Corte di Giustizia I Sezione 26 maggio 2011
«Ambiente – Direttiva 2008/1/CE – Autorizzazione per la costruzione e la gestione di una centrale elettrica – Direttiva 2001/81/CE – Limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici – Potere degli Stati membri durante il periodo transitorio – Effetto diretto»

Nei procedimenti riuniti da C‑165/09 a C‑167/09,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi), con decisioni 29 aprile 2009, pervenute in cancelleria il 30 aprile 2009, nelle cause

Stichting Natuur en Milieu (causa C‑165/09),

Stichting Greenpeace Nederland,

Coniugi B. Meijer,

E. Zwaag,

F. Pals

contro

College van Gedeputeerde Staten van Groningen,

e

Stichting Natuur en Milieu (causa C‑166/09),

Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie,

Stichting Greenpeace Nederland,

Vereniging van Verontruste Burgers van Voorne

contro

College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland,

e

Stichting Natuur en Milieu (causa C‑167/09),

Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie,

Stichting Greenpeace Nederland,

Vereniging van Verontruste Burgers van Voorne

contro

College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland,

con l’intervento di

RWE Eemshaven Holding BV, già RWE Power AG (causa C‑165/09),

Electrabel Nederland NV (causa C‑166/09),

College van Burgemeester en Wethouders Rotterdam (cause C‑166/09 e C‑167/09),

E.On Benelux NV (causa C‑167/09),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, dai sigg. J.‑J. Kasel, E. Levits, M. Safjan, e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 ottobre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Stichting Natuur en Milieu, dal sig. J.G. Vollenbroek, in qualità di agente;

–        per la Stichting Greenpeace Nederland, dal sig. J.G. Vollenbroek, in qualità di agente e dall’avv. B.N. Kloostra, advocaat;

–        per la Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, dal sig. J.G. Vollenbroek, in qualità di agente;

–        per il College van Gedeputeerde Staten van Groningen, dai sigg. A. Ayal e W.J.W. Snippe, in qualità di agenti;

–        per il College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland, dalla sig.ra B.J.M. Verras, in qualità di agente;

–        per la RWE Eemshaven Holding BV, già RWE Power AG, dagli avv.ti D.N. Broerse e J.J. Peelen, advocaten, nonché dall’avv. M. Werner, Rechtsanwalt;

–        per la E.On Benelux NV, dagli avv.ti J.M. Osse, J.C.A. Houdijk, e A.A. Freriks, advocaten, nonché dall’avv. E. Broeren, Rechtsanwalt;

–        per la Electrabel Nederland NV, dagli avv.ti P. Wytinck, M. van der Woude e M.M. Kaajan, advocaten;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. M. Wissels, B. Koopman e M.A.M. de Ree, nonché dal sig. Y. de Vries, in qualità di agenti;

–        per il governo danese, dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen, nonché dai sigg. R. Holdgaard e C. Vang, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, dal sig. S. Menez, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

–        per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra A. Alcover San Pedro e dal sig. F. Ronkes Agerbeek, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 dicembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione dell’art. 9 della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26), nella sua versione originaria, nonché in quella codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 24, pag. 8; in prosieguo: la «direttiva IPPC»), e delle disposizioni pertinenti, con riferimento ai fatti delle cause principali, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/81/CE, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (GU L 309, pag. 22; in prosieguo: la «direttiva LNE»).

2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra, nella causa C‑165/09, le fondazioni Stichting Natuur en Milieu (in prosieguo: «Natuur en Milieu») e Stichting Greenpeace Nederland (in prosieguo: «Greenpeace»), nonché quattro persone fisiche, e il College van Gedeputeerde Staten van Groningen (governo della provincia di Groninga), in merito a una decisione con la quale quest’ultimo ha rilasciato alla società RWE Eemshaven Holding BV, ex RWE Power AG (in prosieguo: la «RWE»), un’autorizzazione per la costruzione e la gestione di una centrale elettrica sul territorio della provincia di Groninga e, nelle cause C‑166/09 e C‑167/09, le fondazioni Natuur en Milieu, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie (in prosieguo: la «Milieufederatie»), Greenpeace, nonché l’associazione Vereniging van Verontruste Burgers van Voorne (associazione dei cittadini di Voorne preoccupati per le emissioni nocive; in prosieguo: la «VVBV»), e il College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland (governo della provincia dell’Olanda meridionale) in merito a decisioni con cui tale autorità ha rilasciato rispettivamente alle società Electrabel Nederland NV (in prosieguo: l’«Electrabel») e E.On Benelux NV (in prosieguo: la «E.On») autorizzazioni alla costruzione e alla gestione di due centrali elettriche sul territorio della provincia dell’Olanda meridionale.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

La direttiva IPPC

3 Poiché la direttiva IPPC ha codificato e sostituito la direttiva 96/61, le disposizioni di quest’ultima saranno riprodotte qui di seguito nella loro versione consolidata, che non comporta modifiche del contenuto.

4 I ‘considerando’ terzo e nono della direttiva IPPC precisano quanto segue:

«(3) Il quinto programma d’azione per l’ambiente (...) assegnava priorità alla riduzione integrata dell’inquinamento quale elemento importante per raggiungere un equilibrio più sostenibile tra attività umane e sviluppo socioeconomico, da un lato, e risorse e capacità rigenerativa della natura, dall’altro.

(9) Un approccio integrato della riduzione dell’inquinamento serve a prevenire, ovunque sia possibile, le emissioni nell’aria, nell’acqua o nel suolo, tenendo conto della gestione dei rifiuti e, quanto meno, a ridurle al minimo per raggiungere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso».

5 L’art. 2, punto 7, della direttiva IPPC definisce la norma di qualità ambientale come «la serie di requisiti che devono sussistere in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, conformemente alla legislazione comunitaria».

6 Ai sensi dell’art. 2, punto 12, di tale direttiva si intende per «“migliori tecniche disponibili”: la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e i relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi a evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso».

7 L’art. 4 della direttiva IPPC dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che nessun nuovo impianto funzioni senza autorizzazione, a norma della presente direttiva (...)».

8 L’art. 9 della direttiva IPPC prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri si accertano che l’autorizzazione includa tutte le misure necessarie per soddisfare le relative condizioni di cui agli articoli 3 e 10, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso, attraverso una protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo.

(…)

3. L’autorizzazione deve stabilire valori limite per le sostanze inquinanti, in particolare per quelle elencate nell’allegato III, che l’impianto rischia di emettere in quantità significativa, tenendo conto della loro natura e della possibilità che l’inquinamento venga trasferito da un elemento ambientale all’altro (acqua, aria, suolo). Se necessario, l’autorizzazione contiene disposizioni per garantire la protezione del suolo e delle acque sotterranee, nonché per gestire i rifiuti prodotti dall’impianto. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con altri parametri o con misure tecniche equivalenti.

(…)

4. Fatto salvo l’articolo 10, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui al paragrafo 3 si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento su grande distanza o transfrontaliero e garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.

(…)

7. L’autorizzazione può stabilire altre condizioni specifiche ai fini della presente direttiva, giudicate opportune dallo Stato membro o dall’autorità competente.

8. Fatto salvo l’obbligo di rispettare le disposizioni della presente direttiva nella procedura di autorizzazione, gli Stati membri possono stabilire determinati requisiti per talune categorie di impianti sotto forma di disposizioni generali vincolanti anziché sotto forma di condizioni per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato e un corrispondente livello elevato di protezione complessiva dell’ambiente».

9 L’art. 10 della medesima direttiva è così formulato:

«Qualora una norma di qualità ambientale richieda condizioni più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, l’autorizzazione prescrive misure supplementari particolari, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale».

10 L’art. 19, n. 2, della direttiva IPPC prevede quanto segue:

«In mancanza di valori limite di emissione comunitari, definiti in applicazione della presente direttiva, agli impianti di cui all’allegato I si applicano i pertinenti valori limite di emissione minimi fissati nelle direttive elencate nell’allegato II e in altre regolamentazioni comunitarie».

11 L’allegato II di detta direttiva IPPC elenca le seguenti direttive:

«1.      Direttiva 87/217/CEE del Consiglio, del 19 marzo 1987, concernente la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento dell’ambiente causato dell’amianto

2.      Direttiva 82/176/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1982, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini

3.      Direttiva 83/513/CEE del Consiglio, del 26 settembre 1983, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio

4.      Direttiva 84/156/CEE del Consiglio, dell’8 marzo 1984, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini

5.      Direttiva 84/491/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1984, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano

6.      Direttiva 86/280/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della direttiva 76/464/CEE

7.      Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull’incenerimento dei rifiuti

8.      Direttiva 92/112/CEE del Consiglio, del 15 dicembre 1992, che fissa le modalità di armonizzazione dei programmi per la riduzione, al fine dell’eliminazione, dell’inquinamento provocato dai rifiuti dell’industria del biossido di carbonio

9.      Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione

10.      Direttiva 2006/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità

11.      Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti

12.      Direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l’eliminazione degli oli usati

13.      Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi

14.      Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti».

La direttiva LNE

12 I ‘considerando’ undicesimo e dodicesimo della direttiva LNE dispongono quanto segue:

«(11)          Un sistema di limiti nazionali per ciascuno Stato membro per le emissioni di anidride solforosa, ossidi di azoto, composti organici volatili ed ammoniaca costituisce un metodo economicamente conveniente di conseguire obiettivi ambientali provvisori. Un simile sistema lascerà alla Comunità e agli Stati membri la flessibilità necessaria per decidere le modalità di adeguamento ai limiti di emissione.

(12)      È opportuno assegnare agli Stati membri il compito di attuare le misure necessarie per conformarsi ai limiti nazionali di emissione. Sarà necessario valutare i progressi da questi compiuti nel conformarsi ai limiti nazionali. I programmi nazionali di riduzione delle emissioni dovrebbero pertanto essere elaborati e comunicati alla Commissione e dovrebbero contenere informazioni sulle misure adottate o previste per conformarsi ai limiti di emissione».

13 Il diciannovesimo ‘considerando’ della direttiva LNE enuncia quanto segue:

«Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero applicarsi fatta salva la normativa comunitaria che disciplina le emissioni di tali inquinanti provenienti da fonti specifiche e fatte salve le disposizioni della direttiva [96/61], in relazione ai valori limite di emissione e all’impiego delle migliori tecniche disponibili».

14 L’art. 1 della direttiva LNE stabilisce che lo scopo di quest’ultima è limitare le emissioni delle sostanze inquinanti ad effetto acidificante ed eutrofizzante e dei precursori dell’ozono, onde assicurare una maggiore protezione dell’ambiente e della salute umana dagli effetti nocivi provocati dall’acidificazione, dall’eutrofizzazione del suolo e dall’ozono a livello del suolo.

15 L’art. 4 della direttiva LNE, intitolato «Limiti nazionali di emissione», prevede quanto segue:

«1. Entro il 2010 gli Stati membri riducono le emissioni nazionali annue di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili (COV) e ammoniaca (NH3) al di sotto dei limiti massimi di emissione indicati all’allegato I, tenendo conto delle eventuali modifiche apportate dalle misure comunitarie adottate in seguito alle relazioni di cui all’articolo 9.

2. Negli anni successivi al 2010 gli Stati membri assicurano che non siano superati i limiti di emissione indicati all’allegato I».

16 Ai sensi dell’art. 6 di detta direttiva:

«1. Entro il 1° ottobre 2002 gli Stati membri elaborano programmi per la progressiva riduzione delle emissioni nazionali degli inquinanti di cui all’articolo 4, al fine di conformarsi almeno ai limiti nazionali di emissione indicati all’allegato I entro il 2010.

2. I programmi nazionali devono contenere una descrizione delle politiche e misure adottate o previste e stime quantitative degli effetti che dette politiche e misure avranno sugli inquinanti nel 2010. Devono altresì indicare eventuali modifiche sostanziali previste nella distribuzione geografica delle emissioni nazionali.

3. Entro il 1° ottobre 2006 gli Stati membri aggiornano e modificano, secondo necessità, i programmi nazionali.

4. Gli Stati membri mettono a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate, come le associazioni ambientaliste, i programmi elaborati ai sensi dei paragrafi 1, 2 e 3. Le informazioni fornite alla popolazione ed alle organizzazioni ai sensi del presente paragrafo devono essere chiare, comprensibili ed accessibili».

17 L’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva LNE è formulato come segue:

«1. Gli Stati membri elaborano ed aggiornano annualmente gli inventari e le proiezioni nazionali delle emissioni per il 2010 relativamente agli inquinanti di cui all’articolo 4.

2. Gli Stati membri elaborano gli inventari e le proiezioni delle emissioni mediante le metodologie specificate all’allegato III».

18 L’art. 8, nn. 1 e 2, di tale direttiva prevede:

«1.      Entro il 31 dicembre di ogni anno, gli Stati membri comunicano alla Commissione e all’Agenzia europea dell’ambiente gli inventari nazionali delle emissioni e le proiezioni delle emissioni per il 2010 elaborati ai sensi dell’articolo 7. Essi comunicano un inventario definitivo delle emissioni riferito al penultimo anno prima di quello in corso, e un inventario provvisorio delle emissioni riferito all’anno precedente a quello in corso. Le proiezioni delle emissioni devono includere informazioni per la comprensione quantitativa dei principali assunti socioeconomici delle proiezioni stesse.

2. Entro il 31 dicembre 2002 gli Stati membri comunicano alla Commissione i programmi elaborati ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2.

Entro il 31 dicembre 2006 gli Stati membri comunicano alla Commissione i programmi aggiornati ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3».

19 L’allegato I della direttiva LNE prevede, per il Regno dei Paesi Bassi, un limite di emissione di 50 chilotonnellate di SO2 e di 260 chilotonnellate di NOx da raggiungere entro il 2010.

La normativa nazionale

20 Il recepimento nel diritto interno della direttiva 96/61, nonché della direttiva IPPC, è stato effettuato modificando alcune disposizioni della legge sulla tutela dell’ambiente (Wet Milieubeheer; in prosieguo: la «WMB»). Ai sensi dell’art. 8.1, n. 1, lett. b), della WMB, è vietato, in assenza di apposita autorizzazione, modificare o alterare l’utilizzo di un impianto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 96/61, in seguito della direttiva IPPC.

21 In particolare, l’art. 8.10 della WMB stabilisce che l’autorizzazione per la costruzione e la gestione di un impianto siffatto può essere rifiutata solo nell’interesse della tutela dell’ambiente. Il n. 2, lett. a), dello stesso articolo, precisa al riguardo che l’autorizzazione è comunque rifiutata qualora con il suo rilascio non si possa garantire l’utilizzo nell’impianto delle migliori tecniche disponibili.

22 Ai sensi dell’art. 8.11, n. 2, della WMB, un’autorizzazione può essere assoggettata a restrizioni, nell’interesse della tutela dell’ambiente.

23 Con riferimento alla direttiva LNE, al fine di recepirla e porla in esecuzione, le autorità olandesi hanno adottato diverse iniziative e misure.

24 Nel 2002 il segretario di Stato per l’Edilizia sociale, l’Assetto del territorio e l’Ambiente (Staatssecretaris van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en Milieubeheer), ai sensi dell’art. 8, n. 2, di detta direttiva, ha elaborato e notificato alla Commissione la relazione riguardante il programma nazionale sui limiti di emissione relativi all’acidificazione e all’inquinamento atmosferico su larga scala («Rapportage emissieplafonds verzuring en grootschalige luchtverontreiniging 2002»). Nel 2003 egli ha predisposto la nota di attuazione riguardante i limiti di emissione relativi all’acidificazione e all’inquinamento atmosferico su larga scala («Uitvoeringsnotitie emissieplafonds verzuring en grootschalige luchtverontreiniging 2003 Erop of eronder»), che descrive le misure previste e ripartisce per settore i limiti di emissione nazionali.

25 Il 6 luglio 2005 sono entrati in vigore la legge del 16 giugno 2005 di modifica della legge sull’inquinamento dell’aria (attuazione della direttiva CE relativa ai limiti nazionali di emissione) [Wet van 16 juni 2005 tot wijziging van de Wet inzake de luchtverontreiniging (uitvoering EG‑richtlijn nationale emissieplafonds)], nonché il decreto di attuazione della direttiva CE relativa ai limiti nazionali di emissione (Besluit uitvoering EG-richtlijn nationale emissieplafonds).

26 Nel 2006 il programma nazionale di politica ambientale è stato rivisto e aggiornato in conformità all’art. 8, n. 2, della direttiva LNE. A tal fine il ministro per l’Edilizia sociale, l’Assetto del territorio e l’Ambiente (Minister van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en Milieubeheer; in prosieguo: il «ministro») ha predisposto una relazione sui limiti di emissione riguardanti l’acidificazione e l’inquinamento atmosferico su larga scala («Uitvoeringsnotitie emissieplafonds verzuring en grootschalige luchtverontreiniging 2006»), contenente un complesso di prescrizioni normative, misure fiscali e accordi vincolanti previsto ai fini del rispetto, entro il 31 dicembre 2010, dei limiti di emissione stabiliti per il Regno dei Paesi Bassi.

27 Il 28 giugno 2007, facendo seguito alla nota di attuazione riguardante i limiti di emissione relativi all’acidificazione e all’inquinamento atmosferico su larga scala redatta dal segretario di Stato per l’Edilizia sociale, l’Assetto del territorio e l’Ambiente, il ministro ha stabilito il limite settoriale di emissione di SO2 relativo al settore dell’energia quale pari a 13,5 chilotonnellate complessive annue, indipendentemente dall’attivazione di nuove centrali. Un protocollo di accordo SO2 vincolante ed esecutivo è stato stipulato il 26 giugno 2008 tra le autorità nazionali interessate, le autorità provinciali (tra cui quelle dell’Olanda meridionale e di Groninga) e tutte le imprese elettriche, al fine di rendere obbligatorio il rispetto di tale limite di emissione nel settore dell’energia per tutti i firmatari nel periodo sino al 31 dicembre 2019.

28 Per contro, nell’ambito del limite nazionale di emissione di NOx, le autorità olandesi hanno istituito un sistema di scambi di diritti di emissione, in base ad un obiettivo di 55 chilotonnellate di emissione di NOx nel 2010 per i loro grandi impianti industriali.

Cause principali e questioni pregiudiziali

29 Nella causa C‑165/09, con decisione 11 dicembre 2007, il College van Gedeputeerde Staten van Groningen ha rilasciato alla RWE un’autorizzazione per la costruzione e la gestione, nella zona industriale di Eemshaven a Eemsmond, di una centrale elettrica alimentata con carbone polverizzato e biomassa.

30 Il quantitativo di emissioni annualmente prodotto da tale impianto, a partire dalla sua entrata in funzione prevista non prima del 2012, dovrebbe corrispondere a 1454 tonnellate di SO2, che costituiscono circa il 2,9% del limite nazionale di emissioni per tale sostanza inquinante.

31 Le fondazioni Natuur en Milieu, Greenpeace, il sig. e la sig.ra Meijer, nonché i sigg.ri Zwaag e Pals hanno presentato un ricorso contro tale decisione dinanzi al Raad van State.

32 Nella causa C‑166/09, l’11 marzo 2008, il College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland ha autorizzato il progetto di Electrabel riguardante la costruzione e la gestione, nella Missouriweg, in Rotterdam, di una centrale elettrica alimentata con carbone polverizzato e biomassa.

33 Questa centrale, che diventerà operativa non prima del 2013, dovrebbe produrre un quantitativo annuo di emissioni pari a 580 tonnellate di SO2 e 730 tonnellate di NOx, vale a dire, rispettivamente, all’1,2% e allo 0,3% dei limiti nazionali di emissione stabiliti per l’SO2 e per l’NOx.

34 Le fondazioni Natuur en Milieu, Milieufederatie, Greenpeace nonché la VVBV hanno impugnato la decisione di rilascio di detta autorizzazione dinanzi al Raad van State.

35 Nella causa C‑167/09, con decisione 26 ottobre 2007, il College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland ha rilasciato alla E.On un’autorizzazione di revisione parziale per un nuovo impianto di produzione di elettricità a combustione, in particolare di carbone, stabilito in Coloradoweg, nella zona industriale di Rotterdam.

36 Il quantitativo annuo di emissioni previsto, a partire dalla messa in funzionamento, non prima del 2012, dovrebbe corrispondere a 923 tonnellate di SO2 e a 1535 tonnellate di NOx, che costituiscono rispettivamente l’1,8% e lo 0,6% dei limiti nazionali di emissione per l’SO2 e per l’NOx.

37 Le fondazioni Natuur en Milieu, Milieufederatie, Greenpeace nonché la VVBV hanno proposto ricorso contro la detta decisione di rilascio di autorizzazione dinanzi al Raad van State.

38 Nell’ambito di questi tre ricorsi i ricorrenti nelle cause principali hanno fatto valere in sostanza che, tenuto conto del fatto che i limiti di emissione stabiliti per il Regno dei Paesi Bassi dalla direttiva LNE non sarebbero stati rispettati entro il 2010, le autorità competenti non avrebbero dovuto rilasciare le dette autorizzazioni o avrebbero dovuto perlomeno subordinare il loro rilascio a condizioni più restrittive.

39 Nella sua decisione di rinvio il Raad van State condivide l’idea secondo la quale, alla data del rilascio di dette autorizzazioni, le politiche e le misure adottate non erano sufficienti per permettere al Regno dei Paesi Bassi di raggiungere, entro il 2010, l’obiettivo di cui all’art. 4 della direttiva LNE.

40 Infatti, come risulterebbe in particolare dalla relazione sui limiti di emissione riguardante l’acidificazione e l’inquinamento atmosferico su larga scala predisposto dal ministro, dalla relazione redatta nel marzo 2008 dall’AEA Energy & Environment sulla valutazione dei piani nazionali depositati in base alla direttiva LNE, nonché dalla valutazione ambientale per il 2008 (“Milieubalans 2008”), adottata dal Planbureau voor de Leefomgeving (Agenzia per la valutazione ambientale), i limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOx saranno, secondo le stime, salvo cambiamenti di politica, probabilmente superati nei Paesi Bassi nel 2010.

41 Pertanto, nell’ambito delle diverse cause principali, il giudice del rinvio è stato portato ad interrogarsi in merito a determinati aspetti del diritto dell’Unione, in termini identici, con le seguenti riserve:

–        nella causa C‑165/09 è controverso soltanto il limite di emissione di SO2 stabilito dalla direttiva LNE, mentre le cause C‑166/09 e C‑167/09 riguardano altresì il limite di emissione di NOx indicato da tale direttiva;

–        tenuto conto dell’epoca di svolgimento dei fatti delle cause principali, la prima questione pregiudiziale sollevata nelle cause C‑165/09 e C‑167/09 riguarda l’interpretazione dell’art. 9 della direttiva 96/61, mentre nella causa C‑166/09 tale questione si riferisce alla stessa disposizione, il cui testo resta invariato, nella sua versione codificata dalla direttiva IPPC.

42 Ciò premesso, il Raad van State ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte, in ciascuna delle cause principali, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’obbligo di un’interpretazione conforme alla direttiva comporti che gli obblighi imposti dalla direttiva [96/61] (attualmente: direttiva [IPPC]), [(cause C–165/09 e C–167/09)] [o] della direttiva [IPPC] [(causa C‑166/09)], trasposti nella [WMB], possano e debbano essere interpretati nel senso che, nella decisione sulla domanda di autorizzazione ambientale, deve essere integralmente rispettato il limite di emissione di SO2 [(causa C‑165/09)] [o] i limiti di emissione di SO2 e di NOx [(cause C–166/09 e C‑167/09)] della direttiva [LNE], segnatamente per quanto riguarda gli obblighi imposti dall’art. 9, n. 4, della direttiva [IPPC].

2)      a)     Se l’obbligo di uno Stato membro di astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto da una direttiva valga anche durante il periodo dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, di cui all’art. 4, n. 1, della direttiva LNE.

b)      Se, nel corso del menzionato periodo dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, oltre al, o invece del, menzionato obbligo di astensione valgano per lo Stato membro in questione anche obblighi positivi, nel caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti nazionali di emissione di SO2 e/o di NOx alla scadenza del detto periodo.

c)      Se, per risolvere la seconda questione, sub a) e sub b), sia rilevante che da una domanda di autorizzazione ambientale per un impianto che contribuisce al superamento effettivo o potenziale del limite nazionale di emissione di SO2 e/o di NOx di cui alla direttiva LNE risulta che l’impianto entrerà in funzione non prima dell’anno 2011.

3)      a)     Se gli obblighi di cui alla seconda questione comportino che, ove manchino garanzie che l’impianto per cui è stata richiesta un’autorizzazione ambientale non concorrerà al superamento effettivo o potenziale del limite nazionale di emissione di SO2 e/o di NOx di cui alla direttiva LNE, lo Stato membro debba negare l’autorizzazione richiesta oppure debba assoggettarla ad ulteriori condizioni o restrizioni. Se per la soluzione della presente questione sia rilevante in che misura l’impianto concorra a siffatto superamento effettivo o potenziale.

b)     Se invece dalla direttiva LEN discenda che allo Stato membro, anche in caso di superamento effettivo o potenziale del limite nazionale di emissione di SO2 e/o di NOx, spetti un margine di discrezionalità per perseguire lo scopo prescritto dalla direttiva stessa, non negando l’autorizzazione o assoggettandola a condizioni o a restrizioni supplementari, ma adottando invece provvedimenti diversi, come una compensazione altrove.

4)      Se, nei limiti in cui sullo Stato membro gravino obblighi come quelli di cui alle questioni seconda e terza, un singolo possa invocare il rispetto di siffatti obblighi dinanzi al giudice nazionale.

5)      a)     Se un singolo possa invocare direttamente l’art. 4 della direttiva LNE.

b)      In caso di risposta affermativa, se un ricorso diretto sia possibile a partire dal 27 novembre 2002 o solo dopo il 31 dicembre 2010. Se per la soluzione di questa questione sia rilevante se dalla domanda di autorizzazione ambientale consegua che l’impianto entrerà in funzione non prima dell’anno 2011.

6)      Se, segnatamente, ove la concessione di un’autorizzazione ambientale e/o altre misure concorrano al superamento effettivo o potenziale dei limiti nazionali di emissione di SO2 e/o di NOx, ai sensi della direttiva LNE, un singolo possa far derivare dall’art. 4 della direttiva medesima:

a)      una pretesa generale all’adozione, da parte dello Stato interessato, di un insieme di misure con cui al più tardi nel 2010 le emissioni nazionali annue di SO2 e/o di NOx vengono ridotte a quantità non eccedenti il limite nazionale di emissione di cui alla direttiva LNE, ovvero, se ciò non fosse possibile, un insieme di misure con cui siffatte emissioni vengono ridotte sino a tali quantità il più presto possibile dopo tale anno;

b)      pretese concrete all’adozione, da parte dello Stato membro, di misure specifiche relative ad un singolo impianto – ad esempio sotto forma di un rifiuto dell’autorizzazione o dell’assoggettamento dell’autorizzazione a ulteriori condizioni o restrizioni – che contribuiscano a ridurre al più tardi entro il 2010 le emissioni nazionali annue di SO2 e/o di NOx a quantità non eccedenti il limite nazionale di emissione di cui alla direttiva LNE, ovvero, se ciò non fosse possibile, misure specifiche che contribuiscano a ridurre siffatte emissioni sino a tali quantità il più presto possibile dopo tale anno.

c)      Se per la soluzione della sesta questione, sub a) e sub b), sia rilevante in che misura l’impianto concorra a siffatto superamento effettivo o potenziale».

43 Con ordinanza del presidente della Corte 24 giugno 2009, i procedimenti da C‑165/09 a C‑167/09 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

Sulla ricevibilità

44 La RWE, la Electrabel e la E.On contestano la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale proposte.

45 In particolare tali società rilevano che le questioni poste, da un lato, laddove vertono sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva LNE, non hanno alcun nesso con l’oggetto delle cause principali, che riguardano il rilascio di un’autorizzazione ambientale ai sensi delle disposizioni nazionali che hanno assicurato l’attuazione del diritto interno della direttiva IPPC e, dall’altro, hanno carattere ipotetico, dal momento che i programmi nazionali adottati consentirebbero al Regno dei Paesi Bassi di non superare, alla scadenza del 31 dicembre 2010, i limiti di emissione stabiliti per l’SO2 e l’NOx.

46 La E.On rileva inoltre che il Raad van State avrebbe potuto risolvere le cause principali in base ad una giurisprudenza esistente già consolidata che non lascerebbe alcun dubbio sull’applicazione corretta del diritto dell’Unione pertinente.

47 A tale riguardo occorre ricordare che, in forza di una giurisprudenza costante, nell’ambito di un procedimento ex art. 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente a conoscere e valutare i fatti della controversia di cui alla causa principale nonché ad interpretare ed a applicare il diritto nazionale. Parimenti spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (v. sentenze 12 aprile 2005, causa C‑145/03, Keller, Racc. pag. I‑2529, punto 33; 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini, Racc. pag. I‑6199, punto 43, nonché 11 settembre 2008, causa C‑11/07, Eckelkamp e a., Racc. pag. I‑6845, punti 27 e 32).

48 La Corte può rifiutare di pronunciarsi, in particolare, qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica (v., in tal senso, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 39, e 10 marzo 2009, causa C‑169/07, Hartlauer, Racc. pag. I‑1721, punto 25).

49 Orbene, tali circostanze non sono riscontrabili nell’ambito dei presenti procedimenti.

50 Infatti, nelle decisioni di rinvio, il Raad van State, da un lato, si domanda precisamente se gli obblighi derivanti dalla direttiva IPPC, e in particolare dal suo art. 9, impongano alle autorità nazionali competenti di tenere conto, al momento del rilascio di un’autorizzazione a titolo di questa direttiva (in prosieguo: l’«autorizzazione ambientale»), dei limiti nazionali di SO2 e di NOx stabiliti dalla direttiva LNE. Conseguentemente non si può affermare che l’interpretazione richiesta delle disposizioni di tale direttiva non ha alcun nesso con l’oggetto della causa principale.

51 Dall’altro, tale giudice s’interroga sulla portata degli obblighi che incombono agli Stati membri in forza dell’art. 4 della direttiva LNE nonché delle altre disposizioni pertinenti di quest’ultima, in particolare nei casi in cui sussiste il rischio che tali Stati non rispettino i limiti nazionali di SO2 e di NOx stabiliti da tale direttiva. Orbene, poiché la valutazione delle informazioni tecniche e dei dati scientifici cui si riferisce, a quest’ultimo riguardo, il Raad van State non è condivisa da tutte le parti e siffatto rischio non può essere escluso, non emerge, quanto meno in maniera manifesta, che le questioni poste presentino un carattere ipotetico rispetto alle decisioni che detto giudice nazionale è chiamato ad emettere nelle cause principali.

52 Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della E.ON secondo il quale le questioni sollevate nelle presenti cause riguardano un’interpretazione del diritto dell’Unione discendente in modo evidente da una consolidata giurisprudenza della Corte, si deve rammentare che l’art. 267 TFUE permette sempre ad un giudice nazionale, ove lo ritenga opportuno, di deferire alla Corte questioni di interpretazione (v., in tal senso, sentenze 27 marzo 1963, cause riunite da 28/62 a 30/62, Da Costa e a., Racc. pag. 59, in particolare pag. 76; 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 15, nonché 12 ottobre 2010, causa C‑45/09, Rosenbladt, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31).

53 Di conseguenza le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere considerate ricevibili.

Nel merito

Osservazioni preliminari

54 Nelle domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte, il giudice del rinvio menziona sia la direttiva 96/61 sia la direttiva IPPC, avendo riguardo all’epoca di svolgimento dei fatti delle cause principali.

55 Tuttavia, dal momento che le disposizioni dell’art. 9 delle direttive 96/61 e IPPC menzionate nella prima questione pregiudiziale sono redatte in modo identico e devono essere quindi interpretate nello stesso modo (v. sentenze 17 settembre 2002, causa C‑513/99, Concordia Bus Finland, Racc. pag. I‑7213, punto 91, nonché 24 novembre 2005, causa C‑331/04, ATI EAC e Viaggi di Maio e a., Racc. pag. I‑10109, punto 20), la Corte può risolvere dette questioni facendo riferimento unicamente alla versione consolidata di tali disposizioni.

Sulla prima questione

56 Con la sua prima questione il Raad van State chiede, in sostanza, se l’art. 9, nn. 1, 3 e 4 della direttiva IPPC debba essere interpretato nel senso che, al momento del rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un impianto industriale, le autorità nazionali competenti hanno l’obbligo di includere tra le condizioni di rilascio di tale autorizzazione, i limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOxstabiliti dalla direttiva LNE.

57 Al riguardo si deve anzitutto constatare, come altresì rilevato da tutti gli Stati membri intervenuti nel presente procedimento, che nessuno di detti numeri dell’art. 9 della direttiva IPPC rinvia, espressamente o implicitamente, a tali limiti di emissione.

58 Con riferimento al n. 1 di tale articolo, esso non si riferisce a detti limiti di emissione allorché obbliga gli Stati membri a garantire che l’autorizzazione ambientale includa tutte le misure necessarie a soddisfare le condizioni di cui all’art. 3 della direttiva IPPC. Quest’ultimo si limita infatti a prescrivere, da un lato, che l’impianto sia gestito adottando le misure di prevenzione opportune affinché non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili e, dall’altro, che sia evitata o limitata la produzione di rifiuti per ridurre l’impatto sull’ambiente, che l’energia sia utilizzata in modo efficace e che siano adottate le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze, nonché per evitare qualsiasi rischio di inquinamento e ripristinare il sito stesso dell’impianto in maniera soddisfacente al momento della cessazione definitiva delle attività.

59 Nessun rinvio viene nemmeno effettuato dal n. 1 dell’art. 9 della direttiva IPPC, letto in combinato disposto con il n. 4 di quest’articolo, allorché esso impone alle autorità nazionali competenti di rispettare altresì, se del caso, le condizioni di autorizzazione di cui all’art. 10 di questa direttiva.

60 Infatti quest’ultimo articolo prevede, in particolare, che detta autorizzazione prescriva misure supplementari particolari qualora «norm[e] di qualità ambientale» richiedano condizioni più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili.

61 Dalla formulazione dell’art. 2, punto 7, della direttiva IPPC risulta nondimeno che tali norme costituiscono disposizioni che stabiliscono i «requisiti che devono sussistere in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso» e sono pertanto connesse alle caratteristiche qualitative degli elementi tutelati.

62 Orbene, come rileva altresì l’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, i limiti nazionali di emissione previsti dalla direttiva LNE non presentano tali caratteristiche, dal momento che rinviano alla quantità complessiva di sostanze inquinanti che possono essere rilasciate nell’atmosfera e non a requisiti concreti di carattere qualitativo, che devono sussistere in un dato momento in un determinato ambiente.

63 Un rinvio ai limiti di emissione in parola non risulta nemmeno dall’art. 9, n. 3, della direttiva IPPC. È pur vero, infatti, che ai sensi di tale disposizione ogni autorizzazione ambientale deve indicare i valori limite di emissione delle sostanze inquinanti che possono essere rilasciate dagli impianti interessati, tra cui figurano in particolare l’SO2 e l’NOx.

64 Tuttavia l’art. 19, n. 2, della direttiva IPPC prevede al riguardo che, in mancanza di valori limite di emissione comunitari, agli impianti di cui trattasi si applicano i valori fissati «nelle direttive elencate nell’allegato II e in altre regolamentazioni comunitarie» quali valori limite di emissione minimi.

65 Orbene, si deve constatare che la direttiva LNE, da un lato, non figura tra quelle elencate al detto allegato II. Dall’altro, poiché essa prevede limiti di emissione nazionali per inquinanti riversati nell’atmosfera da molteplici fonti e attività non specificate, tale direttiva non può nemmeno essere considerata come un’«altr[a] regolamentazion[e] comunitari[a]» che stabilisce valori limite di emissione, dal momento che questi ultimi costituiscono, ai sensi dell’art. 2 della direttiva IPPC, «la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un’emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo (...) [che] si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’impianto».

66 Infine, all’art. 9, n. 4, della direttiva IPPC non appare alcun riferimento implicito ai limiti indicati dalla direttiva LNE. Infatti, da un lato, la prima frase di tale disposizione si limita a prevedere che i valori limite di emissione devono essere basati sulle migliori tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente.

67 Dall’altro, l’obbligo previsto nella seconda frase di tale disposizione, di far sì che le condizioni di autorizzazione prevedano disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento su grande distanza o transfrontaliero e garantiscano un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso può essere interpretato soltanto nel contesto del sistema istituito dalla direttiva IPPC stessa e in particolare di detta disposizione, formulata alla prima frase di tale numero, secondo la quale i valori limite di emissione si devono obbligatoriamente basare sulle migliori tecniche disponibili.

68 Peraltro si deve aggiungere che la direttiva IPPC, adottata in base all’art. 175, n. 1, CE al fine di realizzare gli obiettivi e i principi della politica dell’Unione in materia di ambiente sanciti all’art. 174 CE, non prevede un’armonizzazione completa. In tale contesto gli Stati membri conservano la facoltà, ai sensi dell’art. 9, nn. 7 e 8, di tale direttiva, di prevedere altre condizioni di autorizzazione specifiche, eventualmente rafforzate, nonché di stabilire determinati requisiti per talune categorie di impianti sotto forma di disposizioni generali vincolanti, purché siano garantiti un approccio integrato e un corrispondente livello elevato di protezione complessiva dell’ambiente.

69 Ciò precisato si deve inoltre constatare che nemmeno alcuna disposizione della direttiva LNE obbliga le autorità nazionali competenti, nel rilasciare l’autorizzazione ambientale, ad includere tra le condizioni di autorizzazione il rispetto dei limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOx.

70 Al contrario, il legislatore dell’Unione ha espressamente previsto, al diciannovesimo ‘considerando’ della direttiva LNE, che quest’ultima dovrebbe applicarsi «[fatte salve le disposizioni della direttiva IPPC], in relazione ai valori limite di emissione e all’impiego delle migliori tecniche disponibili» lasciando così intendere che gli obblighi che incombono agli Stati membri in forza della direttiva LNE non possono direttamente incidere su quelli che discendono, in particolare, dall’art. 9 della direttiva IPPC.

71 Tale interpretazione è suffragata, infine, dalla differente finalità e dall’impostazione generale di ciascuna delle due direttive in parola.

72 Infatti come definito sostanzialmente dall’art. 1 della direttiva IPPC, quest’ultima ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento attraverso l’adozione di misure intese a evitare, oppure, qualora non sia possibile, a ridurre le emissioni delle attività ivi indicate nell’aria, nell’acqua e nel suolo, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Tale approccio integrato si concretizza in un efficace coordinamento della procedura e delle condizioni di autorizzazione degli impianti industriali aventi un elevato potenziale di inquinamento (v., in tal senso, per la direttiva 96/61, sentenza 22 gennaio 2009, Association nationale pour la protection des eaux et rivières e OABA, causa C‑473/07, Racc. pag. I‑319, punti 25 e 26).

73 A tal fine, come la Commissione ha enunciato nella sua comunicazione presentata il 21 dicembre 2007 al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Verso una politica più efficace in materia di emissioni industriali [COM (2007) 843 def.)], la direttiva IPPC definisce i principi di base per la concessione delle autorizzazioni e il controllo dei grandi impianti industriali sulla base di un approccio integrato e dell’applicazione delle migliori tecniche disponibili, cioè le tecniche più efficaci a disposizione per raggiungere un livello elevato di tutela ambientale, alla luce dei rispettivi costi e benefici.

74 La direttiva LNE mira invece, come risulta dai suoi artt. 1 e 2, a limitare le emissioni, rilasciate da qualsiasi fonte, delle sostanze inquinanti ad effetto acidificante ed eutrofizzante e dei precursori dell’ozono, onde assicurare una maggiore protezione dell’ambiente e della salute umana, e perseguire l’obiettivo a lungo termine di mantenere il livello ed il carico di queste sostanze al di sotto dei valori critici.

75 Inoltre, come risulta chiaramente dall’art. 4, nonché dai ‘considerando’ undicesimo e dodicesimo della direttiva LNE, quest’ultima si basa su un approccio meramente programmatico, che lascia agli Stati membri ampia discrezionalità nella scelta delle politiche e delle misure da adottare o prevedere, al fine di ridurre progressivamente in maniera strutturale le emissioni, in particolare di SO2 e di NOx, a quantitativi che non superino, entro la fine del 2010, i limiti di emissione indicati nell’allegato I di tale direttiva. Ne consegue che la realizzazione degli obiettivi stabiliti da quest’ultima non può direttamente interferire nei procedimenti di rilascio di un’autorizzazione ambientale.

76 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono si deve pertanto risolvere la prima questione nel senso che l’art. 9, nn. 1, 3 e 4, della direttiva IPPC deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri, nel rilasciare autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di impianti industriali come quelle di cui trattasi nelle cause principali, non sono obbligati ad inserire tra le condizioni di rilascio di tale autorizzazione il rispetto dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx stabiliti dalla direttiva LNE, pur dovendo rispettare l’obbligo derivante dalla direttiva LNE di adottare o di prevedere, nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure adeguate e coerenti atte a ridurre complessivamente le emissioni, in particolare di tali inquinanti, a quantitativi che non superino i limiti indicati nell’allegato I di tale direttiva entro il 2010.

Sulle questioni seconda e terza

77 Con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato, quali obblighi incombano agli Stati membri in forza della direttiva LNE nel periodo compreso tra il 27 novembre 2002, termine di attuazione della stessa, e il 31 dicembre 2010, termine alla scadenza del quale detti Stati membri devono rispettare i limiti di emissione stabiliti da tale direttiva. Dall’altro, tale giudice chiede se, tenuto conto di tali obblighi, le autorità nazionali competenti potrebbero essere tenute a rifiutare o limitare il rilascio di un’autorizzazione ambientale o ad adottare misure di compensazione specifiche nel caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOx di cui alla direttiva LNE.

Sull’obbligo di astensione dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto da una direttiva

78 In via preliminare si deve ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, in pendenza del termine per la trasposizione di una direttiva, gli Stati membri, destinatari di quest’ultima, devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (sentenze 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter-Environnement Wallonie, Racc. pag. I‑7411, punto 45; 8 maggio 2003, causa C‑14/02, ATRAL, Racc. pag. I‑4431, punto 58, nonché 23 aprile 2009, cause riunite C‑261/07 e C‑299/07, VTB-VAB e Galatea, Racc. pag. I‑2949, punto 38). Un siffatto obbligo di astensione che si impone a tutte le autorità nazionali (v. sentenza 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punto 122, nonché giurisprudenza citata), deve essere inteso come riferito all’adozione di qualsiasi misura, generale o specifica, che possa produrre un tale effetto vanificatore.

79 Quest’obbligo d’astensione si impone agli Stati membri, in forza dell’applicazione del combinato disposto degli artt. 4, n. 3, TUE e 288, n. 3, TFUE, anche in un periodo transitorio nel corso del quale essi sono autorizzati a continuare ad applicare i loro regimi nazionali, sebbene questi ultimi non siano conformi alla direttiva in parola (v., sentenze 10 novembre 2005, causa C‑316/04, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, Racc. pag. I‑9759, punto 42, e 14 settembre 2006, causa C‑138/05, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, Racc. pag. I‑8339, punto 42).

80 Ne consegue pertanto che il rispetto di un siffatto obbligo si applica anche durante il periodo transitorio previsto all’art. 4 della direttiva LNE, nel corso del quale gli Stati membri sono autorizzati a non attenersi ancora ai quantitativi annuali di emissioni nazionali indicati nell’allegato I di tale direttiva. Spetta al giudice nazionale verificare il rispetto di quest’obbligo con riferimento alle disposizioni e alle misure di cui deve esaminare la legittimità. (v., in tal senso, sentenza Inter‑Environnement Wallonie, cit., punto 46).

81 Al riguardo, occorre nondimeno rilevare che una tale verifica deve essere necessariamente condotta in base ad una valutazione globale, tenendo conto del complesso delle politiche e delle misure adottate sul territorio nazionale interessato.

82 Infatti, con riferimento al sistema stabilito dalla direttiva LNE e, in particolare, all’approccio programmatico che essa prevede, come ricordato al punto 75 della presente sentenza, la realizzazione del risultato prescritto da tale direttiva può essere seriamente ostacolato dagli Stati membri soltanto attraverso l’adozione e l’esecuzione di un complesso di politiche e misure le quali, tenuto conto in particolare dei loro effetti concreti e della loro durata nel tempo, tollerano o creano una situazione critica rispetto alla quantità totale di emissioni rilasciate nell’atmosfera da tutte le fonti inquinanti tale da compromettere necessariamente il rispetto, entro il 2010, dei limiti indicati nell’allegato I di detta direttiva (v., per analogia, sentenza Inter-Environnement Wallonie, cit., punti 47 e 49).

83 Ne consegue che una semplice misura specifica relativa a una sola fonte di SO2 e di NOx, che consista nella decisione di rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un impianto industriale, non sembra atta, di per sé, a compromettere seriamente il risultato prescritto dalla direttiva LNE, vale a dire quello di limitare le emissioni di tali fonti inquinanti nell’atmosfera a quantitativi complessivi annuali che non superino i detti limiti nazionali entro il 2010. Tale conclusione vale a maggior ragione qualora, in circostanze come quelle delle cause principali, l’impianto di cui trattasi debba essere messo in funzione soltanto non prima del 2012.

Sugli obblighi positivi che incombono agli Stati membri nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010

84 Con riferimento alla questione se agli Stati membri incombano obblighi positivi nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, ed in tal caso di quali obblighi positivi si tratti, si deve ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, l’obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere il risultato prescritto da una direttiva è un obbligo cogente, prescritto dall’art. 288, n. 3, TFUE e dalla direttiva stessa (v. sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 48; 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I‑5403, punto 55, nonché Inter-Environnement Wallonie, cit., punto 40).

85 Risulta da tale obbligo che durante il termine fissato per la trasposizione gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari ad assicurare che il risultato prescritto dalla direttiva sarà realizzato alla scadenza del termine stesso (sentenza Inter-Environnement Wallonie, cit., punto 44). Lo stesso vale con riferimento ad un periodo transitorio come quello previsto all’art. 4 della direttiva LNE.

86 Al riguardo si deve rilevare che la stessa direttiva LNE stabilisce taluni obblighi positivi in capo agli Stati membri durante questo periodo, riguardanti in particolare la definizione di strategie di intervento a livello globale allo scopo di ridurre progressivamente, entro la fine del 2010, le emissioni annuali degli inquinanti di cui trattasi a quantitativi che non superino i limiti stabiliti nell’allegato I di tale direttiva.

87 Più precisamente, ai sensi degli artt. 6 e 8, n. 2, della direttiva LNE, gli Stati membri devono elaborare entro il 1° ottobre 2002, e aggiornare e modificare, se necessario, entro il 1° ottobre 2006, programmi per la progressiva riduzione delle emissioni controverse, che essi devono mettere a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione nei termini prescritti. Gli artt. 7, nn. 1 e 2, e 8, n. 1, della direttiva LNE obbligano inoltre gli Stati membri ad elaborare ed aggiornare annualmente gli inventari nazionali di dette emissioni, nonché le proiezioni nazionali per il 2010. Gli inventari definitivi delle emissioni riferiti al penultimo anno prima di quello in corso e gli inventari provvisori delle emissioni riferiti all’anno precedente a quello in corso, nonché le proiezioni nazionali per il 2010 devono essere comunicati, entro il 31 dicembre di ogni anno, alla Commissione e all’Agenzia europea dell’ambiente (v., in tal senso, sentenza 18 dicembre 2008, causa C‑273/08, Commissione/Lussemburgo, punti 2 e 11).

88 Con riferimento al contenuto concreto di tali programmi nazionali occorre nondimeno constatare che, come ricordato al punto 75 della presente sentenza, l’ampia discrezionalità concessa agli Stati membri dalla direttiva LNE osta a che questi ultimi incontrino limiti nella realizzazione di tali programmi e siano quindi obbligati ad adottare o ad astenersi dall’adottare misure o iniziative specifiche per ragioni estranee a valutazioni di carattere strategico che tengano conto, complessivamente, delle circostanze di fatto e dei differenti interessi pubblici e privati coinvolti.

89 L’imposizione di eventuali prescrizioni in tal senso sarebbe contraria alla volontà del legislatore dell’Unione, diretta in particolare a consentire agli Stati membri di garantire un certo equilibrio tra i differenti interessi coinvolti. Inoltre una siffatta imposizione porterebbe a creare vincoli eccessivi per gli Stati membri e sarebbe pertanto contraria al principio di proporzionalità sancito all’art. 5 TUE, espressamente ricordato al tredicesimo ‘considerando’ della direttiva LNE, il quale esige che gli strumenti istituiti da una disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli (v., sentenze 6 dicembre 2005, cause riunite C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, ABNA e a., Racc. pag. I‑10423, punto 68 e giurisprudenza citata, nonché 8 giugno 2010, causa C‑58/08, Vodafone e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51).

90 Ne consegue pertanto che durante il periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa direttiva LNE non impongono agli Stati membri né di rifiutare o limitare il rilascio di autorizzazioni ambientali, quali quelle di cui trattasi nelle cause principali, né di adottare misure di compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione del genere che venga rilasciata, nemmeno in caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOx.

91 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le questioni seconda e terza devono essere risolte nel senso che, durante il periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, previsto all’art. 4 della direttiva LNE:

–        gli artt. 4, n. 3, TUE e 288, n. 3, TFUE, nonché la direttiva LNE impongono agli Stati membri di astenersi dall’adottare misure che possano compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto da tale direttiva;

–        l’adozione da parte degli Stati membri di una misura specifica relativa ad una sola fonte di SO2 e di NOx non appare, di per sé sola, capace di compromettere seriamente il conseguimento del risultato prescritto dalla direttiva LNE. Spetta al giudice nazionale verificare se tale condizione ricorra per ciascuna delle decisioni di rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un impianto industriale, quali quelle controverse nelle cause principali;

–        l’art. 288, n. 3, TFUE e gli artt. 6, 7, nn. 1 e 2, nonché 8, nn. 1 e 2, della direttiva LNE impongono agli Stati membri, da un lato, di elaborare, aggiornare e modificare, se necessario, programmi per la progressiva riduzione delle emissioni nazionali di SO2 e di NOx, che essi devono mettere a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione nei termini prescritti, e, dall’altro, di elaborare ed aggiornare annualmente gli inventari nazionali di dette emissioni, nonché le proiezioni nazionali per il 2010, che essi devono comunicare, nei termini prescritti, alla Commissione e all’Agenzia europea dell’ambiente;

–        l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa direttiva LNE non impongono agli Stati membri né di rifiutare o limitare il rilascio di autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di impianti industriali, come quelle controverse nelle cause principali, né di adottare misure di compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione del genere che venga rilasciata, nemmeno in caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx.

Sulle questioni dalla quarta alla sesta

92 Con le questioni dalla quarta alla sesta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, ed in caso affermativo, in quale misura, un singolo possa invocare direttamente dinanzi ai giudici nazionali gli obblighi imposti dagli artt. 4 e 6 della direttiva LNE.

93 Al riguardo si deve anzitutto ricordare che, ai sensi di una giurisprudenza costante, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere nei confronti dello Stato membro, sia che questo non abbia recepito tempestivamente la direttiva nell’ordinamento interno, sia che l’abbia recepita in modo non corretto (v., in particolare, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C‑6/90 e C‑9/90, Francovich e a., Racc. pag. I‑5357, punto 11; 11 luglio 2002, causa C‑62/00, Marks & Spencer, Racc. pag. I‑6325, punto 25, nonché 5 ottobre 2004, cause riunite da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I‑8835, punto 103).

94 Infatti, come ha ricordato più volte la Corte, è incompatibile con il carattere vincolante che l’art. 288, n. 3, TFUE riconosce alla direttiva escludere, in linea di principio, che l’obbligo che essa impone possa essere invocato dagli interessati. Questa considerazione vale in modo particolare per una direttiva, il cui scopo è quello di controllare nonché ridurre l’inquinamento atmosferico e che mira, di conseguenza, a tutelare la sanità pubblica (v. sentenza 25 luglio 2008, causa C‑237/07, Janecek, Racc. pag. I‑6221, punto 37).

95 A tal proposito si deve comunque ricordare che una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (v., in particolare, sentenze 3 aprile 1968, causa 28/67, Molkerei-Zentrale Westfalen/Lippe, Racc. pag. 211, nonché 23 febbraio 1994, causa C‑236/92, Comitato di coordinamento per la difesa della cava e a., Racc. pag. I‑483, punto 9).

96 Orbene, con riferimento all’art. 4 della direttiva LNE, si deve constatare che esso non risponde alle caratteristiche precedentemente enunciate.

97 Infatti, considerato nel suo contesto, questo articolo riveste carattere meramente programmatico, dal momento che si limita ad enunciare un obiettivo da raggiungere lasciando agli Stati membri un’ampia discrezionalità quanto alle modalità da porre in atto a tal fine.

98 Ne consegue che, dal momento che detto art. 4 della direttiva LNE non prevede alcun obbligo incondizionato e sufficientemente preciso che impone l’adozione di politiche o di misure specifiche e puntuali destinate a permettere la realizzazione del risultato stabilito, i singoli non possono farlo valere direttamente dinanzi a un giudice nazionale per pretendere, prima del 31 dicembre 2010, che le autorità competenti rifiutino o limitino l’adozione di decisioni di rilascio di autorizzazioni ambientali quali quelle controverse nelle cause principali, o che adottino misure di compensazione specifiche a seguito del rilascio di una siffatta autorizzazione.

99 Per contro, l’art. 6 della direttiva LNE presenta un carattere incondizionato e sufficientemente preciso in quanto, in termini inequivocabili, impone agli Stati membri, da un lato, ai sensi dei suoi nn. 1–3, di elaborare programmi nazionali per la progressiva riduzione delle emissioni nazionali, in particolare di SO2 e NOx, al fine di conformarsi, entro il 2010, ai limiti indicati nell’allegato I di detta direttiva e, dall’altro, ai sensi del suo n. 4, di mettere tali programmi a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate, come le associazioni ambientaliste, mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili.

100 Ne consegue che le persone fisiche e giuridiche direttamente interessate devono poter ottenere dalle autorità competenti, eventualmente ricorrendo ai giudici nazionali, il rispetto e l’attuazione di tali norme del diritto dell’Unione.

101 Quanto al contenuto dei programmi che devono essere elaborati, anche se, come discende dal punto 88 della presente sentenza, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità quanto alla scelta delle iniziative specifiche da realizzare, è pur vero che essi non hanno l’obbligo di adottare politiche e misure tali da non determinare nessun superamento entro il 2010.

102 Risulta tuttavia dall’art. 6 della direttiva LNE, nonché dall’impostazione di tale direttiva, che mira ad una riduzione progressiva delle emissioni nazionali degli inquinanti espressamente indicati, che spetta agli Stati membri, nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, adottare o prevedere politiche e misure, adeguate e coerenti, atte a ridurre, complessivamente, le emissioni di tali inquinanti in modo da conformarsi ai limiti nazionali previsti nell’allegato I di detta direttiva.

103 In questa prospettiva occorre rilevare che, sebbene gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, l’art. 6 della direttiva LNE fissa alcuni limiti all’esercizio di quest’ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali, in relazione al carattere adeguato dell’insieme delle politiche e misure adottate o previste, nell’ambito dei programmi nazionali rispettivi, al detto scopo di limitare, entro il 2010, le emissioni degli inquinanti indicati a quantitativi che non superino i limiti fissati per ciascuno Stato membro (v., in tal senso, sentenza Janecek, citata, punto 46).

104 Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni dalla quarta alla sesta vanno risolte come segue:

–        L’art. 4 della direttiva LNE non è incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici nazionali prima del 31 dicembre 2010.

–        L’art. 6 della direttiva LNE attribuisce ai singoli direttamente interessati diritti che possono essere invocati dinanzi ai giudici nazionali per pretendere che, nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, gli Stati membri adottino o prevedano, nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure, adeguate e coerenti, atte a ridurre, complessivamente, le emissioni degli inquinanti indicati in modo da conformarsi ai limiti nazionali previsti nell’allegato I di detta direttiva entro il 2010, e mettano i programmi elaborati a tal fine a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili.

Sulle spese

105 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’art. 9, nn. 1, 3 e 4, della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, nella sua versione originaria, nonché in quella codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, dev’essere interpretato nel senso che gli Stati membri, nel rilasciare autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di impianti industriali come quelle di cui trattasi nelle cause principali non sono obbligati ad inserire tra le condizioni di rilascio di tale autorizzazione il rispetto dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx stabiliti dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/81/CE, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici, pur dovendo rispettare l’obbligo derivante da detta direttiva di adottare o di prevedere, nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure adeguate e coerenti atte a ridurre complessivamente le emissioni, in particolare di tali inquinanti, a quantitativi che non superino i limiti indicati nell’allegato I di tale direttiva entro il 2010.

2)      Nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, previsto all’art. 4 della direttiva 2001/81:

–        gli artt. 4, n. 3, TUE e 288, n. 3, TFUE, nonché la direttiva 2001/81 impongono agli Stati membri di astenersi dall’adottare misure che possano compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto da tale direttiva;

–        l’adozione da parte degli Stati membri di una misura specifica relativa ad una sola fonte di SO2 e di NOx non appare, di per sé sola, capace di compromettere seriamente il conseguimento del risultato prescritto dalla direttiva 2001/81. Spetta al giudice nazionale verificare se tale condizione ricorra per ciascuna delle decisioni di rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un impianto industriale, quali quelle controverse nelle cause principali;

–        l’art. 288, n. 3, TFUE e gli artt. 6, 7, nn. 1 e 2, nonché 8, nn. 1 e 2, della direttiva 2001/81 impongono agli Stati membri, da un lato, di elaborare, aggiornare e modificare, se necessario, programmi per la progressiva riduzione delle emissioni nazionali di SO2e di NOx, che essi devono mettere a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione europea nei termini prescritti, e, dall’altro, di elaborare ed aggiornare annualmente gli inventari nazionali di dette emissioni, nonché le proiezioni nazionali per il 2010, che essi devono comunicare, nei termini prescritti, alla Commissione europea e all’Agenzia europea dell’ambiente;

–        l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa direttiva 2001/81 non impongono agli Stati membri né di rifiutare o limitare il rilascio di autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di impianti industriali, come quelle controverse nelle cause principali, né di adottare misure di compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione del genere che venga rilasciata, e ciò nemmeno in caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx.

3)       L’art. 4 della direttiva 2001/81 non è incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici nazionali prima del 31 dicembre 2010.

L’art. 6 della direttiva 2001/81 attribuisce ai singoli direttamente interessati diritti che possono essere invocati dinanzi ai giudici nazionali per pretendere che, nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, gli Stati membri adottino o prevedano, nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure, adeguate e coerenti, atte a ridurre, complessivamente, le emissioni degli inquinanti indicati in modo da conformarsi ai limiti nazionali previsti nell’allegato I di detta direttiva entro il 2010, e mettano i programmi elaborati a tal fine a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili.

Firme