00153/2015REG.PROV.COLL.

N. 09760/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9760 del 2010, proposto da xxxxxxx, rappresentato e difeso dall'avv. xxxxxa, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via E. Manfredi, 17; 

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00169/2010, resa tra le parti, concernente revoca licenza porto di fucile per uso caccia e divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi di qualsiasi tipo e categoria

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti l’avv. Zema e l’ avvocato dello Stato D'Ascia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.R.G.A. di Trento, il sig. xxxxxxxxx impugnava per dedotti motivi di violazione di legge e di eccesso di potere, nonché per contrasto con la direttiva del Consiglio 91/477/CEE del 18 giugno 2009, il provvedimento del Questore della predetta provincia n. 702 del 24 agosto 2009 di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia, con contestuale divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi di qualsiasi tipo e categoria.

Con sentenza n. 169 del 2012 il tribunale adito respingeva il ricorso.

Avverso detta sentenza il sig. xxxxxx ha proposto atto di appello ed ha contrastato le conclusioni del primo giudice e insistito nei motivi articolati in prime cure.

Resiste il Ministero dell’Interno che ha depositato una relazione e documenti relativi alla vicenda contenziosa.

All’udienza del 4 dicembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. La revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia e l’inibitoria di detenzione di armi munizioni ed esplosivi di qualsiasi tipo e categoria si fonda su un duplice ordine di motivi concernenti:

a) il riscontrodi “ un comportamento intollerante e minaccioso nei confronti dei vicini di casa”;

b) l’assenza di certificazione medica di idoneità alla detenzione di armi a fronte dell’emersione di problematiche relative all’abuso di alcol.

Il giudice territoriale ha correttamente delineato il quadro ordinamentale in base al quale il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, ma assume contenuto di permesso concessorio in deroga al divieto di portare armi sancito dall’art. 699 cod. pen. e dall’art. 4, comma primo, della legge n. 110 del 1975.

Il controllo al riguardo effettuato dall’ Autorità di pubblica sicurezza viene ad assumere connotazioni particolarmente pregnanti e severe. Spetta al prudente apprezzamento della predetta Autorità l’individuazione della soglia di emersione delle ragioni impeditive della detenzione dei mezzi di offesa (cfr. Corte Costituzionale n. 440 del 1993).

Il potere discrezionale di cui dispone l’ Amministrazione può essere esercitato in senso negativo all’interessato in presenza di una condotta che, pur non concretandosi in specifici illeciti di rilevanza penale, possa tuttavia incidere, anche su un piano solo sintomatico, sul grado di affidabilità del soggetto autorizzato.

La disponibilità dell’arma richiede, quindi, il concorso di condizioni di perfetta e completa sicurezza circa il loro uso, così da scagionare ogni possibile dubbio e perplessità sulla possibile incidenza dell’ autorizzazione a tal fine rilasciata sull’ ordine e sulla sicurezza pubblica, sulla tranquilla convivenza civile, sul possibile danno all’incolumità delle persone.

Il giudizio prognostico del Questore sul possibile vulnus alle anzidette condizioni di sicurezza - non suscettibile di scrutinio nel merito da parte del giudice di legittimità - risulta nella specie fondato su riscontri obiettivi, non richiedendosi che le condotte prese in considerazioni siano poi sanzionate in sede penale.

L’accertata situazione di conflittualità del titolare della licenza di polizia con i vicini, l’asprezza dei toni in cui essa è sfociata, la contestuale disponibilità del mezzo di offesa (indipendentemente da ogni riferimento ad esso a fini di intimidazione) denotano l’emergenza di una situazione ambientale che rende ragionevole e non sproporzionata al fine perseguita la misura di tutela del Questore.

Del resto l’art. 43, comma 2, del r.d. n. 773 del 1931 richiede per il rilascio della licenza di porto d’armi il requisito di buona condotta civile (in concorso con quello di non abusare dell’arma), che si sostanzia in una quotidianità di comportamenti improntati all’osservanza non soltanto delle regole di diritto positivo, ma anche di quelle che presiedono la normale e rispettosa convivenza civile che, nella specie, risultano all’evidenza violate. Ciò giustifica il giudizio di disvalore del Questore quanto all’idoneità soggettiva a detenere armi.

L’atto impugnato si sottrae, quindi, alle censure di eccesso di potere sviluppate nel primo mezzo, stante la sufficienza dell’istruttoria effettuata, la non erronea valutazione di presupposti presi in considerazione. La motivazione posta a sostegno del provvedimento - secondo gli elementi contenutistici qualificati come essenziali dall’ art. 3 della legge n. 241 del 1990 - si presenta idonea ad esternare le disposizioni applicate e i presupposti in fatto e diritto presi in considerazione ai fini del provvedere.

2. Il capo di motivazione sub a) oggetto di disamina già di per sé giustifica in via autonoma la misura interdittiva del Questore.

La determinazione di segno negativo è, inoltre, corroborata – a fronte di una condizione di paventato abuso sostanze alcoliche da parte dell’interessato – dal rilievo che il titolare della licenza di polizia, ai fini della verifica dei requisiti cui è subordinato il suo rilascio (che devono permanere ai sensi dell’art. 11 del t.u. n. 737 del 1931 in costanza degli effetti abilitanti della licenza) ha omesso di sottoporsi ai controlli di legge che corroborino l’idoneità al porto e alla detenzione di armi.

Stabilisce invero l’art. 9 della legge n. 110 del 1975 che “per il rilascio di tali autorizzazioni, l'autorità di pubblica sicurezza può richiedere agli interessati la presentazione del certificato di cui al quarto comma dell'art. 35 del predetto T.U.”

L’art. 35, comma quarto, del t.u. nel testo novellato dal d.lgs. n. 204 del 2010 prevede che “il questore subordina il rilascio del nulla osta alla presentazione di certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere, ovvero non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti o psicotrope ovvero abusare di alcool, nonché dalla presentazione di ogni altra certificazione sanitaria prevista dalle disposizioni vigenti”.

Il sig. xxxxx, a comprova del possesso del requisito di idoneità su cui si è attestata l’attenzione del Questore, ha prodotto analisi ematochimiche che tuttavia non integrano le verifiche cui fa richiamo l’art. 35 del t.u. prima richiamato e che, agli effetti dello specifico valore fidefacente e degli scopi di interesse pubblico cui sono preordinate, sono demandate con carattere di esclusività alle strutture pubbliche elencate nella disposizione medesima.

La verifica istruttoria disposta dal Questore – diversamente da quanto argomentato dal ricorrente - non viola la riserva di legge in materia di prestazioni personali stabilita dall’ art. 23 della Costituzione, trovando all’evidenza sostegno negli artt. 9 della legge n. 110 del 1975 e 35, comma quarto, del t.u. n. 737 del 1931 innanzi richiamati.

3. Non ha pregio la questione che investe la conformità al diritto dell’unione europea (direttiva del Consiglio 91/477/CEE del 18 giugno 1991 sul controllo e la detenzione di armi) sollevata nei confronti della circolare del Ministero dell’ Interno del 9 maggio 2003, cui è fatto richiamo nel provvedimento impugnato, che dà rilievo ai fini del ritiro del porto d’arma a qualificate segnalazioni di eventi e condotte che possano far dubitare anche per indizi del possesso o della permanenza dei requisiti, previsione che l’appellante qualificata sovrabbondante rispetto all’art. 5 della direttiva u.e. che assume e riferimento situazioni che possano verosimilmente costituire un pericolo per la persona, per l’ordine o la sicurezza pubblico.

Come già posto in rilievo dal primo giudice, l’art. 3 dell’atto di indirizzo comunitario stabilisce che “gli stati membri possono adottare nelle rispettive legislazioni disposizioni più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva”.

E’ quindi in raffronto alla normativa nazionale, e non, omisso medio, a quella comunitaria, che va saggiata la legittimità di provvedimenti, anche a contenuto generale, adottati nella materia de qua dallo Stato membro che possono, in conseguenza, assumere carattere più severo e restrittivo rispetto all’ atto di direttiva u.e.

Sotto ulteriore profilo – con riguardo l’economia del presente contenzioso – è noto che circolari e atti di indirizzo dell’ Amministrazione vincolano gli organi delle stessa e non la sfera di apprezzamento del giudice di legittimità e, nella specie, il provvedimento impugnato, come in precedenza illustrato, trova immediato e esaustivo sostegno nelle disposizioni di legge che regolano il potere esercitato

4. Quanto alla doglianza che censura l’atto impugnato sotto il profilo della proporzione al fine perseguito la disciplina di legge, a fronte dell’emersione del possibile abuso della licenza e della perdita del requisito di affidabilità, non contempla una misura minore, mentre la sospensione della licenza di polizia prevista dall’art. 10 del t.u. n. 737 del 1931 è misura cautelare e temporanea, che viene in ogni caso meno una volta accertata la mancanza dei requisiti ordinari per il rilascio della licenza.

All’infondatezza dei motivi segue il rigetto dell’appello.

La resistenza solo formale dell’ Amministrazione consente la compensazione di spese ed onorari del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)