TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 3810, del 24 luglio 2013
Urbanistica.Termini tassativi per integrazione documentazione condono

Nel caso in cui l’amministrazione a fronte di una domanda di condono edilizio incompleta, abbia richiesto all'interessato l'integrazione della documentazione a supporto, assegnandogli un termine per provvedere, quest'ultimo deve ritenersi tassativo (salvi i casi d’impossibilità non imputabile), sicché l'inottemperanza a tale richiesta determina la chiusura della pratica e costituisce legittimo motivo di diniego del permesso di costruire in sanatoria, ovvero di annullamento dello stesso, ove già invalidamente rilasciato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03810/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01565/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1565 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Tommaso Salvatore, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Nunziante, Ciro Foglia, con domicilio eletto presso Ciro Pacilio in Napoli, via Morghen n. 36;

contro

Comune di Marcianise, rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Agliata, con domicilio eletto presso Giuliano Agliata in Napoli, via G.Porzio C. Dir. Isola G 8;

per l'annullamento

REVOCA PERMESSO DI COSTRUIRE IN SANATORIA - PROVV. PROT. N. 5095/2008.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Marcianise;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe, Tommaso Salvatore, proprietario di un fabbricato ubicato in Marcianise, alla via Fioravante, realizzato in assenza di titolo abilitativo, impugnava il provvedimento del 19 dicembre 2008, prot. n. 5095, col quale il dirigente del V Settore del Comune di Marcianise aveva ‘revocato’ il permesso di costruire in sanatoria n. 3027 del 22 maggio 2008, rilasciato ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003.

2. In dettaglio, l’atto impugnato risultava incentrato sul rilievo che il ricorrente concessori non aveva tempestivamente allegato alla domanda di condono, prot. n. 8446, del 10 dicembre 2004 tutta la prescritta documentazione (ossia “la perizia fotografica delle opere oggetto di sanatoria e la ricevuta di avvenuta denuncia delle opere all’UTE di Caserta”) né, dopo aver versato la prima rata, non aveva tempestivamente pagato le ulteriori somme dovute a titolo di oblazione e di oneri.

3. A supporto dell’esperito gravame, il Tommaso rassegnava censure così rubricate: violazione dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003; illogicità e irragionevolezza manifeste; contraddittorietà tra atti amministrativi; eccesso di potere per arbitrarietà; violazione del principio di tutela dell’affidamento.

In sintesi, contestava che i termini stabiliti per l’esibizione della documentazione a corredo della domanda di condono e per il versamento delle rate di oblazione fossero da reputarsi perentori, non potendo, di conseguenza, assumersi che il tardivo assolvimento di tali oneri integrasse una legittima causa di rigetto della domanda di sanatoria ex art. 32 del d.l. n. 269/2003. Ciò, in quanto la disciplina di cui all’art. 39, commi 5 e 6, della l. n. 724/1994, espressamente applicabile anche al condono del 2003, considererebbe il termine per il versamento dell’oblazione non già perentorio, bensì mobile (nel senso che la relativa decorrenza dipenderebbe dalla data di notifica da parte del Comune della richiesta di pagamento), nonché in quanto la stessa amministrazione comunale avrebbe in precedenza previsto che il rigetto delle istanze di sanatoria dovesse essere preceduto dall’assegnazione di un termine non inferiore a tre mesi per l’integrazione degli atti e documenti necessari alla definizione della pratica.

Concludeva, quindi, sostenendo che l’impugnato provvedimento in autotutela non avrebbe comparato i contrapposti interessi in rilievo né avrebbe tenuto conto dell’affidamento nella conservazione dell’opera sanata col titolo abilitativo annullato d’ufficio.

4. Con successivi motivi aggiunti, gravava, altresì, l’ordinanza del 27 agosto 2012, prot. n. 2006/Urb. (prot. n. 880 del 30 agosto 2012), con cui, in seguito all’annullamento d’ufficio del permesso di costruire in sanatoria n. 3027 del 22 maggio 2, il dirigente del V Settore del Comune di Marcianise aveva ingiunto la demolizione delle opere abusive.

Denunciava, oltre all’illegittimità derivata dall’asserita invalidità del provvedimento del 19 dicembre 2008, prot. n. 5095, i seguenti vizi direttamente infirmanti la disposta misura repressivo-ripristinatoria: - perplessità e irragionevolezza dell’azione amministrativa; violazione del principio di tutela dell’affidamento; - violazione e falsa applicazione dell’art. 31, commi 2 e 3, del d.p.r. n. 380/2001; violazione del principio di tipicità dell’atto amministrativo; violazione del principio di trasparenza e pubblicità dell’attività amministrativa ex artt. 97 Cost. e 1 della l. n. 241/1990.

In sintesi, lamentava che: - la disposta demolizione avrebbe leso l’affidamento nella conservazione delle opere contestate, ingenerato nel privato dal considerevole arco temporale trascorso dalla relativa esecuzione; - non sarebbe stata compiutamente individuata l’area di sedime riguardata dagli interventi abusivi.

5. Costituitosi il Comune di Marcianise, eccepiva l’infondatezza dell’impugnazione proposta ex adverso, della quale richiedeva, quindi, il rigetto.

6. Alla camera di consiglio del 6 aprile 2009, la proposta istanza cautelare veniva respinta con ord. n. 872/2009.

7. All’udienza pubblica del 19 giugno 2013, la causa era trattenuta in decisione.

8. In merito ai motivi di ricorso originario, il Collegio osserva, innanzitutto, che, come eccepito dall’amministrazione resistente e non contestato dal Tommaso, ai sensi dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm.:

- la domanda di condono, prot. n. 8446, del 10 dicembre 2004, al momento della relativa presentazione, non risultava corredata dalla prescritta documentazione essenziale di supporto (quale, segnatamente, la riproduzione fotografica delle opere abusive ex art. 32, comma 35, lett. a, del d.l. n. 269/2003);

- in considerazione di ciò, il Comune di Marcianise, con nota del 28 novembre 2006, prot. n. 1995, aveva invitato il ricorrente a integrare la documentazione esibita;

- il riscontro a tale richiesta era stato fornito tardivamente (e cioè solo in data 29 giugno 2007) e si era rivelato, per di più, insufficiente, tanto da indurre l’ente locale a formulare, con nota del 17 luglio 2007, un ulteriore invito a completare la documentazione prodotta, con assegnazione di un termine perentorio di dieci giorni;

- senonché, anche il riscontro a tale ulteriore richiesta era stato fornito tardivamente (e cioè solo in data 12 settembre 2007) e si era rivelato, ancora una volta, insufficiente, tanto da indurre l’ente locale a formulare, con nota del 21 febbraio 2008, un terzo invito ad integrare la documentazione prodotta, al quale era stato dato corso solo in data 9 maggio 2008.

Ebbene, una simile sequenza di omissioni e ritardi, verificatisi a seguito e a dispetto di specifiche richieste di integrazioni formulate dall'amministrazione comunale, non avrebbe potuto non essere imputata allo stesso interessato, anche nell'ottica della leale e reciproca collaborazione procedimentale di cui alla l. n. 241/1990, e non dar, quindi, luogo ad un legittimo provvedimento finale di rigetto dell'istanza, così come ritenuto in sede di autotutela (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. IV, 26 giugno 2007, n. 6252; 4 giugno 2009, n. 3086; 5 agosto 2009, n. 4730).

In altri termini, allorquando – come, appunto, nella specie – l’amministrazione, a fronte di una domanda di condono edilizio incompleta, abbia richiesto all'interessato l'integrazione della documentazione a supporto, assegnandogli un termine per provvedere, quest'ultimo deve ritenersi (salvi i casi di impossibilità non imputabile) tassativo, sicché l'inottemperanza a tale richiesta determina la chiusura della pratica e costituisce legittimo motivo di diniego del permesso di costruire in sanatoria (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4671) ovvero di annullamento dello stesso, ove – come, appunto, nella specie – già (invalidamente) rilasciato.

9. Quanto, poi, al tardivo versamento dei residui ratei dell’oblazione, il Collegio non ha motivo di discostarsi dagli orientamenti invalsi presso questo Tribunale amministrativo regionale (TAR Campania, Napoli, sez. VII, 13 gennaio 2012, n. 143; sez. VIII, 22 febbraio 2012 n. 864; 21 novembre 2012 n. 4708), secondo cui una simile inadempienza preclude del tutto all’interessato la possibilità di conseguire il condono edilizio.

A fondamento del richiamato indirizzo, è stato posto il chiaro tenore letterale dell’art. 32, comma 37, del d.l. n. 269/2003, in base al quale “se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e all’art. 48 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380”.

Questa Sezione ha, in particolare, offerto una lettura della norma tale da assumere l’equipollenza tra i casi di mancato integrale versamento e di dolosa infedele quantificazione, da un lato, e la fattispecie di tardivo adempimento, dall’altro. Ciò, in quanto la disposizione, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di condono, esige espressamente l’osservanza dei termini procedimentali previsti dalla normativa speciale in esame, comminando anche per tale caso la sanzione della demolizione.

La natura perentoria dei termini previsti per il versamento dell’oblazione è stata ribadita anche dal Consiglio di Stato (sez. VI, 13 febbraio 2013 n. 894), secondo cui “il condono edilizio è uno strumento eccezionale e temporaneo giustificato essenzialmente da straordinarie e contingenti ragioni finanziarie; infatti, ‘la gestione del territorio sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o ricorrente possibilità di condono sanatoria, con conseguente convinzione di impunità, tanto più che l’abusivismo edilizio comporta effetti permanenti, di modo che il semplice pagamento di oblazione non restaura mai l’ordine giuridico violato (Corte cost., n. 416/1995)’. Ne consegue che è possibile ottenere il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria soltanto quando ricorrono i rigorosi presupposti previsti dalla legge di disciplina del singolo condono”.

Il Consiglio di Stato ha, inoltre, precisato che la natura perentoria del termine può essere sancita dal legislatore sia mediante una espressa qualificazione sia mediante la previsione di una sanzione conseguente al mancato rispetto del termine stesso: nel caso in esame, la norma stabilisce chiaramente che, se l’oblazione non è stata interamente versata, le costruzioni abusivamente realizzate sono assoggettate alla sanzione della demolizione. L’immediata operatività del rimedio sanzionatorio esclude, quindi, la possibilità di un adempimento tardivo.

Questa interpretazione è stata ritenuta coerente con la natura del condono: invero, è possibile ottenere una deroga al rispetto delle norme di disciplina dell’assetto del territorio esclusivamente nel caso in cui, entro un arco temporale definito, si realizzano tutte le condizioni rigorosamente prescritte dal legislatore. Viceversa, se si consentisse, in assenza di una norma specifica di autorizzazione, la dilazione del pagamento, si violerebbero i valori sottesi alla programmazione del territorio, senza ottenere nell’immediato quelle risorse finanziarie che legittimano temporaneamente la deroga al rispetto di norme imperative.

In altri termini, la fissazione di un termine meramente ordinatorio non solo ritarderebbe l’incasso di risorse spesso connesse a contingenti manovre di finanza pubblica, ma rischierebbe anche di paralizzare il potere dei Comuni di reprimere gli abusi edilizi, non potendo tale funzione esplicarsi prima che sia concluso il procedimento di condono, epilogo non preventivabile in caso di termini procedimentali ordinatori; ciò, con l’effetto di lasciare integri sul territorio manufatti dichiaratamente abusivi, determinando in questo modo il mancato raggiungimento di entrambi i richiamati valori costituzionali in gioco.

Alla luce dei suesposti principi, non possono trovare accoglimento le censure avanzate con l’atto introduttivo del presente giudizio, sia per la natura perentoria del termine di pagamento dell’oblazione, sia perché il Comune di Marcianise ha correttamente applicato la normativa sul condono, la cui natura vincolante non poteva sopportarne limitazioni all’esito una comparazione tra interesse pubblico alla tutela del territorio ed esigenze del privato istante.

10. Peraltro, l’ermeneutica di parte ricorrente non può fondarsi sulla previsione contenuta nell’art. 1, comma 9, della l. n. 449/1997, la quale, nel modificare l'art. 1, comma 40, della l. n. 662/1996, ha previsto che il mancato pagamento dell'oblazione nei termini previsti dall'art. 39 della l. n. 724/1994 comporta l'applicazione dell'interesse legale annuo sulle somme dovute, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di notifica da parte dei Comuni della richiesta di pagamento.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiarito che la suindicata normativa si applica esclusivamente alle domande di condono presentate ai sensi del citato art. 39, comma 5, della l. n. 724/1994. Non è, pertanto, possibile, alla luce di quanto esposto in ordine alla natura eccezionale e temporanea dell’istituto, estendere i precetti in essa contenuti alla diversa procedura di sanatoria ex art. 32 del d.l. n. 269/2003.

Il fatto, anzi, che sia stata necessaria la previsione di una specifica disposizione significa che, in assenza di essa, la conseguenza sarebbe stata l'impossibilità del pagamento tardivo, anche a mezzo di corresponsione degli interessi.

Detto altrimenti, la circostanza che il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, abbia contemplato un meccanismo dilatorio dell'adempimento oltre i termini previsti in relazione al condono di cui all'art. 39 della l. n. 724/1994 non significa che, in assenza di una analoga previsione, lo stesso meccanismo debba operare per il diverso condono disciplinato dall’art. 32 del d.l. n. 269/2003.

11. A margine delle considerazioni svolte, è appena il caso di soggiungere che neppure è sostenibile la tesi secondo cui il mancato versamento dell’oblazione rileverebbe unicamente ai fini dell’esclusione del silenzio assenso.

In proposito, giova rammentare che, secondo quanto statuito da questo Tribunale amministrativo regionale (TAR Campania, Napoli, sez. II, 15 maggio 2008 n. 4528; 25 febbraio 2009 n. 1057; 2 dicembre 2009 n. 8325; sez. VIII, 28 gennaio 2011 n. 5075), nella Regione Campania l’istituto del silenzio assenso non può trovare applicazione con riferimento all’art. 32 del d.l. n. 269/2003, ostandovi le contrarie previsioni contenute nella l. r. Campania n. 10/2004 (“Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269”).

Si è, difatti, osservato che la Corte costituzionale, con la sentenza 28 giugno 2004, n. 196, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 32, comma 37, del d.l. n. 269/2003 per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost., nella parte in cui non prevede che la legislazione regionale possa disciplinare diversamente gli effetti del silenzio protratto oltre il termine ivi previsto dal Comune cui gli interessati abbiano presentato la documentazione richiesta.

In tale contesto, l'art. 7 della l. r. Campania n. 10/2004 dispone che "le domande di sanatoria sono definite dai comuni competenti con provvedimento esplicito da adottarsi entro ventiquattro mesi dalla presentazione delle stesse … il termine può essere interrotto una sola volta se il comune richiede all'interessato integrazioni documentali e decorre per intero dalla data di presentazione della documentazione integrativa … decorso il termine di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, art. 4, che disciplinano l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte dell'amministrazione provinciale competente".

Il chiaro tenore letterale della evocata norma regionale non lascia dubbi sulla qualificazione del comportamento inerte tenuto dal Comune nella fattispecie come mero silenzio inadempimento: infatti, a fronte dell'inerzia dell'amministrazione comunale, alla scadenza del termine biennale, è stata espressamente prevista l'applicazione dell'art. 4 della l. r. Campania n. 19/2001, che disciplina l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte della Provincia.

Dunque, nella Regione Campania, le domande di condono proposte ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003 sono assoggettate al regime di cui all'art. 7 della l. r. Campania n. 10/2004, sicché devono essere definite con un provvedimento espresso entro il termine di 24 mesi dalla presentazione, il cui decorso non equivale a titolo abilitativo in sanatoria, ma configura un mero inadempimento, avverso il quale, oltre al rimedio amministrativo già descritto, è azionabile la tutela giurisdizionale ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm.

12. Il Tommaso neppure può fondatamente dolersi di una presunta arbitrarietà e contraddittorietà della condotta tenuta dal Comune di Marcianise, il quale avrebbe, dapprima, escluso, nel rilasciare permesso di costruire in sanatoria n. 3027 del 22 maggio 2008, e, poi, accreditato, nell’annullarlo con provvedimento del 19 dicembre 2008, prot. n. 5095, la natura perentoria dei termini stabiliti per l’esibizione della documentazione a corredo della domanda di condono e per il versamento delle rate di oblazione.

Rientra, infatti, ed è immanente alle prerogative discrezionali di autotutela, in via generale riconosciute dall’ordinamento all’amministrazione, l’esercizio del potere di riesaminare e di ravvedersi in merito a determinazioni in precedenza assunte, ove reputate non conformi alla legge.

13. A fronte dei superiori approdi, si appalesa, poi, meramente recessiva l’argomentazione svolta dal ricorrente, che si appunta sull’omessa specificazione dell’interesse pubblico sotteso all’adozione dell’atto impugnato, dal momento che – come si è visto – quest’ultimo si fonda legittimamente sul mancato rispetto dei termini perentori previsti dalla disciplina sul condono edilizio.

Invero, il decorso di un rilevante arco temporale dalla presentazione dell’istanza all’annullamento d’ufficio del provvedimento di condono non implica alcuna particolare necessità di motivare ulteriormente quest’ultimo, poiché l'ordinamento tutela l'affidamento quando è incolpevole, mentre, nel caso di realizzazione di un immobile abusivo, vi è una volontaria attività del costruttore contra legem. Peraltro, chi ha commesso un illecito edilizio, così come chi ha presentato domanda di condono, non può, di certo, dolersi del fatto che l'amministrazione lo abbia avvantaggiato, eliminando l’abuso a notevole distanza di tempo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2012, n. 6072; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 8 febbraio 2013, n. 830).

Ciò, tanto più, vale allorquando il tempo di reazione in autotutela sia sufficientemente ridotto – come, appunto, nella specie (circa 7 mesi) –, ossia tutt’altro che irragionevole (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 07 luglio 2004 , n. 1469, che ritiene congruo un periodo di circa un anno), tenuto conto anche degli svariati precedenti giurisprudenziali che, in genere, attribuiscono rilevanza a intervalli temporali più consistenti (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. IV, 9 febbraio 2004 , n. 1968: circa 16 mesi; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 24 aprile 2006, n. 422: oltre 2 anni; 24 luglio 2007, n. 1023: 6 anni; TAR Lazio, Roma, sez. II, 31 ottobre 2007, n. 10834: oltre 2 anni; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 21 febbraio 2006, n. 426; 4 gennaio 2008, n. 1: 14 anni).

14. Venendo ora a scrutinare i motivi aggiunti, privo di pregio si rivela l’ordine di doglianze secondo cui la disposta demolizione avrebbe leso l’affidamento nella conservazione delle opere contestate, ingenerato nel privato dal considerevole arco temporale trascorso dalla relativa esecuzione.

Ed invero, la gravata misura repressivo-ripristinatoria costituisce – per ius receptum – atto dovuto e rigorosamente vincolato, affrancato dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede in re ipsa nella riparazione (tramite ripristino dello stato dei luoghi) dell’illecito edilizio e, stante il carattere permanente di quest’ultimo, non viene meno per il mero decorso del tempo, insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 31 agosto 2010, n. 3955; sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592; TAR Campania, sez. VI, 6 settembre 2010, n. 17306; sez. VII, 3 novembre 2010, n. 22291; sez. VIII, 5 gennaio 2001, n. 4; 6 aprile 2011, n. 1945; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 10 settembre 2010, n. 1962; 9 novembre 2010, n. 2631; TAR Piemonte, Torino, sez. I, 19 novembre 2010, n. 4164; TAR Lazio, Roma, sez. II, 6 dicembre 2010, n. 35404; TAR Liguria, Genova, sez. I, 21 marzo 2011, n. 432).

Ciò, vieppiù, – come accennato retro, sub n. 13 – in presenza di una domanda di condono, la quale presuppone la consapevole esistenza dell’anzidetto illecito permanente (sanabile solo in seguito ad accoglimento ed eliminabile in caso di diniego) ed è inconciliabile con l'aspettativa di conservazione del manufatto abusivo radicata nel decorso del tempo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 2012, n. 2038; TAR Toscana, Firenze, sez. III, 20 dicembre 2012, n. 2113).

15. Neppure coglie nel segno il secondo del motivi aggiunti, col quale si lamenta la mancata individuazione dell’area di sedime attinta dalle opere abusive rimaste insanate.

In disparte il rilievo dirimente che l’area di intervento risulta testualmente localizzata dall’ordinanza di demolizione, prot. n. 2006/Urb., del 27 agosto 2012, in Marcianise, “alla via Fioravante s.n.c., su lotto di terreno censito in c.t. Marcianise al foglio 6, particelle 6281 e 6282”, oltre che per relationem al provvedimento del 19 dicembre 2008, prot. n. 5095, il Collegio osserva, in proposito, che la lamentata omissione non costituisce causa di illegittimità dell'ingiunzione a demolire, concernendo indicazioni riferibili al successivo atto di accertamento dell'inottemperanza e di acquisizione gratuita al patrimonio comunale.

16. In conclusione, stante la ravvisata infondatezza delle censure proposte, così come dianzi scrutinate, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

17. Quanto alle spese di lite, esse devono seguire la soccombenza e, quindi, essere poste a carico della parte ricorrente.

Dette spese vanno liquidate in complessivi € 1.500,00 in favore dell’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna Tommaso Salvatore al pagamento delle spese ed onorari di giudizio in favore del Comune di Marcianise, che liquida in complessivi € 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Gianluca Di Vita, Primo Referendario

Olindo Di Popolo, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)