TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 1066, del 24 aprile 2013
Urbanistica.Mutamento di destinazione d’uso rilevante

Il mutamento di destinazione d’uso è rilevante se avviene fra <<categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico>>, dovendosi in tal caso verificare la variazione del carico urbanistico; parimenti è stato affermato dalla giurisprudenza che, indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, rileva il passaggio dell’immobile ad una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico, con conseguente aumento del carico; in altri termini si configura una “trasformazione edilizia” quando la stessa sia produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione del bene immobile, anche senza l’esecuzione di opere edilizie. Appare poi, altresì, evidente che il passaggio da una prevalente destinazione produttiva ad una prevalentemente residenziale o terziaria implica il passaggio ad un’autonoma categoria funzionale, con incremento del carico urbanistico dovuto alla presenza di persone stabilmente residenti nell’immobile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01066/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01889/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1889 del 2012, proposto da:
Mara S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Pillitteri, con domicilio eletto presso Umberto Pillitteri in Milano, via Podgora, 3;

contro

Comune di Milano, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Alessandra Montagnani Amendolea, Maria Rita Surano, Antonello Mandarano, domiciliata in Milano, via Andreani 10;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
A.B.L. Soluzioni Informatiche S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Pillitteri, con domicilio eletto presso Umberto Pillitteri in Milano, via Podgora, 3;

per l'annullamento

1. del provvedimento del 24.5.2012, pervenuto a mezzo raccomandata a.r. in data 29.6.2012, con il quale il Comune di Milano, settore sportello unico per l'edilizia, ha richiesto a Mara s.r.l. il pagamento, entro 30 giorni dalla notifica, dell'importo di € 194.033,98, a titolo di conguaglio del contributo di costruzione e monetizzazione dello standard in relazione ad un asserito cambio di destinazione d'uso, da laboratorio ad ufficio, delle unità immobiliari site nel complesso immobiliare di via Cosenz 22, particella catastale n. 168, sub 814 (p. terra) e sub 835 (p. primo) del foglio 67;

2. del provvedimento del 24.5.2012, pervenuto a mezzo raccomandata a.r. in data 29.6.2012, con il quale il Comune di Milano, settore sportello unico per l'edilizia, ha richiesto a Mara s.r.l., il pagamento, entro 30 giorni dalla notifica, dell'importo di € 27.142, 79, a titolo di conguaglio del contributo di costruzione e monetizzazione dello standard in relazione ad un asserito cambio di destinazione d'uso, da laboratorio ad ufficio, dell'unità immobiliare sita nel complesso immobiliare di via Cosenz 22, particella catastale n. 168, sub 836 (p. primo) del foglio 67.

3. della disposizione di servizio n. 15 del 4.4.2006 della direzione centrale pianificazione urbana e attuazione p.r., avente ad oggetto "modifiche della destinazione d'uso", e degli eventuali ulteriori provvedimenti di carattere generale diversi dal prg con cui il comune di Milano dovesse aver fissato le regole per la monetizzazione delle aree a standard in caso di mutamento di destinazione d'uso in assenza di opere edilizie.

nonchè per l'accertamento e la declaratoria

della non debenza del contributo di costruzione e monetizzazione dello standard richiesti dal comune e comunque, in subordine, dell'esatto ammontare del conguaglio dovuto

e per la conseguente condanna dell'amministrazione

alla restituzione delle somme nel frattempo eventualmente corrisposte dalla ricorrente a titolo di conguaglio del contributo di costruzione e monetizzazione dello standard, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria sino all'effettivo saldo.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2013 il dott. Angelo De Zotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società Mara Srl (d’ora innanzi, per brevità, anche solo “società”, oppure “esponente”), utilizza, a titolo di leasing ottenuto dalla società UBI Leasing Spa, cinque unità immobiliari site all’interno del compendio di via Cosenz n. 22, già di proprietà della Società Anonima Isolanti (SAI) Srl.

Le cinque unità sono poste al primo piano dell’edificio ed hanno tutte, stando all’atto notarile di compravendita, destinazione ad uso ufficio.

L’area sulla quale insiste il compendio è compresa, in base al previgente Piano Regolatore Generale (PRG) di Milano in zona omogenea B3, con destinazione funzionale I (industriale), disciplinata dall’art. 32 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA).

Con provvedimenti del 24.5.2012, ricevuti il 29.6.2012, il Comune di Milano disponeva, in relazione alle unità immobiliari di cui sopra, un duplice conguaglio del contributo di costruzione corrisposto e della monetizzazione degli standard per un cambio d’uso da laboratorio ad ufficio, ingiungendo altresì il pagamento del relativo importo, pari ad euro 194.033,918 per la particella catastale 168 sub 814 (piano terra) e sub 835 (p.primo) del foglio 67 e pari ad euro 27,142,79 per la particella catastale 168 sub 836) (p.primo) del foglio 67.

Contro tali provvedimenti viene proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva, per i motivi che possono così essere sintetizzati:

A. In relazione ad ambedue i provvedimenti:

1) violazione dell’art. 52, comma 3, LR 12/2005, dell’art. 51, commi 2 e 3, LR 12/2005, dell’art. 32 delle NTA del PRG, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria e di motivazione;

2) eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; violazione del principio di trasparenza e contraddittorietà dell’azione amministrativa.

B. In relazione ad ambedue i provvedimenti del 24 maggio 2012:

3) violazione dell’art. 52, comma 3, l.r. 12/2005 ed erroneità dei presupposti, violazione dell’art. 51 l.r. 12/2005, erroneità e carenza dei presupposti; errata applicazione della disposizione di servizio n. 15 del 4.4.2006; violazione dell’art. 23 Cost., incompetenza, erroneità e carenza dei presupposti.

C. In relazione ad ambedue i provvedimenti del 24 maggio 2012:

4) eccesso di potere per carenza dei presupposti.

D. In relazione al provvedimento del 24.5. 2012 relativo all’unità immobiliare non utilizzata:

5) eccesso di potere per erroneità e per carenza dei presupposti, genericità e omessa istruttoria.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano, concludendo per il rigetto del gravame.

Interveniva ad adiuvandum la società A.B.L. Soluzioni Informatiche che conclude per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

In esito alla camera di consiglio dell’11.9.2012, la domanda cautelare era accolta con ordinanza della Sezione II n. 1245/2012, seppure per il prevalente profilo del periculum in mora e previa prestazione di cauzione da parte dell’esponente.

Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2013, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La definizione dei motivi sub A. n. 1 e n. 2 del ricorso implica una serie di preliminari considerazioni sulla destinazione urbanistica dell’area di via Cosenz 20/22 – dove insiste il compendio di cui è causa – nonché sugli interventi di cambio di destinazione d’uso effettuati nel medesimo compendio.

E’ pacifico, in primo luogo, che si tratta di area sita in zona omogenea B3, avente destinazione industriale (I), disciplinata, in base al previgente PRG di Milano, dall’art. 32 delle NTA.

Per tale ultima norma, la destinazione d’uso industriale assume carattere prevalente (minimo 70%), mentre è consentita la destinazione ad uffici amministrativi o tecnici, purché nella misura non superiore al 30% (cfr. l’art. 32, comma 2°, delle NTA).

Quanto agli interventi edilizi effettuati sullo stabile, l’originaria proprietaria SAI Srl, attraverso una denuncia di inizio attività del 27.7.2004 (cfr. doc. 1 di parte resistente), aveva avviato una ristrutturazione, attraverso la demolizione di un capannone e la realizzazione di laboratori ad uso artigianale mediante riutilizzo della superficie lorda di pavimento (s.l.p.) esistente (cfr. il citato doc. 1, pag. 2).

Si trattava, quindi, di opere edilizie rispettose dell’art. 32 delle NTA, in quanto finalizzate a realizzare laboratori artigianali.

La DIA originaria era seguita altre due, sempre presentate da SAI Srl, rispettivamente in data 15.2.2006 (cfr. doc. 5 della ricorrente) ed in data 21.10.2008 (cfr. doc. 17 della ricorrente), entrambe in variante rispetto al progetto del 2004.

Tuttavia, di fronte all’attività di informazione pubblicitaria svolta dalla stessa SAI Srl, che indicava la realizzazione di unità abitative (c.d. loft) nello stabile, gli Uffici Comunali avviavano una serie di controlli (cfr. il doc. 2 del resistente, nota comunale con copia di materiale pubblicitario di SAI Srl ed il doc. 3 del resistente, vale a dire la copia della dichiarazione di conformità alla regola d’arte per impianti in edificio ad uso civile, allegata alla richiesta di certificato di agibilità per il compendio di cui è causa, denominato nel certificato “Condominio Corte 1924”).

In particolare, all’esito di un sopralluogo del 6.4.2009 (cfr. doc. n. 4 bis del comune di Milano) , era accertato che numerose unità immobiliari dichiarate ad uso laboratorio avevano in realtà destinazione d’uso commerciale (bar), oppure ufficio o, ancora, che erano state in realtà predisposte per un uso abitativo (mediante realizzazione di impianti elettrici ed idraulici per elettrodomestici).

Al verbale di sopralluogo erano allegate numerose fotografie (cfr. la copia delle stesse e del verbale, doc. 4 bis del resistente).

Era quindi avviato, nei confronti di SAI Srl, il procedimento per l’applicazione delle eventuali sanzioni per cambio d’uso non autorizzato, mediante la già citata nota comunale dell’11.6.2009 (cfr. doc. 5 del resistente).

Soltanto dopo la trasmissione del citato avviso ex art. 7 della legge 241/1990, le unità immobiliari di cui è causa erano acquistate da UBI Leasing s.p.a. e concesse in utilizzo alla società esponente (cfr. doc. 3 della ricorrente e doc. 6 del resistente).

In particolare, con lettera pervenuta il 15.7.2009, SAI Srl evidenziava l’utilizzo, da parte di Mara Srl, di cinque unità immobiliari (laboratori) nel Corpo “C” del compendio, contraddistinte catastalmente al foglio 67, mappale 168, subalterni da 824 a 828 (cfr. doc. 7 del resistente, nel quale è chiaramente indicato che le unità immobiliari cedute sono ad uso “laboratorio”).

In relazione a queste cinque unità, l’esponente presentava in data 12.8.2009 una ulteriore DIA per cambio d’uso da laboratorio ad ufficio mediante modifica di tavolati interni (cfr. doc. 7 della ricorrente, in particolare pag. 5 della DIA).

2. Al termine di tale complessa vicenda fattuale, caratterizzata da una pluralità di interventi edilizi e dalla progressiva cessione dell’originario compendio a numerosi nuovi soggetti, è possibile concludere che:

già a partire dal mese di aprile 2009 (al momento, cioè, del primo sopralluogo), le unità immobiliari poste ai piani terra, primo e secondo di tre dei quattro corpi di fabbrica costituenti il compendio già di SAI Srl, non avevano di fatto alcuna destinazione a laboratorio, bensì ad ufficio o residenza, essendo – fra l’altro - dotate di impianti all’uopo predisposti;

- il quarto corpo di fabbrica, posto a fronte strada, aveva destinazione in parte commerciale ed in parte ad ufficio;

- gli esiti del sopralluogo del 6.4.2009 erano confermati da successivo sopralluogo in data 22.10.2009 (cfr. doc. 6 parte ricorrente e doc. 7 del resistente); inoltre nella copia di un contratto preliminare di vendita immobiliare fra SAI Srl e Mara Srl del 30.3.2006, è scritto che il complesso denominato “Corte 1924” è adibito ad “uso commerciale con box” (cfr. doc. 9 di parte resistente, pag. 1).

2.1 La prova dell’intervenuto mutamento di destinazione d’uso per l’intero compendio (da laboratorio artigianale, come nella DIA del 2004, ad ufficio, residenza o commerciale), appare raggiunta, anche se per talune unità i lavori non sembrano completati e le unità stesse sono vuote (così nel verbale di sopralluogo, doc. 4 del resistente), tenuto conto che anche recentemente la giurisprudenza ha specificato che in presenza di lavori in corso, anche se sospesi, ai fini dell’accertamento di eventuali abusi è sufficiente che: <<...risulti chiaramente .... la finalità perseguita con gli interventi allora in corso di espletamento>> (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 8.2.2013, n. 720, oltre a TAR Lombardia, Milano, sez. II, 27.7.2012, n. 2146, con la giurisprudenza ivi richiamata).

In altri termini, sia le risultanze dei sopralluoghi del 2009 sia la documentazione tecnica allegata alla richiesta di agibilità, unitamente allo stesso materiale pubblicitario di SAI Srl, rilevano l’intenzione di non realizzare dei laboratori artigiani, nel rispetto della destinazione d’uso prevista dal PRG, quanto piuttosto un complesso immobiliare (addirittura denominato “Condominio”), con gli usi più vari (uffici, residenze o locali commerciali), non compatibili con la destinazione industriale di zona di cui al più volte citato art. 32 delle NTA.

Neppure potrebbe sostenersi, come vorrebbe parte esponente, che richiama sul punto una lettera di SAI Srl al Comune in data 26.3.2012 , che gli uffici sarebbero compatibili con la previsione dell’art. 32, comma 2°, delle NTA, che consente la realizzazione di uffici amministrativi complementari all’attività produttiva prevalente, purché nella misura non superiore al 30% della superficie lorda di pavimento (s.l.p., cfr. doc. 10 della ricorrente).

Infatti, la menzionata previsione delle NTA presuppone che sussista, nella zona industriale, una prevalente funzione produttiva (non inferiore al 70%), mentre nel compendio di via Cosenz non risulta in realtà in corso alcuna attività industriale o artigianale, mentre appare provata la pressoché totale trasformazione del vecchio complesso produttivo in un condominio con funzioni terziarie o residenziali, sicché non si comprende come potrebbe essere stata rispettata la suindicata misura del 30% di superficie destinata ad uffici.

Non può quindi fondatamente negarsi l’intervenuta violazione dell’art. 32 delle NTA e l’illegittimo mutamento di destinazione d’uso dell’immobile.

2.2 Con riguardo a tale mutamento, è nota la distinzione fra mutamento di destinazione d’uso funzionale (realizzato senza opere edilizie o con semplici interventi di manutenzione ordinaria) e quello strutturale, posto in essere cioè attraverso opere edilizie.

Nella presente fattispecie, reputa il Collegio che il complessivo cambio d’uso realizzato nel compendio di via Cosenz debba qualificarsi correttamente come mutamento strutturale, in quanto realizzato attraverso un’operazione di ristrutturazione edilizia c.d. pesante, mediante demolizione e successivo recupero della s.l.p. (cfr. la prima DIA del 2004, doc. 4 della ricorrente, cui è seguita una variante essenziale ex art. 70 del regolamento edilizio effettuata con DIA del 2006 per l’ampliamento dei sedicenti laboratori, cfr. doc. 5 della ricorrente, pag. 2 e pag. 8 della DIA).

Ai primi titoli edilizi del 2004 e del 2006, comportanti mutamenti strutturali dell’originario edificato, sono poi seguite due DIA di completamento per varianti minori, rispettivamente nel 2008 e nel 2009 (cfr. docc. 6 e 7 della ricorrente), che non escludono certo – ma semmai confermano, trattandosi di interventi di completamento – il carattere strutturale del mutamento di destinazione d’uso (cfr. sul punto anche Cassazione Penale, sez. III, 1.2.2001, n. 4023, che individua un mutamento d’uso materiale e non funzionale nella realizzazione di opere di modesta entità, che hanno però trasformato un cantina in un piccolo appartamento abitabile).

Fermo restando quanto sopra, giova in ogni caso ricordare che lo scrivente TAR ha già chiarito (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 24.10.2012, n. 2593 e 27.7.2012, n. 2146), che la specifica disciplina regionale sul mutamento di destinazione d’uso deve essere letta ed interpretata alla luce dei principi fondamentali e delle disposizioni più generali risultanti dalla legislazione statale (DPR 380/2001) ed anche dalla stessa legge regionale 12/2005: si verte, infatti, nella materia del “governo del territorio”, oggetto di potestà legislativa regionale concorrente ai sensi dell’art. 117 comma 3° della Costituzione, con conseguente necessità di rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.

La legislazione regionale, all’art. 51, comma 1° citato, se da una parte ammette in via di principio il passaggio da una destinazione all’altra, fa espressamente salve le esclusioni previste dallo strumento urbanistico generale (<<…salvo quelle eventualmente escluse dal PGT>>).

L’art. 52, comma 2°, del resto, prevede per i mutamenti d’uso senza opere edilizie un obbligo di semplice comunicazione all’Amministrazione, purché i suddetti mutamenti siano <<…conformi alle previsioni urbanistiche comunali ed alla normativa igienico-sanitaria>>.

Quanto alla normativa statale, l’art. 32, comma 1°, del DPR 380/2001, qualifica come “variazione essenziale” – sanzionata ai sensi del precedente art. 31 del DPR 380/2001 con l’obbligo di demolizione e riduzione in pristino – il mutamento di destinazione d’uso (comunque realizzato, anche senza opere edilizie), che implichi una variazione degli standard previsti dal DM 2.4.1968, n. 1444.

2.3 Appare quindi evidente che il mutamento di destinazione d’uso, anche senza opere edilizie, non può costituire un’operazione edilizia o urbanistica per così dire “neutra”, dovendo l’Amministrazione verificare se il cambio d’uso non abbia inciso anche sul carico urbanistico della zona.

In questo senso appare orientata anche la giurisprudenza amministrativa, per la quale il mutamento di destinazione d’uso è rilevante se avviene fra <<categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico>>, dovendosi in tal caso verificare la variazione del carico urbanistico (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 13.7.2010, n. 4546, con la giurisprudenza ivi richiamata); parimenti è stato affermato che, indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, rileva il passaggio dell’immobile ad una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico, con conseguente aumento del carico; in altri termini si configura una “trasformazione edilizia” quando la stessa sia produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione del bene immobile, anche senza l’esecuzione di opere edilizie (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 14.10.2011, n. 5539, con le pronunce in essa richiamate ed anche TAR Lombardia, Milano, sez. II, 11.2.2011, n. 468).

Appare poi, altresì, evidente che il passaggio da una prevalente destinazione produttiva ad una prevalentemente residenziale o terziaria implica il passaggio ad un’autonoma categoria funzionale, con incremento del carico urbanistico dovuto alla presenza di persone stabilmente residenti nell’immobile (cfr. sul punto anche TAR Lombardia, Milano, sez. II, 27.5.2009, n. 3859, che in relazione al citato art. 32 delle NTA ha espressamente statuito che: <<...rispetto alla destinazione produttiva la destinazione terziaria o residenziale si caratterizza sotto una serie di profili tutt’altro che secondari: comporta il pagamento di un contributo di costruzione più elevato e il conferimento di standard urbanistici in misura maggiore>>).

3. Ciò premesso, e passando alla delibazione dei motivi di ricorso che attengono alla destinazione d’uso dei locali locati alla Società ABL Soluzioni Informatiche, sostiene la ricorrente che le unità immobiliari in questione ( e precisamente quelle sub 814 e sub 835) non sarebbero adibite ad ufficio in quanto in esse verrebbe svolta attività qualificabile come produttiva, mentre quella sub 836 sarebbe inutilizzata e priva di arredi.

Il motivo è infondato.

3.1 Per ciò che concerne le unità sub 814 e 835 la parte resistente ha provato che la società ABL, come emerge dal proprio sito web (doc. 10) svolge servizi di consulenza informatica diretti ad aziende e professionisti , che in quanto tali non possono rientrare nell’attività produttiva e in particolare nella nozione di industria, come invece pretende parte ricorrente.

I due differenti sopralluoghi svolti dall’amministrazione hanno infatti ampiamente documentato (cfr. le foto allegate ai verbali di sopralluogo) la presenza di sedie, scrivanie e di arredi tipici dell’attività d’ufficio nonchè l’assenza di strumenti ed attrezzature di carattere produttivo, mentre non è stata rilevata traccia della asserita “attività di riparazione e manutenzione di apparecchiature informatiche”.

3.2 Né appare convincente l’argomento difensivo secondo cui l’attività svolta da ABL rientrerebbe nella categoria industriale per avere ad oggetto la produzione di beni immateriali (produzione di software) e l’erogazione dei servizi connessi (assistenza e manutenzione di attrezzature informatiche, categorie di prestazioni, che in base alla circolare n.2/2009 del comune rientrerebbero nella destinazione industriale.

In realtà l’interpretazione del contenuto della circolare, alla quale si richiama la difesa di parte ricorrente, non appare corretta e non persuade il Collegio, giacchè trascura l’elemento della “connessione” all’attività produttiva della categoria altrimenti generica “di beni e servizi anche immateriali” intesi come parte del processo produttivo, utilizzato dalla suddetta circolare per identificare e circoscrivere le attività di produzione di beni immateriali ed i servizi inerenti alla funzione produttiva, e in particolare sul punto in cui la disposizione in questione chiarisce che la definizione di attività produttiva ricomprende la "produzione di beni anche immateriali” e "le attività di erogazione di servizi” purchè connessi (ossia integrati) alla produzione industriale.

Da ciò consegue che non ogni attività di produzione di beni immateriali o erogazione di servizi a favore dell’industria vale a qualificare una destinazione come produttiva, bensì soltanto quella che sia strettamente, tipicamente ed esclusivamente riconoscibile come parte dell'attività industriale in essere, con esclusione quindi di ciò che sia funzionale ad (altre) attività produttive non insediate nella struttura (tale per cui l’attività in questione non è “produttiva” ma inerente ai servizi, e in particolare alla prestazione di servizi informatici per la gestione delle attività aziendali).

D’altra parte, come sostiene correttamente la difesa dell’amministrazione, il concetto di connessione non può che essere di stretta interpretazione, posto che altrimenti si svuoterebbe di contenuto la categoria del terziario - uffici che, in quanto tale, è per definizione al servizio e quindi funzionale ad altre attività produttive, senza essere per questo integrata nelle attività produttive esterne alle quali eroga i propri servizi, con ciò vanificando ogni distinzione in zona tra funzione principale industriale e funzioni compatibili, tra cui quella degli uffici, contenuta nell'art. 32 delle NTA del PRG di cui la circolare invocata costituisce esplicazione.

La giurisprudenza, peraltro, chiamata a pronunciarsi in tema di cambi di destinazione d'uso, ha avuto modo di chiarire che la categoria urbanistica di industria, in quanto assoggettata ad un regime contributivo agevolato, è categoria di stretta interpretazione e "concerne strettamente i fabbricati complementari ed asserviti alle esigenze proprie di un impianto industriale e non già quegli edifici che non sono di per sè destinati alla produzione di beni industriali ovvero opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di qualsiasi attività economica, (Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2012 n. 3561; cfr. altresì Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4109; TAR Sardegna, 27 ottobre 2003, n. 1299).

Nella specie, inoltre, i servizi informatici prestati dalla ABL sono generali, in quanto resi a vantaggio non solo di industrie ma di ogni tipologia di azienda ed anche di liberi professionisti e di amministratori di condominio (cfr. doc. 10) e dunque, evidentemente, non possono essere considerati come connessi alla produzione industriale, che comunque non è localizzata negli stessi o in altri locali dello stesso edificio.

3.4 Per quanto concerne infine l'unità immobiliare sub 836, si osserva che anche in parte qua il provvedimento comunale impugnato appare esente dai vizi contestati: le dichiarazioni di conformità degli impianti allegate alla richiesta del certificato di agibilità (doc. 3 e 3 bis), unitamente alla pubblicità della SAI (doc. 2) non lasciano adito a dubbi quanto alla destinazione non industriale dell'unità immobiliare; e ciò senza contare che il taglio dell'immobile in questione (44,00 mq.) unitamente alle finiture dello stesso, la cui pavimentazione è a parquet (cfr. le fotografie n. 1e 2 allegate alla memoria infraprocedimentale della società Mara – doc. 7) non fanno che confermare 1'assenza di destinazione produttiva (sia pure virtualmente intesa, giacchè nessuna attività è svolta nei suddetti locali).

Ne consegue, alla stregua di tutte le considerazioni in premessa, che il primo motivo di ricorso va respinto.

4. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso con cui parte ricorrente deduce il difetto di motivazione dell’atto impugnato, “in quanto dalla lettura del medesimo non si comprenderebbe l’iter logico-contabile seguito dall’Amministrazione per la determinazione degli importi de quibus”.

La doglianza è priva di pregio, visto il diffuso indirizzo giurisprudenziale, per il quale: <<La procedura amministrativa volta alla liquidazione ed al pagamento del contributo di costruzione attiene ad attività non autoritativa, che si fonda sull'applicazione automatica di regole di calcolo previste da fonte normativa, senza alcun contenuto di discrezionalità per l'amministrazione: pertanto la liquidazione degli oneri di urbanizzazione non necessita di una specifica motivazione>> (così TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 1.12.2009, n. 2382; si veda anche la più risalente pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, 5.9.1995, n. 1266).

Nel caso di specie il Comune ha – legittimamente, come sopra esposto – preteso un conguaglio del contributo di costruzione e della monetizzazione, il cui calcolo è stato concretamente effettuato nel rispetto degli standard vigenti, esplicitati peraltro dall’Amministrazione (cfr. doc. 15 del resistente, vale a dire la copia dei fogli di calcolo del 14.5.2012).

D’altra parte consta al Collegio che la parte ricorrente ha avuto accesso agli atti del procedimento, ivi compresi quelli che riportano i prospetti analitici di conteggio e che non ha formulato alcuna osservazione né dedotto motivi o fornito prove convincenti circa la pretesa erroneità dei suddetti conteggi (tra cui la prova che la s.l.p su cui si basano i calcoli consista in mq. 327 e non mq. 367,44 come ritiene il Comune).

Il secondo motivo di ricorso deve essere quindi respinto.

5. Quanto alla richiesta del Comune di corresponsione di una somma a titolo di monetizzazione degli standard (motivo terzo del gravame), la censura mossa sul punto dall’esponente non appare fondata.

L’art. 51, comma 2°, della legge regionale 12/2005 prevede che i Comuni indichino nel PGT i casi in cui i mutamenti di destinazione d’uso attuati con opere comportino un aumento o una variazione del fabbisogno di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale di cui all’art. 9 della stessa legge (c.d. standard).

L’art. 9 sopra citato prevede a sua volta che nel piano dei servizi (uno degli atti che, come noto, compongono il Piano di Governo del Territorio ai sensi dell’art. 7 della LR 12/2005), sia garantita per ogni Comune una sufficiente ed adeguata dotazione di standard urbanistici.

Ancora, il comma 5 bis dell’art. 51 citato stabilisce che, fino all’approvazione degli atti di PGT, le disposizioni degli articoli 51, 52 e 53 della legge 12/2005 siano applicate con riferimento agli strumenti urbanistici vigenti.

Al momento dell’adozione del provvedimento ivi impugnato (29.5-5.6.2012), il previgente PRG di Milano prevedeva per le zone B3 gli stessi indici urbanistici delle zone B1 (così l’art. 21, comma 4°, delle NTA, cfr. doc. 14 del resistente).

Nelle zone B1, l’indice minimo di standard (S2), è di 10 mq ogni 100 mq di s.l.p. per la destinazione industriale o artigianale e di 50 mq ogni 100 mq per quella commerciale o terziaria (cfr. l’art. 19 delle NTA, doc. 14 del resistente).

Non pare quindi, sotto tale profilo, che sia stato violato l’art. 51, comma 2°, della LR 12/2005, avendo il Comune richiesto la monetizzazione degli standard previsti dal PRG a fronte di un cambio d’uso con opere edilizie.

5.1 Fermo restando quanto sopra esposto, bisogna però specificare che l’attività edilizia posta in essere nel compendio di cui è causa, per il rilevante impatto urbanistico determinato (si vedano i pregressi punti 2, 2.1 e 2.2 della presente narrativa), non può sfuggire all’obbligo del reperimento di standard adeguati, pena la violazione del citato art. 9 della LR 12/2005 sulla necessaria completezza degli standard in ogni Comune, reperimento che, nel caso di specie, si realizza attraverso la c.d. monetizzazione, vale a dire la corresponsione all’Amministrazione delle somme corrispondenti (cfr. sul punto la già citata sentenza del TAR Lombardia, sez. II, n. 3859/2009, punto 7 della narrativa, dove si afferma che la destinazione terziaria impone <<il conferimento di standard urbanistici in misura maggiore>>).

Considerazioni che implicano (anche) il rigetto del quarto e ultimo motivo.

6. Il ricorso va quindi, in conclusione, respinto.

7. La complessità e la novità delle questioni trattate inducono, nondimeno, il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese e competenze di causa compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2013 e del 21 febbraio 2013, con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente, Estensore

Giovanni Zucchini, Consigliere

Concetta Plantamura, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)