Consiglio di Stato, Sez. V n. 5294. del 17 ottobre 2012
Ambiente in genere. Valutazione impatto ambientale per estrazione di anidride carbonica.
La valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare l'autorità decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico scientifici, idonei ad evidenziare le ricadute sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una determinata opera. Si tratta di un forte vincolo procedimentale, che non determina però l'automatico diniego di autorizzazione in caso di valutazione negativa, che può essere superata con determinate procedure e con adeguata motivazione…parimenti, l'autorizzazione potrebbe essere negata in ipotesi di V.I.A. favorevole. Ciò comporta che la positiva VIA non è idonea a esprimere un giudizio definitivo sull'intervento, reso possibile solo dal rilascio dell'autorizzazione.. Una pronuncia favorevole non è idonea a imporre un “indirizzo ineluttabile” alla conclusione del procedimento e all’adozione del provvedimento conclusivo costituito nella specie, dalla concessione di coltivazione mineraria di CO2. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 05294/2012REG.PROV.COLL.
N. 03218/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3218 del 2010, proposto dal Comune di Montespertoli, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avv. Fausto Falorni, con domicilio eletto presso lo Studio legale Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
la Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore” della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Ciari, con domicilio eletto presso Giovanni Pasquale Mosca in Roma, corso d'Italia, 102; la Provincia di Firenze, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca De Santis e Stefania Gualtieri, con domicilio eletto presso Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43; la Conferenza di Servizi tra la Regione Toscana -Circondario Empolese Valdelsa, Soprintendenza e Comune di Montespertoli, Circondario Empolese Valdelsa, n. c. ; la spa Sol, in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via di Ripetta, 142; l’Amministrazione per i beni e le attivita' culturali, in persona del Ministro “pro tempore” e la Soprintendenza BAP per le Province di Firenze, Pistoia e Prato, rappresentate e difese dall'avv. St. Sergio Sabelli, domiciliate per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso la sede dell’Avvocatura generale dello Stato;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE II, n. 1504/2009, resa tra le parti, concernente VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE PER ESTRAZIONE DI ANIDRIDE CARBONICA, con la quale è stato dichiarato improcedibile il ricorso proposto dal Comune di Montespertoli per l’annullamento:
-delle deliberazioni della Giunta Regionale Toscana (in seguito, DGRT) n. 453 in data 19.6.2007, di approvazione del protocollo di intesa tra la Regione Toscana e la Sol spa, e n. 454, anch’essa in data 19.6.2007, contenente pronuncia favorevole di compatibilità ambientale sul progetto per la coltivazione di anidride carbonica in località Baccaiano nel Comune di Montespertoli, proposto dalla Sol spa;
-di tutti gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi, tra i quali –in quanto occorra– il verbale della Conferenza di Servizi in data 22.3.2007 tra la Regione Toscana, il Circondario Empolese Valdelsa, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio per le Provincie di Firenze, Pistoia e Prato e il Comune di Montespertoli, e il verbale della Conferenza di Servizi interna in data 21.2.2007.
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana, della Provincia di Firenze, della spa Sol e dell’Avvocatura dello Stato per il Ministero per i beni e le attivita' culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 4 maggio 2012 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Fausto Falorni, Pasquale Mosca su delega dell'avv. Lucia Bora e dell'avv. Stefania Gualtieri, e Giuseppe Franco Ferrari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso notificato il 9 ottobre 2007 e depositato in segreteria il successivo 18 ottobre, il Comune di Montespertoli ha impugnato dinanzi al TAR Toscana le DDGRT nn. 453 e 454, entrambe del 19 giugno 2007, recanti, rispettivamente, l’approvazione dello schema di un protocollo d’intesa tra la Regione e la Sol s.p.a. relativamente alla realizzazione, da parte di quest’ultima, di un impianto per la coltivazione di anidride carbonica nel sito di Baccaiano, posto nel territorio del Comune ricorrente, e la pronuncia favorevole circa la compatibilità ambientale dell’impianto predetto. Delle due deliberazioni il Comune di Montespertoli ha chiesto l’annullamento chiamando in giudizio, oltre alla Regione Toscana, tutte le amministrazioni coinvolte nella conferenza di servizi convocata all’interno del procedimento di VIA.
Il TAR, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse osservando che, pendente il giudizio, con decreto dirigenziale (in seguito, DD) n. 237 del 15.1.2008 la Regione Toscana –Settore Miniere ed Energie, ha conferito alla spa Sol la concessione di coltivazione mineraria relativa al giacimento di anidride carbonica di Baccaiano, “provvedimento che non risulta essere mai stato impugnato dal Comune di Montespertoli (non rileva, a questo fine, l’intervento “ad adiuvandum” spiegato dal Comune di Montespertoli in altro giudizio pendente, separatamente promosso avverso il decreto di concessione da alcuni soggetti privati dinanzi a questo stesso Tribunale, non potendo l’intervento costituire il mezzo per eludere il decorso dei termini decadenziali per l’impugnazione). Ne consegue che, dall’eventuale accoglimento della domanda qui proposta, l’amministrazione ricorrente non potrebbe trarre alcun vantaggio, dal momento che l’esercizio della contestata attività mineraria sarebbe pur sempre consentito alla (spa Sol) dal menzionato provvedimento concessorio, rispetto al quale la pronuncia favorevole di VIA e l’approvazione dello schema del protocollo d’intesa hanno valenza di meri atti endoprocedimentali, come del resto già ritenuto dal tribunale in sede cautelare. La manifesta improcedibilità dell’impugnazione assorbe ogni ulteriore questione, processuale e di merito. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese processuali”.
2.-Con ricorso in appello notificato il 31.3.2010 e tempestivamente depositato in Segreteria il Comune, riepilogati la vicenda per la quale è causa e l’articolato contenzioso da essa originato, rilevata la propria posizione contraria al progetto di sfruttamento dell’anidride carbonica nella zona dell’Acquabolla presso Baccaiano (si vedano, in particolare, le DCC 25.2.2005, 26.3.2005 e 12.5.2006, le note comunali 15.3.2006 e 25.5.2006 e la dichiarazione del Sindaco messa a verbale nella seduta della Conferenza di servizi del 22.3.2007), e rammentate le mozioni espresse a questo riguardo dal Consiglio regionale il 15.3.2006 (n. 198), 28.3.2007 (n. 401) e 11.7.2007 (n. 457), favorevoli alla valorizzazione del sito dell’Acquabolla e contrarie alla attività di estrazione di CO2 presso il sito medesimo; tutto ciò premesso, il Comune di Montespertoli ha contestato statuizioni e argomentazioni svolte dal TAR a sostegno della sentenza appellata (v. ric. app. , da pag. 22 a pag. 43). Più in dettaglio:
2.1.- la pronuncia favorevole di compatibilità ambientale non è atto meramente endoprocedimentale ma costituisce provvedimento conclusivo del relativo procedimento, avente rilevanza esterna e, come tale, impugnabile in via autonoma, come si ricava da una serena lettura degli articoli 3, lettere f) e g), e 18, commi 3, 5 e 8 della l. reg. n. 79 del 1998, oltre che dagli articoli 20, 26 e 27 del d. lgs. n. 152 del 2006 (e dagli articoli 57 e 60 della l. reg. n. 10 del 2010, ancorché non applicabili, “ratione temporis”, alla vicenda “de qua”);
- questa conclusione è rafforzata dal fatto che, come si desume dal combinato disposto di cui agli articoli 17 e 18 della l. reg. n. 78 del 1998, la pronuncia favorevole di compatibilità ambientale assume anche valenza di autorizzazione ai fini idrogeologici e paesaggistici, conclusiva dei relativi procedimenti, avente rilevanza autonoma e, come tale, immediatamente e autonomamente impugnabile (conf. art. 146, comma 12, del d. lgs. n. 42 del 2004);
- la DGRT n. 454 del 2007 costituisce dunque un atto di assenso, avente un triplice effetto (ai fini della VIA, del vincolo idrogeologico e del vincolo paesaggistico) e impugnabile in via autonoma, a prescindere dalla successiva impugnazione della concessione mineraria;
- anche a voler riconoscere alla pronuncia di compatibilità ambientale natura endoprocedimentale, la stessa è presupposto imprescindibile per il rilascio della concessione mineraria, costituisce atto idoneo a condizionare in modo decisivo l’esito finale del relativo procedimento, a imporre alla determinazione conclusiva un “indirizzo ineluttabile” (arg. ex articoli 18 l. reg. n. 79/98, 29 d. lgs. n. 152/06 e 58 l. reg. n. 10 del 2010), con conseguente impugnabilità della pronuncia stessa in via autonoma e immediata, senza che l’impugnazione sia pregiudicata dal fatto che, successivamente, non si sia proposto ricorso avverso il provvedimento di rilascio della concessione mineraria;
- è errata l’affermazione svolta in sentenza secondo la quale dall’eventuale accoglimento della domanda proposta il Comune ricorrente “non potrebbe trarre alcun vantaggio dal momento che l’esercizio della contestata attività mineraria sarebbe pur sempre consentito alla (Sol) dal provvedimento concessorio”, atteso che la pronuncia di compatibilità ambientale è presupposto necessario per il rilascio della concessione mineraria, e l’assenza, o l’illegittimità, della pronuncia di compatibilità ambientale comporterebbe l’illegittimità degli atti che consentono l’esecuzione dei lavori o delle attività per i quali la pronuncia medesima è richiesta. Detto altrimenti, l’annullamento giurisdizionale della pronuncia di compatibilità ambientale produrrebbe la caducazione in via automatica (ossia il travolgimento) dell’atto consequenziale costituito dalla concessione mineraria la quale, anche se non impugnata, si trova a essere preclusa in modo irrimediabile, venendo in rilievo una “invalidità a effetto caducante” e non a effetto soltanto “viziante”;
- in ogni caso, l’annullamento giurisdizionale della pronuncia di compatibilità ambientale determinerebbe un vizio di illegittimità a carico della concessione mineraria in quanto quest’ultimo atto si troverebbe a essere privo del necessario presupposto, il che potrebbe condurre la Regione a un intervento in via di autotutela costituito dall’annullamento d’ufficio, ex art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990, della concessione mineraria medesima: di qui l’interesse del Comune a vedere annullati i provvedimenti impugnati davanti al TAR;
- l’interesse comunale a vedere annullata in giudizio (in particolare) la pronuncia di compatibilità ambientale indipendentemente dalla impugnazione, di per sé irrilevante, della successiva concessione mineraria, va correlato, poi, alla rilevanza della pronuncia suddetta con riferimento ad aspetti, interferenti con l’ambiente e inerenti, tra l’altro, alla viabilità e alla disciplina urbanistica, diversi e ulteriori rispetto al procedimento destinato a terminare con la concessione della concessione mineraria. In altre parole, l’interesse alla impugnazione sussiste avendo riguardo alla esigenza di evitare che la pronuncia di compatibilità ambientale possa costituire presupposto per altri atti di assenso, ulteriori e diversi dalla concessione mineraria, oltre che in relazione ai profili sanzionatori indicati al p. 1.3.2. ric. app. .
2.2.- Appurata quindi la procedibilità del ricorso promosso dal Comune in primo grado, l’appellante ha riproposto (v. da pag. 44 a pag. 57 ric. app.) i motivi di impugnazione già svolti nel ricorso dinanzi al TAR, imperniati sulla violazione delle leggi regionali nn. 26 e 56 del 2000, 78 del 1998 e 14 del 2007, e sul vizio di eccesso di potere sotto svariati profili, concludendo con la richiesta di accoglimento dell’appello e di riforma della sentenza impugnata, con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado.
3.- Resistono la Regione e la società Sol.
La Regione ha in particolare eccepito, in via preliminare, la inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione “ad causam” e carenza di interesse a ricorrere in capo al Comune.
Si è costituita anche la Provincia di Firenze, per eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva.
All’udienza del 4 maggio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4.1.- In via preliminare va rilevato che l’art. 70 del c. p. a. , nello stabilire che il collegio può, su istanza di parte o d’ufficio, disporre la riunione di ricorsi connessi, attribuisce al giudice un potere ampiamente discrezionale. Nella specie, considerate le peculiarità dell’appello proposto dal Comune per vedere riformata la sentenza in epigrafe n. 1504 del 2009, rispetto agli appelli interposti contro la sentenza del TAR Toscana n. 1505 del 2009, non si ritiene di dover disporre la riunione del presente ricorso ai ricorsi nn. R. G. 9441 e 10085 del 2009 proposti, rispettivamente, dalla Regione Toscana e dalla spa Sol contro la sentenza n. 1505/09 cit. .
4.2.- Ancora in via preliminare va dato atto del difetto di legittimazione passiva della Provincia di Firenze, dato che sia il ricorso di primo grado, sia la sentenza n. 1504/09, sia il ricorso in appello non riguardano profili attinenti a competenze dell’Amministrazione provinciale.
La Provincia non ha infatti né partecipato alle conferenze di servizi di cui sono stati impugnati i verbali, né ha espresso alcun parere in merito al procedimento di VIA, né risulta destinataria di alcuna delle censure formulate, con conseguente difetto di legittimazione passiva della Provincia stessa nel presente giudizio.
4.3.- Premesso quanto sopra, considerato che l’appello va respinto e la sentenza di improcedibilità confermata, si può fare a meno di prendere in esame l’accezione di “inammissibilità del ricorso per difetto di “legitimatio ad causam” e carenza di interesse” in capo al Comune, sollevata in via preliminare dalla difesa regionale al p. A.1. della memoria Reg. Toscana 27.3.2012.
Si è già visto che il TAR ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse essenzialmente sul rilievo per cui il Comune ha impugnato gli atti presupposti (vale a dire le deliberazioni GRT nn. 453/06 e 454/06 recanti, rispettivamente, l’approvazione del protocollo di intesa tra Regione e Sol e la pronuncia favorevole circa la compatibilità ambientale dell’impianto suddetto), ma ha omesso di impugnare il provvedimento finale del procedimento, ossia la determinazione regionale di rilascio della concessione mineraria.
Da questa inconfutabile circostanza il TAR ha fatto discendere la conseguenza giuridico –processuale della improcedibilità del ricorso considerando l’eventuale annullamento giudiziale della pronuncia di compatibilità ambientale non idoneo a spiegare effetti direttamente caducanti nei confronti della concessione mineraria, non impugnata dal Comune (non rilevando, a questo fine, l’intervento “ad adiuvandum” proposto dal Comune “in altro giudizio pendente, separatamente promosso avverso il decreto di concessione mineraria da alcuni soggetti privati davanti (al TAR), non potendo l’intervento costituire mezzo per eludere il decorso dei termini decadenziali per l’impugnazione”: così, in modo condivisibile, il TAR; sul divieto di utilizzare l’intervento “ad adiuvandum” come rimedio processuale per aggirare l’intervenuta decadenza dell’azione impugnatoria v. Cons. St. , IV, n. 385 del 2011, cui si rinvia anche ai sensi degli articoli 60 e 74 c. p. a. ) .
Più esattamente, il TAR ha rilevato che dall’eventuale sentenza di accoglimento del ricorso e di annullamento, in particolare, della DGRT n. 454 del 2007 il Comune non avrebbe potuto trarre alcun vantaggio giacché il bene della vita al quale la stessa Amministrazione ricorrente aspirava –ossia impedire a Sol di dare corso alla attività di coltivazione mineraria- non avrebbe potuto essere conseguito nemmeno nel caso di pronuncia favorevole, ostandovi l’omessa impugnazione della concessione mineraria che, ancorché “claudicante”, avrebbe continuato a produrre i propri effetti (“l’esercizio della contestata attività mineraria sarebbe pur sempre consentito (a Sol) dal provvedimento concessorio” , rimasto inoppugnato –v. pag. 3 sent. ) .
Il TAR ha insomma censurato il fatto che il Comune abbia impugnato gli atti presupposti, vale a dire le DDGRT nn. 453 e 454 del 2007 astenendosi però dall’impugnare il provvedimento finale del procedimento: di qui, l’improcedibilità del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse posto che il Comune non avrebbe potuto trarre, dalla (eventuale) sentenza di accoglimento del ricorso e di annullamento della pronuncia di compatibilità ambientale, alcuna utilità, a causa del consolidarsi degli effetti del provvedimento “terminale” non impugnato.
A sostegno della propria decisione il TAR ha preso le mosse dai principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sedimentata in tema di invalidità a effetti meramente vizianti e a effetti caducanti, secondo cui “in presenza di vizi accertati dell’atto presupposto deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto conseguenziale anche quando quest'ultimo non è stato impugnato, mentre nel secondo caso l'atto conseguenziale è affetto da illegittimità derivata, ma resta efficace ove non ritualmente impugnato (giurisprudenza consolidata: di recente v. Cons. St. , VI, n. 585 del 2012).
La prima ipotesi ricorre nel solo caso in cui l’atto successivo venga a porsi nell'ambito della medesima sequenza procedimentale, quale inevitabile conseguenza dell'atto anteriore, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi.
Occorre cioè valutare l’intensità del rapporto di consequenzialità tra l’atto presupposto e l’atto successivo, con riconoscimento dell’effetto caducante qualora detto rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l’atto successivo si ponga, nell’àmbito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all’atto precedente.
Con riferimento al caso in esame, in modo corretto il TAR ha ritenuto che l’eventuale annullamento giudiziale della DGRT n. 454/07, recante pronuncia favorevole di compatibilità ambientale, non fosse idoneo a spiegare effetti caducanti con riguardo alla concessione mineraria, con conseguente improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Ai fini della decisione della controversia non assume rilievo decisivo la questione che riguarda la rilevanza esterna, e la impugnabilità in via autonoma, di per sé considerate, della pronuncia di compatibilità ambientale.
L’impugnabilità in via immediata della DGRT n. 454/07 è innegabile.
Va però tenuto presente che, in termini generali, la pronuncia di compatibilità ambientale attiene a un sub –procedimento che si inserisce all’interno di un procedimento, più ampio e articolato, destinato a concludersi con l’approvazione del progetto e, nel caso specifico, che il provvedimento terminale del procedimento è dato dal rilascio della concessione per la coltivazione mineraria.
Ora, la circostanza che la pronuncia di compatibilità ambientale costituisca provvedimento conclusivo del relativo sub –procedimento, avente rilevanza esterna e, come tale, impugnabile in via autonoma, non elide la correttezza delle conclusioni alle quali è giunto il TAR atteso che il riferimento, fatto nella decisione appellata, alla valenza meramente endoprocedimentale della pronuncia favorevole di VIA va riguardato non di per sé ma in relazione al procedimento destinato a concludersi con il DD di concessione mineraria (nelle premesse del quale viene richiamata, tra gli altri atti, la DGRT n. 454/07). In altre parole, la procedura di compatibilità ambientale e la pronuncia di compatibilità ambientale sono inerenti a un sub –procedimento che si inserisce entro un procedimento articolato destinato a concludersi con il provvedimento finale costituito dalla concessione mineraria ex art. 33 della l. reg. n. 78 / 98.
Come si ricava dalla lettura dell’art. 33 della l. reg. n. 79 del 1998, secondo cui “per il riconoscimento della presenza e della coltivabilità del giacimento minerario, quale presupposto per la concessione mineraria, la Giunta Regionale verifica la effettiva rilevanza dell'interesse pubblico rappresentato dalla utilizzazione del giacimento in rapporto alla tutela e valorizzazione delle risorse essenziali del territorio… ai vincoli e alle limitazioni d'uso del territorio interessato e all'incidenza dell'estrazione mineraria rispetto alla movimentazione degli altri materiali necessaria per consentire l'utilizzazione del giacimento minerario”, spettando inoltre alla GRT valutare il progetto di ripristino che deve essere obbligatoriamente allegato alla domanda di rilascio della concessione, la pronuncia di compatibilità ambientale non esaurisce le valutazioni che la Regione è tenuta a compiere ai fini del rilascio della concessione per la coltivazione mineraria.
Del resto, come correttamente osserva la difesa regionale, e come ha rilevato anche questo Consiglio (v. sent. sez. VI n. 6831 del 2006), la valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare l'autorità decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico scientifici, idonei ad evidenziare le ricadute sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una determinata opera. Si tratta di un forte vincolo procedimentale, che non determina però l'automatico diniego di autorizzazione in caso di valutazione negativa, che può essere superata con determinate procedure e con adeguata motivazione…parimenti, l'autorizzazione potrebbe essere negata in ipotesi di V.I.A. favorevole. Ciò comporta che la positiva v. i. a. non è idonea a esprimere un giudizio definitivo sull'intervento, reso possibile solo dal rilascio dell'autorizzazione (e che) la mancata impugnazione dell'autorizzazione finale preclude ogni contestazione sulla realizzabilità dell'intervento, anche sotto il profilo dell'impatto ambientale…” .
In particolare, rivolgendo lo sguardo più da vicino al caso in esame, a una pronuncia favorevole di compatibilità ambientale non fa seguito in via automatica il rilascio della concessione mineraria. Una pronuncia favorevole siffatta non è idonea a imporre un “indirizzo ineluttabile” alla conclusione del procedimento e all’adozione del provvedimento conclusivo costituito –nella specie- dalla concessione di coltivazione mineraria di CO2.
Da ciò discende che, tenuto conto del rapporto esistente tra atti inseriti entro un ampio contesto procedimentale, dall’annullamento giudiziale della pronuncia di compatibilità ambientale non deriva un effetto di travolgimento, vale a dire un effetto caducante, nei riguardi della concessione di coltivazione mineraria, a prescindere dalla impugnazione di quest’ultima. Vengono invece in discorso effetti meramente vizianti i quali, appunto, lasciano fuori una caducazione in via automatica, occorrendo, invece, per un annullamento “esteso” anche al provvedimento terminale, la impugnazione, in via autonoma e tempestiva, dell’atto successivo il quale, altrimenti, resiste(rebbe) all’ (eventuale) annullamento in sede giurisdizionale dell’atto presupposto.
Ci si trova di fronte a una (eventuale) invalidità a effetto soltanto viziante e non caducante giacché l’atto successivo, vale a dire la concessione della concessione mineraria, non si pone come inevitabile conseguenza dell’atto precedente, in quanto, da un lato, essa produce propri specifici effetti e, dall’altro, la pronuncia favorevole di VIA non crea nessun affidamento cristallizzato con riferimento alla situazione rappresentata nel provvedimento.
Va inoltre rimarcato che il TAR non ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, ma lo ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in correlazione con la omessa impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento, intervenuto “medio tempore”, in pendenza del giudizio; derivando, dalla suddetta, mancata impugnazione, il –condivisibile- convincimento del Giudice in ordine alla impossibilità, per il Comune, di ottenere l’utilità perseguita con il ricorso, ossia il bene della vita identificato nel mancato esercizio dell’attività estrattiva da parte di Sol.
Nemmeno colpisce il segno l’argomentazione comunale con la quale si tenta di valorizzare l’avvenuta impugnazione dell’esito della procedura di VIA effettuata sull’impianto di Sol come atto avente rilevanza di per sé solo, come atto cioè svincolato dalla successiva finalizzazione a consentire il rilascio della concessione mineraria “de qua”, e ciò in correlazione con la valenza autorizzativa, sotto i profili del vincolo paesaggistico e idrogeologico, della VIA favorevole. L’argomentazione va disattesa perché, come si è sopra evidenziato, il sub –procedimento di VIA, entro il quale sono ricomprese le valutazioni paesaggistica ed idrogeologica, pur terminando con un provvedimento avente rilevanza esterna, come tale impugnabile in via autonoma, si inserisce entro un più ampio procedimento di carattere autorizzativo / concessorio, disciplinato dalla l. reg. n. 78/98, dal che consegue la necessità di impugnare anche il provvedimento finale del procedimento ai fini del persistere dell’interesse a ricorrere.
Né può sostenersi in modo persuasivo che l’interesse a ricorrere permane indipendentemente dalla specifica e tempestiva impugnazione del provvedimento terminale del procedimento, trattandosi, così sostiene il Comune, di presupposto che, se annullato, potrebbe spingere la Regione a un intervento in via di autotutela costituito dall’annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies della l. n. 241/90, della concessione mineraria. A questo riguardo il Collegio osserva che l’attività connessa all’esercizio dell’autotutela è espressione di ampia discrezionalità ed è rimessa a una lata valutazione di merito dell’Amministrazione con particolare riguardo alla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico richieste dal citato art. 21 nonies.
Il carattere decisivo e assorbente delle considerazioni su esposte esime il Collegio dall’esaminare il merito dei motivi di gravame già svolti in primo grado e riproposti in appello.
Appello che va, in conclusione, respinto, con la conferma della sentenza di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Peraltro, le sopra specificate peculiarità della controversia giustificano la compensazione integrale delle spese e degli onorari tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate nel grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)