Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 898, del 13 febbraio 2013
Ambiente in genere.Legittimità disciplina comunale che dispone la destinazione alla pubblica fruizione delle aree demaniali marittime

Risulta del tutto ragionevole che l’Amministrazione, con disposizioni generali e stratte, abbia previsto procedure basate sulla trasparenza e sulla evidenza pubblica, per la scelta dei concessionari delle aree preventivamente individuate come quelle da non lasciare all’uso pubblico e da gestire tramite concessioni demaniali. Inoltre, non risultano irrazionali e contraddittorie le valutazioni riguardanti altre aree site in diverse località, né risultano commesse disparità di trattamento con riferimento alle situazioni diversamente regolate con le norme transitorie, poiché ben può l’amministrazione fissare una regola generale, volta a consentire la balneazione al pubblico, prendendo in considerazione situazioni in cui si erano consolidati specifici affidamenti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 00898/2013REG.PROV.COLL.

N. 08176/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8176 del 2012, proposto dal signor Francesco Telese, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Garofalo, con domicilio eletto presso la Segreteria della sesta sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Ischia;

per la riforma della sentenza del t.a.r. della campania – napoli, 7 giugno 2012, n. 2728;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Claudio Contessa.

Nessuno è presente per le parti.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Il sig. Telese riferisce di aver presentato al Comune di Ischia, nel mese di luglio 2009, un’istanza finalizzata al rilascio di una concessione demaniale marittima per l’installazione di alcuni pontili galleggianti nella zona di Ischia Ponte.

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Campania e recante il n. 6620/09, l’odierno appellante impugnava (inter alia) il provvedimento in data 21 settembre 2009 con cui il competente dirigente comunale aveva disposto la “momentanea sospensione” dell’istanza a suo tempo presentata, in considerazione del fatto che erano in via di definitiva approvazione il regolamento demaniale marittimo e il piano di utilizzo delle aree demaniali (i quali avrebbero inciso – regolandola in modo puntuale – sulla possibilità di ottenere in concessione l’area per cui è causa).

Con sentenza 7 luglio 2011, n. 4130, il Tribunale adìto accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava i provvedimenti impugnati.

Per quanto concerne, in particolare, il regime temporale della disciplina applicabile in relazione all’istanza in questione, il Tribunale osservava che l’applicazione degli atti generali di regolazione comunale in via di definitiva approvazione “non potrà che riferirsi all’attività amministrativa successiva alla loro entrata in vigore, non potendo invece che rimanere disciplinate dalla normativa vigente le domande di concessone pendenti e non definite (…)”.

La medesima sentenza stabiliva, poi, che “l’amministrazione comunale [dovrà] provvedere ad esitare nel merito l’istanza di concessione alla stregua del sistema normativo di riferimento vigente al momento della pronuncia e nell’osservanza dei principi e prescrizioni precisati nella [sentenza del medesimo T.A.R.] n. 1911 del 14 aprile 2010”.

A seguito della pubblicazione di tale sentenza, il sig. Telese insisteva nei confronti del Comune di Ischia per ottenere una pronuncia favorevole sull’istanza di rilascio della concessione demaniale di cui sopra, ma il Comune oggi appellato – invece di rilasciare il titolo richiesto – si limitava, al contrario, ad adottare un preavviso ai sensi dell’articolo 10-bis della l. 241 del 1990, indicante le ragioni ostative al rilascio del titolo.

A questo punto della vicenda, il signor Telese si risolveva ad adire nuovamente il T.A.R. della Campania col ricorso di primo grado n. 134 del 2012, al fine di ottenere l’esecuzione del dictum rinveniente dalla pronuncia di annullamento n. 4130/2011.

E’ tuttavia rilevante osservare che, nelle more della nuova iniziativa in sede giudiziaria, il Comune di Ischia aveva definitivamente approvato:

- sia il regolamento di zonizzazione delle aree demaniali (delibera del Consiglio comunale n. 7 del 2011), i cui allegati non prevedono la possibilità di rilasciare concessioni demaniali nell’area di interesse del sig. Telese;

- sia il regolamento per la disciplina delle funzioni in materia di demanio marittimo (delibera del Consiglio comunale n. 50 del 2009).

Ancora, ai fini della presente decisione è rilevante osservare che, nelle more del ricorso n. 134 del 2012, il Comune di Ischia ha adottato il provvedimento in data 2 febbraio 2012 con cui (anche alla luce della disciplina comunalemedio tempore approvata) la richiesta di rilascio della concessione demaniale richiesta dal sig. Telese è stata definitivamente respinta.

Il provvedimento in questione è stato impugnato dall’odierno appellante con motivi aggiunti.

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. della Campania ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, ritenendoli infondati.

In sede di decisione, il Tribunale ha, in particolare, osservato:

- che in modo corretto il Comune di Ischia, nel riprovvedere sull’istanza a suo tempo presentata, avesse fatto applicazione “del sistema normativo di riferimento vigente al momento della pronuncia e nell’osservanza dei principi e prescrizioni precisati nella citata sentenza n. 1911 del 14 aprile 2010” (ossia, del regolamento comunale sulla zonizzazione delle aree demaniali del 2011, il quale che vieta in loco quel tipo di installazioni);

- che, comunque, rileva ai fini del decidere il fatto che la nuova disciplina comunale disponga la destinazione alla pubblica fruizione delle aree per cui è causa.

La sentenza in questione è stata gravata in sede di appello dal signor Telese, il quale ne ha chiesto la riforma articolando il seguente motivo:

1) Error in iudicando – Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – Travisamento, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia.

Il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto che, non dando seguito all’istanza di rilascio della concessione a suo tempo richiesta, il Comune di Ischia avesse comunque agito in senso conforme a quanto stabilito dalla sentenza n. 4130/2011 e, prima ancora, dalla sentenza n. 1911/2010, che la prima aveva espressamente richiamato.

Ancora, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di osservare che l’istanza di concessione demaniale a suo tempo proposta dovesse essere valutata secondo il regime normativo vigente al momento della sua presentazione, senza alcuna possibilità di tenere conto dei regolamenti comunali medio tempore approvati.

In tal modo decidendo – a ben vedere – il T.A.R. avrebbe inammissibilmente conferito valenza retroattiva a una fonte (il regolamento comunale) che ne è certamente priva.

Ancora, la sentenza in epigrafe sarebbe affetta da un error in iudicando, in quanto il Tribunale avrebbe omesso di rilevare la necessità di operare la conversione del rito a seguito dell’impugnazione del provvedimento in data 3 febbraio 2012 con cui la domanda del sig. Telese è stata integralmente respinta.

Sempre con il ricorso in epigrafe il sig. Telese ha riproposto i motivi di impugnativa a suo tempo articolati avverso i regolamenti comunali numm. 50 del 2009 e 7 del 2011.

Il motivo in questione è così rubricato:

Carenza di potere – Sviamento – Violazione e falsa applicazione del R.D. 30 marzo 1942, n. 327 (Codice della navigazione), del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 (Regolamento di esecuzione del Codice della navigazione); del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, dell’art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 105, comma 2, lettera d); del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; dell’articolo 6, comma 3 della legge 4 dicembre 1993, n. 494 – Violazione e falsa applicazione della delibera di Giunta regionale n. 395/2006 – Difetto di istruttoria.

Alla camera di consiglio dell’11 gennaio 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio l’appello avverso una sentenza nel rito dell’ottemperanza (art. 112 del c.p.a.) proposto dal signor Telese (il quale aveva presentato al Comune di Ischia una domanda finalizzata al rilascio di una concessione demaniale marittima) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania n. 2728 del 2012 con cui è stato respinto in quanto infondato il ricorso (n. 134 del 2012) volto ad ottenere l’ottemperanza di una precedente sentenza del medesimo Tribunale (n. 4130 del 2011), con cui era stato annullato un provvedimento comunale negatorio del rilascio della concessione.

2. L’appello è infondato.

3. Come emerge dalla narrativa delle vicende di causa, il fulcro del thema decidendum consiste nell’individuare il corretto rilievo che le sopravvenienze sortiscono in relazione all’assetto degli interessi delineati dalla sentenza oggetto di ottemperanza e, in via mediata, sugli obblighi conformativi ricadenti sull’amministrazione in sede di riedizione del potere il cui esercizio aveva costituito oggetto della pronuncia di annullamento.

Al riguardo il T.A.R. ha correttamente richiamato il condiviso orientamento secondo cui il giudice dell’ottemperanza è chiamato non solo alla puntuale verifica dell'esatto adempimento da parte dell'Amministrazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato al fine di far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione (verifica - questa - che deve essere condotta nell'ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l'esecuzione e che implica una delicata attività d'interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando), ma anche ad apprezzare le eventuali sopravvenienze di fatto e di diritto al fine di stabilire in concreto se il ripristino della situazione soggettiva, illegittimamente sacrificata come definitivamente accertato in sede di cognizione, sia compatibile con lo stato di fatto e di diritto prodottosi medio tempore, ferma in ogni caso l'irrilevanza delle sopravvenienze di fatto e di diritto successive alla notificazione della sentenza della cui ottemperanza si tratta.

Né una siffatta ricostruzione dei poteri del giudice dell'ottemperanza implica un inammissibile vulnus alla stessa effettività della tutela giurisdizionale amministrativa e ai principi costituzionali sanciti dagli art. 24, 111 e 113, trattandosi piuttosto del naturale e coerente contemperamento della pluralità degli interessi costituzionali che vengono in gioco nel procedimento giurisdizionale amministrativo, quali in particolare:

il principio secondo cui di norma la durata del processo non deve andare a danno della parte vittoriosa e

il concomitante principio della stessa dinamicità dell'azione amministrazione e dell'esercizio della relativa funzione da parte della p.a. che ne è titolare.

Impostati in tal modo i termini della questione emerge l’infondatezza dell’appello, laddove si consideri che:

- prima ancora che il T.A.R. rendesse la sentenza della cui esecuzione si tratta (7 luglio 2011), ravvisando l’illegittimità dell’atto di arresto procedimentale emesso sulla originaria istanza del 13 luglio 2009, il Comune di Ischia aveva adottato un regolamento (delibera della giunta n. 71 del 22 aprile 2009, anteriore alla stessa proposizione dell’istanza), poi approvato con la delibera consiliare n. 50 del 15 dicembre 2009) il cui combinato operare aveva reso impossibile l’ottenimento della concessione demaniale richiesta dall’odierno appellante, precludendone il rilascio nelle aree da lui individuate;

- in base alla richiamata giurisprudenza, l’amministrazione non avrebbe potuto (neppure in sede di riedizione di un potere conformato dal giudicato di annullamento dell’atto di arresto procedimentale) porre in essere atti contrastanti con le preclusioni recate dal quadro regolamentare medio tempore intervenuto, il quale rappresentava sotto ogni aspetto la regula iuris da applicare per la definizione del tratto amministrativo da realizzare in sede di riedizione del potere.

4. A conclusioni non dissimili si perviene in base all’ulteriore orientamento (del pari condiviso dal Collegio) secondo cui l’esecuzione del giudicato (riguardante un interesse legittimo) può trovare limiti solo compatibilmente con le sopravvenienze di fatto e diritto antecedenti alla notificazione della sentenza divenuta irrevocabile; di qui la duplice conseguenza che la norma sopravvenuta al giudicato è strutturalmente irrilevante sulle situazioni giuridiche istantanee, mentre incide su quelle durevoli nel solo tratto dell'interesse che si svolge successivamente al giudicato, determinando non un conflitto, ma una successione cronologica di regole che disciplinano la situazione giuridica medesima (in tal senso: Cons. Stato, V, 3 maggio 2012, n. 2547)

Dal condiviso orientamento testé richiamato emerge che l’odierno appellante non potesse invocare le statuizioni della sentenza n. 4130/2011 (ovvero, della n. 1911/2010, da quest’ultima espressamente richiamata) al fine di pretendere un riesercizio del potere amministrativo pedissequamente conforme ai propri desiderata (e, segnatamente, che non potesse pretendere l’alternativa secca fra il rilascio della concessione in proprio favore e l’indizione della procedura comparativa di cui all’articolo 36 del cod. nav.).

E infatti, anche a voler valorizzare in massimo grado il dictum della sentenza oggetto di ottemperanza (secondo cui “l’amministrazione comunale [dovrà] provvedere ad esitare nel merito l’istanza di concessione alla stregua del sistema normativo di riferimento vigente al momento della pronuncia (…)”), è evidente che né il sistema normativo anteriore al biennio 2009-2011 e neppure (a maggior ragione) quello successivo giustificassero il rilascio delle misure invocate dall’odierno appellante.

Quanto al carattere del tutto preclusivo del quadro normativo di cui il Comune si era dotato nel 2009/2011 si è già detto: in sede di esame dell’originaria istanza (a seguito dell’annullamento dell’atto di arresto procediemtale emesso sulla base della delibera della giunta n. 71 del 22 aprile 2009, anteriore alla medesima istanza), il Comune doveva applicare il regolamento medio tempore approvato, con la delibera n. 50 del 15 dicembre 2009.

Ma neppure nell’ambito del quadro normativo previgente l’odierno appellante avrebbe avuto concrete possibilità di vedersi attribuire la richiesta concessione in sede di riesercizio del potere.

Premesso, infatti, che tale rilascio in suo favore non costituiva certamente atto vincolato (e, sotto questo aspetto, il giudicato di annullamento del pregresso diniego non poteva certamente fondare una pretesa al puro e semplice rilascio del titolo, imponendo all’amministrazione una mera pronuncia sull’an), ci si può domandare se sull’amministrazione incombesse – a seguito dell’istanza del signor Telese - quanto meno il dovere di indire la particolare procedura comparativa di cui all’articolo 37, cod. nav.

Ebbene, al quesito deve essere fornita risposta negativa, in considerazione del fatto che tale possibilità deve essere comunque letta alla luce del precedente articolo 36, il cui primo comma stablisce che “l’amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso ‘può’ concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali (…)” (virgolette aggiunte).

Ebbene, è del tutto inverosimile che il Comune potesse accedere alla richiesta di rilascio di una concessione sull’area per cui è causa (come lo stesso Comune ha chiarito con il provvedimento di rigetto del 2 febbraio 2012), in considerazione del fatto:

- che, quando è stato emesso l’atto di arresto procedimentale, era in corso di approvazione una disciplina comunale la quale avrebbe precluso il rilascio di concessioni sull’area (e, in base ad ordinari canoni di buona amministrazione, era del tutto inopportuno dar luogo a una sorta di ‘corsa al rilascio della concessione’ proprio nell’imminenza dell’adozione di atti che l’avrebbero resa impossibile);

- che, secondo quanto rilevato dal Comune nel diniego del 2 febbraio 2012, “l’area richiesta in concessione (…) è rappresentata da uno specchio acqueo che ha una naturale e consolidata attitudine ad essere posta direttamente al servizio della collettività, per uso pubblico della balneazione”.

Pertanto, il medesino diniego si è legittimamente fondato sulle disposizioni regolamentari, in itinere quando è stata presentata l’istanza, e su una valutazione specificamente riguardante l’area in questione.

5. Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che non appare persuasiva l’osservazione dell’appellante (secondo cui la vocazione ad uso pubblico del’area sarebbe smentita dal gran numero di concessioni demaniali rilasciate in aree viciniori e per finalità similari).

Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, infatti, la scarsità di porzioni di arenile destinate alla libera fruizione incrementa e non certo attenua l’esigenza di limitare, ove possibile, il rilascio di ulteriori concessioni.

6. Neppure può essere condiviso il motivo di appello con cui si lamenta che i primi Giudici non abbiano proceduto alla c.d. ‘conversione del rito’ (da rito camerale a rito ordinario) una volta intervenuta l’impugnativa avverso il provvedimento di definitivo rigetto dell’istanza a suo tempo presentata.

Al riguardo il Collegio non ritiene dubitabile che il rito camerale previsto per i ricorsi di ottemperanza dai sensi dell’articolo 112 del c.p.a. sia utilizzabile anche al fine delle impugnative degli atti di cui si ritenga l’invalidità ai sensi dell’articolo 21-septies della legge n. 241 del 1990 per violazione o elusione del giudicato (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, IV, 7 gennaio 2013, n. 23).

7. L’appello non può, quindi, trovare accoglimento.

Le ragioni dinanzi esposte sub 3 e 4 palesano che il ricorso non potrebbe trovare accoglimento neppure nel caso in cui si accedesse alla tesi dell’appellante secondo cui l’istanza di concessione avrebbe dovuto essere esaminata in base alla disciplina vigente nell’area al momento di presentazione della domanda (luglio 2009).

Pertanto, non risulta rilevante ai fini della decisione l’esame dei motivi di doglianza relativi alla presunta illegittimità delle delibere n. 50 del 2009 e 7 del 2011.

8. La Sezione ritiene nondimeno di esaminare le censure già formulate in primo grado (non esaminate dal TAR e riproposte nell’atto di appello a pp. 47-41) avverso le disposizioni del regolamento approvato con la delibera n. 50 del 15 dicembre 2009.

Non risulta fondato il motivo per il quale il Comune non avrebbe potuto disciplinare il rilascio delle concessioni demaniali, prevedendo procedure più difficili e restrittive.

Infatti, risulta del tutto ragionevole che l’Amministrazione, con disposizioni generali e stratte, abbia previsto procedure basate sulla trasparenza e sulla evidenza pubblica, per la scelta dei concessionari delle aree preventivamente individuate come quelle da non lasciare all’uso pubblico e da gestire tramite concessioni demaniali.

Inoltre, non risultano irrazionali e contraddittorie le valutazioni riguardanti altre aree site in diverse località, né risultano commesse disparità di trattamento con riferimento alle situazioni diversamente regolate con le norme transitorie impugnate in primo grado, poiché ben può l’amministrazione fissare una regola generale, volta a consentire la balneazione al pubblico, prendendo in considerazione situazioni in cui si erano consolidati specifici affidamenti.

Infine, va respinta la censura riguardante la condanna alle spese di primo grado, poiché la sentenza appellata si è attenuta al criterio della soccombenza.

9. In base a quanto sin qui esposto il ricorso in appello deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del secondo grado di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 8176 del 2012, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)