Cass. Sez. III n. 17223 del 6 aprile 2017 (Cc 3 nov 2016)
Presidente: Fiale Estensore: Andronio Imputato: Ciaccia
Beni Culturali.Oggetto della tutela penale

Sono oggetto della tutela penale i beni di interesse culturale, indipendentemente dalla dichiarazione di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 42 del 2004. La finalità del legislatore è, infatti, quella di impedire in ogni modo l'esportazione clandestina di beni che abbiano rilevanza culturale, tanto che il comma 1 dell'art. 174, che contiene il precetto sanzionatorio, non fa riferimento a beni culturali riconosciuti tali con la dichiarazione di cui all'art. 13, ma più in generale a cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale archivistico; così da tutelare le cose che sarebbero suscettibili di dichiarazione di interesse culturale, anche se quest'ultima non sia in concreto intervenuta.


RITENUTO IN FATTO

1. - Con ordinanza del 19 dicembre 2014, il Tribunale di Busto Arsizio, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta di revoca della confisca disposta dallo stesso Tribunale, in relazione al reato di cui agli artt. 56 cod. pen. e 174 del d.lgs. n. 42 del 2004, avente ad oggetto libri antichi. L'istante al quale era stata applicata la pena su sua richiesta con sentenza del del 20 giugno 2013, divenuta irrevocabile il 29 ottobre 2013, aveva richiesto il dissequestro dei libri e la loro restituzione; la relativa istanza era stata respinta ed era conseguentemente stata disposta la confisca in oggetto.

2. - Avverso l'ordinanza del giudice esecuzione l'interessato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, in primo luogo, l'erronea applicazione degli artt. 10, commi 3 e 4, 174, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, sul rilievo che l'oggetto della tutela penale sarebbe sempre comunque un bene culturale. Il giudice dell'esecuzione avrebbe invece applicato la confisca ai volumi in questione, a prescindere dalla loro qualità di beni culturali, dando delle norme in questione di interpretazione contraria alla volontà del legislatore, che sarebbe diretta ad evitare l'esportazione clandestina dei soli "beni culturali" in senso stretto.
In secondo luogo, in via subordinata, la difesa eccepisce l'illegittimità costituzionale dell'art. 174, comma 3, richiamato, per violazione degli artt. 3 e 42 Cost., perché tale disposizione, prevedendo la confisca delle cose, imporrebbe una limitazione ingiustificata della proprietà privata. Vi sarebbe, inoltre, una disparità di trattamento con altre ipotesi di libera titolarità e disponibilità di cose di interesse culturale in capo a privati cittadini. La disposizione è censurata, dunque, nella parte in cui estende l'applicazione della misura di sicurezza patrimoniale della confisca anche alle ipotesi in cui il corpo del reato non sia qualificabile come bene culturale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 10, comma 3, e 13 del d.lgs. n. 42 del 2004.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. - Il ricorso è infondato.

3.1. - Il giudice dell'esecuzione ha correttamente evidenziato che l'oggetto della tutela penale sono i beni di interesse culturale, indipendentemente dalla dichiarazione di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 42 del 2004. La finalità del legislatore è, infatti, quella di impedire in ogni modo l'esportazione clandestina di beni che abbiano rilevanza culturale, tanto che il comma 1 dell'art. 174, che contiene il precetto sanzionatorio, non fa riferimento a beni culturali riconosciuti tali con la dichiarazione di cui all'art. 13, ma più in generale a cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale archivistico; così da tutelare le cose che sarebbero suscettibili di dichiarazione di interesse culturale, anche se quest'ultima non sia in concreto intervenuta.
Tale ricostruzione interpretativa trova conferma nella giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Sez. 3, n. 42458, del 10/06/2015, Rv. 265046), secondo cui la confisca in questione deve essere obbligatoriamente disposta in relazione alle cose di interesse storico artistico, perché si tratta di una misura ablatoria di carattere amministrativo.
Deve in ogni caso rilevarsi - quanto al caso di specie - che i libri antichi oggetto di confisca sono le cose in relazione alla cui esportazione illecita vi è stata applicazione della pena su richiesta della parte; con la conseguenza che la stessa parte non può in sede esecutiva contestare la riconducibilità di tali cose all'ambito di applicazione dell'art. 174, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, perché tale appartenenza è già stata, appunto, già affermata con la sentenza passata in giudicato.
Ne deriva l'infondatezza del primo motivo di doglianza.

3.2. - Manifestamente infondata e la questione di legittimità costituzionale proposta della difesa in via subordinata. La scelta del legislatore di disporre la confisca delle cose oggetto del reato di cui all'art. 174 del d.lgs. n. 42 del 2004 risulta, infatti, pienamente giustificata sul piano costituzionale in ragione della finalità di tutela avanzata e preventiva che la disposizione incriminatrice esprime, cosicché non sussiste alcuna violazione del diritto di proprietà, né alcuna disparità di trattamento con soggetti che siano proprietari di beni culturali. L'incidenza della confisca di cui all'art. 174 sul diritto di proprietà è stata, peraltro, già valutata nel senso della piena compatibilità anche con la Convenzione europea dei diritti dell'Uomo con la richiamata sentenza Sez. 3, n. 42458 del 2015.

4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M .

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.