Cass. Sez. III n. 33047 del 25 novembre 2020 (CC 16 ott 2020)
Pres. Liberati Est. Gai Ric. Chianese
Ambiente in genere. Abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo

Il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo (artt. 54 e 1161 cod. nav.) è configurabile anche in mancanza di un esplicito atto di destinazione demaniale del bene, derivando la demanialità dalle caratteristiche intrinseche di quest'ultimo, sicché, se esso è compreso nelle categorie previste dall'art. 28 cod. nav. e sia adibito ad usi attinenti alla navigazione, rientra nel demanio marittimo. In particolare, il demanio marittimo è formato dai beni indicati nell'art. 822 cod. civ. (lido del mare, spiagge, rade e porti) e nell'art. 28 cod. nav., che aggiunge le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente con il mare e i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo. Ognuno dei beni dianzi enumerati è contraddistinto dall'essere idoneo ai pubblici usi del mare e tale criterio, desunto dall'art. 28 cod. nav., guida tradizionalmente la giurisprudenza nelle controversie tendenti ad accertare i confini del demanio marittimo.

RITENUTO IN FATTO

1. Chianese Fernando, a mezzo del difensore, ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza, indicata in epigrafe, con la quale il tribunale del riesame di Latina ha respinto l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo di un villino per civile abitazione con terreno circostante censito al catasto al fogl. 7, part. n. 719 del Comune di Sperlonga, nell’ambito di indagini svolte in relazione agli artt. 54- 1161 cod. nav. per l’arbitraria occupazione del demanio marittimo sul quale insiste un manufatto edificato.

2. Per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il ricorrente, deduce tre motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’erronea applicazione della legge penale e la nullità dell’ordinanza, ed anche del decreto di sequestro, in relazione alla non univocità/contraddittorietà della contestazione provvisoria. Secondo il ricorrente il provvedimento impugnato sarebbe contraddittorio laddove, da un lato, rileva che il reato per cui si procede è l’occupazione del demanio marittimo, ex art. 54-1161 cod. nav., e, tuttavia, viene indicato che l’area in sequestro è di proprietà dell’istante. La demanialità dell’area è incompatibile con la proprietà del manufatto riconosciuta in capo al ricorrente. La natura demaniale dell’area sarebbe stata ritenuta sussistente con motivazione contraddittoria mentre l’indagato, attraverso l’elaborato tecnico, che aveva provveduto a redigere, l’aveva esclusa.

2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione alla sussistenza del periculum in mora solo apparentemente argomentato sul mero rilievo della natura di reato permanente dell’occupazione abusiva.

2.3. Con il terzo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione al fumus commissi delicti. Premessa la legittimazione del ricorrente, quale persona alla quale le cose sono state sequestrate e l’interesse alla restituzione del bene, l’ordinanza avrebbe ritenuto sussistente la natura demaniale dell’area sulla quale insiste il manufatto, elemento imprescindibile per la configurazione del reato di cui all’art. 54-1161 cod. nav., sulla scorta delle mappe catastali, dovendosi, invece, avere riguardo, ai criteri fattuali quali la natura del terreno. In base agli artt. 28 cod. nav. e 822 cod. civ., ai fini del corretto accertamento dell’estensione del demanio marittimo è decisivo l’obiettivo stato dei luoghi, cioè la verifica in concreto dello stato dei luoghi, mediante esame delle caratteristiche morfologiche, e se le caratteristiche della demanialità siano attuali.
Il procedimento amministrativo di delimitazione di zone del demanio marittimo, previsto dall’art. 32 cod. nav., ha natura semplicemente ricognitiva, dovendosi dimostrare tale natura in concreto e nell’attualità. Né potrebbe darsi rilievo alla circostanza che il Comune di Sperlonga abbia respinto istanza di sanatoria. L’ordinanza impugnata, che si limita a trarre la natura demaniale dell’area dalla visura catastale e dal procedimento amministrativo di delimitazione effettuato nel 1930, è affetta dalla denunciata violazione di legge in relazione alla ritenuta demanialità dell’area.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.  

2. Il primo e terzo motivo di impugnazione, essendo tra loro strettamente collegati, vanno congiuntamente esaminati.
Va, anzitutto, premesso che alcuna contraddittorietà è ravvisabile nella configurazione della contestazione provvisoriamente elevata nei confronti del ricorrente. Al Chianese è contestata l’arbitraria occupazione del demanio marittimo per effetto della costruzione (abusiva) che insiste sullo stesso di cui è certamente possessore.
Secondo il provvedimento impugnato, il Giudice delle indagini preliminari aveva disposto il sequestro preventivo del manufatto adibito a civile abitazione insistente nell’area identificata catastalmente al foglio 7, part. 719, nonché delle relative pertinenze, in relazione al reato di cui all’art. 54 e 1161 cod. nav., manufatto edificato, secondo la prospettazione fatta propria dal giudice e dal tribunale del riesame, su area demaniale.
L’indagato, che allega di essere proprietario in forza di atto di trasferimento da Roberto Rivieccio, autore dell’abusiva edificazione che aveva presentato istanza di concessione in sanatoria (cfr. pag. 2 decreto di sequestro), a cui sono state sequestrate le cose, che, comunque, possiede la cosa sottoposta a sequestro, vanta un diritto alla restituzione ed è, conseguentemente, legittimato ad agire.
3. Ciò detto, la questione si incentra sulla natura di demanio marittimo e sul suo accertamento che costituisce la conditio sine qua non, della configurabilità della contestazione di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav., e dunque il fumus commissi delicti.
Va ricordato che il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo (artt. 54 e 1161 cod. nav.) è configurabile anche in mancanza di un esplicito atto di destinazione demaniale del bene, derivando la demanialità dalle caratteristiche intrinseche di quest'ultimo, sicché, se esso è compreso nelle categorie previste dall'art. 28 cod. nav. e sia adibito ad usi attinenti alla navigazione, rientra nel demanio marittimo (Sez.3, n.46351 del 27/10/2011, Rv.251343 - 01).
In particolare, il demanio marittimo è formato dai beni indicati nell'art. 822 cod. civ. (lido del mare, spiagge, rade e porti) e nell'art. 28 cod. nav., che aggiunge le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente con il mare e i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo. Ognuno dei beni dianzi enumerati è contraddistinto dall'essere idoneo ai pubblici usi del mare e tale criterio, desunto dall'art. 28 cod. nav., guida tradizionalmente la giurisprudenza nelle controversie tendenti ad accertare i confini del demanio marittimo.
È pacifico, inoltre, che il procedimento amministrativo di delimitazione di determinate zone del demanio marittimo, disciplinato dall'art 32 cod. nav., ha carattere semplicemente ricognitivo e non costitutivo della demanialità del lido, della spiaggia e dell'arenile, nel senso cioè dell'accertamento di una preesistente qualifica giuridica (la demanialità di tali beni).
Peraltro, in considerazione di tale limitata natura del procedimento amministrativo di delimitazione del demanio marittimo, la mancanza di esso non esplica alcuna influenza sull'accertamento dei reati di cui agli arti 54, 55 e 1161 cod. nav. (Sez. 3, n. 20124 del 25/03/2004, Testa, Rv. 228455; Sez. 3, n. 32852 del 13/07/2005, Mirante, Rv. 232199; Sez. 3, n. 21386 del 26/02/2002, Salerno, Rv. 221971).
Si è chiarito, in tale ambito, nella giurisprudenza civile della Corte di cassazione che il procedimento di delimitazione del demanio marittimo, previsto nell'art. 32 del codice della navigazione, tende a rendere evidente la demarcazione tra il demanio e le proprietà private finitime (senza, tuttavia, che ne resti alterata la situazione giuridica preesistente) e si conclude con un atto di delimitazione, il quale si pone in funzione di mero accertamento, in sede amministrativa, dei confini del demanio marittimo rispetto alle proprietà private, con esclusione di ogni potere discrezionale della P.A., con la conseguenza che il privato, il quale contesti l'accertata demanialità del bene, può invocare la tutela della propria situazione giuridica soggettiva dinanzi al giudice ordinario, abilitato alla disapplicazione dell'atto amministrativo se ed in quanto illegittimo (Cass. civ. Sez. 2, n. 18511 del  12/07/2018, Rv. 649592).
Sotto altro profilo, va, parimenti, evidenziato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il fatto che un terreno sia indicato nelle mappe catastali come compreso nel demanio marittimo dimostra che è stata a suo tempo espletata la procedura di delimitazione di cui al combinato disposto degli artt. 32 cod. nav. e 58 del regolamento di attuazione per la navigazione marittima, sicché, in assenza di alterazioni dello stato di fatto, quali determinate da sconvolgimenti del terreno o da fenomeni di spostamento della linea di battigia per cause naturali, la natura demaniale del medesimo terreno, così come verificata e registrata, non può essere oggetto di contestazione (Sez.3, n.18691 del 22/03/2016, D’Aietti, Rv.267029 – 01; Sez. 3, n. 36179 del 02/07/2003, Faraone, Rv. 225884); Sez. 3, n. 12606 del 20/10/2000, Indelicato, Rv. 217394).
4. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha ritenuto dimostrata l’appartenenza dell’area sequestrata, su cui insiste il manufatto abusivo, al demanio marittimo sulla base delle visure e delle mappe catastali che non possono non ritenersi prive di concreta valenza probatoria, dimostrando che a suo tempo era stata espletata la procedura di delimitazione di cui al combinato disposto degli artt. 32 cod. nav. e 58 reg. di attuazione per la navigazione marittima, sicchè in assenza di alterazione dello stato di fatto, quali determinati da sconvolgimenti del terreno, non può mettersi in discussione la demanialità dell’area. Ma v’è di più, a fronte della censura difensiva che escludeva la demanialità dell’area, fondata su una relazione di consulenza tecnica (cfr. pag. 5), il provvedimento impugnato ha argomentato che non era smentita la natura demaniale dell’area. Segnatamente, secondo il provvedimento impugnato, le deduzioni di fatto risultavano smentite non solo dalle visure camerali e dalle caratteristiche della zona – evincibili dai rilievi fotografici in atti – ma anche dagli stessi provvedimenti amministrativi del Comune, che aveva respinto, proprio sul presupposto della demanialità dell’area, l’istanza di concessione in sanatoria del Rivieccio, e sull’indimostrato stravolgimento dello stato di fatto rispetto a quello risultante dalla visura catastale,  e da questi elementi ha dedotto la demanialità dell’area e l’illegittima occupazione, e, in definitiva il fumus del reato contestato.
La motivazione non solo è presente, ma anche congrua e corretta in diritto e il ricorrente contrappone un accertamento alternativo che non si confronta con la ratio decidendi, sicchè la censura è anche priva di specificità estrinseca.
5. Quanto al periculum in mora, esso stato congruamente argomentato con motivazione che non può dirsi apparente. Rammenta, il Collegio, che l’art. 54-1161 cod. nav. ha natura permanente perché consiste non solo nella esecuzione di nuove opere in una zona protetta del demanio marittimo, ma anche nel mantenere tale zona indisponibile, per effetto della detta esecuzione, agli usi cui è deputata, per cui la permanenza cessa solo con la rimozione delle opere, ovvero con il conseguimento dell'autorizzazione (Sez. 3, n. 4401 del 10/03/2000, Parisi ed altro, Rv. 215883), altresì cessando solo quando vengano meno l'uso ed il godimento illegittimi (Sez. 3, n. 27071 del 29/05/2014, Diotallevi, Rv. 259306; Sez. 3, n. 16417 del 16/03/2010, Apicella, Rv. 246765).

6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16/10/2020