Corte di Giustizia(Grande Sezione) 19 dicembre 2013
«Rinvio pregiudiziale – Convenzione di Aarhus – Direttiva 2003/4/CE – Accesso del pubblico all’informazione in materia ambientale – Ambito di applicazione – Nozione di “autorità pubblica” – Imprese di gestione delle reti fognarie e di fornitura di acqua – Privatizzazione del settore dei servizi idrici in Inghilterra e nel Galles»
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
19 dicembre 2013 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Convenzione di Aarhus – Direttiva 2003/4/CE – Accesso del pubblico all’informazione in materia ambientale – Ambito di applicazione – Nozione di “autorità pubblica” – Imprese di gestione delle reti fognarie e di fornitura di acqua – Privatizzazione del settore dei servizi idrici in Inghilterra e nel Galles»
Nella causa C‑279/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Upper Tribunal (Administrative Appeals Chamber) (Regno Unito) con decisione del 21 maggio 2012, pervenuta in cancelleria il 4 giugno 2012, nel procedimento
Fish Legal,
Emily Shirley
contro
Information Commissioner,
United Utilities Water plc,
Yorkshire Water Services Ltd,
Southern Water Services Ltd,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, M. Ilešič, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, E. Juhász, A. Borg Barthet e J.L. da Cruz Vilaça, presidenti di sezione, A. Rosas, G. Arestis, A. Arabadjiev, C. Toader, A. Prechal (relatore), E. Jarašiūnas e C. Vajda, giudici,
avvocato generale: P. Cruz Villalón
cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2013,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Fish Legal, da W. Rundle, solicitor, assistito da D. Wolfe, QC;
– per E. Shirley, da R. McCracken, QC, e M. Lewis, barrister;
– per l’Information Commissioner, da R. Kamm e A. Proops, barristers, su incarico di R. Bailey, solicitor;
– per la United Utilities Water plc, la Yorkshire Water Services Ltd e la Southern Water Services Ltd, da T. de la Mare, QC, su incarico di J. Mullock, solicitor;
– per il governo del Regno Unito, da J. Beeko, in qualità di agente, assistita da J. Eadie, QC, nonché da J. Maurici e C. Callaghan, barristers;
– per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen e M. Wolff, in qualità di agenti;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;
– per la Commissione europea, da P. Oliver, K. Mifsud-Bonicci e L. Pignataro-Nolin, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 settembre 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Fish Legal e la sig.ra Shirley e, dall’altro, l’Information Commissioner (commissario all’informazione) nonché la United Utilities Water plc, la Yorkshire Water Services Ltd e la Southern Water Services Ltd (in prosieguo: le «società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi») in merito al rigetto da parte di queste ultime delle domande di accesso a talune informazioni relative alla gestione delle reti fognarie e alla fornitura di acqua, formulate dalla Fish Legal e dalla sig.ra Shirley.
Contesto normativo
Il diritto internazionale
3 La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), all’articolo 2, paragrafo 2, definisce la nozione di «autorità pubblica» nei termini seguenti:
«(…)
a) l’amministrazione pubblica a livello nazionale, regionale o ad altro livello;
b) le persone fisiche o giuridiche che, in base al diritto nazionale, esercitano funzioni amministrative pubbliche, ivi compresi compiti, attività o servizi specifici aventi attinenza con l’ambiente;
c) qualsiasi altra persona fisica o giuridica che abbia responsabilità o funzioni pubbliche o presti servizi pubblici aventi attinenza con l’ambiente sotto il controllo degli organi o delle persone di cui alla lettera a) o b);
d) le istituzioni di qualsiasi organizzazione regionale di integrazione economica di cui all’articolo 17 che sia Parte della presente convenzione.
La presente definizione non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo».
4 L’articolo 4, paragrafo 1, di tale convenzione prevede che, fatte salve determinate riserve e condizioni, ciascuna parte deve provvedere affinché, nel quadro della legislazione nazionale, le autorità pubbliche mettano a disposizione del pubblico le informazioni ambientali loro richieste.
Il diritto dell’Unione
5 I considerando 1, 5, 8, 9 e 11 della direttiva 2003/4 così recitano:
«(1) Un rafforzamento dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e la diffusione di tale informazione contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente.
(...)
(5) (…) Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con quelle [della Convenzione di Aarhus] in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea.
(...)
(8) È necessario garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica abbia il diritto di accedere all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse senza dover dichiarare il proprio interesse.
(9) È altresì necessario che le autorità pubbliche mettano a disposizione del pubblico e diffondano l’informazione ambientale nella massima misura possibile, in particolare ricorrendo alle tecnologie d’informazione e di comunicazione. È opportuno tener conto dell’evoluzione futura di dette tecnologie nell’ambito delle relazioni sulla direttiva e in sede di revisione della stessa.
(…)
(11) Per tener conto del principio di cui all’articolo 6 del Trattato, vale a dire che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente dovrebbero essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, la definizione di autorità pubbliche dovrebbe essere estesa in modo da comprendere il governo e ogni altra pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, aventi o no responsabilità specifiche per l’ambiente. La definizione dovrebbe peraltro essere estesa fino ad includere altre persone o organismi che assolvono funzioni di pubblica amministrazione connesse con l’ambiente, ai sensi del diritto nazionale, nonché altre persone o organismi che agiscono sotto il loro controllo e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l’ambiente».
6 L’articolo 1 di tale direttiva definisce i suoi obiettivi come segue:
«Gli obiettivi della presente direttiva sono i seguenti:
a) garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio;
b) garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale. A tal fine è promosso l’uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili».
7 L’articolo 2, punto 2, della richiamata direttiva definisce la nozione di «autorità pubblica» come segue:
«(...)
a) il governo o ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale;
b) ogni persona fisica o giuridica svolgente funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all’ambiente; e
c) ogni persona fisica o giuridica avente responsabilità o funzioni pubbliche o che fornisca servizi pubblici connessi con l’ambiente, sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui alla lettera a) o b).
Gli Stati membri possono stabilire che questa definizione non comprende gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative. Se alla data di adozione della presente direttiva nessuna disposizione costituzionale prevede procedure di riesame ai sensi dell’articolo 6, gli Stati membri possono escludere detti organismi o istituzioni da tale definizione;
(...)».
8 L’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».
Il diritto del Regno Unito
La normativa relativa all’accesso all’informazione in materia ambientale
9 Il regolamento del 2004 sull’informazione ambientale (Environmental Information Regulations 2004; in prosieguo: l’«EIR 2004») è diretto a trasporre la direttiva 2003/4 nel diritto interno.
10 Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, di tale regolamento:
«(…) Per “autorità pubblica” s’intendono:
a) i ministeri;
b) ogni altra autorità pubblica come definita dall’articolo 3, paragrafo 1, della legge del 2000 relativa alla libertà dell’informazione (Freedom of Information Act 2000) (…);
c) ogni altro organismo o persona che esercita funzioni di pubblica amministrazione o
d) ogni altro organismo o persona che si trova sotto il controllo di una delle persone di cui alle lettere a), b) o c) e
i) avente responsabilità pubbliche connesse con l’ambiente;
ii) che svolge funzioni di natura pubblica connesse con l’ambiente
o
iii) che presta servizi pubblici connessi con l’ambiente».
11 Ai sensi degli articoli 5 e 7 dell’EIR 2004, le informazioni ambientali richieste devono essere comunicate entro 20 giorni lavorativi, termine che l’organismo competente può, a determinate condizioni, estendere fino a 40 giorni lavorativi.
12 In forza dell’articolo 50, paragrafo 1, della legge del 2000 relativa alla libertà dell’informazione, come modificato dall’articolo 18 dell’EIR 2004, qualsiasi interessato può adire l’Information Commissioner affinché questi pronunci una decisione sulla questione se l’autorità pubblica di cui trattasi abbia trattato la sua domanda d’informazioni in ottemperanza alle disposizioni dell’EIR 2004.
La normativa relativa all’attuale ripartizione delle competenze di legge nel settore della fornitura di acqua e della gestione delle reti fognarie in Inghilterra e nel Galles
13 Con l’adozione della legge del 1989 sull’acqua (Water Act 1989), con la quale è stato privatizzato il settore della fornitura di acqua e della gestione delle reti fognarie in Inghilterra e nel Galles, con effetto dal 1° settembre 1989, le funzioni, i poteri, le proprietà e gli altri beni patrimoniali delle agenzie idriche sono stati ripartiti tra, da un lato, la National Rivers Authority (Autorità nazionale per i fiumi), divenuta l’Environment Agency (Agenzia per l’ambiente), dall’entrata in vigore della legge del 1995 sull’ambiente (Environment Act 1995) e, dall’altro, le società di gestione dei servizi idrici che prestano, in quanto imprese commerciali, servizi di fornitura di acqua e di gestione delle reti fognarie.
14 In forza della legislazione in vigore, in particolare della legge del 1991 sul settore dei servizi idrici (Water Industry Act 1991; in prosieguo: il «WIA 1991»), come modificata, l’attuale ripartizione delle competenze di legge nel settore della fornitura di acqua e della gestione delle reti fognarie si presenta, in sintesi, come segue:
− le società di gestione dei servizi idrici sono designate come impresa di gestione delle reti fognarie («sewerage undertaker») e/o come impresa di fornitura di acqua («water undertaker») per una zona determinata dell’Inghilterra o del Galles dalla Water Services Regulatory Authority (OFWAT) (autorità di regolamentazione dei servizi idrici). Tale autorità, individualmente o, in presenza di determinate circostanze, insieme al Secretary of State (ministro competente per il settore ambientale), è anche l’autorità competente in via principale in materia di vigilanza su tali società;
− attualmente, dieci società sono state designate come impresa di fornitura di acqua e di gestione delle reti fognarie («water and sewerage companies» o «WASCs») e dodici società sono state designate come impresa di fornitura soltanto di acqua («water only companies» o «WOCs»), cosicché, in ogni zona dell’Inghilterra e del Galles, o una sola società garantisce nel contempo la fornitura di acqua e la gestione delle reti fognarie, oppure una società è responsabile della fornitura di acqua mentre un’altra società si occupa della gestione delle reti fognarie nella zona di cui trattasi, oltre a svolgere le sue attività di fornitura di acqua e di gestione delle reti fognarie in un’altra zona;
− le società di gestione dei servizi idrici sono costituite in forma di società per azioni («public limited company») o di società per azioni a responsabilità limitata («limited company»). Esse sono amministrate da un consiglio d’amministrazione responsabile nei confronti degli azionisti e dirette sulla base dei normali principi commerciali, sanciti dai rispettivi statuti, allo scopo di realizzare utili da distribuire agli azionisti sotto forma di dividendi e di permetterne il reinvestimento nell’impresa;
− dette società devono rispettare diversi obblighi di legge relativi alla manutenzione e alle migliorie delle infrastrutture nonché alla fornitura di acqua e/o al trattamento delle acque reflue nelle loro rispettive zone;
− esse dispongono inoltre di taluni poteri conferiti dalla legge, tra cui, in particolare, poteri di espropriazione, il diritto di adottare regolamenti amministrativi relativi alle vie navigabili e ai terreni di cui sono proprietarie, il potere di procedere agli scarichi d’acqua, anche in condotte idrauliche private, il diritto d’imporre divieti d’irrigazione temporanei o il potere di decidere, nei confronti di taluni clienti e nel rispetto di condizioni stringenti, di interrompere la fornitura di acqua;
− tali obblighi e poteri sono ripresi nell’atto di designazione di ogni società, denominato «licenza». Detta licenza può contenere anche altre condizioni, quali il pagamento di un canone al Secretary of State. Quest’ultimo e/o l’OFWAT assicurano il rispetto dei termini della licenza. Le società possono essere obbligate a compiere determinate azioni o a prendere provvedimenti specifici. La revoca della licenza può avvenire soltanto nel rispetto di un preavviso di 25 anni e deve essere motivata. La licenza può essere modificata dall’OFWAT con l’accordo della società o in seguito a una relazione della Competition Commission (commissione per la concorrenza);
− il regime giuridico al quale sono assoggettate le società di gestione dei servizi idrici prevede altresì la possibilità di imporre loro penalità finanziarie e le sottrae parzialmente alle disposizioni di diritto comune in materia di scioglimento delle società;
− ogni cinque anni le società di gestione dei servizi idrici presentano un progetto di piano di gestione degli attivi, denominato anche «piano di sviluppo» («business plan»), nel quale stabiliscono nel dettaglio, per un periodo di cinque anni, i risultati attesi e in particolare i programmi d’investimento. Tali piani vengono finalizzati nel corso di una procedura di consultazione e, tenendo conto degli elementi dei programmi d’investimento che giudica adeguati, l’OFWAT stabilisce gli importi massimi che le società saranno autorizzate a fatturare ai propri clienti per finanziare i piani di sviluppo e, in particolare, gli investimenti ivi previsti. I piani attuali riguardano il periodo dal 2010 al 2015.
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
15 La Fish Legal, il ramo legale dell’Angling Trust, ossia la federazione inglese dei pescatori, è un’organizzazione senza scopo di lucro la cui missione consiste nella lotta, per le vie legali, all’inquinamento e agli altri danni all’ambiente acquatico, nonché nella difesa della pesca alla lenza e dei pescatori. Con lettera del 12 agosto 2009 la Fish Legal ha chiesto a due società di gestione dei servizi idrici, la United Utilities Water plc e la Yorkshire Water Services Ltd, informazioni in ordine a operazioni di scarico, depurazione e troppo pieno di emergenza.
16 Per parte sua, la sig.ra Shirley si è rivolta per iscritto, nell’agosto del 2009, a un’altra società di gestione dei servizi idrici, la Southern Water Services Ltd, chiedendo informazioni in merito alla capacità della rete fognaria per un progetto di urbanizzazione nel suo paese situato nella Contea del Kent.
17 Non avendo ricevuto dalle società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi le informazioni richieste entro i termini previsti dall’EIR 2004, la Fish Legal e la sig.ra Shirley hanno ciascuna presentato una denuncia all’Information Commissioner. Con decisioni notificate loro nel marzo del 2010, quest’ultimo ha ritenuto che le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi non fossero autorità pubbliche ai sensi dell’EIR 2004 e che, di conseguenza, non potesse pronunciarsi sui loro rispettivi reclami.
18 La Fish Legal e la sig.ra Shirley hanno quindi proposto ricorso contro tali decisioni dinanzi al First-tier Tribunal (General Regulatory Chamber, Information Rights), che ha sospeso il procedimento in attesa della pronuncia della sentenza dell’Upper Tribunal (Administrative Appeals Chamber) nella causa «pilota» Smartsource c. Information Commissioner.
19 In seguito alla pronuncia il 23 novembre 2010 della sentenza Smartsource c. Information Commissioner (in prosieguo: la «sentenza Smartsource»), il First-tier Tribunal (General Regulatory Chamber, Information Rights) ha respinto i ricorsi della Fish Legal e della sig.ra Shirley, principalmente per il fatto che le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi non potevano essere qualificate come «autorità pubbliche» ai sensi dell’EIR 2004.
20 Il giudice del rinvio, adito in appello dalla Fish Legal e dalla sig.ra Shirley, rileva che queste ultime ammettono che, con diverse comunicazioni, l’ultima delle quali effettuata nell’aprile del 2011, le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi hanno infine fornito accesso a tutte le informazioni richieste.
21 Tale giudice ritiene tuttavia che la questione posta, in diritto, dalle controversie principali, ossia se tali società fossero tenute a comunicare dette informazioni, non può comunque dirsi risolta. Orbene, la risposta a tale questione sarebbe necessaria per poter determinare se le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi siano venute meno al loro obbligo di fornire tali informazioni conformemente alla legislazione nazionale e, in particolare, entro i termini impartiti. Detta questione sarebbe inoltre pertinente per altre cause riguardanti società di gestione dei servizi idrici sospese in primo grado, nonché per cause relative a settori di attività diversi da quello dell’acqua.
22 Detto giudice osserva che, secondo la Fish Legal e la sig.ra Shirley, le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi devono essere qualificate come «autorità pubbliche» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b) o c), della direttiva 2003/4, poiché svolgono funzioni di pubblica amministrazione e si trovano, in ogni caso, sotto lo stretto controllo di un organo statale.
23 Il giudice del rinvio rileva che l’Information Commissioner difende una tesi contraria, fondandosi essenzialmente sulla motivazione della sentenza Smartsource. Da un lato, applicando l’approccio multifattoriale accolto da tale sentenza, le società di gestione dei servizi idrici non eserciterebbero funzioni di pubblica amministrazione. Dall’altro, il controllo a cui le società di gestione dei servizi idrici sono soggette sarebbe insufficiente, in quanto esso riguarda soltanto le funzioni associate alla regolamentazione. Orbene, la nozione di «controllo» avrebbe ad oggetto l’autorità, o persino la coercizione, nonché il potere di determinare non soltanto gli obiettivi da raggiungere, ma anche i mezzi da predisporre per realizzarli.
24 Qualora l’approccio della sentenza Smartsource non dovesse essere condiviso, l’Information Commissioner sostiene, in subordine, che si dovrebbe accogliere al limite un’interpretazione «ibrida» dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4. Secondo tale interpretazione, le società di gestione dei servizi idrici dovrebbero essere qualificate come «autorità pubbliche» esclusivamente nell’ambito dell’esercizio delle funzioni loro affidate, che siano a loro volta idonee ad essere qualificate come «funzioni di pubblica amministrazione», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4.
25 Il giudice del rinvio aggiunge che le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi hanno in sostanza affermato che, nella sentenza Smartsource, giustamente è stato deciso che tali società non erano «autorità pubbliche». Per giungere a tale conclusione, il giudice nazionale di cui trattasi avrebbe tenuto conto di una serie di elementi pertinenti, tra cui il documento pubblicato nel 2000 dalla commissione economica per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, intitolato «La Convenzione di Aarhus, guida all’applicazione» (in prosieguo: la «Guida all’applicazione della convenzione di Aarhus»), alcuni fattori attinenti allo status delle società di gestione dei servizi idrici e la normativa del settore dei servizi idrici in Inghilterra e nel Galles.
26 In tale contesto l’Upper Tribunal (Administrative Appeals Chamber) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, nel valutare se una persona fisica o giuridica “svolg[a] funzioni di pubblica amministrazione” [ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4], trovi applicazione il solo diritto nazionale e l’analisi vada effettuata a livello puramente nazionale.
2) In caso di risposta negativa, quali criteri di diritto dell’Unione possano essere impiegati o meno per determinare se:
a) la funzione in esame sia sostanzialmente una funzione “di pubblica amministrazione”;
b) il diritto nazionale abbia, nella sostanza, investito tale persona di detta funzione.
3) Che cosa si intenda con persona “sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b)”[della direttiva 2003/4]. In particolare, quali siano la natura, la forma e il grado di controllo richiesti e quali criteri possano essere utilizzati o meno per ravvisare tale controllo.
4) Se un’“emanazione dello Stato” ai sensi del punto 20 [della sentenza del 12 luglio 1990, Foster e a. (C‑188/89, Racc. pag. I‑3313)], sia necessariamente una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera c), [della direttiva 2003/4].
5) Se, qualora una persona rientri nell’ambito di applicazione [dell’articolo 2, punto 2, lettera b) o c), della direttiva 2003/4] riguardo ad alcune delle sue funzioni, responsabilità o servizi, i suoi obblighi di fornire informazioni ambientali siano limitati alle informazioni inerenti a tali funzioni, responsabilità o servizi o si estendano a tutte le informazioni ambientali a qualsiasi scopo detenute».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
27 Le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi sostengono, in via principale, che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile.
28 Esse affermano che, essendo pacifico che esse hanno fornito volontariamente tutte le informazioni ambientali richieste dalla Fish Legal e dalla sig.ra Shirley, dinanzi al giudice del rinvio non pende più nessuna controversia. La Corte sarebbe pertanto invitata a pronunciarsi su questioni divenute puramente ipotetiche, il che priverebbe di giustificazione il rinvio pregiudiziale.
29 In proposito, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere (v., in particolare, sentenza del 6 giugno 2013, MA e a., C‑648/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
30 Le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di pertinenza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza MA e a., cit., punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
31 Nella specie, dalla decisione di rinvio emerge che l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio riguarda impugnazioni della Fish Legal e della sig.ra Shirley di decisioni dell’Information Commissionner, con le quali quest’ultimo ha ritentuo che, poiché le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi non potevano essere qualificate come autorità pubbliche ai sensi della normativa nazionale di trasposizione della direttiva 2003/4, esso non poteva pronunciarsi sui loro reclami diretti a far accertare che le informazioni ambientali richieste non erano state fornite entro i termini previsti da tale normativa.
32 Orbene, le questioni sollevate sono essenzialmente dirette a stabilire se, ed eventualmente a quali condizioni, le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi debbano essere qualificate come «autorità pubbliche», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b) o c), della direttiva 2003/4.
33 Si deve quindi necessariamente constatare che, come altresì rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 55 a 63 delle sue conclusioni, una risposta a tali questioni soddisfa un’esigenza oggettiva per la soluzione della controversia di cui è investito il giudice del rinvio.
34 In tale contesto, le questioni sollevate non presentano un carattere ipotetico e la domanda di pronuncia pregiudiziale è quindi ricevibile.
Nel merito
Osservazioni preliminari
35 In via preliminare occorre ricordare che, divenendo parte della Convenzione di Aarhus, l’Unione europea si è impegnata a garantire, nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, l’accesso, in linea di principio, alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione o per conto di essa (v., in tal senso, sentenze del 22 dicembre 2010, Ville de Lyon, C‑524/09, Racc. pag. I‑14115, punto 36, e del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30).
36 Come confermato dal considerando 5 della direttiva 2003/4, adottando tale direttiva il legislatore dell’Unione ha inteso garantire la compatibilità del diritto dell’Unione con tale convenzione in vista della sua conclusione da parte della Comunità prevedendo un regime generale volto a garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica di uno Stato membro abbia il diritto di accedere alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione o per conto di essa, senza che tale persona sia obbligata a far valere un interesse (sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 31).
37 Ne discende che, ai fini dell’interpretazione della direttiva 2003/4, occorre tenere conto del testo e dell’obiettivo della Convenzione di Aarhus che tale direttiva mira ad attuare nel diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 40).
38 Peraltro, la Corte ha già dichiarato che, se è vero che la Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus può essere considerata un documento esplicativo, idoneo eventualmente ad essere preso in considerazione, tra altri elementi rilevanti, al fine di interpretare tale Convenzione, tuttavia le analisi che esso contiene non hanno forza vincolante e sono prive della portata normativa propria delle disposizioni della Convenzione di Aarhus (sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).
39 Da ultimo, occorre inoltre sottolineare che il diritto di accesso garantito dalla direttiva 2003/4 si applica solo ove le informazioni richieste rientrino nelle prescrizioni relative all’accesso del pubblico previste da tale direttiva, il che presuppone in particolare che esse costituiscano «informazioni ambientali» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di detta direttiva, circostanza che nel procedimento principale spetta al giudice del rinvio verificare (sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 32).
Sulle prime due questioni
40 Con le prime due questioni, che devono essere trattate congiuntamente, il giudice del rinvio intende in sostanza sapere quali siano i criteri che consentono di stabilire se enti quali le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi possano essere qualificati come persone giuridiche che svolgono, a norma della legislazione nazionale, «funzioni di pubblica amministrazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4.
41 In forza dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4, disposizione sostanzialmente identica all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della Convenzione di Aarhus, la nozione di «autorità pubblica» ricomprende «ogni persona fisica o giuridica svolgente funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all’ambiente».
42 Secondo una costante giurisprudenza, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione (v., in particolare, sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 37).
43 Nella presente causa si deve in primo luogo stabilire se il sintagma «ai sensi della legislazione nazionale» debba o meno essere inteso alla stregua di un richiamo espresso al diritto nazionale, nella specie al diritto del Regno Unito, ai fini dell’interpretazione della nozione di «funzioni di pubblica amministrazione».
44 Sul punto si deve constatare che esiste una discrepanza tra le versioni francese e inglese dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 corrispondente alla divergenza tra le versioni nelle stesse lingue dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della Convenzione di Aarhus, le quali rientrano tra le versioni linguistiche di tale Convenzione facenti fede. Infatti, nella versione francese dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4, il sintagma «ai sensi della legislazione nazionale» è collegato al verbo «svolgente», cosicché, in tale versione, i termini di detta disposizione non possono essere intesi nel senso di un rinvio espresso al diritto nazionale per quanto concerne la definizione della nozione di «funzioni di pubblica amministrazione». Nella versione inglese di tale medesima disposizione, questo sintagma è invece collocato dopo l’espressione «funzioni di pubblica amministrazione» e non è di conseguenza collegato a detto verbo.
45 A tale proposito è necessario ricordare che l’obiettivo, esposto al considerando 7 della direttiva 2003/4, è quello di evitare che le discrepanze tra le normative vigenti in tema di accesso all’informazione ambientale creino disparità nell’Unione sotto il profilo dell’accesso a tale informazione o delle condizioni di concorrenza. Tale obiettivo esige che l’individuazione delle persone obbligate a concedere al pubblico un accesso all’informazione ambientale sia soggetta alle stesse condizioni in tutta l’Unione, in modo tale che la nozione di «funzioni di pubblica amministrazione», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4, non possa variare a seconda del diritto nazionale applicabile.
46 Tale interpretazione è corroborata dalla Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, secondo la quale il sintagma «ai sensi della legislazione nazionale» significa «che deve sussistere un fondamento giuridico per l’esercizio delle funzioni ai sensi della lettera b)», lettera che comprende «qualsiasi persona autorizzata dalla legge a esercitare una funzione pubblica». Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto che detta Guida aggiunga che «ciò che si intende per funzione pubblica nel diritto interno può variare da un paese all’altro».
47 In tale contesto, contrariamente a quanto hanno sostenuto in udienza l’Information Commissioner e le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi, detto sintagma, se dovesse essere interpretato come riferito alla necessità che sussista un fondamento giuridico, non sarebbe superfluo, in quanto conferma che l’esercizio delle funzioni di pubblica amministrazione dev’essere basato sul diritto interno.
48 Ne discende che soltanto gli enti che, in forza di un fondamento giuridico specificamente definito nella legislazione nazionale loro applicabile, sono autorizzati a svolgere funzioni di pubblica amministrazione possono rientrare nella categoria delle autorità pubbliche di cui all’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4. Per contro, la questione se le funzioni di cui sono investiti tali enti in forza del diritto nazionale costituiscano «funzioni di pubblica amministrazione», ai sensi di tale disposizione, dev’essere esaminata alla luce del diritto dell’Unione e degli elementi d’interpretazione pertinenti della Convenzione di Aarhus che consentono di elaborare una definizione autonoma e uniforme di detta nozione.
49 In secondo luogo, per quanto riguarda i criteri che devono essere presi in considerazione per stabilire se funzioni esercitate ai sensi della legislazione nazionale dall’ente di cui trattasi rientrino nella nozione di «funzioni di pubblica amministrazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4, la Corte ha già dichiarato che tanto dalla Convenzione di Aarhus stessa quanto dalla direttiva 2003/4 emerge che, riferendosi alle «autorità pubbliche», i loro autori hanno inteso designare le autorità amministrative poiché, all’interno degli Stati, sono queste che abitualmente si trovano a detenere, nell’esercizio delle loro funzioni, le informazioni ambientali (sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 40).
50 Peraltro, la Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus spiega che si tratta di «una funzione solitamente rientrante nella competenza delle autorità governative come definite dal diritto interno» che non deve tuttavia necessariamente riferirsi alla materia ambientale, poiché tale materia è stata menzionata soltanto a titolo esemplificativo di una funzione amministrativa pubblica.
51 Gli enti che, da un punto di vista organico, sono autorità amministrative, ossia quelli che fanno parte dell’amministrazione pubblica o del potere esecutivo dello Stato a qualunque livello, sono autorità pubbliche ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera a), della direttiva 2003/4. Questa prima categoria comprende tutte le persone giuridiche di diritto pubblico che sono state istituite dallo Stato e delle quali solo quest’ultimo può decidere la dissoluzione.
52 La seconda categoria di autorità pubbliche come definita dall’articolo 2, punto 2, lettera b), di tale direttiva contempla, per parte sua, autorità amministrative definite in senso funzionale, vale a dire gli enti, siano essi persone giuridiche di diritto pubblico o di diritto privato, che in forza della normativa loro applicabile hanno il compito di prestare servizi d’interesse pubblico, in particolare nel settore ambientale, e che a tal fine sono investiti di poteri speciali che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra soggetti di diritto privato.
53 Nella specie, è pacifico che le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi hanno il compito, in forza del diritto nazionale applicabile, in particolare il WIA 1991, di prestare servizi d’interesse pubblico, ossia la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture idriche e fognarie nonché la fornitura di acqua e il trattamento delle acque reflue, attività nell’ambito delle quali, come osservato dalla Commissione europea, devono peraltro essere rispettate diverse direttive in materia ambientale relative alla protezione dell’acqua.
54 Dagli elementi forniti dal giudice del rinvio emerge altresì che, per svolgere tali funzioni e fornire tali servizi, dette società dispongono, in forza del diritto nazionale applicabile, di taluni poteri, quali il diritto di espropriazione, il diritto di adottare regolamenti amministrativi relativi alle vie navigabili e ai terreni di cui sono proprietarie, il potere di procedere in determinate circostanze agli scarichi d’acqua, anche in condotte idrauliche private, il diritto d’imporre divieti d’irrigazione temporanei e il potere di decidere, nei confronti di taluni clienti e nel rispetto di condizioni rigorose, di interrompere la fornitura di acqua.
55 Spetta al giudice del rinvio stabilire se, in considerazione delle modalità concrete che la legislazione nazionale applicabile prevede per l’esercizio di tali diritti e poteri riconosciuti alle società di fornitura dell’acqua di cui trattasi, essi possano essere qualificati come poteri speciali.
56 In considerazione di quanto precede, occorre rispondere alle prime due questioni sollevate dichiarando che, al fine di stabilire se enti quali le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi possano essere qualificati come persone giuridiche che svolgono, ai sensi della legislazione nazionale, «funzioni di pubblica amministrazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4, si deve esaminare se tali enti siano investiti, in forza del diritto nazionale loro applicabile, di poteri speciali che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra soggetti di diritto privato.
Sulla terza e quarta questione
57 Con la terza e la quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio intende in sostanza sapere quali siano i criteri che consentono di stabilire se enti quali le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi, relativamente ai quali non si contesta il fatto che forniscano servizi pubblici connessi con l’ambiente, si trovino sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della direttiva 2003/4, cosicché esse dovrebbero essere qualificate come «autorità pubbliche» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di tale direttiva.
58 Nella specie si tratta di sapere se l’esistenza di un regime come quello previsto dal WIA 1991, in quanto attribuisce la vigilanza sulle società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi al Secretary of State e all’OFWAT, organismi relativamente ai quali non si contesta che costituiscono autorità pubbliche ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera a), della direttiva 2003/4, comporti che tali società siano «sotto il controllo» di detti organismi, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di tale direttiva.
59 Nelle loro osservazioni scritte, l’Information Commissionner, le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi nonché il governo del Regno Unito sostengono che il fatto che le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi siano assoggettate a un regime di regolamentazione, di certo relativamente rigido, non implica che esse si trovino sotto «controllo» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4. Essi affermano che, come avrebbe sottolineato l’Upper Tribunal (Administrative Appeals Chamber) nella sentenza Smartsource, esiste una differenza fondamentale tra un regime «di regolamentazione», che comporta esclusivamente il potere per il soggetto regolatore di stabilire gli obiettivi che l’ente regolato deve perseguire, e un regime «di controllo», che oltre a ciò consente al soggetto regolatore di determinare le modalità con cui tali obiettivi devono essere realizzati dall’ente di cui trattasi.
60 In tale contesto, la Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus precisa che, se è pur vero che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della Convenzione di Aarhus, disposizione sostanzialmente identica all’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4, contempla «come minimo» persone «di proprietà dello Stato», la lettera c) del richiamato articolo 2, paragrafo 2, può «inoltre (…) riguardare organismi che forniscono servizi pubblici connessi con l’ambiente soggetti a un controllo regolamentare».
61 Per quanto concerne tale nozione di «controllo», nell’ambito della quarta questione il giudice del rinvio chiede quale potrebbe essere la pertinenza della sentenza Griffin c. South West Water Services Ltd della High Court of Justice (England & Wales) (Regno Unito), alla quale fa altresì riferimento la Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus nel contesto dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), di tale convenzione.
62 In tale sentenza è stato in particolare dichiarato che il criterio relativo al controllo, di cui al punto 20 della citata sentenza Foster e a., non doveva essere inteso nel senso di non ricomprendere un regime «di regolamentazione» come quello previsto dal WIA 1991, e che tale regime soddisfaceva detto criterio di controllo, in modo tale che, essendo soddisfatti anche gli altri criteri, la direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 48, pag. 29), poteva essere invocata nei confronti della società di gestione dei servizi idrici di cui trattavasi in quel procedimento principale in quanto «emanazione dello Stato».
63 In tale contesto, il giudice del rinvio solleva nello specifico la questione se una società di gestione dei servizi idrici, in quanto «emanazione dello Stato», sia necessariamente una persona giuridica rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4.
64 A tale proposito, l’accertamento di una situazione di controllo nel contesto dell’applicazione dei criteri riconosciuti al punto 20 della citata sentenza Foster e a. può costituire un’indicazione che la condizione relativa al controllo di cui all’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4 è soddisfatta, dal momento che, sia in uno che nell’altro di tali contesti, la nozione di controllo ricomprende manifestazioni del concetto di «Stato» in senso lato che sia il più adatto per realizzare gli obiettivi della normativa in questione.
65 La portata precisa della nozione di controllo di cui all’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4 va tuttavia ricercata tenendo conto anche degli obiettivi propri di tale direttiva.
66 Dall’articolo 1, lettere a) e b), della richiamata direttiva emerge che essa persegue in particolare l’obiettivo di garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire le condizioni di base e le modalità pratiche per il suo esercizio, nonché di ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico di dette informazioni.
67 In tal senso, definendo tre categorie di autorità pubbliche, l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4 mira a ricomprendere un insieme di enti, indipendentemente dalla loro forma giuridica, che devono essere considerati come rientranti nella sfera del potere pubblico, sia esso lo Stato medesimo, un ente autorizzato dallo Stato ad agire per suo conto o un ente controllato dallo Stato.
68 Tali elementi portano ad accogliere un’interpretazione della nozione di «controllo», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4, secondo la quale tale terza categoria residuale di autorità pubbliche si estende a qualsiasi ente che non determina in maniera realmente autonoma le modalità con le quali esercita nel settore ambientale le funzioni di cui è investito, poiché un’autorità pubblica rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), di tale direttiva è in grado di influenzare in maniera decisiva l’azione di tale ente in detto settore.
69 Il modo in cui tale autorità pubblica può esercitare un’influenza determinante in forza di competenze che le sono state attribuite dal legislatore nazionale non rileva a tale proposito. Può trattarsi, in particolare, del potere di impartire ordini agli enti di cui trattasi, esercitando o meno i diritti dell’azionista, del potere di sospendere, annullare a posteriori o subordinare a previa autorizzazione decisioni adottate da tali enti, del potere di nominare o revocare i membri dei loro organi direttivi o la maggioranza degli stessi, o anche del potere di privare, in tutto o in parte, detti enti del finanziamento in una misura tale da comprometterne l’esistenza.
70 Il solo fatto che l’ente in questione, al pari delle società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi, sia una società commerciale soggetta a un regime di regolamentazione specifico per il settore in questione non può escludere un controllo ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4, qualora le condizioni poste al punto 68 della presente sentenza siano soddisfatte in capo a tale ente.
71 Infatti, se il regime di cui trattasi definisce un quadro normativo particolarmente preciso costituito da un insieme di regole che determinano le modalità con cui tali società devono svolgere le funzioni pubbliche connesse alla gestione dell’ambiente ad esse affidate e che, se del caso, comprende una vigilanza amministrativa diretta a garantire che tali regole siano effettivamente rispettate, eventualmente impartendo ordini o imponendo ammende, ne può conseguire che tali enti non dispongono di una reale autonomia nei confronti dello Stato, anche se quest’ultimo non è più in grado, in seguito alla privatizzazione del settore in questione, di determinare la loro gestione quotidiana.
72 Spetta al giudice del rinvio verificare se, nei procedimenti principali, il regime previsto dal WIA 1991 comporti che le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi non dispongano di una reale autonomia rispetto alle autorità di vigilanza costituite dal Secretary of State e dall’OFWAT.
73 In considerazione di quanto precede, si deve rispondere alla terza e alla quarta questione sollevate dichiarando che imprese quali le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi, che forniscono servizi pubblici connessi con l’ambiente, si trovano sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della direttiva 2003/4, cosicché dovrebbero essere qualificate come «autorità pubbliche» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di tale direttiva se tali imprese non determinano in maniera realmente autonoma le modalità con le quali forniscono detti servizi, poiché un’autorità pubblica rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della richiamata direttiva è in grado di influenzare in maniera decisiva l’azione di dette imprese nel settore ambientale.
Sulla quinta questione
74 Con la quinta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 2, punto 2, lettere b) e c), della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che, qualora una persona rientri nell’ambito di applicazione di tale disposizione a titolo di una delle sue funzioni, responsabilità o servizi, tale persona costituisce un’autorità pubblica soltanto per quanto riguarda le informazioni ambientali da essa detenute nell’ambito di tali funzioni, responsabilità e servizi.
75 La possibilità di una siffatta interpretazione «ibrida» della nozione di autorità pubblica è stata segnatamente prospettata nell’ambito del procedimento nazionale che ha portato alla sentenza Smartsource. In tale contesto è stato sostenuto in particolare che, se le società di gestione dei servizi idrici dovessero rientrare nell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 per via dell’esercizio di talune funzioni di pubblica amministrazione, tale disposizione potrebbe essere interpretata nel senso che dette società sarebbero tenute a comunicare soltanto le informazioni ambientali da esse detenute nell’esercizio di tali funzioni.
76 In proposito occorre constatare che, oltre al fatto che un’interpretazione «ibrida» della nozione di autorità pubblica può generare incertezze e problemi pratici notevoli nell’effettiva attuazione della direttiva 2003/4, detto approccio, in quanto tale, non trova conferma né testuale né sistematica nella direttiva o nella Convenzione di Aahrus.
77 Al contrario, tale approccio è in contrasto con i fondamenti sia della citata direttiva sia della Convenzione di Aarhus per quanto concerne l’articolazione dell’ambito di applicazione del regime di accesso che esse prevedono, che è volto a ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico delle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche o per conto di esse.
78 Infatti, come emerge dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2003/4, disposizione centrale di tale direttiva che è sostanzialmente identica all’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione di Aarhus, se un ente è qualificato come autorità pubblica ai sensi di una delle tre categorie contemplate dall’articolo 2, punto 2, della richiamata direttiva, esso è tenuto a comunicare a qualsiasi richiedente tutte le informazioni ambientali rientranti in una delle sei categorie di informazioni elencate in detto articolo 2, punto 1, che esso detiene o che sono detenute per suo conto, salvo che la domanda rientri in una delle deroghe previste dall’articolo 4 della medesima direttiva.
79 Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 116 e 118 delle sue conclusioni, le persone di cui all’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 devono essere considerate, ai fini di tale direttiva, come autorità pubbliche relativamente a tutte le informazioni ambientali da esse detenute.
80 Inoltre, come emerge dal punto 73 della presente sentenza, nel contesto specifico dell’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4, società commerciali quali le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi possono costituire un’autorità pubblica ai sensi di detta disposizione soltanto nei limiti in cui, quando forniscono servizi pubblici nel settore ambientale, esse si trovino sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della direttiva 2003/4.
81 Ne consegue che tali società sono tenute a comunicare soltanto le informazioni ambientali da esse detenute nell’ambito della fornitura di tali servizi pubblici.
82 Per contro, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 121 delle sue conclusioni, tali società non sono tenute a fornire informazioni ambientali qualora sia pacifico che esse non riguardano la fornitura di detti servizi pubblici. Ove tale circostanza rimanga incerta, le informazioni di cui trattasi devono essere fornite.
83 In tale contesto, si deve rispondere alla quinta questione posta dichiarando che l’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 dev’essere interpretato nel senso che una persona che rientra in tale disposizione costituisce un’autorità pubblica per quanto concerne tutte le informazioni ambientali da essa detenute. Società commerciali, quali le società di gestione dei servizi idrici di cui trattasi, che possono costituire un’autorità pubblica ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di detta direttiva soltanto nei limiti in cui, quando forniscono servizi pubblici nel settore ambientale, esse si trovino sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della medesima direttiva, non sono tenute a fornire informazioni ambientali se è pacifico che queste ultime non riguardano la fornitura di tali servizi.
Sulle spese
84 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Al fine di stabilire se enti quali la United Utilities Water plc, la Yorkshire Water Services Ltd e la Southern Water Services Ltd possano essere qualificati come persone giuridiche svolgenti, ai sensi della legislazione nazionale, «funzioni di pubblica amministrazione» a norma dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, si deve esaminare se tali enti siano investiti, in forza del diritto nazionale loro applicabile, di poteri speciali che eccedono quelli derivanti dalle norme applicabili ai rapporti tra soggetti di diritto privato.
2) Imprese quali la United Utilities Water plc, la Yorkshire Water Services Ltd e la Southern Water Services Ltd, che forniscono servizi pubblici connessi con l’ambiente, si trovano sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della direttiva 2003/4, cosicché dovrebbero essere qualificate come «autorità pubbliche» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di tale direttiva, se tali imprese non determinano in maniera realmente autonoma le modalità con le quali forniscono detti servizi, poiché un’autorità pubblica rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della richiamata direttiva è in grado di influenzare in maniera decisiva l’azione di dette imprese nel settore ambientale.
3) L’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 dev’essere interpretato nel senso che una persona che rientra in tale disposizione costituisce un’autorità pubblica per quanto concerne tutte le informazioni ambientali da essa detenute. Società commerciali quali la United Utilities Water plc, la Yorkshire Water Services Ltd e la Southern Water Services Ltd, che possono costituire un’autorità pubblica ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di detta direttiva soltanto nei limiti in cui, quando forniscono servizi pubblici nel settore ambientale, esse si trovino sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della medesima direttiva, non sono tenute a fornire informazioni ambientali se è pacifico che queste ultime non riguardano la fornitura di tali servizi.
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