Tar
Puglia - Lecce sent. 4943 del 10 novembre 2005
Immediata applicazione del divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria
ex art. 146, comma 8, lett. C) del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in ragione
della natura sostanziale di tale norma delimitativa del relativo potere, come
tale non incisa dalle previsioni transitorie di rango esclusivamente
procedimentali del successivo art. 159-,
REPUBBLICA
ITALIANA |
N.4943/2005
Reg.Dec. |
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO |
N.1180
Reg.Ric. |
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per
la Puglia Sezione
Prima di Lecce |
ANNO
2005
|
Composto
dai Signori Magistrati:
Aldo
Ravalli
Presidente
Enrico
d’Arpe
Componente
Ettore
Manca
Componente - relatore
ha
pronunziato la seguente:
SENTENZA
sul
ricorso
n. 1180/05
presentato
:
-
da Miggiano Nazarena Maria, rappresentata
e difesa
dall’Avv. Angelo
Vantaggiato ed elettivamente domiciliata in Lecce, presso lo studio del
difensore, alla via Zanardelli 7;
contro:
-
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro
pro tempore, non costituito;
-
la Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio
Storico ed Artistico per le Provincie di Lecce, Brindisi e Taranto, in
persona del Soprintendente pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, presso cui è per legge
domiciliata;
-
il Comune di Santa Cesarea Terme, in persona del Sindaco pro tempore,
non costituito;
-
la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, non
costituita;
-
l’Assessorato all’Urbanistica della Regione Puglia, in persona del
suo dirigente pro tempore, non costituito;
per
l’annullamento:
-
del decreto prot. n. 2143/B di data sconosciuta con il quale la Soprintendenza
annullava il provvedimento del Sindaco del Comune di Santa Cesarea Terme n.
1127, di autorizzazione paesaggistica in sanatoria;
-
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare,
della nota in data 27.1.05, prot. n. 691/04, del Dirigente del Settore
Urbanistico Regionale.
Visto
il ricorso.
Designato
alla pubblica udienza del 26 ottobre 2005
il relatore dott. Ettore
Manca e uditi gli Avv.ti presenti, come da verbale d’udienza.
Osservato
quanto segue:
Fatto
1.-
Nel ricorso si espone che:
1.2
la Sig.ra Miggiano è proprietaria, in Santa Cesarea Terme ed in particolare in
una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, di una casa destinata alla
residenza estiva, oggetto di alcuni interventi edilizi abusivamente realizzati -in
particolare consistenti in un piano interrato ed in una modificazione degli
accessi al camminamento comune.
1.3
Relativamente a tali opere ella presentava, nel marzo del 2001, un’istanza di
sanatoria ai sensi dell’art. 13 l. 47/85: l’iter amministrativo che
ne seguiva, tuttavia, subiva una serie di rallentamenti, anche dovuti alla
pendenza per gli stessi fatti di un processo penale.
1.4
Soltanto nel febbraio del 2005, dunque, l’A.C. rilasciava il prescritto nulla-osta,
poi inviato alla competente Soprintendenza.
1.5
Questa, con il decreto n. 2143/B, annullava tuttavia il provvedimento comunale.
2.-
Il decreto appena citato e gli altri atti indicati in epigrafe venivano dunque
impugnati per i seguenti motivi:
A)
Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 146 e
167 d.lgs. 42/04. Sviamento di potere. Travisamento dei fatti. Violazione del
giusto procedimento e dell’art. 97 Cost..
B)
Violazione del principio di irretroattività delle norme che incidono su
fattispecie penali. Violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 167 d.lgs.
42/04 in relazione all’art. 13 l. 47/85.
C)
Errata applicazione dell’art. 146 d.lgs. 42/04.
3.-
All’udienza del 26
ottobre 2005 la causa è stata introitata per la decisione.
Diritto
1.-
Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che di seguito si
indicheranno.
2.-
Deve anzitutto rilevarsi che, su alcune delle questioni giuridiche poste con il
ricorso (v., in particolare, l’ultimo motivo di gravame), il Tribunale
si è già espresso con precedenti sentenze (v., fra le altre, quelle nn.
8603/04 e 871/05), nelle cui motivazioni si esponeva quanto segue.
2.2
Non può trovare accoglimento l’argomento di censura tendente ad evidenziare
il carattere non immediatamente operativo del divieto contenuto nell’art. 146,
comma 10, lett. C) del D. lgs. n. 42/2004 (<<L’autorizzazione
paesaggistica:
[…]
c) non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione,
anche parziale, degli interventi>>),
sul rilievo che lo stesso dovrebbe entrare in vigore solo a far tempo dell’andata
a regime del nuovo procedimento autorizzatorio, con conseguente applicazione
alla fattispecie in esame della disciplina transitoria dettata dal successivo
art. 159 che non contempla espressamente tale divieto.
In
senso contrario si osserva infatti che la disciplina transitoria introdotta da
quest’ultima norma -nel prevedere l’immediata comunicazione, avente
altresì per il privato efficacia notiziale di avvio del procedimento, alla
Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, unitamente ai relativi supporti
documentali di parte ed istruttori d’ufficio eventualmente nella forma di una
relazione illustrativa, nonché la fissazione del termine per il rilascio
dell’autorizzazione, delle relative sospensioni ed infine dei poteri statali
di annullamento e sostituzione- evidenzia già sul piano testuale un
contenuto meramente procedurale (peraltro coerente con la rubrica “Procedimento
di autorizzazione in via transitoria”),
che non interferisce sui profili sostanziali dell’esercizio del potere
concessorio e sulla sua connotazione in termini di necessaria anteriorità
rispetto alla realizzazione dell’opera. Sempre sul piano lessicale tale
conclusione rinviene ulteriori supporti argomentativi nella lettera delle altre
disposizioni contenute nel medesimo articolo, le quali, per un verso, con un
enunciato tipicamente ricognitivo di una situazione di divieto di autorizzazione
ex post, ribadiscono la preclusione di dar inizio ai lavori in difetto
della stessa (comma 2); e, per altro verso, dettano una disciplina
speciale ed a carattere esplicitamente temporanea
-che espressamente contempla il rilascio dell’autorizzazione solo
dopo l’approvazione dei piani paesaggistici- per quelle fattispecie
residuali oggetto di provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 1 quinquies
del D. L. n. 312/1985 e pubblicati nella G.U in data anteriore al 6.9.1985 (comma
5).
Emergono
pertanto, già sul piano dell’interpretazione letterale delle disposizioni in
esame, la loro differente natura giuridica, la loro diversa portata precettiva
ed il conseguente regime giuridico scaturente dalla loro combinazione: a fronte
dell’immediatamente cogente previsione relativa al divieto di autorizzazione
paesaggistica in sanatoria sancita dal citato art. 146 (che è norma
sostanziale ed espressione di un giudizio di valore), il regime transitorio
dettato dal successivo art. 159 trova applicazione limitatamente
ai profili procedurali (che, in quanto attinenti alle sole modalità
di esercizio del potere, non ne possono incidere l’intrinseca conformazione).
In altri termini, l’efficacia derogatoria di quest’ultima disciplina
temporanea deve ritenersi allo stato (e cioè sino all’approvazione dei
piani paesaggistici ai sensi dell’art. 156 ovvero ai sensi dell’art. 143 e
dopo il conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici ai sensi dell’art.
145 del D. Lgs. n. 42/2004) prevalente solo sulle corrispondenti norme che
regolano il procedimento de quo nel suo regime ordinario, senza che ciò comporti alcuna
interferenza con la nuova delimitazione e configurazione del potere
autorizzatorio in questione, il quale risulta, con norma immediatamente
applicabile, delineato dall’art. 146 nella sua sostanziale connotazione e
nella sua estensione operativa.
2.3
Questo principio d’altronde -e cioè l’immediata applicazione del divieto
di autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex art. 146, comma 8, lett. C) del
d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in ragione della natura sostanziale di tale
norma delimitativa del relativo potere, come tale non incisa dalle previsioni
transitorie di rango esclusivamente procedimentali del successivo art. 159-,
non manifesta alcun profilo di contrasto con l’impianto costituzionale,
ponendosi per converso in un rapporto di immediata inverazione, a livello di
normativa primaria, della tavola assiologica scaturente dalla Grundnorm:
in positivo, infatti, il fondamentale rango che il valore paesaggio rinviene nel
testo costituzionale e nella evoluzione della sensibilità giuridico-sociale
risulta pienamente ed effettivamente garantito proprio attraverso un intervento
amministrativo di tipo preventivo, che valuti la compatibilità del progetto
edificatorio con il contesto ambientale di riferimento nella sua dimensione
reale e nel suo intrinseco ed assoluto significato,
con esclusione di valutazioni operate in un quadro già comunque inciso
dall’opera ormai realizzata (e ciò esclude anche la sussistenza delle
contestate violazioni degli artt. 3 e 97 Cost.).
2.4
In negativo, a giudizio di questo Collegio, non risultano affatto sussistere le
prospettate censure di irragionevolezza e di contraddittorietà intrinseca in
ordine al delineato assetto legislativo in materia.
Ed
invero, in primo luogo, deve osservarsi che l’elaborazione giurisprudenziale
in tema di ammissibilità dell’autorizzazione paesaggistica postuma ed il
relativo supporto motivazionale, da un lato, prendevano le mosse proprio
dall’assenza di un espresso divieto normativo, anche implicito, di adozione
dell’atto a posteriori;
dall’altro, già si evidenziava l’impossibilità di richiamare nell’ambito
della materia della tutela del paesaggio la norma sull’accertamento di
conformità propria del settore edilizio (art. 13 L. n. 47/1985), e ciò
sia per il più pregnante significato che il valore paesaggio riceve in forza
dell’art. 9 Cost., sia per il contenuto valutativo sotteso
all’autorizzazione de qua a fronte del carattere fortemente vincolato della sanatoria
edilizia. Al riguardo, con particolare riferimento al caso in questione ed alla
fase transitoria in cui lo stesso si colloca, occorre condividere
l’osservazione secondo cui le motivazioni poste a fondamento del divieto di
autorizzazione paesaggistica e l’intrinseca coerenza del sistema appaiono
vieppiù consistenti proprio in relazione alla caratteristica articolazione
temporale e di progressivo completamento della nuova normativa: è proprio in
tale segmento storico/procedimentale -in cui la connotazione dell’attuale
pianificazione paesaggistica non consente alla stessa di porsi quale stringente
criterio per la verifica della compatibilità di una trasformazione del
territorio con il superprimario interesse paesaggistico, a differenza di quanto
preconizzato dall’art. 143 D. Lgs. n. 42/2004 con riguardo ai futuri piani
dotatati di un ben maggiore livello contenutistico sul punto- che, rimanendo
siffatta verifica affidata ad un esercizio del potere autorizzatorio fortemente
discrezionale, resta particolarmente avvertita la necessità di assicurare che
tale valutazione abbia luogo di necessità anteriormente alla modifica dello
stato delle cose.
2.5
Ne consegue sia una piena razionalità nell’attuale assetto normativo, sia
un’ulteriore conferma dell’immediata applicabilità del divieto in esame,
atteso che lo spostamento della sua operatività al termine della fase
transitoria di cui all’art. 159 (e cioè una volta introdotta la nuova
pianificazione paesaggistica) finirebbe contraddittoriamente per tradire la
ragione giustificatrice propria dell’introduzione del suddetto divieto.
2.6
Né, infine, colgono nel segno le pur perspicaci osservazioni in ordine ad una
intrinseca contraddittorietà del ricostruito sistema normativo nella misura in
cui lo stesso, a fronte di un assoluto divieto di rilascio formale
autorizzazione paesaggistica in sanatoria, ha mantenuto e riproposto la sanzione
alternativa tra la demolizione dell’opera ed il pagamento di un’indennità
equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito (art.
167 D. Lgs. n. 42/2004). In disparte il tema dell’idoneità di siffatta
argomentazione a fondare il dubbio di legittimità costituzionale sull’art.
146 piuttosto che non su tale ultima normativa in ragione degli già evidenziati
valori sottesi al divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, deve
osservarsi come siano profondamente diversi ed incommensurabili gli ambiti
operativi delle due norme, di tal che alcuna incongruenza logico-giuridica può
desumersi dal loro confronto. Ed, invero, non appare corretta una ricostruzione
della fattispecie dell’alternativa sanzionatoria di cui al citato art. 167 in
termini tali da configurare nella decisione della P.A. di optare per la sanzione
pecuniaria in luogo della demolizione una sorta di
autorizzazione postuma implicita, con conseguente irrazionalità ed
illegittimità costituzionale della norma in contestazione in ragione
dell’assolutezza operativa che la caratterizza. In senso contrario s’osserva
che l’eventuale applicazione della sola sanzione pecuniaria, da un lato,
presuppone comunque l’accertamento di una violazione rispetto al valore
paesaggistico, sia pure di consistenza tale da non imporre la demolizione
dell’opera, laddove l’intervento autorizzatorio esclude in radice ogni
profilo di incidenza sullo stessa; dall’altro e soprattutto, proprio in
considerazione di tale diverso giudizio di fondo, pur garantendo sul piano
effettuale il mantenimento della struttura, nondimeno -diversamente
dall’intervento autorizzatorio- non ne elide il carattere di illecito,
condizionando la sorte giuridica (si pensi alla circolazione del bene; al
vincolo che dallo stesso deriva in sede di successiva pianificazione
territoriale; ecc.) e materiale (si pensi ad un bene ancora a rustico o
non ultimato) dell’opera edilizia. Ne consegue che, in ragione
dell’assoluta diversità dei rispettivi ambiti operativi e delle connessa
portata effettuale, alcuna contraddizione discende dalla contemporanea vigenza
delle due norme in questione e della relativa conformazione dei rispettivi
poteri in capo all’amministrazione, di tal che, con specifico riguardo al caso
di specie, non può ritenersi illegittimo l’impugnato diniego per omesso,
preventivo esercizio del potere ex art. 167.
2.7
Ancora, non pare pertinente il riferimento ad una pretesa ed irragionevole
retroattività della nuova disciplina, atteso che, a fronte della riconosciuta
natura sostanziale della norma che delimita l’ambito applicativo del potere
autorizzatorio de quo, il principio tempus
regit actum, riferito all’iter amministrativo, implica che il
provvedimento finale del procedimento, che esprime l’assetto pubblicistico
degli interessi coinvolti nella fattispecie, deve obbedire alle scelte di valore
espresse dalla legge vigente alla data di adozione dell’atto.
2.8
Ai concetti fin qui richiamati, inoltre, si deve aggiungere che la rigorosità
del sistema normativo così come intepretato, ritenuta irragionevole e sproporzionata
dai ricorrenti, ne costituisce invece a giudizio del Tribunale uno dei tratti più
innovativamente caratterizzanti, permeandone la ratio nel senso di
attribuirgli una valenza dissuasiva che, in assenza di questa immediata e piena
precettività, lo stesso non avrebbe certamente potuto assumere: dissuasività
che peraltro, come evidenziato in varie occasioni anche dalla Corte
di giustizia della Comunità europea, costituisce, insieme alla effettività
e alla proporzionalità -cui pure si fa riferimento nel ricorso, e
rispetto alla quale va ribadita la centralità dei valori paesaggistici in gioco-,
uno dei criteri tramite i quali valutare il concetto di adeguatezza dei
meccanismi sanzionatori.
3.-
Tanto considerato con riguardo al tema, più generale, dei rapporti tra gli
artt. 146 e 159 del D.Lgs. 42/04, il Collegio rileva tuttavia che la ricorrente
sottolinea come alcune circostanze renderebbero quello in esame un caso
connotato da profili di specialità.
3.2
Si evidenzia, in specie, che l’articolazione temporale dell’iter
amministrativo poi sfociato nel decreto oggetto d’impugnazione dovrebbe
giustificare valutazioni diverse rispetto a quelle appena esposte, nel senso, in
particolare, dell’inapplicabilità della normativa introdotta dal Codice
dei beni culturali e del paesaggio.
3.2
Viene così fatto riferimento:
a)
all’anteriorità dell’intervento edilizio abusivo -risalente
ad un periodo precedente al marzo del 2001- rispetto al Codice predetto;
b)
all’avvenuto completamento, anche in questo caso diversi mesi prima del
1° maggio 2004 -data di entrata in vigore del Codice-, della fase
istruttoria del procedimento, che solo per i ritardi della stessa p.a. si
sarebbe poi concluso nel corso del 2005, e dunque sotto la vigenza del
citato art. 146 D.Lgs. 42/04.
4.-
Tanto esposto, occorre dunque chiedersi se la collocazione temporale
dell’abuso edilizio, della domanda di sanatoria e di parte del relativo
procedimento fossero elementi tali da rendere la fattispecie assoggettabile al
regime normativo precedente,
o, per meglio dire, a quello
vigente all’epoca in cui la Miggiano realizzava le opere e ne chiedeva la
regolarizzazione.
4.2
Ad avviso del Collegio la risposta dev’essere negativa.
4.3
Nonostante le obiettive peculiarità del caso, difatti, lo stesso non può
comunque sfuggire alla regola generale valevole per le ipotesi di
successione di norme e disciplina del procedimento, e cioè quella secondo cui tempus
regit actum: ogni
fase o atto dell’iter amministrativo, dunque, viene disciplinato quanto
alla struttura, ai requisiti ed al ruolo funzionale dalle disposizioni di legge
e di regolamento vigenti alla data in cui ha luogo ciascuna sequenza. In
altri termini, gli atti emessi sotto l’imperio della legge precedente
conservano validità ma la produzione degli effetti finali sarà in ogni caso
regolata dalla normativa nel frattempo intervenuta
(fra le molte, T.A.R. Sicilia
Catania, sez. I, 15 marzo 2005, n. 443; T.A.R. Lazio, sez.
III, 3 marzo 2005, n. 1622; Consiglio Stato, sez. VI, 12 maggio 2004,
n. 2984; T.A.R. Lazio, sez. I,
21 dicembre 2004, n. 16971; T.A.R. Liguria, sez.
I, 11 marzo 2003, n. 282; Consiglio Stato, sez.
IV, 2 aprile 2002, n. 1815).
4.4
Quanto, ancor più specificamente, al sopravvenire durante il corso del
procedimento di una nuova norma di legge che disciplini la materia in maniera
diversa da quella vigente al momento dell’avvio del procedimento stesso o di
una sua fase precedente, il principio in parola comporta in particolare per
l’amministrazione l’obbligo di applicare la normativa in vigore al momento
dell’adozione del provvedimento definitivo:
ricondotto alla
fattispecie in esame, dunque, il principio appena delineato imponeva al Sindaco
di delibare l’istanza della ricorrente secondo la disciplina nelle more
intervenuta e, pertanto, di respingerla sulla base del più volte citato art.
146 T.U. 42/04.
4.5
I ritardi accumulati dall’Amministrazione, d’altronde, oltre a non poter
incidere sull’ambito di efficacia della regola in parola, potevano essere
tempestivamente contrastati da parte della ricorrente mediante gli strumenti
previsti per i casi di inerzia della p.a. dal legislatore, attivando, ad
esempio, la procedura per silenzio rifiuto o, più nello specifico, sollecitando
l’intervento surrogatorio della Soprintendenza (cfr. art. 151, u.c., T.U.
490/99).
4.6
Debbono pertanto disattendersi, per quanto fin qui scritto, i rilievi di
illegittimità prospettati, pur suggestivamente, dalla difesa della Sig.ra
Miggiano.
5.-
Un ultimo cenno, infine, al tema dell’indennità pecuniaria ex
art. 167 T.U. citato: la scelta
tra demolizione delle opere e pagamento dell'indennità attiene ad un momento
successivo a quello concernente la sanatoria dell’intervento abusivo, ed,
anzi, presuppone la mancata regolarizzazione dello stesso.
5.2
Nessuna violazione, dunque, neppure sotto quest’ultimo profilo.
6.-
Per tutto ciò che si è fin qui esposto il ricorso va in definitiva respinto.
7.-
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
p.q.m.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Prima di Lecce,
respinge il ricorso n. 1180/05 indicato in epigrafe.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così
deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 2
6 ottobre 2005.
Aldo
Ravalli - Presidente
Ettore
Manca – Relatore
Pubblicata
mediante deposito
in
Segreteria il 10 novembre 2005