TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 892, del 10 aprile 2013
Urbanistica.Le dotazioni standard di parcheggi si applicano anche agli interventi di ristrutturazione

Per risalente giurisprudenza, formatasi sull’art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, le disposizioni che riguardano le dotazioni standard di parcheggi si applicano anche agli interventi di ristrutturazione, quantunque le stesse disposizioni parlino di nuova costruzione. Secondo questa giurisprudenza, infatti, il concetto di “nuova costruzione” riguarda non solo la realizzazione di manufatti su aree libere, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che renda il fabbricato oggettivamente diverso da quello preesistente, determinando un differente e più gravoso carico urbanistico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)



N. 00892/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01979/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1979 del 2002, proposto da: 
CORA s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Sansone, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Marina n. 6;

contro

COMUNE DI MEDA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Ignazio Bonomi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Graziano Dal Molin in Milano, Via Leopardi n. 22; REGIONE LOMBARDIA, persona del Presidente p.t., non costituita;

per l'annullamento

del provvedimento in data 29 marzo 2002, prot. n. 7779, con cui si comunica il diniego della pratica edilizia DIA n. 98/2001, presentata in data 7 marzo 2001;

del provvedimento del dirigente dell’area urbanistica in data 13 marzo 2002, prot. n. 6248, che annulla il proprio provvedimento del 20 aprile 2001 n. 11767;

della delibera di Giunta Comunale n. 91 del 15 marzo 2002, avente per oggetto “applicazione delibera di G.C. n. 480/99 dell’8 ottobre 1999 alla DIA n. 98/2001”, con cui si dispone di non concedere la deroga richiesta;

della delibera di Giunta Comunale n. 480/99 dell’8 ottobre 1999 dettante l’indirizzo generale “che nella Zona B del vigente PRG dovranno essere realizzati all’esterno della recinzione ed in prossimità della pubblica via posti macchina, con un minimo di uno per ogni nuova unità immobiliare residenziale”, e che “eventuali casi di deroga…saranno oggetto di specifico atto deliberativo”;

della nota del 16 marzo 2001, che richiede di “prevedere l’individuazione di posti auto esterni alla recinzione, ai sensi dell’art. 19, comma 3, delle N.T.A. del vigente P.R.G., in modo che gli stessi siano usufruibili singolarmente e che non pregiudichino l’utilizzo di posti auto precedentemenete individuati nella C.E. n. 73/99;

dell’art. 19, comma 3, della N.T.A. al PRG vigente.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Meda;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2013 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori Eleonora Bonsignori e Alessandro Dal Molin;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Cora s.r.l., odierna ricorrente, in data 8 marzo 2001, ha presentato al Comune di Meda una denuncia di inizio attività avente ad oggetto il recupero abitativo del sottotetto di un fabbricato situato nel territorio del predetto Comune (DIA n. 98/2001).

2. L’Amministrazione, con provvedimento del 29 marzo 2002, ha comunicato all’interessata “il diniego della DIA”, opponendo in sostanza la contrarietà dell’intervento denunciato allo strumento urbanistico e, dunque, la sua irrealizzabilità

3. Avverso tale provvedimento, ed avverso i provvedimenti presupposti, è diretto il ricorso in esame. La ricorrente propone inoltre domanda risarcitoria.

4. Si è costituito in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Meda.

5. La Sezione, con ordinanza n. 1654 del 25 luglio 2002, ha respinto l’istanza cautelare, rilevando che, essendo l’intervento ormai portato a compimento, nessun danno grave ed irreparabile sarebbe potuto conseguire dall’atto impugnato.

6. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, l’Amministrazione intimata ha depositato memoria, insistendo nelle proprie conclusioni

7. Tenutasi la pubblica udienza in data 21 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Con il primo motivo, l’interessata censura la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, lamentando l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.

9. Tale censura si correla strettamente a quella contenuta nel nuovo motivo di ricorso, tempestivamente notificato successivamente alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio, con la quale si rileva che l’Amministrazione ha adottato l’atto di “diniego della DIA” successivamente alla scadenza del termine di venti giorni, decorrente dal momento di presentazione della DIA stessa, previsto dall’art. 4, comma 11, del d.l. n. 438/93. Ciò, a dire della parte, avrebbe determinato il consumarsi del potere amministrativo o, perlomeno, la necessità di tenere in adeguata considerazione i suoi interessi ed il suo affidamento ormai consolidato, posto che, nel frattempo, l’intervento denunciato era stato portato a compimento; interessi che, peraltro, ben avrebbero potuto essere dedotti in sede procedimentale qualora si avesse avuto contezza dell’esistenza del procedimento.

10. In proposito il Collegio osserva quanto segue.

11. Come anticipato, con il primo mezzo del ricorso introduttivo, la ricorrente lamenta che l’Amministrazione avrebbe omesso di inviarle l’avviso di avvio del procedimento.

12. La censura, per la verità, non si riferisce al provvedimento del 29 marzo 2002, con il quale l’Amministrazione ha opposto il “diniego” della DIA; ma al precedente atto del 13 marzo 2002, con il quale la stessa Amministrazione aveva annullato in autotutela un provvedimento (di contenuto analogo a quello del 29 marzo 2002) adottato a ridosso della presentazione della DIA stessa, con cui era stata inibita l’attività edilizia; atto i cui effetti erano stati poi sospesi con ordinanza cautelare emessa da questo Tribunale e, per questa ragione, a annullato in autotutela.

13. La doglianza presenta pertanto profili di inammissibilità in quanto rivolta contro un provvedimento favorevole alla parte e, quindi, non lesivo.

14. Senonché, con il motivo nuovo, l’interessata integra tale doglianza lamentando il mancato inoltro dell’avviso di avvio del procedimento anche con riferimento al provvedimento da ultimo adottato (questo sì lesivo); e lamentando altresì la mancata valutazione, da parte dell’Amministrazione, dei propri interessi e del proprio affidamento, ormai consolidato in ragione del notevole lasso di tempo intercorso dal momento di presentazione della DIA. Le censure possono quindi essere esaminate nel merito.

13. Ciò premesso, si osserva che, dopo iniziali incertezze, è ormai opinione pacifica in giurisprudenza quella secondo la quale la denuncia di inizio attività, in quanto mero atto del privato, non costituisce titolo amministrativo: l’attività edilizia, realizzabile a seguito di denuncia, è attività completamente liberalizzata cui si correla un potere di controllo dell’Amministrazione, la quale può intervenire per inibirla o rimuoverne gli effetti qualora accerti il suo contrasto con la disciplina urbanistico - edilizia vigente (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen. 29 luglio 2011 n. 15).

14. Si distingue, in particolare, fra potere inibitorio, esercitabile nel breve termine previsto dalla legge, decorrente dal momento di presentazione della denunzia (il quale presuppone unicamente il mero accertamento della non compatibilità urbanistico – edilizia dell’intervento), e potere di “autotutela” che può essere invece esercitato senza limiti temporali prestabiliti (e che, come vedremo, presuppone accertamenti più complessi).

15. Si tratta in realtà di un potere di “autotutela” sui generis in quanto, come detto, non incidente su un precedente provvedimento amministrativo. Tale potere tuttavia condivide con il classico potere di autotutela le regole di disciplina sostanziali e procedurali; sicché il suo esercizio presuppone: a) l’avvio di un nuovo procedimento e, di conseguenza, la comunicazione agli interessati dell’avviso di cui all’art. 7 della legge n. 241/90; 2) lo svolgimento di un’attività di comparazione fra interesse pubblico, volto alla ripristino dello status quo ante, e interesse del privato, teso invece a conservare l’intervento, al fine di stabilire se effettivamente il primo prevalga sul secondo (il potere non è dunque attivabile al mero fine di ripristinare la legalità violata).

16. Nel caso concreto, l’Autorità amministrativa, con il provvedimento del 29 marzo 2002 (recante “diniego della DIA”), ha nella sostanza esercitato il suddetto potere di autotutela: invero, il termine previsto per l’esercizio del potere inibitorio (all’epoca, in base all’art. 4, comma, 11 del d.l. 5 ottobre 1993 n. 398, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493, pari venti giorni) era ormai abbondantemente decorso.

17. Tale intervento, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte, non era precluso all’Autorità: la scadenza del termine entro il quale esercitare il potere inibitorio, come detto, non determina la completa consumazione del potere, residuando la possibilità di agire in autotutela; tuttavia, per le ragioni illustrate, il provvedimento avrebbe dovuto essere preceduto dall’avviso di cui all’art. 7 della legge n. 241/90, nonché dall’effettuazione dell’attività di comparazione fra interesse pubblico ed interesse privato di cui sopra si è fatto cenno.

18. Entrambi questi adempimenti sono tuttavia mancati.

19. E’ invero del tutto pacifico che nessuna comunicazione di avvio del procedimento è stata effettuata alla parte interessata; ed è altrettanto pacifico che nel provvedimento impugnato non si fa alcun cenno all’interesse pubblico concreto ed attuale, prevalente su quello del privato e diverso da quello al mero ripristino della legalità violata, che ha indotto l’Amministrazione ad esercitare il proprio potere.

20. La doglianze in esame sono pertanto fondate.

21. Con il secondo motivo, vengono dedotte le seguenti censure.

22. Dopo aver premesso che l’intervento edilizio oggetto della DIA riguarda il recupero abitativo di un sottotetto e che il “diniego” è stato disposto dal Comune in quanto il progetto ad essa allegato non prevede la realizzazione di tre parcheggi aggiuntivi esterni alla recinzione del fabbricato (uno per ogni nuova abitazione) che si aggiungano a quelli standard (e ciò in ritenuta violazione dell’art. 19, comma 3, delle NTA del PRG), la ricorrente sostiene che tale norma non potrebbe applicarsi alla fattispecie in esame: in primo, luogo in quanto essa si riferirebbe esclusivamente alle nuove edificazioni e non anche alle ristrutturazioni (categoria di interevento cui andrebbe ricondotto il recupero dei sottotetti); in secondo luogo perché, in ogni caso, l’attività di recupero dei sottotetti sarebbe svincolata, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della l.r. n. 15/96, dal rispetto dei parametri urbanistici stabiliti dal PRG.

23. Al riguardo si osserva quanto segue.

24. Effettivamente, come rileva l’interessata, il recupero dei sottotetti costituisce intervento di ristrutturazione edilizia; e in ciò in base all’esplicito disposto di cui all’art. 3, comma 3, della l.r. 15 luglio 1996 n. 15, recante “Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti” (oggi non più in vigore ma applicabile alla fattispecie di causa ratione temporis), in base al quale “gli interventi di cui alla presente legge sono classificati come ristrutturazioni ai sensi dell'art. 31, comma 1, lett. d) della legge 5 agosto 1978, n. 457…”.

25. Va tuttavia rilevato che per risalente giurisprudenza, formatasi sull’art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, le disposizioni che riguardano le dotazioni standard di parcheggi si applicano anche agli interventi di ristrutturazione, quantunque le stesse disposizioni parlino di “nuova costruzione”. Secondo questa giurisprudenza, infatti, ai fini che qui interessano, il concetto di “nuova costruzione” riguarda non solo la realizzazione di manufatti su aree libere, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che renda il fabbricato oggettivamente diverso da quello preesistente, determinando un differente e più gravoso carico urbanistico (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6297; id., 3 febbraio 1999 n. 98; id., 22 giugno 998, n. 921; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 3 marzo 2006, n. 571).

26. Ne consegue che l’art. 19 della NTA del PRG del Comune di Meda (quantunque tale norma faccia riferimento alle “nuove costruzioni”, richiamando in proposito proprio la diposizione di cui all’art. 41 sexies della legge n. 1150/42), va applicato anche agli interventi di ristrutturazione.

27. La ricorrente soggiunge tuttavia che, anche volendo ritenere che le disposizioni in materia di parcheggi siano applicabili agli interventi di ristrutturazione, in ogni caso le stesse, in ragione della norma derogatoria contenuta nell’art. 3, comma 3, della l.r. n. 15/96, non sarebbero applicabili al caso specifico afferente al recupero dei sottotetti.

28. Al riguardo si deve osservare che in base a tale norma “il recupero dei sottotetti è ammesso anche in deroga (…) agli indici o parametri urbanistici ed edilizi previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati”.

30. La disposizione, espressione della volontà del legislatore regionale di favorire il recupero a fini abitativi dei sottotetti degli edifici esistenti, con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (cfr. art. 1, comma 1, della l.r. n. 15/96), è molto chiara nel sottrarre tale attività edilizia dal rispetto degli indici e parametri contenuti negli strumenti urbanistici.

31. Si deve pertanto ritenere che essa comporti anche lo svincolo dall’osservanza dei parametri dettati dal Piano Regolatore in materia di parcheggi privati, perlomeno quando, come nel caso in esame, tali parametri non trovino fondamento normativo ma siano prescritti dal Piano stesso in eccedenza rispetto a quelli generali stabiliti dall’art. 41 sexies della legge n. 1150/42.

32. A suffragio di tale conclusione, può altresì addursi che solo con la l.r. 11 marzo 2005 n. 12, è stato escluso dalla suddetta deroga l’obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista dagli strumenti di pianificazione comunale (cfr. artt. 64, commi 2 e 3, e 65, comma 1 ter, della l.r. n. 12/05, come modificati dall’art. 1 della l.r. 27 dicembre 2005 n. 20); che le disposizioni recate dalla l.r. n. 12/05 hanno carattere innovativo rispetto alla previgente disciplina (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1408); e che, pertanto, prima dell’entrata in vigore di tali norme, l’eccezione alla deroga non era operante

33. Nel caso concreto (non disciplinato, ratione temporis, dalla l.r. n. 12/2005, ma dalla l.r. n. 15/96) il Comune di Meda ha contestato all’interessata la mancata osservanza dei parametri aggiuntivi stabiliti dall’art. 19, comma III, delle NTA, il quale, come visto, attribuisce all’Amministrazione la facoltà di imporre la realizzazione di dotazioni di parcheggio esterne alla recinzione del fabbricato, in aggiunta a quelle standard di cui al citato art. 41 sexies della legge n. 1150/42.

34. Tali prescrizioni delle NTA, tuttavia, per le ragioni illustrate, non potevano applicarsi al caso di specie. Ne consegue che anche questo motivo è fondato.

35. L’accoglimento della censura comporta il pieno soddisfacimento degli interessi della ricorrente, giacché esso determina la totale impossibilità per l’Amministrazione di emettere un atto avente il medesimo contenuto di quello qui impugnato.

36. La domanda di annullamento deve essere quindi accolta con assorbimento dei restanti motivi.

37. Deve essere invece respinta la domanda risarcitoria in quanto proposta in forma del tutto generica.

38. L’interessata, invero, si limita, nel ricorso, a dedurre che l’atto impugnato le avrebbe procurato dei danni, senza tuttavia allegare (né tantomeno provare) alcun fatto concreto dal quale si evinca la reale sussistenza di un pregiudizio effettivamente verificatosi.

39. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla il provvedimento adottato in data 29 marzo 2002, prot. n. 7779.

Respinge la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Zucchini, Presidente FF

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore

Concetta Plantamura, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)