La procedura estintiva in materia ambientale nei reati contravvenzionali a condotta esaurita
di Domenico MONCI
1. La procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale. 2. Il meccanismo estintivo nel caso dell’impossibilità di eliminazione dell’illecito 3. La lettura costituzionalmente orientata del tema. 4. Conclusioni.
1.-La procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale. Con la Parte VI-bis«Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale», inserita nel d.lgs. n. 152/06 1 con la legge n. 68 del 20152, comprensiva degli artt. 318-bis-318-octies, il legislatore nazionale ha introdotto l’istituto dell’estinzione delle contravvenzioni ambientali che, nei sette articoli richiamati, disciplina il relativo procedimento di annullamento della punibilità del contravventore mediante l’adempimento alle prescrizioni fornite dall’autorità (organo di vigilanza o polizia giudiziaria) e la corresponsione di una sanzione pecuniaria amministrativa.
Lo scopo perseguito è chiaramente quello di privilegiare il ripristino del pregiudizio ambientale rispetto alla punizione ordinaria dell’autore dell’illecito, poco efficace -sotto il profilo della deterrenza- a garantire una tutela effettiva del bene giuridico protetto, soprattutto perché comminata dopo la commissione del reato3. In tale sistema, come è stato efficacemente osservato, «il legislatore punta al ripristino delle condizioni ambientali offese dai fatti illeciti imponendo prescrizioni volte alla reintegrazione dell’offesa»4.
Il postulato fondamentale, che consente l’applicazione del meccanismo estintivo, oltre che nella natura contravvenzionale del reato, risiede in specie nella condizione che gli illeciti contestati non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, di cui all’art. 318-bis.
Come previsto dall’art. 318-septies,la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alle prescrizioni impartite e provvede al pagamento previsto dall’art. 318-quater, comma 2. Lo specifico riferimento all’ammenda sancito nell’art. 318-quater, comma 2, secondo cui l’effetto estintivo si produce con il pagamento in sede amministrativa (successivo all’adempimento alla prescrizione) di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, nel complesso tema della individuazione delle contravvenzioni del codice dell’ambiente oggetto della procedura5, indica chiaramente come la concessione del beneficio possa essere limitata esclusivamente a quelle fattispecie punite con l’ammenda, da sola o in alternativa all’arresto e non anche a quelle punite solo con l’arresto.
L’avvio del procedimento è regolato dall’art. 318- ter che riguarda le prescrizioni, le competenze dell’organo impartente, le modalità di impartizione, il termine per la regolarizzazione, l’obbligo di comunicazione della notizia di reato al pubblico ministero e i suoi svolgimenti.
Nonostante l’introduzione della disciplina abbia rappresentato una novità nel contesto sanzionatorio in ambito ambientale, tuttavia, essa presenta significative affinità con preesistenti disposizioni normative.
Tracce di un orientamento legislativo volto ad introdurre speciali cause estintive dei reati ambientali, in connessione ad ordine di fare adottati dalla pubblica amministrazione o in relazione a procedure di ravvedimento operoso prima dell’accertamento, erano già state registrate a livello nazionale 6 sebbene, ciò che soprattutto rileva sotto il profilo delle analogie, è la relazione intercorrente tra il sistema procedurale introdotto dalle norme richiamate e il meccanismo, già efficacemente operativo nel d.lgs. n. 758 del 19947, di estinzione degli illeciti in materia di disciplina sanzionatoria del lavoro, realizzata attraverso l’adempimento a prescrizione e il pagamento di una sanzione pecuniaria.
2.- Il meccanismo estintivo nel caso dell’impossibilità di eliminazione dell’illecito. Nel quadro generale delineato dalla disciplina in esame, rilevante è il tema che ruota attorno alla possibilità di estendere la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale prevista dagli artt. 318- bis e ss. anche ai reati istantanei, ossia quelli già consumati o ad altri casi di oggettiva impossibilità di eliminazione dell’illecito.
È stato infatti osservato 8 che la procedura di estinzione del reato, prevista dalle richiamate disposizioni, sarebbe applicabile solo alle condotte esaurite che siano caratterizzate dalla spontanea e volontaria regolarizzazione dell’illecito da parte dell’agente e non anche alle condotte in cui sia oggettivamente impossibile impartire prescrizioni.
Secondo gli assertori di tale prospettazione, una simile conclusione dovrebbe in primis desumersi dal testo dell’art. 318-septies, comma 3, del d.lgs. n. 152/06 9 e troverebbe conferma nella lettura comparata e coordinata della citata norma, con la disciplina sanzionatoria dettata in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro. In particolare, il riferimento è all’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 10 che a sua volta estende la procedura estintiva prevista dagli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758 del 1994 ai casi in cui «la condotta è esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione».
Secondo tale impostazione di lettura, nella citata disposizione, il legislatore avrebbe inteso la congiunzione «ovvero» in senso esplicativo e non alternativo, come sinonimo di «cioè» ed avrebbe, dunque, circoscritto l’applicabilità della procedura estintiva alle sole condotte esaurite che siano caratterizzate dalla spontanea e volontaria regolarizzazione da parte dell’agente. La ratiosottesa alla procedura estintiva in questione sarebbe esclusivamente premiale, finalizzata ad attribuire una sorta di riconoscimento al soggetto che pur avendo commesso la violazione, si sia poi personalmente e volontariamente preoccupato di porvi rimedio.
Autorevole conferma a tale costrutto interpretativo proverrebbe poi direttamente dalla sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 199811, resa con riferimento al d.lgs. n. 758 del 1994, che avrebbe limitato l’applicabilità della procedura di estinzione alle sole ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente ed autonomamente provveduto ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose della violazione prima e indipendentemente dalle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza12. Ad avviso dei sostenitori di tale ipotesi, la Corte costituzionale avrebbe ulteriormente confermato la lettura limitativa della procedura estintiva dichiarando, con l’ordinanza n. 416 del 1998, infondata la questione di legittimità dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 758 del 1994 nella parte in cui non prevede l’obbligo dell’organo di vigilanza di ammettere il contravventore al pagamento dell’oblazione anche nel caso in cui non sia impartita alcuna prescrizione.
La Corte di cassazione intervenuta sul tema 13 ha risolto la questione sconfessando radicalmente la consistenza esegetica di tale tesi, rinvenendo l’assunto fondamentale di una avversa ricostruzione ermeneutica proprio nell’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004. Secondo il giudice di legittimità, la norma richiamata nell’estendere, nell’ambito della normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, l’applicazione della procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 756 del 1994 «alle condotte esaurite, ovvero alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente alla prescrizione», ha chiaramente distinto due diverse ipotesi per significare che il beneficio estintivo sia indifferentemente applicabile sia all’una condizione che all’altra.
È chiaro, secondo la corte, che nella norma in questione, il legislatore abbia inteso utilizzare la congiunzione «ovvero» non con il significato di «cioè» ma con quello innegabile di «oppure», non solo perché questo è il significato giuridico corretto del termine nell’accezione comune ma, soprattutto, perché nel testo del d.lgs. n. 124 del 2004 il termine è sempre adoperato con un significato di alternatività14, finalizzato alla identificazione di due differenti condotte, entrambe rilevanti ai fini dell’applicabilità della procedura estintiva.
Ed invero, l’interpretazione sistematica nell’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 non può che portare in luce quella essenziale logica giuridica che qualifica due differenti condizioni, per significare che ad esse è destinata la medesima disciplina pur nella loro diversità «genetica»: la regolarizzazione spontanea dell’illecito legittima la procedura di estinzione tanto quanto la condotta esaurita di un illecito istantaneo non produttivo di conseguenze dannose o pericolose per cui non sia più possibile impartire prescrizioni. Anche tale illecito è espressamente considerato in alternativa al ravvedimento volontario ed è dunque idoneo a legittimare l’applicazione della procedura estintiva di cui agli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758 del 2004, art. 20. In altre parole, ancor più efficacemente, il termine «ovvero», con l’ausilio della sistematica giuridica (invece che con il mero significato giuridico valorizzato dalla corte) deve essere inteso come «sia» e con coerenza logica, deve considerarsi che la norma in questione estenda il beneficio sia alle condotte esaurite, sia alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente alla prescrizione.
La questione centrale che, a ben vedere deve essere considerata nel sistema normativo richiamato che la suprema corte nei suoi pronunciamenti ha tralasciato di apprezzare, non è tanto quella della alternativa considerazione dei profili che differenziano le condotte ammesse alla procedura estintiva, quanto, piuttosto, quella del profilo comune alle due condotte, che è certamente quello di scongiurare nell’uno come nell’altro caso il protrarsi di conseguenze dannose o pericolose derivanti dalle condotte illecite, con la contropartita del riconoscimento di un «trattamento benevolo» all’autore dell’illecito contravvenzionale, al quale è accordata la possibilità di estinguere le sue responsabilità sia in caso di spontaneo ravvedimento operoso, sia anche nel caso in cui gli effetti dannosi o pericolosi della sua condotta, per ragioni oggettive, non si siano realizzati o siano comunque cessati indipendentemente dalla sua volontà.
Il tema appare rilevante perché rappresenta, invero, un importante aspetto di collegamento tra la disciplina estintiva prevista in materia ambientale e quella relativa alla sicurezza sul lavoro, tanto più che, ad avviso della Cassazione, la procedura di estinzione prevista nel d.lgs. n. 152/06 è costruita sullo stesso meccanismo contemplato nel d.lgs. n. 758 del 1994 e, la sua interpretazione, può correttamente ritenersi mutuata dai principi espressi in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. In ogni caso, come dispone l’art. 318-bis, il loro ambito applicativo è limitato alle sole ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette15.
3.- La lettura costituzionalmente orientata del tema. L’orientamento fornito dalla Cassazione trova coerenza anche nella prospettiva offerta da una lettura costituzionalmente orientata della problematica.
Proprio la sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 1998, apprezzata dai sostenitori delle opposte tesi quale pronunciamento che avrebbe limitato l’applicabilità della procedura di estinzione alle sole ipotesi di ravvedimento operoso, nella prospettazione argomentata dalla suprema corte viene posta sotto una differente luce.
Chiamata a pronunciarsi sulla fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758 del 1994 nella parte in cui non prevedono l’applicazione della procedura di estinzione nell’ipotesi di spontaneo ravvedimento operoso del contravventore, la Consulta ha ritenuto che «l’organo di vigilanza sia autorizzato ad impartire “ora per allora” (ossia anche dopo il ravvedimento operoso già spontaneamente attuato, interruttivo della condotta illecita e dei suoi effetti pregiudizievoli) la prescrizione prevista dall’art. 20 (che nella articolazione delle norma ha lo scopo di eliminare la contravvenzione accertata), ovvero, ed a maggior ragione, a ratificare nelle forme dovute prescrizioni irritualmente impartite, nonchè a verificare l’avvenuta eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e ad ammettere il contravventore al pagamento della somma determinata a norma dell'art. 21, commi 1 e 2, sì che l’autore dell’illecito, previo pagamento della somma stabilita, possa usufruire dell’estinzione del reato disciplinata dall'art. 24».
Secondo la Cassazione, la sentenza in questione non ha affatto inteso escludere l’applicabilità delle procedure estintive alle condotte con effetti esauriti di natura istantanea, diverse dallo spontaneo ravvedimento operoso del contravventore ma, in risposta all’unico petitum proposto, si è legittimamente limitata a riconoscere l’applicabilità della procedura di estinzione prevista a favore del soggetto che si sia conformato alle prescrizioni impartite dall’autorità di vigilanza anche nell’ipotesi di prescrizione impartita dopo il ravvedimento. Anzi, rilevando che la normativa «da un lato si propone di conseguire una consistente deflazione processuale» ha qualificato come «deflattiva» e non «premiale» 16 la ratio sottesa alla procedura di estinzione in questione, negando così implicitamente che essa sia esclusivamente riservata al soggetto che rimuova operosamente le conseguenze dell’illecito.
La giurisprudenza di legittimità ha d’altronde ritenuto superato l’orientamento che aveva ritenuto inapplicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui agli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758 del 1994 nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi, ovvero nei casi in cui l’organo di vigilanza non avesse impartito al contravventore alcuna prescrizione per la già avvenuta spontanea regolarizzazione, in favore dell’ indirizzo per il quale la finalità dell’istituto consiste soprattutto nel consentire, in via generale, l’estinzione amministrativa del reato, anche quando non vi siano regolarizzazioni da effettuare, perchè il reato è istantaneo o perchè la regolarizzazione è già avvenuta spontaneamente. Indirizzo ritenuto coerente con l’intento del legislatore del 2004 di introdurre una generale procedura di estinzione delle meno gravi contravvenzioni in materia di lavoro e legislazione sociale. 17
In argomento, ancor più radicale, appare la posizione della più risalente giurisprudenza che, in ragione del fatto che l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 ha ricondotto sia il ravvedimento operoso che le condotte esaurite alla procedura estintiva exartt. 20 e ss. alla procedura estintiva del d.lgs. n. 758/94, impone di considerare la mancata indicazione di prescrizioni da parte dell’organo di vigilanza addirittura quale causa di improcedibilità dell’azione penale18.
Sicché, la valutazione complessiva della problematica, che prenda le mosse dalla considerazione che le violazioni delle quali si discute (tanto in materia di sicurezza e igiene del lavoro, quanto in ambito ambientale) integrano condotte a rilievo penale punibili anche dal punto di vista amministrativo, non può non considerare i possibili sviluppi pratici della complessa vicenda sanzionatoria, rispetto alla quale garantire al contravventore una più ampia possibilità di beneficiare della procedura estintiva, assicurando, nel contempo, una più rapida definizione del procedimento penale, appare la soluzione maggiormente rispondente ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme esaminate. L’opposta soluzione, infatti, ove sia negata l’applicabilità della procedura estintiva, potrebbe condurre alla definizione del procedimento per improcedibilità dell’azione penale, senza alcuna possibilità di verifica delle ragioni che l’hanno determinata e collidere con il consolidato orientamento della Cassazione, che ha stabilito che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’omessa indicazione da parte dell’organo di vigilanza delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell’azione penale19. Le pronunce che hanno fornito tale indirizzo, proprio in ragione della alternativa previsione sia di condotte esaurite (relative agli illeciti istantanei) sia di ipotesi di spontaneo ravvedimento operoso di cui all’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, prevedono la possibilità di presentare istanza di oblazione in sede amministrativa o in sede penale, come imposto dalla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 758 del 1994. Il risultato è che «il beneficio non può essere precluso per il solo fatto che non ci sia nulla da regolarizzare»: l’autorità giudiziaria è, sì, legittimata ad esercitare l’azione penale contro il contravventore che non abbia ricevuto prescrizioni di regolarizzazione da parte dell’autorità amministrativa (perchè la condotta è esaurita e non sussistono prescrizioni da potere impartire), ma il contravventore, tanto che abbia commesso un illecito istantaneo, tanto che abbia spontaneamente regolarizzato l’illecito, può proporre istanza di oblazione al cui accoglimento e all’avvenuto pagamento segue l'estinzione del reato.
Sotto l’aspetto del profilo del dialogo tra esercizio dell’azione penale ed amministrativa, senza che ciò generi squilibri operativi, l’autorità amministrativa è legittimata ad adottare la procedura estintiva anche senza impartire prescrizioni in caso di condotte esaurite, perché il giudice penale mantiene il potere di sindacare la legittimità della procedura, valutando se, di volta in volta, le condizioni impedivano effettivamente l’indicazione di prescrizioni necessarie per regolarizzare l’illecito oppure no. Parimenti, se l’autorità di vigilanza non attiva la procedura di estinzione, nonostante il contravventore abbia commesso un illecito istantaneo, privo di conseguenze dannose o pericolose, oppure abbia spontaneamente regolarizzato la violazione, l’imputato, nei cui confronti sia stata esercitata l’azione penale, può richiedere di essere ammesso all’oblazione tanto in sede amministrativa che in sede giudiziaria e al giudice penale sarà fornita la possibilità di esercitare l’opportuno controllo di coerenza.
Lo scopo dell’istituto è quello di interrompere la condotta illecita e garantire il ripristino della condizione ordinaria e, ove sussista il postulato che le conseguenze siano eliminabili dal contravventore destinatario del procedimento penale, mutuando ancora dalle norme in materia di sicurezza sul lavoro, la procedura di estinzione diviene applicabile in ambito ambientale anche alle condotte permanenti 20 tranne, è ovvio, che per le violazioni materialmente o giuridicamente ineliminabili, come nel caso in cui l’illecito consista nell’esercizio di una attività in assenza delle prescritte autorizzazioni, che non può essere interrotto per volontà del contravventore ma per disposizione della pubblica amministrazione.
4.- Conclusioni. Le conclusioni alle quali la Corte di cassazione è pervenuta riconducono l’articolato meccanismo delle procedure estintive all’essenzialità della coerenza sistematica di tali procedimenti con il complesso quadro normativo di riferimento.
Nel minare senza compromessi ogni eventuale tentativo di emersione di un sistema che impedisca di applicare un beneficio deflattivo al soggetto che pur senza essersi ravveduto, abbia comunque commesso un illecito di limitata gravità, perchè istantaneo e non produttivo di conseguenze dannose o pericolose (ed abbia comunque provveduto al pagamento delle sanzioni amministrative), rispetto al contravventore che, pur avendovi spontaneamente posto rimedio, abbia commesso un illecito dannoso o pericoloso per l’ambiente o per la sicurezza dei lavoratori, la Cassazione ha, di fatto, fornito un orientamento che, tanto nei reati ambientali quanto nelle violazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, risponde ad esigenze di intrinseca ragionevolezza e restituisce la certezza di un sistema improntato alla sostanziale equità.
1 Propriamente definito «Codice» delle leggi ambientali in quanto corpo normativo che non si esaurisce in una semplice raccolta di leggi, ma in una riconduzione di regole già frammentate in diversi contenitori, a un complesso internamente coerente, dominato da principi a partire dai quali si può ottenere la visione di tutto il corpo del diritto considerato, che così risulta frutto di «riassetto», ispirato in primisdal principio ideologico della autoresponsabilitàdell’uomo verso l’ambiente inteso come valore. Sul tema: GERMANÒ - ROOK BASILE, Premessa sulla natura delcorpus normativo ambientale , in GERMANÒ - ROOK BASILE - BRUNO - BENOZZO, Commento al Codice dell’Ambiente , II ed., Torino, 2013, 1; BENOZZO, L’intervento volontario del terzo nelle attività di bonifica, tra libertà di interruzione, obblighi di prosecuzione e gestione di affari altrui , in Dir. Giur. Agr. Alim. e Amb., 3-2023.
2 La disciplina è stata introdotta dall’art. 1, comma 9 della legge 22 maggio 2015, n. 68recante «Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente».
3 In argomento per tutti RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, Commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68 , Torino, 2015. Si vedano anche AMENDOLA, Ecoreati: primi appunti sulla nuova procedura di eliminazione delle contravvenzioni previste dal d.lgs. n. 152/06 , LEXAMB RG, 20 luglio 2015; TELESCA, Osservazioni sulla l. 22 maggio 2015, n. 68 recante «disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente»: ovvero i chiaroscuri di una agognata riforma,DPC online, 17 luglio 2015.
4 Così RUGA RIVA, op. cit.
5 In argomento AMOROSO, La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal d.lgs. 152/06. Quali direttive per gli organi accertatori, DPC online, 5 novembre 2015.
6 Il riferimento è alla legge 18 ottobre 2001, n. 383, avente ad oggetto «Primi interventi per il rilancio dell’economia», che all’art. 2, comma 2, delegava il Governo di adottare uno o più decreti legislativi in materia di protezione dell’ambiente finalizzati ad introdurre procedure estintive speciali per alcuni reati ambientali. In argomento si rinvia a GAI Codice dell’ambiente, profili generali e penali , a cura di S. NESPOR- L. RAMACCI, Milano, 2022, 432-446.
7 Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 recante «Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro».
8 In particolare, per tutti sotto il profilo applicativo, dal Procuratore presso il Tribunale di Asti nel ricorso con il quale ha impugnato per violazione degli art. 318-bise ss. la sentenza del 4 ottobre 2018, emessa dal Tribunale di Asti che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in relazione al reato di cui al d.lgs. n.152/06 comma 4, per avere egli provveduto nei termini al pagamento delle sanzioni amministrative, con conseguente estinzione dello stesso.
9 Art. 318-septies, comma 3: «L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa».
10 Decreto Legislativo 23 aprile 2004, n. 124 avente ad oggetto: «Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30», il quale all’art. 15, comma 3, prevede appunto che «La procedura di cui al presente articolo si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione».
11 Corte Cost., 18 febbraio 1998, n. 19, in https://www.cortecostituzionale.it/ .
12 Tale posizione sarebbe desumibile dal punto n. 2 delle motivazioni della sentenza n. 19 del 1998.
13 Cass. Pen., Sez. III, 18 aprile 2019 n. 36405, Rv. 276681; id.Cass. Pen., Sez. III, 11 febbraio 2020 n. 15965.
14 «Questo avviene all'art. 11, commi 2 e 5, art. 13, comma 3 e comma 4, lett. c) e d), ma, soprattutto, allo stesso art. 15, comma 1, secondo cui “con riferimento alle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione è affidata alla vigilanza della direzione provinciale del lavoro, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi del d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 artt. 20 e 21 e per gli effetti degli artt. 23 e 24 e 25, comma 1, dello stesso decreto”». Punto n. 4 della sentenza Cass. Pen., Sez. III, 18 aprile 2019 n. 36405.
15 Cosi: Cass. Pen., Sez. III, 18 aprile 2019 n. 36405, cit.
16 Il riferimento è al passaggio in cui la sentenza della Corte costituzionale osserva che: «la nuova normativa mira da un lato ad assicurare l’effettività dell’osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, materia in cui l’interesse alla regolarizzazione delle violazione e alla correlativa tutela dei lavoratori è di gran lunga prevalente rispetto all’applicazione della sanzione penale, dall’altro si propone di conseguire una consistente deflazione processuale».
17 Cass. Pen. Sez. III, 15settembre 2015 n. 37228.
18 Cass. Pen., Sez. III 6 giugno 2007 n. 34900.
19 Cass. Pen., Sez. III, 13 gennaio 2017 n. 7678; Cass. Pen., Sez. III, 5 maggio 2010 n. 26758.
20 Cass. Pen., Sez. III, 28 dicembre 2005 n. 47228, in CED Cassazione penale 2005 .