TAR Campania (NA) Sez. VII n. 2157 del 31 marzo 2022
Beni ambientali. Volumi interrati e divieto di sanatoria
Il regime della tutela paesaggistica è indifferente alla circostanza che i volumi siano fuori terra o interrati: in entrambi i casi le opere non possono conseguire l’assenso paesaggistico se realizzate in assenza della preventiva autorizzazione, con conseguente preclusione dell’autorizzazione paesaggistica postuma. Il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. La stessa lettera dell’art. 167, c. 4, d.lgs. n. 42/2004, che, nel consentire l'accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai «lavori, realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati», preclude all'interprete di ampliare la portata della norma – che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146 – per ammettere fattispecie che da essa sono escluse, senza distinzione alcuna
Pubblicato il 31/03/2022
N. 02157/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01245/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1245 del 2016, proposto da
Ornella Spartano, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Maria Di Leva, con domicilio digitale come da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Antonio Sasso in Napoli, via Toledo n. 156;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz n. 11;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 22472 del 14.12.2005 all. cl 341910/83.2, a firma del Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Napoli;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 15 marzo 2022 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Il presente ricorso ha ad oggetto la legittimità del parere di non compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 d. lgs. n. 42/04 prot. n. 22472 del 14/12/15 espresso dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Napoli in relazione all’istanza di conformità urbanistica ex art. 37 del d.P.R n. 380/01. In particolare, il gravato parere è stato espresso in relazione a interventi realizzati in Sorrento, in zona 1B del PUT e zona E del PUC, costituenti aumento di volume e superficie e ritenuti incompatibili con il contesto paesaggistico e, segnatamente:
- una piscina in muratura con zona pavimentata ad uso solarium e locali seminterrati;
- una tettoia a copertura di legnaia-forno con annessi lavelli a servizio del fondo;
- una tettoia utilizzata per ricovero veicoli;
- opere di sistemazione esterna a valle del fondo consistenti in muratura di contenimento in tufo, tracciamento viale interpoderale e realizzazione di due varchi (uno dei quali da rimuovere).
1.1 - Con un primo articolato motivo, la ricorrente ha dedotto in merito alla assentibilità delle opere sotto il profilo paesaggistico, tenuto conto che talune (tettoia, piscina e locali tecnici) non costituiscono volume e che comunque non sono percepibili da alcuna visuale.
Con il secondo motivo, invece, la ricorrente lamenta che non sia stata considerata la normativa secondo la quale in zona 1B del P.U.T. sono possibili interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria e demolizione delle superfetazioni con riferimento all’edilizia esistente a tutto il 1955.
2 - Il Ministero intimato ha versato in atti costituzione di stile, relazione interna e documentazione.
3 - Non ha preso parte al giudizio il Comune di Sorrento.
4 - Alla pubblica udienza del 15/3/2022 il ricorso è transitato in decisione.
5 - Occorre, preliminarmente, richiamare l’art. 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004 che prevede una limitata possibilità di sanare opere costruite abusivamente in zona vincolata con particolare riferimento ai seguenti casi: “a) lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; c) lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
5.1 - Come noto, “il giudizio affidato all’organo ministeriale è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa. L’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto” (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 13/02/2018, n. 899).
5.2 - Con specifico riferimento al caso di specie, connotato dalla realizzazione di una pluralità di manufatti, il Tribunale osserva che conformemente al prevalente orientamento giurisprudenziale, “nelle ipotesi di un complesso di opere abusive, come quelle rilevate nel caso in esame con sopralluoghi del tecnico comunale, realizzate sulla medesima area, l’amministrazione è tenuta ad effettuare, evitando artificiose frammentazioni, una valutazione complessiva e non atomistica dell'intervento edilizio, giacché il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento, ma dall'insieme delle opere realizzate nel loro complessivo e contestuale impatto edilizio.
Secondo giurisprudenza consolidata anche della Sezione ‹‹non si può infatti condividere l'impostazione atomistica che considera le opere accertate come indipendenti l’una dall’altra, occorrendo, invece, recuperare una visione di insieme delle stesse che metta in risalto il collegamento funzionale degli interventi in contestazione, giacché altrimenti parcellizzandoli e considerandoli isolatamente si perde di vista l’entità e l’impatto sul paesaggio e sull’ambiente circostante dell’attività edificatoria posta in essere. Come ritenuto dal Consiglio di Stato, “In materia di abusivismo edilizio l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e ha ad oggetto il manufatto abusivo, le opere accessorie e quelle complementari, ossia l’edificio abusivo complessivamente considerato” (Cons. Stato Sez. VI, 12-09-2017, n. 4322)››. (T.A.R. Napoli, sez. VII, sent. n. 1789 dell’1.4.2019; n. 649 del 30.1.2018 e n. 3447/2017)”, così, la Sezione con sent. 28/1/20 n. 387.
5.3 - Né va trascurato che quanto affermato dal Consiglio di Stato, con sentenza sez. VI, n. 4079 del 5.8.2013, a mente della quale: << Come affermato dalla giurisprudenza, “non appare dubbio, invero, (che) alla luce dell’individuazione dei beni paesaggistici contenuta ….(negli artt. 136 e segg. del d.lgs. n. 42 del 2004) con il termine paesaggio il legislatore abbia inteso designare una determinata parte del territorio che, per le sue caratteristiche naturali e/o indotte dalla presenza dell'uomo, è ritenuta meritevole di particolare tutela, che non può ritenersi limitata al mero aspetto esteriore o immediatamente visibile dell'area vincolata, così che ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi tipo di opera, è soggetta al rilascio della prescritta autorizzazione” (Cass. Pen. Sez. III, 16 febbraio 2006, n. 11128). Tale nozione ampia di paesaggio coincide, peraltro, con la definizione contenuta nella Convenzione europea sul paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14, secondo la quale il termine paesaggio “designa una determinata parte del territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (Cass. Pen., Sez. III, 16 febbraio 2006, n. 11128) >>”, sentenza richiamata da Tar Campania, Napoli, sez. III sent. 30/3/20 n. 1293.
6 – Tanto premesso, quanto all’invocata non percepibilità degli interventi, è sufficiente richiamare i principi riportati al punto che precede.
7 – In ogni caso, anche a voler considerare i singoli interventi uno per uno e non nel loro assieme, gli stessi resterebbero comunque non sanabili. Con specifico riferimento alla piscina interrata, va ricordato che “La giurisprudenza ha ormai univocamente chiarito che il regime della tutela paesaggistica è indifferente alla circostanza che i volumi di cui si tratta siano fuori terra o interrati: in entrambi i casi le opere non possono conseguire l’assenso paesaggistico se realizzate in assenza della preventiva autorizzazione (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. III, 12 febbraio 2019, n. 762), con conseguente preclusione dell’autorizzazione paesaggistica postuma (cfr. TAR Campania, sez. III, 30 agosto 2018, n. 5309, secondo cui «il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno»).
La stessa lettera dell’art. 167, c. 4, d.lgs. n. 42/2004, che, nel consentire l'accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai «lavori, realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati», preclude all'interprete di ampliare la portata della norma – che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146 – per ammettere fattispecie che da essa sono escluse, senza distinzione alcuna (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 28 maggio 2015, n. 1219; TAR Liguria, sez. I, 26 marzo 2015, n. 345; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 23 gennaio 2014, n. 218; Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4079)
Ciò vale anche per le vasche e per le piscine interrate, la cui realizzazione richiede il previo rilascio del permesso di costruire e dell'autorizzazione paesaggistica, mentre per esse non è ammissibile l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art. 167 del d.lgs. 42/2004, determinando esse la creazione di nuova volumetria (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 7 ottobre 2019, n. 11586; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 19 febbraio 2018, n. 1087; Id., 5 gennaio 2018, n. 97; Id., 7 novembre 2014, n. 5771).
Trova dunque smentita l’irrilevanza paesaggistica dei volumi interrati: il divieto di sanatoria si applica anche nei confronti di questo tipo di interventi, se realizzati senza titolo, a nulla rilevando il fatto che essi non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche (TAR Campania, Napoli, sez. VII, 14 giugno 2019, n. 3288; Id., 22 maggio 2018, n. 3358)”, Tar Umbria, sez. I, sent. 30/4/21 n. 300.
7.1 - Va inoltre rammentato che secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza amministrativa anche di questo Tribunale, “la realizzazione di una piscina non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione, e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, sez. III, 7 gennaio 2020, n. 42; TAR Campania, Salerno, sez. II, 18 aprile 2019, n.642)” così, la Sezione, sent. 17/9/20 n. 3875.
8 - In relazione, poi, alle tettoie (di cui una estesa per mt. 21X5,50 ed alta mt. 2,90 e l’altra estesa mt. 5X6 con altezza media mt. 3,00), non può revocarsi in dubbio che esse (benché aperte e quindi non costituenti volumi) abbiano determinato, come rilevato dalla Soprintendenza, la trasformazione della superficie da scoperta a coperta in zona vincolata, con evidente impatto sul paesaggio, così da giustificare il parere contrario alla compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza (con ciò potendosi prescindere dal fatto che la relazione tecnica allegata all’istanza della ricorrente descriva la tettoia di maggiore estensione come chiusa con infissi vetrati in allumino effetto legno, mentre risulta ex actis che le chiusure laterali siano state rimosse già prima della pronuncia della Soprintendenza, cfr. verbale di sopralluogo del 10/9/2014).
9 - Neppure il secondo motivo di gravame consente di pervenire alla caducazione dell’atto impugnato.
La L. R. n. 35/1987 ("Piano urbanistico territoriale dell'Area Sorrentino - Amalfitana") reca all'art. 17 ("Zone territoriali prescrittive per la formazione dei Piani urbanistici generali") le disposizioni per le varie zone territoriali in cui è suddivisa l'area oggetto del PUT e, quanto alla zona 1B ("tutela dell'ambiente naturale di 2 grado"), che qui interessa e che "comprende la parte del territorio prevalentemente a manto boscoso o a pascolo, le incisioni dei corsi d'acqua, alcune aree a culture pregiate di altissimo valore ambientale", dispone che i piani regolatori generali devono "assicurare la inedificabilità sia pubblica che privata", consentendo esclusivamente "per l'eventuale edilizia esistente a tutto il 1955, interventi, secondo le norme tecniche di cui al titolo IV di: 1) restauro conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria e demolizione delle superfetazioni; 2) adeguamento funzionale, una tantum, degli alloggi (ai fini della creazione dei servizi igienici) ... , per eventuale edilizia esistente e realizzata in epoca successiva al 1955, interventi, secondo le norme tecniche di cui al successivo titolo IV, di sola manutenzione ordinaria".
Parte ricorrente non ha fornito alcun elemento da cui inferire che i manufatti rientrino nella suddetta previsione: nell’atto di divisione prodotto, risulta dichiarata dalle parti l’anteriorità rispetto al 1967dell’immobile e del locale deposito siti in NCEU al fg. 4 p.lla 19 sub 2 e 4 (nella cui area di pertinenza si trovano gli abusi de quibus), unitamente alla circostanza che, dall’epoca, non sono stati eseguiti interventi edilizi necessitanti provvedimenti amministrativi.
Ad ogni modo, quand’anche fosse stata comprovata l’esistenza del fabbricato principale al 1955, sarebbe da escludere che i manufatti per i quali è causa rientrino nel novero degli interventi di manutenzione ordinaria che il legislatore ha ritenuto ammissibili per la zona 1B.
10 - Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione resistente che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2022 tenutasi da remoto ex art. 87 comma 4-bis c.p.a., con l'intervento dei magistrati:
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Presidente FF
Gianmario Palliggiano, Consigliere
Viviana Lenzi, Consigliere, Estensore