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Tra le modifiche più rilevanti apportate dal nuovo
decreto legislativo (ai sensi del proprio articolo 16) al Dlgs 152/99 deve
annoverarsi sicuramente quella avente ad oggetto la disciplina dell’ articolo
36 di tale dlgs , a cominciare
dalla sua rubrica, che detta oggi “
Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue
urbane”, (1) precedentemente “
Autorizzazione al trattamento di rifiuti costituiti da acque reflue” (2).
Ancora non ci capacitiamo del perchè, dovendo disciplinare il conferimento di rifiuti ( sia pure ad impianti di depurazione di acque reflue), il legislatore non adotti le uniche terminologie conosciute dal diritto in questo settore che sono, com’è noto, il recupero e lo smaltimento, che il Dlgs 22/97 ricomprende anche sotto l’unitario termine di “gestione”, ma utilizzi piuttosto la terminologia appartenente alla disciplina delle acque reflue (“il trattamento”).
Non
possiamo tuttavia non apprezzare l’eliminazione dal titolo della assai ambigua
locuzione di “ rifiuti
costituiti da acque reflue” (che però riemerge nel terzo comma ).
Il
primo comma dell’art. 36 è rimasto invariato e sancisce il
divieto di utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo
smaltimento di rifiuti.
Il
secondo chiarisce che l’autorità competente ad autorizzare, in deroga al
divieto di cui al primo comma, il gestore
del servizio idrico integrato a smaltire nell’impianto di trattamento di
acque reflue urbane rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie compatibili con
il processo di depurazione, è quella di cui al dlgs
del 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto “Ronchi”) e non quella di cui al
dlgs 152/99 (che a sua volta rinvia al dlgs 112/98). La mancanza di tale
indicazione nel testo precedente aveva in effetti sollevato non poche perplessità
da parte degli operatori del settore, compresi gli enti istituzionalmente
preposti al rilascio delle autorizzioni in materia di acque o di rifiuti.
La
deroga menzionata è ancora
subordinata:
a)
a particolari esigenze (peraltro ancora oggi non meglio specificate, ad
es. di quale natura: tecnica? economica? Organizzativa? )
b)
alla capacità residua di trattamento dell’impianto di depurazione
(calcolata come: in base alla vita prevista per l’impianto? Alla capacità
annuale? A quella giornaliera? )
c)
alla compatibilità con il processo di depurazione dei rifiuti liquidi
conferiti.
Viene
inoltre chiarita, nel nuovo testo, la questione dell’individuazione del
soggetto destinatario delle disposizioni di cui al secondo comma e cioè il
gestore del servizio idrico
integrato (3). Si ricorderà che nel testo precedente le disposizioi di cui
ai commi secondo e terzo contenevano fattispecie di deroga
distinte tra loro non solo per tipologia ma anche per destinatario (solo
quella di cui al terzo comma si rivolgeva esplicitamente al gestore del servizio
idrico integrato, mentre quella di cui al secondo comma sembrava diretta a
qualunque gestore di impianti di trattamento di acque reflue e quindi anche ai
depuratori privati. ).
(1)
“Articolo
36 Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue
urbane
1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 è vietato l'utilizzo degli impianti di
trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga al comma 1, l'autorità competente ai sensi del Dlgs del 5 febbraio
1997, n. 22, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità
residua di trattamento può autorizzare il gestore del servizio idrico integrato
a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi
limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità
competente ai sensi dell'articolo 45 è, comunque, autorizzato ad accettare in
impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate che rispettino i
valori limite di cui all'articolo 28, commi 1 e 2 e purché provenienti dal
medesimo ambito ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti
per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di
sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi del comma 4
dell'articolo 27;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché
quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei
quali l'ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente
irrealizzabile.
4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia
compromesso il riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.
5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico
integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche
e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può
indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di
rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi
elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la
comunicazione di cui al comma 3.
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 3, si applica la tariffa
prevista per il servizio di depurazione di cui all'articolo 14 della legge 5
gennaio 1994, n. 36.
7. Il produttore dei rifiuti di cui al comma 2 e 3 e il trasportatore dei
rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti prevista
dal Dlgs del 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni, fatta
eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3 lettera b) che è
tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui all'articolo 10 del medesimo
decreto. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei precedenti
commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto ai soli obblighi di cui all'articolo 12
del Dlgs del 5 febbraio 1997, n. 22.”
(2)
Su cui vedi B. Albertazzi
“Gestione e tutela delle acque dall’inquinamento”, ed. E.P.C., Roma, 1999
e “Il decreto sulle acque e la normativa sui rifiuti: .. un difficile
coordinamento”, in Ambiente, Ipsoa, n. 9/99.
(3)
Su cui vedi B. Albertazzi “Il gestore del servizio idrico integrato”, in
questa stessa rivista.
Oggi,
come già il 14 giugno del 1999 (data di entrata in vigore del Dlgs 152/99) non
sembra facile specificare i parametri cui è subordinata la concessione della
autorizzazione in deroga al divieto di cui al primo comma dell’art. 36.
La
deroga rispetto al principio di cui al comma 1 viene ulteriormente circoscritta,
come detto, dalla condizione
che i rifiuti liquidi smaltibili devono appartenere a “ tipologie
compatibili con il processo di depurazione”. Si ritiene che spetti alla P.A.
autorizzante l’individuazione specifica di tali tipologie.
Di modifiche non irrilevanti è stato oggetto anche il terzo comma dell’art. 36, essendo quello che aveva maggiormente acceso il dibattito in dottrina .
Il nuovo terzo comma ribadisce,
dopo aver chiarito che il destinatario della disposizione è il gestore
del servizio idrico integrato, alcuni
requisiti indispensabili per l’efficacia della deroga al divieto di cui al
primo comma. Essa può essere
consentita (ponendo in primo luogo l’accento sulle loro caratteristiche)
purchè gli
impianti “
abbiano caratteristiche e capacità depurativa adeguata”.
Poi
con linguaggio italiano assolutamente involuto descrive le caratteristiche di ciò
che può essere conferito negli impianti di depurazione sub condizione
che vengano rispettati i
valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura (anche se l’art. 2 del
Dlgs in oggetto parla più correttamente di “reti fognarie”; ma
l’estensore del decreto se ne è
spesso dimenticato) e che la provenienza sia il medesimo ambito territoriale
ottimale .
Dunque
a tali condizioni possono essere conferiti:
a)
rifiuti costituiti da acque reflue,
b) rifiuti costituiti
dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento
di acque reflue domestiche previsti ai sensi del comma 4 dell’articolo 27 (4);
(4)
Che dispone: “Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che
scaricano acque reflue domestiche le Regioni identificano sistemi individuali o
altri sistemi pubblici o privati (di
depurazione, n.d.s.)adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al
comma 7 dell'articolo 62, che raggiungono lo stesso livello di protezione
ambientale, indicando i tempi di adeguamento”.
Il
riferimento ivi contenuto alla Delibera
del 04/02/1977 “Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui
all'art. 2, lettere b) , d) ed e), della L. 10 maggio 1976, n. 319, recante
norme per la tutela delle acque dall'inquinamento.” Riteniamo debba essere
circoscritto a quanto disposto dal suo
ALLEGATO
5,
ed in particolare al paragrafo “Norme tecniche generali sulla natura e
consistenza degli impianti di smaltimento sul suolo o in sottosuolo di
insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani o (a) 5.000 mc.”.
c) materiali
derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli
derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali
l’ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente
irrealizzabile.
Quanto disposto nelle
lettere b) e c) è stato aggiunto dal nuovo testo.
La ratio della disposizione in oggetto è sufficientemente chiara e peraltro coerente con quella di cui al previgente terzo comma, cioè consentire e favorire il conferimento agli impianti di depurazione di ciò che è chimicamente e fisicamente analogo alle acque reflue che vengono trattate nell’impianto ma che, non potendo ivi essere conferito tramite condotta (e non rientrando quindi nella nozione di “scarico”), ma ad es. con autobotte sarebbe soggetto alla disciplina dei rifiuti anzichè a quella di cui al Dlgs 152/99.
In particolare la disposizione sub b) fa riferimento ai c.d. “spurghi” provenienti da fosse Imhoff.
Risulta invece difficile al giurista capire perchè mai gli oggetti della disposizione sub c) siano indicati quali “materiali” , anzichè quali rifiuti al contrario delle tipologie di cui alle lettere a ) e b) . Infatti è fin troppo palese che soltanto ciò che costituisce un rifiuto necessita di apposita ed esplicita deroga al divieto di cui al primo comma dell’art. 36 se vuole avere accesso ad un impianto di trattamento delle acque reflue urbane. Mi pare inoltre che non esistano dubbi in dottrina e giurisprudenza sul fatto che un impianto di trattamento delle acque reflue urbane generi rifiuti (speciali), magari qualificabili come “recuperabili”, ai sensi del Dlgs 22/97 e del D.M. 5 febbraio 1998.
Analogo discorso vale per i c.d. “materiali” derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria. Sembra infatti assai evidente in entrambe le fattispecie sub c) la destinazione di tali presunti “materiali” allo smaltimento, come esplicitamente risulta dalla specificazione che fa il legislatore in base alla quale “l’ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente irrealizzabile” e dunque non lasciando all’interprete alcun dubbio in merito alla loro natura di rifiuti.
I requisiti che devono essere posseduti
contemporaneamente e non alternativamente dai rifiuti (e presunti materiali)
menzionati, per poter essere conferiti ad un impianto di depurazione, ai sensi
del terzo comma, sono:
1)
il rispetto
dei valori limite di cui all’articolo 28 comma 1 e 2 (cioè sia quelli statali
che quelli regionali) (5);
2)
la provenienza dal medesimo ambito territoriale ottimale di cui alla
legge 5 gennaio 1994, n.36.
(5)
Si sottolinea che i primi due commi dell’ Articolo 28 “Criteri generali
della disciplina degli scarichi”, sono stati ampiamente modificati dal nuovo
testo, che oggi dispone:
“1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in
funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono
comunque rispettare i valori limite di emissione previsti dall'allegato 5.
2. Ai fini di cui al comma 1, le Regioni, nell'esercizio della loro autonomia,
tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche
disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui
all'allegato 5, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità
massima per unità di tempo in ordine a ogni sostanza inquinante e per gruppi o
famiglie di sostanze affini. Le Regioni non possono stabilire valori limiti meno
restrittivi di quelli fissati nell'allegato 5:
a) nella tabella 1 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi
idrici superficiali;
b) nella tabella 2 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi
idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella tabella 3/A per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella tabella 5 del
medesimo allegato.”
Tutto
ciò tuttavia è consentito al gestore del servizio idrico integrato, previa
comunicazione all’autorità competente ai sensi dell’articolo 45. Tale
obbligo di notifica non era presente nel testo previgente anche se in dottrina
si era aperta un dibattito sulla corretta interpretazione da dare al seguente
disposto: “Il gestore del servizio idrico integrato è, comunque,
autorizzato..”.
La
tesi dominante era che il significato da attribuire a tale inciso fosse “senza
necessità di preventiva autorizzazione” (6), mentre quella minoritaria
riteneva che significasse che “mentre la deroga al divieto generale di
smaltimento di rifiuti attraverso gli impianti di trattamento contemplata nel
secondo comma è rimessa
all’apprezzamento dell’autorità deputata al rilascio dell’autorizzazione,
nel caso previsto dal terzo comma tale discrezionalità non sussiste e
l’autorizzazione è comunque dovuta
qualora ricorrano gli altri presupposti indicati. In tal caso, dunque, non
verrebbe esclusa la necessità di un atto autorizzatorio espresso.”(7).
(6)
In tal senso vedi G. Amendola in “Le nuove disposizioni contro
l’inquinamento idrico”Giuffrè, 1999, B. Albertazzi in “Gestione e tutela
delle acque dall’inquinamento, E.P.C., 1999,e molti altri).
(7)
Così L. Ramacci , in Ambiente, n.
2/2000, pag. 188.
Nel
nuovo testo sembra ormai privo di
significato o pleonastico l’inciso “comunque”,
posto che è diventata obbligatoria una comunicazione.
Le
fattispecie di deroga al divieto di cui al comma primo continuano ad essere
diverse anche nel nuovo testo dell’art. 36, in quanto:
1)
quella di cui al comma secondo è ottenibile solo previa
autorizzazione espressa, in una gamma di casi assai generica ed indefinita;
2)
quella di cui al comma terzo è ottenibile solo previa
comunicazione , in una gamma di casi tassativamente elencati.
Il dato letterale del nuovo testo del terzo comma ci porta a desumere che, ad es., le caratteristiche e la capacità depurativa adeguata non possano essere stabilite dal gestore del servizio idrico integrato senza doversi rapportare con l’autorità di controllo, ma che tali requisiti debbano perlomeno passare al vaglio di tale autorità, che potrà sempre impartire prescrizioni a tale gestore qualora ritenesse le caratteristiche e la capacità depurativa degli impianti non adeguate. Ed infatti il quinto comma dell’art. 36 dispone che nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare :
a) la capacità residua dell’impianto e
b) le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare
mentre, da parte sua , l’autorità competente:
1) può indicare quantità diverse di specifiche categorie di rifiuti;
2) può vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti;
3) provvede altresì all’iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.
Tale
ultima disposizione (sub3) ) è meritevole di un esame approfondito perchè
l’iscrizione
in appositi elenchi
dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di
cui al comma 3 costituisce un vero e proprio nuovo
obbligo introdotto dal decreto legislativo.
Questa
comunicazione, che somiglia molto a quella di cui all’art. 30, comma 16 del
Dlgs 22/97, poi specificata nel D.M.
406/98 (Regolamento recante norme di
attuazione di direttive dell'Unione europea, avente ad oggetto la disciplina
dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti.) e
che avrebbe potuto intergrare tale fattispecie
(infatti il D.M. non menziona affatto tra gli impianti soggetti
all’iscrizione all’Albo, gli impianti di depurazione) (8) non viene in alcun
modo messa in relazione le normative menzionate.
Da
ciò si può desumere che il legislatore abbia voluto creare un regime di
comunicazioine “speciale” appositamente per tener fuori dalla disciplina dei
rifiuti gli impianti di cui all’art. 36 comma terzo.
(8)
Su cui vedi B. Albertazzi “La disciplina del nuovo Albo Gestori”, in
Ambiente, n.5/99, pag. 400 e seg. .
Rivolgiamo ora l’ attenzione al settimo comma dell’art. 36, che dopo le modifiche ad opera del nuovo Dlgs dispone:
“7.
Il produttore dei rifiuti di cui al comma 2 e 3 e il trasportatore dei rifiuti
sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti prevista dal dlgs
del 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni, fatta
eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3 lettera b) che è
tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui all’articolo 10 del medesimo
decreto. Il gestore del servizio
idrico integrato che, ai sensi dei precedenti commi 3 e 5, tratta rifiuti è
soggetto ai soli obblighi di cui all’articolo 12 del dlgs del 5 febbraio 1997,
n. 22.».
Prendiamo
in esame l’ultimo periodo, dove è inequivoco che il gestore del servizio
idrico integrato che è tenuto all’effettuazione della comunicazione di cui al
terzo comma per il trattamento dei rifiuti è soggetto ai soli
obblighi di tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’art. 12 del
decreto “Ronchi”ed esclude,
di conseguenza l’applicazione delle altre disposizioni del decreto richiamato,
tra cui:
1)
predisposizione del formulario per il trasporto dei rifiuti;
2)
iscrizione all’Albo Gestori di rifiuti.
Il
Governo ha dunque preso posizione sulla “querelle” interpretativa nata in
dottrina che aveva visto prevalere la tesi (sostenuta anche dallo scrivente)
secondo la quale:
“dovrebbe
ritenersi illogico che, nel momento in cui il disposto dell’art. 36 è
imperniato sull’individuazione delle acque reflue che non sono acque di
scarico, ma che costituiscono rifiuti, il Dlgs 152/99, nel suo comma quinto,
voglia, dopo aver escluso la propria applicabilità, limitare anche
l’applicazione del Dlgs 22/97 alla materia che gli compete, e cioè i
rifiuti. L’espresso richiamo al solo art. 12 costituirebbe quindi solo una
sottolineatura dell’importanza dell’obbligo della tenuta dei registri di
carico e scarico, senza escludere, invece, ad esempio, la necessità
dell’autorizzazione dell’impianto ai sensi degli articoli 27 e 28 del
decreto “Ronchi”, anche se tali disposizioni non sono espressamente
richiamate.” (9).
(9)
Vedi B. Albertazzi, F. Trezzini “Gestione e tutela delle acque
dall’inquinamento”, ed. E.P.C., novembre 1999.
In realtà, il nuovo testo dell’art. 36 afferma che il gestore del servizio idrico integrato :
1) nei soli casi in cui tratta (rectius: gestisce) i rifiuti tassativamente elencati ai sensi del comma 3 (condotta che può porre in essere ex comma 5 solo grazie ad una “iscrizione, previa comunicazione, in appositi elenchi di gestori, tenuti dall’autorità competente” )
2) è obbligato alla sola tenuta dei registri di carico e scarico, dove l’obbligo di comunicazione funge da presupposto per l’esenzione dagli altri adempimenti di cui al decreto “Ronchi”.
Dunque
il gestore del servizio idrico integrato che tratta rifiuti in tutti gli altri
casi, e cioè previa autorizzazione ai sensi dell’art. 36, comma
secondo, è soggetto a tutti gli obblighi di cui al Dlgs 22/97, senza alcuna
eccezione, e quindi, esemplificativamente, ai seguenti obblighi:
Comunicazione
annuale al Catasto dei rifiuti (MUD),
Tenuta
dei Registri di carico e scarico,
Predisposizione
del formulario d’accompagnamento per il trasporto
dei rifiuti,
Iscrizioneall’Albo
Gestori di rifiuti.
Il primo periodo del nuovo settimo comma contiene
un’esenzione dal rispetto della normativa in materia di rifiuti prevista dal
dlgs del 5 febbraio 1997, n. 22 , per
il produttore dei rifiuti
costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di
trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi del comma 4
dell'articolo 27. Tale
soggetto è tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui all’articolo 10
del medesimo decreto, cioè agli oneri dei produttori e dei detentori.
Si tratta quindi di
un’esenzione ad es. dall’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico
e dalla predisposizione dei formulari d’identificazione per il trasporto. La
prima esenzione può essere considerata ragionevole in quanto le fosse Imhoff
sono generalmente al servizio di condominii e quindi non era opportuno che
privati cittadini fossero obbligati a tenere dei registri. Memo ragionevole
sembra la seconda esclusione in quanto il formulario può essere predisposto
dall’impresa che effettua lo “spurgo”, senza oneri per il
cittadino.
Il disposto del nuovo
quarto comma, pur meritorio nelle intenzioni, rimane assai vago ed è
fondamentalmente una petizione di principio: “L’attività
di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il
riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi”.
Una rilevante modifica è stata apportata alla disciplina della tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui all’articolo 14 (10) della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Infatti mentre ai sensi del previgente comma quarto dell’articolo 36 in esame si applicava allo smaltimento dei rifiuti costituiti da acque reflue, di cui a tale articolo, essa, nel nuovo testo trova applicazione per il solo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 3 (vedi supra).
(10)
Che
dispone: “Art. 14. Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.
-
1.
La quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione
è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di
impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. I
relativi proventi affluiscono in un fondo vincolato e sono destinati
esclusivamente alla realizzazione e alla gestione delle opere e degli impianti
centralizzati di depurazione.
1-bis.
I comuni già provvisti di impianti centralizzati di depurazione funzionanti,
che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal
canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla gestione e manutenzione
degli impianti medesimi.
2.
Gli utenti tenuti all'obbligo di versamento della tariffa riferita al servizio
di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di
qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri
enti.
3.
Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo,
il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al volume di acqua
fornita, prelevata o comunque accumulata.
4.
Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è
determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue
scaricate. E' fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria
ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che
utilizzano la pubblica fognatura.
4-bis.
Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo
produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione
dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione
si determina applicando alla tariffa un correttivo che tiene conto della quantità
di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.”