Corte Costituzionale ord. 258 del 30 settembre 2011
Ambiente - Norme della Regione Marche - Disciplina delle procedure di impatto ambientale - Previsione (per il periodo antecedente all'abrogazione della norma censurata stabilita con l'art. 5, comma 4, della legge regionale 12 giugno 2007, n. 6) che la mancata pronuncia dell'autorità competente nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'annuncio sul B.U.R. comporta l'esclusione del progetto dalla procedura di V.I.A.
ORDINANZA N. 258
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 9, della legge della Regione Marche 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale), promosso dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche nel procedimento vertente tra l’Idrotermica 2006 s.r.l. e la Regione Marche ed altra, con ordinanza del 26 marzo 2010, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;
udito nell’udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
udito l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, con ordinanza del 26 marzo 2010 (reg. ord. n. 193 del 2010) – nel corso di un giudizio di impugnazione del decreto del dirigente della posizione di funzione, valutazioni ed autorizzazioni ambientali n. 20/VAA-08 del 27 febbraio 2009, mediante il quale la Regione Marche ha disposto di assoggettare alla procedura di valutazione di impatto ambientale (c.d. VIA) il progetto di una centrale idroelettrica sul fiume Potenza, presentato dalla Idrotermica 2006 s.r.l., e di negare l’autorizzazione paesaggistica – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 9, della legge della Regione Marche 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale), in riferimento agli artt. 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;
che il giudice a quo riferisce che l’opera in questione rientra nella previsione di cui all’allegato B1, punto 2, della legge regionale n. 7 del 2004, per cui, in caso di esito negativo del c.d. screening preliminare, il relativo progetto va sottoposto alla VIA e che la relativa competenza è della Regione;
che, in punto di fatto, il giudice rimettente espone che la domanda di rilascio dell’autorizzazione unica è stata presentata il 6 ottobre 2006, con successiva produzione della documentazione integrativa richiesta e con espressione del parere favorevole del Comune di Castelraimondo, della Provincia di Macerata e dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche (ARPAM);
che, secondo il tribunale, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto alla data del 18 giugno 2007 si era formato il silenzio-assenso ex art. 6, comma 9, della legge regionale n. 7 del 2004, nella versione previgente all’abrogazione di tale norma disposta dall’art. 5 della legge della Regione Marche 12 giugno 2007, n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 14 aprile 2004, n. 7, alla L.R. 5 agosto 1992, n. 34, alla L.R. 28 ottobre 1999, n. 28, alla L.R. 23 febbraio 2005, n. 16 e alla L.R. 17 maggio 1999, n. 10 – Disposizioni in materia ambientale e rete natura 2000);
che, poiché la citata legge n. 6 del 2007 è stata pubblicata nel B.U.R.M. del 21 giugno ed è entrata in vigore il 18 giugno 2007 (computando quale dies a quo il 18 aprile 2007, ossia la data nella quale il ricorrente ha integrato la documentazione carente) si era ormai avverata la fattispecie autorizzativa implicita prevista dal citato art. 6, comma 9;
che, in punto di rilevanza, il rimettente assume che l’abrogazione dell’art. 6, comma 9, secondo cui “la mancata pronuncia dell’autorità competente, nel termine di cui al comma 7 comporta l’esclusione del progetto dalla procedura di VIA”, è intervenuta il 6 luglio 2007, quando ormai il silenzio-assenso si era formato, senza che possa sostenersi che il provvedimento impugnato abbia rimosso, in via di autotutela, l’atto di autorizzazione implicito, in quanto l’atto in questione non fa alcun riferimento all’esercizio dello ius poenitendi della p.a.;
che, ciò premesso, il TAR rimettente ritiene che la definizione della controversia non possa prescindere da una pronuncia di incostituzionalità della norma impugnata, non potendosi né invocare la disapplicazione della stessa per contrasto con la direttiva comunitaria 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE, né sostenere la sua implicita abrogazione ad opera dell’art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);
che, circa la non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo richiama la giurisprudenza costituzionale per la quale il silenzio della p.a. non potrebbe assumere il valore di assenso, sussistendo la necessità di una pronuncia esplicita, nonché i principi desumibili dalla legislazione statale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, concludendo per la declaratoria di incostituzionalità della norma;
che si è costituita la Regione Marche facendo presente di avere già sostenuto, in sede di giudizio di merito, che gli uffici regionali non avevano fatto applicazione del citato art. 6, comma 9, sia per il contrasto con la direttiva comunitaria n. 85/337/CEE, e delle relative pronunce della Corte di giustizia, sia per il contrasto con la legislazione statale in tema di ambiente;
che la tesi della inapplicabilità della direttiva comunitaria sarebbe intrinsecamente contraddittoria;
che sarebbe poi evidente il contrasto con la disciplina comunitaria della norma sul silenzio-assenso, dal momento che il tenore testuale della direttiva (art. 4, par. 2, 3 e 4), si pone in termini di evidente incompatibilità con qualunque ipotesi di silenzio-assenso;
che l’inapplicabilità della norma censurata alla fattispecie, la piena legittimità del provvedimento adottato dalla Regione, nonché il difetto di rilevanza della questione sollevata, risultano anche dalla considerazione del rapporto tra la suddetta norma regionale e la disciplina statale vigente all’epoca dei fatti di causa;
che, solo in via subordinata, e cioè nell’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere la norma impugnata applicabile alla fattispecie, la Regione Marche conclude per la fondatezza della questione;
che, nell’imminenza della udienza di discussione, la Regione ha depositato memoria con la quale insiste negli argomenti prospettati nell’atto di costituzione.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale delle Marche dubita della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 9, della legge della Regione Marche 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale) in riferimento agli artt. 9, 97 e 117 della Costituzione;
che, secondo la norma citata, nella versione previgente all’abrogazione disposta dall’art. 5 della legge della Regione Marche 12 giugno 2007, n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 14 aprile 2004, n. 7, alla L.R. 5 agosto 1992, n. 34, alla L.R. 28 ottobre 1999, n. 28, alla L.R. 23 febbraio 2005, n. 16 e alla L.R. 17 maggio 1999, n. 10 – Disposizioni in materia ambientale e rete natura 2000), prescriveva che la mancata pronuncia dell’autorità competente, nel termine di giorni 60, sulla domanda relativa ad un progetto da assoggettare alla procedura di impatto ambientale (VIA), comportava l’esclusione del progetto dalla stessa procedura;
che la questione è stata sollevata nell’ambito di un giudizio di impugnazione, da parte del proponente un progetto per la costruzione di una centrale idroelettrica, avverso la delibera regionale di assoggettamento alla procedura di VIA (e del conseguente rigetto dell’autorizzazione paesaggistica);
che, secondo il ricorrente, sulla sua domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto si sarebbe formato il silenzio-assenso, in base alla normativa regionale all’epoca vigente;
che il rimettente – constatando che l’opera in questione rientra nella previsione di cui all’allegato B1, punto 2, della citata legge regionale n. 7 del 2004, per cui, in caso di mancato superamento della procedura di verifica di assoggettabilità (c.d. screening preliminare), il relativo progetto va sottoposto alla VIA – riferisce, che a seguito dell’abrogazione del comma 9 dell’art. 6, della cui illegittimità si discute, il silenzio osservato dall’amministrazione equivale ora a inadempimento;
che, ciò premesso, lo stesso rimettente dubita, però, che la norma citata, nel periodo in cui è stata in vigore, e grazie alla quale sarebbe maturato il silenzio-assenso sulla domanda del privato, sia conforme: a) all’art. 9 Cost., oltre che all’art. 97 Cost., per essere l’atto autorizzativo implicito validamente utilizzabile nei procedimenti in cui l’amministrazione deve solo verificare la conformità dell’istanza del privato rispetto ad uno schema normativo predeterminato, e non in materia ambientale, in cui sono necessarie valutazioni di compatibilità con la tutela ambientale; b) e all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per essere il silenzio-assenso, previsto dalla disposizione regionale, in contrasto con i principi dettati dallo Stato in materia nella quale è configurabile la competenza esclusiva (art. 32 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale);
che l’ordinanza di rimessione è in sé contraddittoria, e ingenera il dubbio di una non completa comprensione del funzionamento dell’istituto della VIA;
che la formulazione della questione in modo perplesso e contraddittorio è ragione di manifesta inammissibilità (ordinanze n. 90 del 2009, n. 252 e n. 433 del 2008);
che l’argomentazione del giudice a quo non è congruente alle finalità della procedura preliminare di screening, che ha lo scopo di verificare l’assoggettabilità di un’opera alla procedura di VIA, nel senso che, ove l’opera abbia un’astratta rilevanza nel contesto ambientale, per essere ricompresa negli elenchi allegati alla legge, la verifica preliminare vale ad incanalare un progetto verso la valutazione vera e propria dell’impatto ambientale, o diversamente, ove l’opera risulti priva di rilevanza, di esentarlo dalla VIA;
che il rimettente, da un lato, mostra di ritenere l’impianto progettato privo della rilevanza necessaria a sottoporlo alla verifica preliminare, mentre poi, sorprendentemente, dall’altro, afferma che «pur avendo esso un impatto sull’ambiente, che sarà oggetto di valutazione in sede di procedura di VIA (…) non per questo autorizzabile senza ulteriori verifiche circa la sua compatibilità con l’ecosistema»;
che è evidente che, qualora la norma della cui legittimità si dubita dovesse essere interpretata nel senso che l’esclusione del progetto dalla verifica preliminare comporta ugualmente il successivo assoggettamento alla VIA, verrebbe meno la rilevanza della questione nel giudizio a quo, in cui oggetto dell’impugnazione è proprio la delibera regionale di assoggettamento del progetto alla VIA;
che, nella stessa supposizione che il progetto dell’opera oggetto del giudizio in corso non sia soggetto a verifica, perché privo di “rilevante” impatto, il giudice, che pure si dichiara titolare di un sindacato “debole” o “estrinseco”, oltre a compiere una valutazione di merito che è estranea ai presupposti di applicabilità della procedura, è convinto di non poter disapplicare la norma, ritenendone il contrasto con la disciplina comunitaria posta dalla direttiva 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati);
che, nei giudizi di costituzionalità in via incidentale, ove il diritto comunitario sia immediatamente applicabile, in modo da indurre alla non applicazione di una norma interna, viene meno la rilevanza della questione (ex plurimis sentenze nn. 288 e 227 del 2010, nn. 125 e 100 del 2009, n. 284 del 2007; ordinanze n. 415 del 2008 e n. 454 del 2006);
che l’astratta riconducibilità di un progetto alla tipologia enucleata dalla normativa europea e da quella interna applicativa (lo stesso rimettente dà atto che il progetto per cui è causa rientra nella tipologia prevista dall’allegato B1, punto 2, della legge della Regione Marche n. 7 del 2004), rende obbligatoria la verifica preventiva, tant’è che lo stesso ricorrente in causa aveva ritenuto di doverne inoltrare domanda, salvo poi assumere su di essa il silenzio-assenso;
che, con riguardo alla direttiva comunitaria concernente la valutazione dell’impatto ambientale, è indubitabile che la regola della necessaria verifica di sottoponibilità dei progetti testualmente individuati (anche nella integrazione delle discipline nazionali) alla valutazione ambientale costituisce previsione immediatamente precettiva, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (così la sentenza 10 giugno 2004, in causa C-87/02), e dalla stessa giurisprudenza amministrativa, che ha ritenuto di disapplicare la normativa regionale sul silenzio-assenso in materia ambientale (tra le altre, sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, n. 5169 del 2001 e n. 4058 del 2008; sez. VI, n. 3913 del 2005);
che ulteriori ragioni di inammissibilità riguardano la pertinenza dei parametri evocati;
che il rimettente prospetta in primo luogo il contrasto con l’art. 9 Cost., ma sotto tale profilo l’ordinanza è del tutto priva di motivazione (ordinanze n. 61 del 2010, n. 171 del 2009, n. 206 del 2008), restando il collegamento alla tutela dell’ambiente solo intuitivo, in base all’argomentazione sviluppata in riferimento agli altri due parametri;
che, riguardo al prospettato contrasto con l’art. 97 Cost., alla luce del quale, secondo il giudice a quo, l’atto autorizzativo implicito può essere validamente utilizzabile nei procedimenti in cui l’amministrazione deve solo verificare la conformità dell’istanza del privato rispetto ad uno schema normativo predeterminato, va ricordato che, in linea di principio, al legislatore non è affatto preclusa, sul piano costituzionale, la qualificazione in termini di silenzio-assenso del decorso del tempo entro il quale l’amministrazione competente deve concludere il procedimento e adottare il provvedimento;
che, allo stesso modo, non è preclusa nel suddetto settore la previsione di ulteriori istituti di semplificazione amministrativa, restandone affidata la scelta a valutazioni rimesse alla discrezionalità legislativa, nell’obiettivo di tempestività ed efficienza dell’azione amministrativa e quindi di buon andamento (sentenza n. 404 del 1997);
che non appropriatamente richiamato è l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che attribuisce la competenza legislativa esclusiva allo Stato, in materia ambientale;
che è pur vero che la disciplina della VIA attiene alla tutela dell’ambiente (sentenze n. 1 del 2010 e nn. 234 e 225 del 2009), ma deve ritenersi che nella norma della cui illegittimità si discute non può in alcun modo verificarsi uno sconfinamento della Regione dalle proprie prerogative legislative, posto che, da un lato, la regolamentazione si riferisce alle opere per le quali è la Regione a dover compiere la verifica di compatibilità ambientale, e dall’altro, la previsione del silenzio-assenso di cui all’art. 6, comma 9, della legge della Regione Marche n. 7 del 2004 non faceva che applicare il principio sancito, a livello di normativa statale, dall’art. 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 (Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale), con formulazione quasi identica al dettato normativo di cui si discute («trascorso il termine suddetto, in caso di silenzio dell’autorità competente, il progetto si intende escluso dalla procedura»);
che ulteriore ragione di manifesta inammissibilità è costituita dalla erronea ricostruzione del quadro normativo (in tal senso le ordinanze n. 334 del 2007 e n. 358 del 2004) da parte del rimettente, dal momento che il Tar Marche non opera una ricognizione esatta del sistema legislativo, ai fini di una corretta applicazione al caso di specie, che, come detto, si sviluppa tra il 18 aprile e il 18 giugno 2007, con la pretesa maturazione del silenzio-assenso;
che il rimettente, pur consapevole dell’incompatibilità di certi istituti di semplificazione amministrativa con alcune materie “sensibili”, come l’ambiente, afferma di non poter ritenere l’abrogazione implicita della norma regionale in esame per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), che appunto, al comma 4, anche nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prevede la necessità di provvedimento amministrativo formale in dette materie, ed il valore del silenzio serbato dall’amministrazione competente come inadempimento;
che, secondo il Tar rimettente, la norma citata non equivarrebbe al divieto di prevedere ipotesi speciali di silenzio-assenso anche in materia ambientale, l’unico limite essendo rappresentato dalle norme costituzionali e dai principi del diritto comunitario;
che, in tal modo, però, lo stesso rimettente si contraddice, nel momento in cui si dichiara consapevole del contrasto tra il principio del silenzio-assenso in materia ambientale e la normativa comunitaria, oltre che, ovviamente, con i parametri costituzionali evocati;
che, sotto un diverso profilo, il rimettente omette di considerare che con l’entrata in vigore del c.d. Codice dell’ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), viene sancito il principio del valore negativo del silenzio sulla domanda di verifica di assoggettabilità alla VIA (art. 32) e viene abrogato (art. 48, comma 1, lettera c) il d.P.R. 12 aprile 1996 («Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale»), che all’art. 10, comma 2, conteneva la disposizione sul silenzio-assenso poi recepita dalla legislazione regionale;
che è pur vero che l’entrata in vigore sia dell’art. 32 che dell’art. 48 del Codice dell’ambiente, originariamente prevista entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (avvenuta sul n. 88 del 14 aprile 2006), è stata prima prorogata al 31 gennaio 2007 dall’art. 1-septies del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173 (Proroga di termini per l’emanazione di atti di natura regolamentare e legislativa), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006, n. 228, e successivamente al 31 luglio 2007 dall’art. 5 del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 117;
che peraltro l’art. 50 del Codice dell’ambiente, che prevedeva per le Regioni l’obbligo di adeguamento ai nuovi principi, e, in mancanza, la diretta applicazione di questi (ivi compreso l’art. 32 sul valore di inadempimento del silenzio osservato sulla domanda di verifica di assoggettabilità alla VIA), fissava in giorni centoventi il termine per l’adeguamento;
che questo termine, a differenza di quello previsto per l’attuazione della parte seconda del Codice dell’ambiente, non è stato prorogato, ed è scaduto il 12 agosto 2006;
che da ciò consegue che è legittimamente predicabile che al momento di presentazione della domanda (recte, di integrazione della documentazione, ovvero al 18 aprile 2007), in ambito regionale, il silenzio sulla domanda di verifica di assoggettabilità alla VIA non aveva più valore di assenso;
che, pertanto, la questione è sotto i plurimi profili indicati manifestamente inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 9, della legge della Regione Marche 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale), sollevata, in riferimento agli artt. 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 settembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 settembre 2011.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI