Corte di Giustizia(Quarta Sezione) 16 febbraio 2012
«Valutazione dell’impatto ambientale di progetti – Nozione di “atto legislativo” – Valore e portata delle precisazioni fornite dalla Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus – Autorizzazione di un progetto in assenza di un’adeguata valutazione del suo impatto ambientale – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Portata del diritto di ricorso – Direttiva “habitat” – Piano o progetto che pregiudica l’integrità del sito – Motivo imperativo di rilevante interesse pubblico»
Nella causa C‑182/10, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour constitutionnelle (Belgio), con decisione del 30 marzo 2010, pervenuta in cancelleria il 9 aprile 2010, nel procedimento Marie-Noëlle Solvay e altri contro Région wallonne, con l’intervento di: Infrabel SA, Codic Belgique SA, Federal Express European Services Inc. (FEDEX), Société wallonne des aéroports (SOWEAR), Société régionale wallonne du transport (SRWT), Société Intercommunale du Brabant wallon (IBW), LA CORTE (Quarta Sezione), composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione (relatore), dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen, dalla sig.ra C. Toader e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici, avvocato generale: sig.ra E. Sharpston cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 novembre 2011, considerate le osservazioni presentate: – per Marie-Noëlle Solvay e altri, da T. Vandenput e M.‑L. Giovannelli, avocats; – per l’association des riverains et habitants des communes proches de l’aéroport BSCA (Brussels South Charleroi Airport) (ARACh), da A. Lebrun, avocat; – per l’association Inter-Environnement Wallonie e altri, da J. Sambon, avocat; – per l’association Charleroi South Air Pur e altri, da. D. Brusselmans, avocat; – per Boxus e altri, da L. Misson e A. Kettels, avocats; – per Laloux e altri, da L. Dehin, avocat; – per la Région wallonne, da F. Haumont, avocat; – per la Commissione europea, da O. Beynet, J.-B. Laignelot e D. Recchia, in qualità di agenti, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, 3, 6 e 9 della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, conclusa il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), degli articoli 1, 9 e 10 bis della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 (GU L 156, pag. 17; in prosieguo: la «direttiva 85/337»), nonché dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»). 2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di controversie pendenti tra alcuni abitanti frontisti degli aeroporti di Liegi-Bierset e di Charleroi-Bruxelles Sud nonché della linea ferroviaria Bruxelles‑Charleroi e la Région wallonne (Regione vallona) in merito ad autorizzazioni per lavori inerenti a tali strutture. Contesto normativo Il diritto internazionale 3 Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, la definizione data all’espressione «autorità pubblica» «non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere (...) legislativo». 4 L’articolo 3, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus enuncia quanto segue: «Nei limiti delle pertinenti disposizioni della presente convenzione, il pubblico ha accesso alle informazioni, può partecipare ai processi decisionali e ha accesso alla giustizia in materia ambientale senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, sulla nazionalità o sulla residenza o, qualora si tratti di persone giuridiche, sull’ubicazione della sede legale o del centro effettivo delle loro attività». 5 L’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus precisa quanto segue: «Ciascuna Parte provvede affinché il pubblico sia prontamente informato della decisione adottata dalla pubblica autorità, secondo le opportune procedure. Ciascuna Parte rende accessibile al pubblico il testo della decisione, nonché i motivi e le considerazioni su cui essa si fonda». 6 L’articolo 9, paragrafi 2‑4, della Convenzione di Aarhus sancisce: «2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato: a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa, b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione. Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b). Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale. 3. In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale. 4. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico». Il diritto dell’Unione La direttiva 85/337 7 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337, per «progetto» si intende «la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere» ovvero «altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo», e per «autorizzazione», la «decisione dell’autorità competente o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso». Le nozioni di «pubblico» e di «pubblico interessato» sono inoltre definite come segue: «“pubblico”: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone; “pubblico interessato”: pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse». 8 L’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 così dispone: «La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa». 9 L’articolo 2, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue: «Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto (...)». 10 L’articolo 5, paragrafo 4, della medesima direttiva enuncia quanto segue: «Gli Stati membri, se necessario, provvedono affinché le autorità mettano a disposizione del committente le informazioni pertinenti di cui dispongono (...)». 11 L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337 precisa quanto segue: «Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell’autorizzazione, l’autorità o le autorità competenti ne informano il pubblico in base ad adeguate procedure e rendono disponibili allo stesso le seguenti informazioni: – il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l’accompagnano, – tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, – una descrizione, ove necessario, delle principali misure al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi». 12 L’articolo 10 bis di detta direttiva così dispone: «Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato: a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa; b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva. Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni. Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini della lettera a) del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini della lettera b) del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale. Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa. Per rendere più efficaci le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a mettere a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale». La direttiva «habitat» 13 Ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva «habitat»: «3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica. 4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico». Il diritto nazionale 14 Gli articoli 1‑4 del décret (legge regionale) del Parlamento vallone del 17 luglio 2008 relativo a talune concessioni e/o autorizzazioni per le quali sussistono motivi imperativi di interesse generale (Moniteur belge del 25 luglio 2008, pag. 38900), nella loro versione originaria, dispongono quanto segue: «Articolo 1. Ricorrono motivi imperativi di interesse generale per il rilascio delle concessioni urbanistiche, delle autorizzazioni ambientali e delle autorizzazioni uniche relative agli atti e ai lavori di seguito indicati: 1° i seguenti atti e lavori di sistemazione delle infrastrutture e degli edifici di accoglienza degli aeroporti regionali di Liegi‑Bierset e di Charleroi‑Bruxelles Sud: a) per quanto riguarda l’aeroporto di Liegi-Bierset: – l’ampliamento della zona merci nord per i piazzali di sosta degli aeromobili e i futuri capannoni merci; – il raccordo e la via di rullaggio a sud; – l’installazione del quarto serbatoio del deposito carburanti; – la stazione merci TGV; – l’ampliamento dell’area di parcheggio per le autovetture a sud dell’autostrada; – la futura costruzione di uffici; b) per quanto riguarda l’aeroporto di Charleroi-Bruxelles Sud: – l’allungamento della pista, nonché la costruzione delle bretelle di collegamento e il prolungamento della via di rullaggio a nord tra dette bretelle; – la torre di controllo e il radar; – l’ampliamento dei piazzali di sosta degli aeromobili; – la sistemazione delle aree di sghiacciamento; – il collegamento stradale R3-aeroporto; – il raccordo periferico e la via di rullaggio a sud; – l’ampliamento dell’aerostazione; – l’ampliamento dell’area di parcheggio per le autovetture; – la stazione e le infrastrutture ferroviarie; 2° in esecuzione dell’accordo di cooperazione dell’11 ottobre 2001, tra lo Stato federale, le Regioni fiamminga, vallona e di Bruxelles-Capitale, relativo al piano di investimento pluriennale 2001-2012 della S.N.C.B., gli atti e i lavori sul territorio della Région wallonne connessi alla rete RER; 3° nell’ambito dell’attuazione dello schema di sviluppo dello spazio regionale (terza parte, punto 1.4.) adottato dal Governo vallone il 27 maggio 1999, gli atti e i lavori relativi alle modalità organizzative del trasporto pubblico per Charleroi, Liegi, Namur e Mons; 4° gli anelli stradali e fluviali mancanti, sul territorio della Région wallonne, della rete transeuropea dei trasporti di cui alla decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che modifica la decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. Articolo 2. Per gli atti e le opere di cui all’articolo 1 previsti dall’articolo 84 del Code wallon de l’Aménagement du Territoire, de l’Urbanisme, du Patrimoine et de l’Énergie (Codice vallone per la pianificazione territoriale e urbanistica, il patrimonio e l’energia), la concessione è rilasciata dal Governo o da un suo delegato conformemente ai termini e alle condizioni stabiliti dall’articolo 127 del medesimo Code, compresi quelli di cui al § 3 del citato articolo. Agli atti e alle opere di cui all’articolo 1 riguardanti una struttura ai sensi del décret dell’11 marzo 1999 sull’autorizzazione ambientale si applica l’articolo 13, comma 2, del citato décret. In deroga ai commi 1 e 2, la richiesta di autorizzazione, la cui attestazione di ricevimento o la cui presentazione siano antecedenti all’entrata in vigore del presente décret, viene istruita in conformità alle disposizioni allora vigenti. Articolo 3. Entro quarantacinque giorni dal rilascio, il Governo presenta al Parlamento vallone la concessione urbanistica, l’autorizzazione ambientale o l’autorizzazione unica relativa agli atti e ai lavori di cui all’articolo 1. Le autorizzazioni di cui all’articolo 2, comma 3, sono presentate al Parlamento entro quarantacinque giorni dalla loro ricezione da parte del Governo. Il Parlamento vallone ratifica l’autorizzazione e/o la concessione presentata entro sessanta giorni dal deposito del relativo fascicolo presso l’Ufficio di presidenza del Parlamento vallone. Qualora nessun décret di ratifica venga approvato entro il suddetto termine, l’autorizzazione si considera non accordata. I termini di cui ai commi 1 e 2 subiscono una sospensione dal 16 luglio al 15 agosto. L’autorizzazione e/o la concessione ratificata dal Parlamento vallone diviene esecutiva a partire dalla pubblicazione del décret nel Moniteur belge. Essa è inviata dal Governo conformemente alle disposizioni del medesimo Code o del décret dell’11 marzo 1999. Articolo 4. Alla richiesta di autorizzazione e/o di concessione vertente su una modifica minore di un’autorizzazione e/o di una concessione ratificata dal Parlamento vallone si applicano le norme di diritto comune del medesimo Code o del medesimo décret». 15 Gli articoli 5‑9 del décret del Parlamento vallone del 17 luglio 2008 prevedono quanto segue: «Articolo 5. Si ratifica la seguente autorizzazione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – per quanto riguarda gli atti e i lavori di sistemazione delle infrastrutture e degli edifici di accoglienza degli aeroporti regionali, il decreto ministeriale del 25 agosto 2005 relativo all’autorizzazione ambientale rilasciata alla SA SAB per l’aeroporto di Liegi-Bierset. Articolo 6. Si ratifica la seguente concessione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – per quanto riguarda gli atti e i lavori di sistemazione delle infrastrutture e degli edifici di accoglienza degli aeroporti regionali, il decreto ministeriale del 13 settembre 2006 che rilascia una concessione urbanistica alla Société régionale wallonne des Transports per l’allungamento della pista dell’aeroporto di Liegi-Bierset. Articolo 7. Si ratifica la seguente concessione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – per quanto riguarda gli atti e i lavori di sistemazione delle infrastrutture e degli edifici di accoglienza degli aeroporti regionali, la concessione urbanistica del 16 settembre 2003 rilasciata dal funzionario delegato della Direzione generale per la pianificazione territoriale, le politiche abitative e il patrimonio di Charleroi alla SA SOWAER per la copertura del torrente Tintia e la modifica del rilievo del suolo nella parte nord orientale dell’aeroporto. Articolo 8. Si ratifica la seguente autorizzazione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – per quanto riguarda gli atti e i lavori di sistemazione delle infrastrutture e degli edifici di accoglienza degli aeroporti regionali, il decreto ministeriale del 25 luglio 2005 relativo all’autorizzazione unica rilasciata alla SA SOWAER per l’aeroporto di Charleroi-Bruxelles Sud (aerostazione: 3 000 000 passeggeri/anno), parcheggi per le autovetture (1 600 posti a raso e 1 000 posti in strutture multipiano), reti di accesso a tali parcheggi, piste aeree, piazzali di sosta degli aeromobili collegati all’aerostazione, impianto di trattamento delle acque, edifici tecnici, deposito carburanti (stoccaggio di 2 420 m3 di cherosene e di 30 m3 di carburante per il trasporto stradale) e costruzione di nuove strade comunali. Articolo 9. Si ratifica la seguente autorizzazione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – per quanto riguarda gli atti e i lavori di sistemazione delle infrastrutture e degli edifici di accoglienza degli aeroporti regionali, il decreto ministeriale del 27 luglio 2005 relativo all’autorizzazione ambientale rilasciata alla SA SOWAER per la gestione dell’aeroporto di Charleroi-Bruxelles Sud». 16 Gli articoli 14‑17 di tale decreto così recitano: «Articolo 14. Si ratifica la seguente autorizzazione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – per quanto riguarda la rete RER e le pertinenze, gli accessi e i collegamenti attinenti, il decreto ministeriale del 9 febbraio 2006, relativo all’autorizzazione unica rilasciata alla S.N.C.B. per la costruzione e la gestione del terzo e quarto binario sulla linea Infrabel 124 Bruxelles‑Charleroi nei comuni di Waterloo, Braine‑l’Alleud e Nivelles. Articolo 15. Si ratifica la seguente autorizzazione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – il decreto ministeriale del 19 giugno 2008 relativo all’autorizzazione unica rilasciata all’intercommunale IBW (consorzio intercomunale IBW) per la costruzione e la gestione dell’impianto di depurazione dell’Hain avente una potenzialità di 92 000 a.e. (abitanti equivalenti), nel comune di Braine‑le‑Château. Articolo 16. Si ratifica la seguente autorizzazione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – il decreto ministeriale del 7 luglio 2008 relativo all’autorizzazione ambientale rilasciata alla SA Codic Belgique per la gestione di un centro amministrativo e di formazione comprendente vari impianti tecnici su un immobile sito a La Hulpe, chaussée de Bruxelles 135. Articolo 17. Si ratifica la seguente concessione per la quale sussistono motivi imperativi di interesse generale: – il decreto ministeriale del 4 giugno 2008 relativo alla concessione urbanistica rilasciata alla SA Codic Belgique per la costruzione di un centro amministrativo e di formazione comprendente vari impianti tecnici su un bene sito a La Hulpe, chaussée de Bruxelles 135». 17 In sostanza, emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte che il Conseil d’État (Consiglio di Stato belga) è competente a statuire sui ricorsi di annullamento proposti contro taluni atti amministrativi e i regolamenti delle autorità amministrative nonché contro gli atti amministrativi delle assemblee legislative o dei loro organi. 18 Esso non può invece statuire su ricorsi proposti contro atti di natura legislativa. 19 Orbene, la ratifica, mediante legge regionale del Parlamento vallone, delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni di lavori conferisce a queste ultime un valore legislativo. Il Conseil d’État diviene, di conseguenza, incompetente a conoscere dei ricorsi di annullamento proposti contro questi atti ratificati, che possono essere impugnati esclusivamente dinanzi alla Cour constitutionnelle (Corte costituzionale), dinanzi alla quale possono tuttavia essere sollevati soltanto determinati motivi. Cause principali e questioni pregiudiziali 20 Dinanzi alla Cour constitutionnelle sono stati proposti vari ricorsi diretti all’annullamento del décret del Parlamento vallone del 17 luglio 2008 che ha «ratificato» – ovverosia, ha convalidato alla luce di «motivi imperativi di interesse generale» – alcune concessioni edilizie relative a vari lavori legati all’aeroporto di Liegi-Bierset, a quello di Charleroi-Bruxelles Sud e alla linea ferroviaria Bruxelles-Charleroi. 21 Inoltre, la Cour constitutionnelle è investita dal Conseil d’État di questioni pregiudiziali relative alla legittimità del citato décret. Il Conseil d’État si era esso stesso precedentemente interrogato circa la compatibilità di tale medesimo décret con il diritto dell’Unione e con la Convenzione di Aarhus e, a tal riguardo, aveva investito la Corte di giustizia di questioni di pronuncia pregiudiziale che hanno costituito l’oggetto della sentenza del 18 ottobre 2011, Boxus e a. (da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, non ancora pubblicata nella Raccolta). 22 Per effetto di tale atto legislativo, le suddette concessioni edilizie possono essere contestate non più dinanzi al Conseil d’État, ma solo dinanzi alla Cour constitutionnelle, ed esclusivamente per motivi afferenti alla non conformità alle norme sottoposte al sindacato di detta Cour. 23 Pertanto, in ciascuna delle cause principali, si chiede al giudice del rinvio di pronunciarsi, in particolare, sulla questione se il décret impugnato poteva sottrarre le concessioni in questione al sindacato del Conseil d’État per sottoporle al sindacato della Cour constitutionnelle, benché quest’ultima non offrisse possibilità di ricorso della portata di quelle esperibili dinanzi al Conseil d’État. Così facendo, il legislatore avrebbe violato la Costituzione belga in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafi 2-4, della Convenzione di Aarhus nonché con l’articolo 10 bis della direttiva 85/337. 24 È in tale contesto che la Cour constitutionnelle ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se gli articoli 2, [paragrafo] 2, e 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus (...) debbano essere interpretati conformemente alle precisazioni fornite dalla Guida all’applicazione della suddetta Convenzione. 2) a) Se l’articolo 2, [paragrafo] 2, della Convenzione di Aarhus debba essere interpretato nel senso di escludere dall’ambito di applicazione della suddetta Convenzione atti legislativi quali le concessioni urbanistiche o le autorizzazioni ambientali accordate conformemente al procedimento istituito dagli articoli 1‑4 del décret [del Parlamento vallone] del 17 luglio 2008 (...). b) Se l’articolo 2, [paragrafo] 2, della Convenzione di Aarhus debba essere interpretato nel senso di escludere dall’ambito di applicazione della suddetta Convenzione atti legislativi quali le ratifiche di concessioni urbanistiche o di autorizzazioni ambientali contenute negli articoli 5‑9 e 14‑17 del medesimo décret. c) Se l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 (...) debba essere interpretato nel senso di escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva atti legislativi quali le concessioni urbanistiche o le autorizzazioni ambientali accordate conformemente al procedimento istituito dagli articoli 1‑4 del medesimo décret. d) Se l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 (...) debba essere interpretato nel senso di escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva atti legislativi quali le ratifiche delle concessioni urbanistiche o delle autorizzazioni ambientali contenute negli articoli 5‑9 e 14‑17 del medesimo décret. 3) a) Se gli articoli 3, paragrafo 9, e 9, paragrafi 2, 3 e 4, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337 (...) debbano essere interpretati nel senso che ostano ad un procedimento, come quello istituito dagli articoli 1‑4 del medesimo décret, in virtù del quale il legislatore regionale rilascia concessioni urbanistiche ed autorizzazioni ambientali che vengono predisposte da un’autorità amministrativa e possono essere impugnate solo con i ricorsi menzionati [nella decisione di rinvio] dinanzi alla Cour constitutionnelle e ai giudici dell’ordine giudiziario. b) Se gli articoli 3, paragrafo 9, e 9, paragrafi 2, 3 e 4, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337 (...) debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di atti legislativi quali le ratifiche con effetto retroattivo contenute negli articoli 5‑9 e 14‑17 del medesimo décret, che possono essere impugnati solo mediante i ricorsi menzionati [nella decisione di rinvio] dinanzi alla Cour constitutionnelle e ai giudici dell’ordine giudiziario. 4) a) Se l’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337 (...) debbano essere interpretati nel senso che ostano ad un procedimento, come quello istituito dagli articoli 1‑4 del medesimo décret, in virtù del quale un décret con cui vengono rilasciate concessioni urbanistiche o autorizzazioni ambientali non deve contenere in sé tutti gli elementi che consentano di accertare che tali autorizzazioni siano fondate su un’adeguata verifica preliminare, effettuata conformemente alle prescrizioni della Convenzione di Aarhus e della direttiva 85/337 (...). b) Se l’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337 (...) debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di atti legislativi quali le ratifiche contenute negli articoli 5‑9 e 14‑17 del medesimo décret, che non contengono in sé tutti gli elementi che consentano di accertare che tali autorizzazioni siano fondate su un’adeguata verifica preliminare, effettuata conformemente alle prescrizioni della Convenzione di Aarhus e della direttiva 85/337 (...). 5) Se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [“habitat”] debba essere interpretato nel senso che consente ad un’autorità legislativa di autorizzare progetti come quelli di cui agli articoli 16 e 17 del medesimo décret anche nel caso in cui la valutazione di impatto ambientale realizzata in relazione a tali progetti sia stata ritenuta lacunosa dal Conseil d’État con una pronuncia emanata secondo il procedimento di estrema urgenza e sia stata contraddetta da un parere dell’autorità della Région wallonne incaricata della gestione ecologica dell’ambiente naturale. 6) In caso di soluzione negativa della precedente questione, se l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva [“habitat”] debba essere interpretato nel senso che consenta di considerare quale motivo imperativo di rilevante interesse pubblico la realizzazione di un’infrastruttura destinata ad ospitare il centro amministrativo di una società privata e ad accogliere un numero elevato di lavoratori». Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 25 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 2, paragrafo 2, e 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus debbano essere interpretati conformemente alle precisazioni fornite dalla Guida all’applicazione di tale Convenzione. 26 Risulta dal testo di tale Guida, e in particolare dalle precisazioni contenute sotto il titolo «Informazioni sull’uso della Guida», che tale documento, redatto da esperti internazionali, ha il solo obiettivo di fornire un’analisi della Convenzione di Aarhus al fine di consentire ai suoi lettori di «farsi un’idea di cosa sia la Convenzione e cosa possa significare concretamente». 27 Se la Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus può quindi essere considerata un documento esplicativo, idoneo eventualmente ad essere preso in considerazione, tra altri elementi rilevanti, al fine di interpretare tale Convenzione, tuttavia le analisi che esso contiene non hanno forza vincolante e sono prive della portata normativa propria delle disposizioni della Convenzione di Aarhus. 28 Si deve pertanto rispondere alla prima questione dichiarando che sebbene, ai fini dell’interpretazione degli articoli 2, paragrafo 2, e 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus, si possa prendere in considerazione la Guida all’applicazione di detta Convenzione, tuttavia detta Guida non ha alcuna forza vincolante ed è priva della portata normativa propria delle disposizioni della Convenzione di Aarhus. Sulla seconda questione 29 Con la sua seconda questione, le cui varie articolazioni devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 debbano essere interpretati nel senso che un atto, quale il décret del Parlamento vallone del 17 luglio 2008, che «ratifica», conferendo loro un valore normativo, concessioni urbanistiche, autorizzazioni ambientali o di lavori precedentemente accordate dall’autorità amministrativa, per le quali viene sancito che «ricorrono motivi imperativi di interesse generale», è escluso dai rispettivi ambiti di applicazione di tale Convenzione e di tale direttiva. 30 Risulta dall’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 che, quando gli obiettivi di quest’ultima, ivi compreso quello della disponibilità di informazioni, sono raggiunti tramite una procedura legislativa, è esclusa l’applicazione della citata direttiva al progetto di cui trattasi (v. sentenze del 19 settembre 2000, Linster, C‑287/98, Racc. pag. I‑6917, punto 51, nonché Boxus e a., cit., punto 36). 31 Tale disposizione sottopone a due requisiti l’esclusione di un progetto dall’ambito di applicazione della direttiva 85/337. Il primo requisito impone che il progetto sia adottato nei dettagli mediante un atto legislativo specifico; il secondo, che gli obiettivi di tale direttiva, incluso quello della disponibilità delle informazioni, siano raggiunti tramite la procedura legislativa (v. sentenze del 16 settembre 1999, WWF e a., C‑435/97, Racc. pag. I‑5613, punto 57, nonché Boxus e a., cit., punto 37). 32 Per quanto riguarda il primo requisito, esso implica innanzitutto che il progetto sia adottato mediante un atto legislativo specifico. A questo proposito, occorre rilevare che le nozioni di «progetto» e di «autorizzazione» sono definite all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337. Pertanto, un atto legislativo che adotta un progetto, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva, deve essere specifico e presentare le stesse caratteristiche di una siffatta autorizzazione. In particolare, esso deve conferire al committente il diritto di realizzare il progetto (v. citate sentenze WWF e a., punto 58, nonché Boxus e a., punto 38). 33 Il progetto deve inoltre essere adottato nei dettagli, vale a dire in modo sufficientemente preciso e definitivo, sì che l’atto legislativo che lo adotta comprenda, come un’autorizzazione, tutti gli elementi del progetto rilevanti ai fini della valutazione di impatto ambientale, che il legislatore deve aver preso in considerazione (v. citate sentenze WWF e a., punto 59, nonché Boxus e a., punto 39). L’atto legislativo deve quindi attestare il conseguimento degli obiettivi della direttiva 85/337 riguardo al progetto in questione (v. citate sentenze Linster, punto 56, nonché Boxus e a., punto 39). 34 Ne deriva che non può essere considerato come recante adozione dettagliata di un progetto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, un atto legislativo che non comprenda gli elementi necessari per la valutazione di impatto ambientale del progetto o che richieda l’adozione di altri atti per conferire al committente il diritto di realizzare il progetto (v. citate sentenze WWF e a., punto 62; Linster, punto 57, nonché Boxus e a., punto 40). 35 Quanto al secondo requisito, si evince dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337, che l’obiettivo essenziale della medesima consiste nel garantire che, prima della concessione di un’autorizzazione, i progetti per i quali sia previsto un impatto ambientale rilevante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto ambientale (v. citate sentenze Linster, punto 52, nonché Boxus e a., punto 41). 36 Il sesto considerando della direttiva 85/337 precisa, inoltre, che la valutazione deve essere fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato al progetto (v. citate sentenze WWF e a., punto 61; Linster, punto 53, nonché Boxus e a., punto 42). 37 Il legislatore deve avere poi a sua disposizione, al momento dell’adozione del progetto, un’informazione sufficiente. Emerge dall’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 85/337 e dall’allegato IV della medesima che le informazioni che il committente deve fornire contengono almeno una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, progettazione e dimensione, una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, nonché i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente (v. citate sentenze Linster, punto 55, nonché Boxus e a., punto 43). 38 Tenuto conto delle caratteristiche delle procedure di approvazione di un piano in più fasi, la direttiva 85/337 non osta a che uno stesso progetto sia approvato tramite due atti di diritto nazionale, considerati nel loro insieme quale autorizzazione ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 2 (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2006, Commissione/Regno Unito, C‑508/03, Racc. pag. I‑3969, punto 102). Di conseguenza, il legislatore, al momento di adottare l’atto finale di autorizzazione di un progetto, può usufruire delle informazioni raccolte nell’ambito di una previa procedura amministrativa (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 44). 39 L’esistenza di una simile procedura amministrativa non può tuttavia comportare che un progetto possa essere considerato come adottato nei dettagli mediante un atto legislativo specifico, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, se tale atto legislativo non rispetta i due requisiti rammentati al punto 31 della presente sentenza. Come dichiarato dalla Corte al punto 45 della citata sentenza Boxus e a., un atto legislativo che non faccia altro che «ratificare» puramente e semplicemente un atto amministrativo preesistente, limitandosi a constatare l’esistenza di motivi imperativi di interesse generale, senza il previo avvio di una procedura legislativa nel merito che consenta di rispettare detti requisiti, non può essere considerato un atto legislativo specifico ai sensi della citata disposizione e non è dunque sufficiente ad escludere un progetto dall’ambito di applicazione della direttiva 85/337. 40 In particolare, un atto legislativo adottato senza che i membri dell’organo legislativo abbiano avuto a loro disposizione le informazioni menzionate al punto 37 della presente sentenza non può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 46). 41 Spetta al giudice nazionale determinare se tali requisiti siano stati rispettati. A tal fine, esso deve tener conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione e, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 47). 42 Tale soluzione elaborata nella citata sentenza Boxus e a., in ordine all’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, può essere trasposta all’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus. Infatti, da un lato, il tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 2, della citata Convenzione è, in sostanza, simile a quello dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva. Dall’altro lato, non vi è alcuna ragione, che potrebbe derivare dall’oggetto o dalla portata della Convenzione di Aarhus, che possa impedire alla Corte di trasporre, ai fini dell’interpretazione delle disposizioni di detta Convenzione, l’interpretazione da essa elaborata in relazione alle disposizioni simili della direttiva 85/337. 43 Occorre dunque rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 devono essere interpretati nel senso che sono esclusi dai rispettivi ambiti di applicazione di tali disposizioni soltanto i progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo specifico, di modo che gli obiettivi delle citate disposizioni siano stati raggiunti tramite la procedura legislativa. Spetta al giudice nazionale verificare se tali due requisiti siano stati rispettati tenendo conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione e, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari. Al riguardo, un atto legislativo che non faccia altro che «ratificare» puramente e semplicemente un atto amministrativo preesistente, limitandosi a constatare l’esistenza di motivi imperativi di interesse generale, senza il previo avvio di una procedura legislativa nel merito che consenta di rispettare detti requisiti, non può essere considerato un atto legislativo specifico ai sensi della citata disposizione e non è dunque sufficiente ad escludere un progetto dai rispettivi ambiti di applicazione di detta Convenzione e di detta direttiva. Sulla terza questione 44 Con la sua terza questione, le cui varie articolazioni devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafi 2-4, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che il diritto di realizzare un progetto rientrante nel loro ambito di applicazione sia conferito mediante un atto legislativo contro il quale, in base alla normativa nazionale, non è esperibile alcun ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge che consenta di contestare tale atto nel merito e sotto il profilo procedurale. 45 Deriva dall’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con gli articoli 6 e 9 della stessa, nonché dall’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 che né tale Convenzione né tale direttiva si applicano ai progetti adottati mediante un atto legislativo rispondente ai requisiti ricordati al punto 31 della presente sentenza (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 50). 46 Per gli altri progetti, vale a dire quelli che siano adottati o mediante un atto che non ha natura legislativa o mediante un atto legislativo che non risponda ai suddetti requisiti, discende dal dettato stesso dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus e dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337 che gli Stati devono prevedere la possibilità di accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti, rispettivamente, all’ambito di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione di Aarhus o della direttiva 85/337 (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 51). 47 Gli Stati membri dispongono, in virtù della loro autonomia procedurale e fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, di un margine di manovra nell’attuazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus e dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337. Ad essi spetta, in particolare, determinare quale organo giurisdizionale o organo indipendente e imparziale istituito dalla legge sia competente a conoscere dei ricorsi oggetto di tali disposizioni e secondo quali modalità procedurali, purché siano rispettate le suddette disposizioni (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 52). 48 L’articolo 9 della Convenzione di Aarhus e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337 perderebbero tuttavia qualsiasi effetto utile se la sola circostanza che un progetto sia adottato mediante un atto legislativo che non risponde ai requisiti ricordati al punto 31 della presente sentenza avesse come conseguenza di sottrarlo a qualsiasi ricorso atto a contestarne la legittimità, sostanziale o procedurale, ai sensi di tali disposizioni (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 53). 49 Le esigenze derivanti dall’articolo 9 della Convenzione di Aarhus e dall’articolo 10 bis della direttiva 85/337 presuppongono, al riguardo, che, quando un progetto rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione di Aarhus o della direttiva 85/337 è adottato mediante un atto legislativo, la questione se tale atto legislativo risponda ai requisiti stabiliti all’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva e ricordati al punto 31 della presente sentenza deve poter essere sottoposta a un controllo, in base alle norme procedurali nazionali, da parte di un organo giurisdizionale o di un organo indipendente e imparziale istituito dalla legge (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 54). 50 Nel caso in cui contro un simile atto non sia esperito alcun ricorso della natura e della portata sopra rammentate, spetterebbe ad ogni organo giurisdizionale nazionale adito nell’ambito della sua competenza esercitare il controllo descritto al punto precedente e trarne le eventuali conseguenze, disapplicando tale atto legislativo (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 55). 51 Nella fattispecie, ove il giudice del rinvio accerti che il décret del Parlamento vallone del 17 luglio 2008 non risponde ai requisiti stabiliti all’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 e rammentati al punto 31 della presente sentenza, e qualora risulti, in base alle norme nazionali applicabili, che nessun organo giurisdizionale o nessun organo indipendente e imparziale istituito dalla legge sia competente a controllare la validità, sostanziale e procedurale, di tale décret, quest’ultimo deve allora essere considerato incompatibile con le esigenze derivanti dall’articolo 9 della Convenzione di Aarhus e dall’articolo 10 bis della direttiva 85/337. Spetta pertanto al giudice del rinvio disapplicarlo (v. sentenza Boxus e a., cit., punto 56). 52 Occorre pertanto rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafi 2-4, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337 devono essere interpretati nel senso che: – qualora un progetto rientrante nell’ambito di applicazione di tali disposizioni sia adottato mediante un atto legislativo, la verifica del rispetto, da parte di quest’ultimo, dei requisiti stabiliti all’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva deve poter essere sottoposta, in base alle norme procedurali nazionali, ad un organo giurisdizionale o ad un organo indipendente e imparziale istituito dalla legge; – nel caso in cui contro un simile atto non sia esperibile alcun ricorso della natura e della portata sopra rammentate, spetterebbe ad ogni organo giurisdizionale nazionale adito nell’ambito della sua competenza esercitare il controllo descritto al precedente trattino e trarne le eventuali conseguenze, disapplicando tale atto legislativo. Sulla quarta questione 53 Con la sua quarta questione, le cui varie articolazioni devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337 debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di atti legislativi che non contengono in sé tutti i motivi che hanno dato origine alla loro adozione e che consentono di accertare che quest’ultima sia fondata su un’adeguata verifica preliminare, effettuata conformemente alle prescrizioni di detta Convenzione e di detta direttiva. 54 È stato dichiarato che l’articolo 4 della direttiva 85/337 deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che la decisione di non sottoporre a valutazione un progetto rientrante nell’allegato II della citata direttiva contenga in sé le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che questa non era necessaria ma che, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata (v. sentenza del 30 aprile 2009, Mellor, C‑75/08, Racc. pag. I‑3799, punto 61). 55 Tale interpretazione è applicabile all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337. 56 Infatti, se è vero che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337 prescrive che, in base ad adeguate procedure, il pubblico sia informato della decisione adottata dall’autorità competente e dei motivi sui quali è fondata detta decisione, tuttavia non risulta che la stessa decisione debba contenere le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che essa era necessaria (v., per analogia, sentenza Mellor, cit., punto 56). 57 Ne risulta tuttavia che i terzi, come del resto le autorità amministrative interessate, devono potersi accertare che l’autorità competente abbia avuto conoscenza, secondo le norme previste dalla legislazione nazionale, del fatto che una verifica preliminare ed adeguata sia stata effettuata conformemente alle prescrizioni della direttiva 85/337 (v. sentenza Mellor, cit., punto 57). 58 Inoltre, i singoli interessati, come del resto le altre autorità nazionali coinvolte, devono poter far garantire l’osservanza di tale obbligo in materia di verifica gravante sull’autorità competente, eventualmente in sede giurisdizionale (v. sentenza Mellor, cit., punto 58). 59 A tal proposito, l’efficacia del sindacato giurisdizionale, che deve poter riguardare la legittimità della motivazione della decisione impugnata, comporta, in via generale, che il giudice adito possa richiedere all’autorità competente la comunicazione di tale motivazione. Tuttavia, trattandosi più specificamente di assicurare la tutela effettiva di un diritto attribuito dal diritto dell’Unione, occorre anche che le persone interessate possano difendere tale diritto nelle migliori condizioni possibili e che ad esse sia riconosciuta la facoltà di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice. Ne deriva che in una tale ipotesi l’autorità nazionale competente ha l’obbligo di fare loro conoscere i motivi sui quali è basato il suo rifiuto, vuoi nella decisione stessa, vuoi in una comunicazione successiva effettuata su loro richiesta (v. sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a., causa 222/86, Racc. pag. 4097, punto 15, nonché Mellor, cit., punto 59). 60 Tale successiva comunicazione può assumere la forma non solo di un’enunciazione espressa dei motivi, ma anche della messa a disposizione di informazioni e di documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata (v. sentenza Mellor, cit., punto 60). 61 È vero che i motivi non devono essere necessariamente contenuti nella stessa decisione, ciò nondimeno, in applicazione della legislazione nazionale applicabile o di sua stessa iniziativa, l’autorità competente può indicare nella decisione i motivi sui quali essa è basata (v. sentenza Mellor, cit., punto 63). 62 In una simile ipotesi, detta decisione deve essere tale da consentire alle persone interessate di valutare l’opportunità di presentare ricorso avverso la medesima, tenuto conto, eventualmente, degli elementi che potrebbero essere portati a loro conoscenza successivamente (v. sentenza Mellor, cit., punto 64). 63 Tale interpretazione può essere applicata all’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus. Infatti, da un lato, il tenore letterale di tale disposizione è, in sostanza, simile a quello dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337. Dall’altro lato, non vi è alcuna ragione, che potrebbe derivare dall’oggetto o dalla portata della Convenzione di Aarhus, che possa impedire alla Corte di trasporre, ai fini dell’interpretazione delle disposizioni di detta Convenzione, l’interpretazione da essa elaborata in relazione alle disposizioni simili della direttiva 85/337. 64 Occorre dunque rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione di Aarhus e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337 devono essere interpretati nel senso che non prescrivono che la decisione stessa contenga le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che essa era necessaria. Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata. Sulla quinta questione 65 Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» debba essere interpretato nel senso che consenta ad un’autorità legislativa di autorizzare un piano o un progetto senza avere la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa. 66 L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (v. sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C‑127/02, Racc. pag. I‑7405, punto 34). 67 L’autorizzazione di un piano o di un progetto può essere concessa solo a condizione che le autorità competenti abbiano acquisito la certezza che esso è privo di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito in causa. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (v. sentenza del 26 ottobre 2006, Commissione/Portogallo, C‑239/04, Racc. pag. I‑10183, punto 20). Inoltre, è al momento in cui viene adottata la decisione che autorizza la realizzazione del progetto che non deve sussistere alcun ragionevole dubbio, dal punto di vista scientifico, circa l’assenza di effetti dannosi per l’integrità del sito interessato (v. sentenza Commissione/Portogallo, cit., punto 24). 68 Peraltro, per quanto riguarda i siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria, e in particolare, i siti ospitanti tipi di habitat naturali prioritari, gli Stati membri sono tenuti, in forza della direttiva «habitat», ad adottare misure di salvaguardia idonee, con riguardo all’obiettivo di conservazione contemplato da tale direttiva, a salvaguardare l’interesse ecologico rivestito da detti siti a livello nazionale (v. sentenze del 13 gennaio 2005, Dragaggi e a., C‑117/03, Racc. pag. I‑167, punto 30, nonché del 10 giugno 2010, Commissione/Italia, C‑491/08, punto 30). 69 Tali obblighi incombono agli Stati membri in forza della direttiva «habitat» indipendentemente dalla natura dell’autorità nazionale competente per autorizzare il piano o il progetto in questione. L’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva, che riguarda le «autorità nazionali competenti», non prevede alcuna regola particolare che riguarderebbe i piani o i progetti che sarebbero approvati da un’autorità legislativa. Una siffatta qualità non incide, di conseguenza, sull’ambito e sulla portata degli obblighi che incombono agli Stati membri in forza delle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». 70 Occorre di conseguenza rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» deve essere interpretato nel senso che non consente a un’autorità nazionale, sia pure legislativa, di autorizzare un piano o un progetto senza aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa. Sulla sesta questione 71 Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» debba essere interpretato nel senso che la realizzazione di un’infrastruttura destinata ad ospitare il centro amministrativo di una società privata può essere considerata un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, ai sensi di detta disposizione, idoneo a giustificare la realizzazione di un piano o di un progetto che pregiudica l’integrità del sito in causa. 72 L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» prevede che, qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza effettuata in conformità all’articolo 6, paragrafo 3, primo periodo, di tale direttiva, un piano o progetto debba essere comunque realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e in mancanza di soluzioni alternative, lo Stato membro può adottare ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata (v. sentenza del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C‑304/05, Racc. pag. I‑7495, punto 81). 73 L’articolo 6, paragrafo 4, della citata direttiva, in quanto disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione previsto dal secondo periodo del paragrafo 3 del citato articolo, dev’essere interpretato restrittivamente (v. sentenza del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, cit., punto 82). 74 Esso può applicarsi soltanto dopo che gli effetti di un piano o di un progetto siano stati analizzati conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». Infatti, la conoscenza di tali effetti, con riferimento agli obiettivi di conservazione relativi al sito in questione, costituisce un presupposto imprescindibile ai fini dell’applicazione di detto articolo 6, paragrafo 4, dato che, in assenza di tali elementi, non può essere valutato alcun requisito di applicazione di tale disposizione di deroga. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e della questione se sussistano alternative meno dannose richiede, infatti, una ponderazione del pregiudizio che deriverebbe al sito dal piano o dal progetto previsti. Inoltre il pregiudizio del sito dev’essere identificato con precisione, al fine di poter stabilire il tipo delle eventuali misure compensative (v. sentenza del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, cit., punto 83). 75 L’interesse idoneo a giustificare, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», la realizzazione di un piano o di un progetto deve essere sia «pubblico» che «rilevante», il che comporta che sia di una tale rilevanza da poter essere ponderato con l’obiettivo, perseguito da tale direttiva, di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. 76 Per principio, lavori destinati all’insediamento o all’ampliamento di un’impresa rispondono a tali requisiti soltanto in circostanze eccezionali. 77 Non si può escludere che ciò si verifichi quando un progetto, pur essendo di natura privata, presenti realmente, sia per la sua stessa natura, sia per il contesto economico e sociale in cui esso si inserisce, un interesse pubblico rilevante e se è dimostrata l’assenza di soluzioni alternative. 78 Con riferimento a tali criteri, la semplice costruzione di un’infrastruttura destinata ad ospitare un centro amministrativo non può, per principio, configurare un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat». 79 Occorre dunque rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» deve essere interpretato nel senso che la realizzazione di un’infrastruttura destinata ad ospitare un centro amministrativo non può, per principio, essere considerata un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, ai sensi di detta disposizione, idoneo a giustificare la realizzazione di un piano o di un progetto che pregiudica l’integrità del sito in causa. Sulle spese 80 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: 1) Sebbene, ai fini dell’interpretazione degli articoli 2, paragrafo 2, e 9, paragrafo 4, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, conclusa il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, si possa prendere in considerazione la Guida all’applicazione di detta Convenzione, tuttavia detta Guida non ha alcuna forza vincolante ed è priva della portata normativa propria delle disposizioni della citata Convenzione. 2) L’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, devono essere interpretati nel senso che sono esclusi dai rispettivi ambiti di applicazione di tali disposizioni soltanto i progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo specifico, di modo che gli obiettivi delle citate disposizioni siano stati raggiunti tramite la procedura legislativa. Spetta al giudice nazionale verificare se tali due requisiti siano stati rispettati tenendo conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione e, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari. Al riguardo, un atto legislativo che non faccia altro che «ratificare» puramente e semplicemente un atto amministrativo preesistente, limitandosi a constatare l’esistenza di motivi imperativi di interesse generale, senza il previo avvio di una procedura legislativa nel merito che consenta di rispettare detti requisiti, non può essere considerato un atto legislativo specifico ai sensi della citata disposizione e non è dunque sufficiente ad escludere un progetto dai rispettivi ambiti di applicazione di detta Convenzione e di detta direttiva, come modificata. 3) Gli articoli 3, paragrafo 9, e 9, paragrafi 2-4, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, devono essere interpretati nel senso che: – qualora un progetto rientrante nell’ambito di applicazione di tali disposizioni sia adottato mediante un atto legislativo, la verifica del rispetto, da parte di quest’ultimo, dei requisiti stabiliti all’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva, come modificata, deve poter essere sottoposta, in base alle norme procedurali nazionali, ad un organo giurisdizionale o ad un organo indipendente e imparziale istituito dalla legge; – nel caso in cui contro un simile atto non sia esperibile alcun ricorso della natura e della portata sopra rammentate, spetterebbe ad ogni organo giurisdizionale nazionale adito nell’ambito della sua competenza esercitare il controllo descritto al precedente trattino e trarne le eventuali conseguenze, disapplicando tale atto legislativo. 4) L’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, devono essere interpretati nel senso che non prescrivono che la decisione stessa contenga le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che essa era necessaria. Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata. 5) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che non consente a un’autorità nazionale, sia pure legislativa, di autorizzare un piano o un progetto senza aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa. 6) L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che la realizzazione di un’infrastruttura destinata ad ospitare un centro amministrativo non può, per principio, essere considerata un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, ai sensi di detta disposizione, idoneo a giustificare la realizzazione di un piano o di un progetto che pregiudica l’integrità del sito in causa. Firme