Cass. Sez. III n. 26706 del 25 giugno 2015 (Ud 13 gen 2015)
Pres. Fiale Est. Grillo Ric. De Riggi
Acque.Natura industriale dello scarico da attività di pasticceria bar e ristorazione

Lo scarico senza autorizzazione nella pubblica fognatura di reflui provenienti da un locale adibito ad attività produttiva (nella specie, pasticceria, bar e ristorazione) integra il reato di scarico in assenza di autorizzazione trattandosi di reflui provenienti da un insediamento in cui viene svolta un'attività  artigianale e di prestazione di servizi, aventi caratteristiche qualitative diverse da quelle delle acque reflue domestiche

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 27 novembre 2012 il Tribunale di Nola dichiarava D.R.A., imputato dei reati di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 137, 192 e 279 del colpevole del solo reato di cui all'art. 137 del predetto D.Lgs. (capo A) dell'imputazione), condannandolo alla pena, condizionalmente sospesa, di Euro 1.000,0 di ammenda, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, ed assolvendolo dalle rimanenti imputazioni perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

1.2 Per l'annullamento della detta sentenza ha proposto appello (poi convertito in ricorso dalla Corte di Appello di Napoli) l'imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo con unico motivo inosservanza della legge penale (D.Lgs. 152 del 2006, art. 137) per avere il Tribunale omesso di considerare le modifiche contenute nella L. 25 febbraio 2010, art. 36 in base alle quali l'ambito di applicazione della norma asseritamente violata va circoscritto alle ipotesi più gravi riferite oltre che al superamento dei valori limite previsti dalla tabelle 3 e 4, anche al superamento di tali valori in relazione alla 18 sostanze inserite nella tabella 5 dell'all. 5 del detto D.Lgs..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

1.1 In punto di fatto va ricordato che Corte distrettuale evidenziato che al D.R. è stato contestato il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137 "perchè, nella qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione del Centro revisioni Cicciano Società Consortile a r.l. con sede legale in (OMISSIS) ed opificio in (OMISSIS), nell'esercizio dell'attività di revisione del centro indicato, effettuava scarico di acque reflue industriali in pubblica fognatura senza autorizzazione". Reato accertato fino al (OMISSIS).

1.2 Il Tribunale, nell'affermare la penale responsabilità del D. R., si è basato sulla testimonianza di V.A. appartenente al Corpo di Polizia Provinciale di Nola il quale aveva riferito di aver constatato al momento del sopralluogo presso la ditta del D.R., per un verso, l'esistenza di acque di dilavamento del piazzale, del locale ove era ubicato il centro di revisione e del bagno esterno e l'immissione di tali acque in una vasca dalla quale poi erano convogliate attraverso pozzetti nella fognatura pubblica; per altro verso, l'assenza di qualsiasi autorizzazione per l'emissione delle acque verso la fognatura.

1.3 Così ricostruito il fatto, il Tribunale ha ritenuto correttamente integrata la fattispecie contravvenzionale di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137 dovendosi qualificare le acque rilevate nel corso del sopralluogo come acque reflue industriali che, per essere immesse in un corpo ricettore, abbisognano di specifica autorizzazione.

1.4 In tal senso si è orientata la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo la quale lo scarico senza autorizzazione nella pubblica fognatura di reflui provenienti da un locale adibito ad attività produttiva (nella specie, pasticceria, bar e ristorazione) integra il reato in parola trattandosi di reflui provenienti da un insediamento in cui viene svolta un'attività artigianale e di prestazione di servizi, aventi caratteristiche qualitative diverse da quelle delle acque reflue domestiche (Sez. 3^ 7.7.2011 n. 36982, Boccia, Rv. 251301; idem 3.4.2013 n. 22436, La Barbera, Rv. 255777).

1.5 La censura contenuta nel ricorso è palesemente destituita di fondamento in quanto la fattispecie contestata rientra nella previsione di cui all'art. 137, comma 1 che sanziona con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da Euro 1.500,00 ad Euro 10.000,00 la condotta di chi chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata.

1.6 La norma di cui alla L. 25 febbraio 2010, n. 36 ha modificato soltanto l'art. 137, comma 5 citato prevedendo che "Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'all. 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 all. 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'art. 107, comma 1, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila Euro a trentamila Euro".

2. Ne deriva la manifesta infondatezza del rilievo difensivo con conseguente inammissibilità del ricorso cui segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al pagamento della somma di Euro 1.000,00 - reputata congrua - da versarsi alla Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa la ricorrente nell'avere dato causa all'inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente la pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2015.