TAR Toscana Sez. II sent. 17 del 12 gennaio 2010
Ambiente in genere. Inquinamento ed interesse ad agire

In termini generali, non può essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, risiedendo in prossimità del sito individuato per la realizzazione di impianti forieri di possibili impatti sull’ambiente, riveste una posizione qualificata dallo stabile collegamento con l’area interessata e dai rischi per l’uomo – primo dei fattori che concorrono a comporre la nozione comunitaria, ed ora nazionale, di “ambiente” – di volta in volta legati alle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera. Alla stregua del criterio della prossimità alla fonte della lesione paventata, la proposizione dell’azione individuale deve ritenersi perciò consentita, in definitiva, ogniqualvolta essa tenda a prevenire o eliminare il pregiudizio derivante al singolo dalla compromissione degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici coinvolti dall’azione amministrativa, fermo restando che il pregiudizio non necessariamente deve investire la salute degli interessati, ma può anche farsi consistere nella diminuzione del valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto. Ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di un’attività potenzialmente inquinante, il ricorrente non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un danno concreto ed attuale, trattandosi di questione di merito, ed essendo invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze, ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 00017/2010 REG.SEN.
N. 01551/2007 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)






ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1551 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Serenetti Rita, Marveggio Giampiero, Balestracci Luciano, Cori Mario, Pratici Laura, Bongini Mirna, Bestazzoni Maria Angela, Gradi Paolo, Piedimonte Albertina, Mazzoni Francesca, Bestazzoni Angelo, Lorenzini Bruno, Gabrielli Giacomo, Ferdani Ugo, Lorenzelli Cristina Roberta, Federici Lina, Ciarlanti Bruno, Staderoli Albertina, Balestracci Gabriele, Bertoni Ivana, Urbani Luciano, Urbani Valeria, Italia Nostra Onlus, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Enea Baronti in Firenze, via Maggio 30;
contro
Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Guccinelli, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;

Comune di Mulazzo, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Cuccurullo in Firenze, lungarno A. Vespucci 20;

Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, in persona rispettivamente del Ministro e del Soprintendente “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Ciari, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, piazza dell’Unita' Italiana 1;

A.R.P.A.T. – Azienda Reg. Protezione Ambientale della Toscana, A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa, Azienda U.S.L. N. 1 Massa Carrara, Azienda U.S.L. N. 1 Lunigiana, Comunita' Montana della Lunigiana, Ufficio Regionale Tutela Acque Territorio di Massa, Autorita' di Bacino del Fiume Magra, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici Lucca e Massa Carrara;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della determinazione del Dirigente del Settore Ambiente o Trasporti DD/8649/2007 del 08.06.2007, pubblicata all’Albo Pretorio per 7 giorni consecutivi a decorrere dal 12.06.2007, avente ad oggetto: provvedimento conclusivo della procedura di verifica ai sensi dell’art. 11 LR 79/98 in relazione a progetto di chiusura definitiva e sistemazione finale della discarica di Lusuolo, nonché di ogni altro atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cogito e non, nessuno escluso ed in particolare delle deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi in data 07.02.2007 e il Rapporto Tecnico – Istruttorio del settore Ambiente – Trasporti del Servizio Valutazione Impatto Ambientale della Provincia di Massa Carrara in data febbraio 2007.
E, con motivi aggiunti depositati in data 13-27 maggio e 10 giugno 2008, per l’annullamento della Determinazione del Dirigente del Settore Ambiente e Trasporti DD/8586/2008 del 14/04/2008 avente ad oggetto "Approvazione verbale conferenza dei servizi del 03/03/2008, avente ad oggetto "Procedimenti di verifica ambientale discarica di Lusuolo" (osservazioni T.A.R. Toscana) e di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso, e in particolare delle deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi in data 03/03/2008, nonché per la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti, con la vittoria delle spese, competenze ed onorari di giudizio.
E, con ulteriori motivi aggiunti depositati il 9 luglio 2009, per l’annullamento
della deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Mulazzo n. 29 del 28-4-2009, pubblicata nell'Albo Pretorio Comunale in data 30-4-2009 avente ad oggetto "Revoca ordinanza di chiusura discarica"; nonche' di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso e in particolare della Deliberazione Dirigenziale n. 8700/2008 del 14-10-2008 con la quale il Dirigente del Settore Ambiente e Trasporti ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale per l'impianto di discarica di rifiuti.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Massa Carrara;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mulazzo;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e della Soprintendenza Per i Beni Archeologici della Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2009 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO


Con ricorso notificato il 26 – 27 settembre e depositato il 5 ottobre 2007, Rita Serenetti e gli altri litisconsorti in epigrafe – premesso di essere tutti residenti e/o proprietari di immobili nel Comune di Mulazzo e nelle vicinanze della ex discarica di Lusuolo, ivi ubicata, con l’eccezione della Onlus “Italia Nostra”, forte della propria legittimazione ad agire quale associazione riconosciuta per la tutela dei beni ambientali – proponevano impugnazione avverso la determinazione dell’8 giugno 2007, con cui il Dirigente del Settore ambiente e trasporti della Provincia di Massa Carrara aveva ritenuto di escludere dalla valutazione di impatto ambientale il progetto di chiusura definitiva e sistemazione della predetta discarica di Lusuolo, presentato dal Comune di Mulazzo, e ne chiedevano l’annullamento previa sospensiva sulla scorta di cinque motivi in diritto.


Costituitisi in giudizio la Provincia di Massa Carrara, nonché il Ministero per i Beni e le Attività culturali, la Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana e la Regione Toscana, che resistevano alle pretese avversarie, con ordinanza pronunciata all’esito della camera di consiglio del 31 ottobre 2007 il collegio accoglieva, al dichiarato fine del riesame, la domanda di sospensiva.


Successivamente, con atti di motivi aggiunti depositati il 13 – 27 maggio ed il 10 giugno 2008, i ricorrenti estendevano il gravame alla determinazione dirigenziale del 14 aprile 2008, mediante la quale la Provincia di Massa Carrara aveva approvato il verbale della conferenza di servizi convocata, in ottemperanza al provvedimento cautelare adottato dal TAR, per il riesame del procedimento di verifica preliminare sul progetto di chiusura e sistemazione della discarica di Lusuolo, e conclusasi con la conferma dell’esclusione del progetto stesso dalla VIA. La nuova domanda incidentale di sospensione, contestualmente spiegata dai ricorrenti, veniva respinta dal tribunale con ordinanza del 25 – 26 giugno 2008 (nelle more, per inciso, si era costituito in giudizio altresì il Comune di Mulazzo).


Con ulteriori motivi aggiunti, depositati il 9 luglio 2009, i ricorrenti chiedevano infine che fossero annullati la delibera della Giunta comunale di Mulazzo del 28 aprile 2009, recante la revoca della risalente ordinanza 12 luglio 1995 che aveva disposto la definitiva chiusura della discarica di Lusuolo, e degli atti presupposti a tale delibera, in primo luogo il provvedimento provinciale di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale relativa al progetto di sistemazione presentato dal Comune di Mulazzo, del 14 ottobre 2008.


La causa, istruita attraverso le produzioni documentali delle parti costituite, veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 14 ottobre 2009, preceduta dal deposito di memorie difensive.


DIRITTO


Come riferito in narrativa, l’atto introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti proposti in corso di causa dai ricorrenti sono rivolti nei confronti delle determinazioni assunte dalla Provincia di Massa Carrara e dal Comune di Mulazzo in relazione al progetto, presentato dal medesimo Comune, di completamento e sistemazione finale della discarica sita in località Lusuolo, realizzata nell’anno 1983, quindi ampliata e ristrutturata, ma rimasta inattiva sin dal giugno del 1995. In particolare, le impugnative hanno per oggetto: la determinazione provinciale dell’8 giugno 2007, di esclusione del progetto di sistemazione della discarica dalla sottoposizione a VIA; la successiva determinazione provinciale del 14 aprile 2008, di conferma dell’esclusione dalla VIA a seguito del riesame disposto dall’amministrazione in ossequio all’ordinanza cautelare pronunciata da questo TAR; la delibera di Giunta comunale n. 29 del 28 aprile 2009, di revoca dell’ordinanza di chiusura della discarica di Lusuolo del 1995, quest’ultima unitamente all’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia con deliberazione dirigenziale n. 8700 del 14 ottobre 2008.


Nell’ordine logico delle questioni, la precedenza deve essere attribuita alle questioni pregiudiziali sollevate dalle difese resistenti, prima fra queste l’eccezione di tardività relativa all’impugnazione proposta avverso il provvedimento contenente l’autorizzazione integrata ambientale, pubblicata mediante affissione all’Albo della Provincia il 17 ottobre 2008 ed gravata con i motivi aggiunti notificati il 26 giugno 2009 (i ricorrenti affermano di averne appreso l’esistenza soltanto in occasione della pubblicazione della delibera di Giunta n. 29/09, impugnata con il medesimo atto di motivi aggiunti). Pur non sussistendo, in relazione alla delibera di AIA, i presupposti per la comunicazione individuale agli odierni ricorrenti, nondimeno l’eccezione è infondata: dai documenti di causa risulta, infatti, che il provvedimento è rimasto affisso all’Albo per soli sette giorni consecutivi, senza che dalla Provincia siano indicate – neppure attraverso il rinvio a specifiche disposizioni normative – le ragioni giustificative della riduzione del termine di quindici giorni stabilito in via generale dall’art. 124 T.U.E.L., il cui mancato rispetto impedisce pertanto di ritenere che dalla pubblicazione possa farsi discendere qualsiasi presunzione legale di conoscenza dell’atto.


Infondata è altresì l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse e legittimazione al ricorso, parimenti sollevata dalle amministrazioni resistenti.


In termini generali, non può essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, risiedendo in prossimità del sito individuato per la realizzazione di impianti forieri di possibili impatti sull’ambiente, riveste una posizione qualificata dallo stabile collegamento con l’area interessata e dai rischi per l’uomo – primo dei fattori che concorrono a comporre la nozione comunitaria, ed ora nazionale, di “ambiente” – di volta in volta legati alle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera. Alla stregua del criterio della prossimità alla fonte della lesione paventata, la proposizione dell’azione individuale deve ritenersi perciò consentita, in definitiva, ogniqualvolta essa tenda a prevenire o eliminare il pregiudizio derivante al singolo dalla compromissione degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici coinvolti dall’azione amministrativa, fermo restando che il pregiudizio non necessariamente deve investire la salute degli interessati, ma può anche farsi consistere nella diminuzione del valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192). Il collegio condivide peraltro l’indirizzo secondo cui, ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di un’attività potenzialmente inquinante, il ricorrente non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un danno concreto ed attuale, trattandosi di questione di merito, ed essendo invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze, ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).


Tanto premesso, la incontestata vicinanza delle abitazioni e/o dei fondi di proprietà dei ricorrenti-persone fisiche al sito della discarica consente di ravvisare con certezza la sussistenza della legittimazione e dell’interesse ad agire, essendo agevolmente presumibile, proprio in ragione della ridotta distanza dall’impianto, il coinvolgimento dei ricorrenti predetti nei prospettati rischi ambientali.
Quanto alla posizione della ricorrente “Italia Nostra”, è sufficiente osservare che si tratta notoriamente di un’associazione di protezione ambientale sussumibile nella previsione di cui all’art. 13 della legge n. 349/86, come tale legittimata ad agire in giudizio per la tutela degli interessi ambientali sia in senso stretto (gli aspetti fisico - naturalistici di una certa zona o di un certo territorio), sia in senso lato, comprendenti questi ultimi la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, dell'ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti e dei centri storici e della qualità della vita, intesi tutti come beni e valori ideali idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare e irripetibile un certo ambito geografico e territoriale rispetto ad ogni altro ambito geografico e territoriale e pertanto capaci di assicurare ad ogni individuo che entra in contatto con tale ambito una propria specifica utilità che non può essere assicurata da un altro ambiente (cfr., fra le molte, Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2002, n. 5365).


Nel merito, occorre preventivamente precisare che il riesame effettuato dalla conferenza di servizi nella seduta del 3 marzo 2008, il cui esito è oggetto del gravame proposto con il primo atto di motivi aggiunti, non determina l’improcedibilità del ricorso introduttivo nella misura in cui la decisione assunta in quella sede dalla conferenza, nel confermare le valutazioni già espresse e rifluite nel provvedimento di esclusione dalla VIA, non soltanto costituisce il frutto di un’attività non spontanea, esecutiva dell’ordinanza cautelare pronunciata dal T.A.R. il 31 ottobre 2007, ma neppure contiene elementi per ritenere che l’amministrazione procedente abbia inteso ritirare le precedenti determinazioni e sostituirle con la nuova.


Muovendo, dunque, dalle censure originariamente svolte contro la determinazione dell’8 giugno 2007, con il primo motivo i ricorrenti deducono che il progetto di sistemazione finale della discarica di Lusuolo avrebbe dovuto contemplare la necessità della preventiva bonifica dell’area interessata dall’impianto, caratterizzata dalla presenza di un inquinamento delle falde dovuto proprio al pregresso esercizio della discarica comunale, dismessa da oltre dodici anni.


Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato. Risulta in primo luogo dalla “Relazione geologica geotecnica e geognostica” di accompagnamento al progetto di sistemazione della discarica di Lusuolo, presentato dal Comune di Mulazzo, nonché dagli allegati al progetto stesso, che le amministrazioni procedenti hanno svolto una serie di analisi preliminari volte a verificare l’esistenza o meno di una situazione di inquinamento del sito già occupato, lo si ricorda, da una discarica inutilizzata sin dal 1995. I risultati di dette analisi, che escludono il pur ipotizzato inquinamento, hanno quindi costituito materia di confronto all’interno della conferenza di servizi, il cui svolgimento ha visto l’URTAT di Massa Carrara superare le perplessità inizialmente formulate (con la richiesta di integrare la caratterizzazione della falda acquifera), per convenire – tramite il suo rappresentante nella conferenza decisoria del 7 febbraio 2007 – con la relazione illustrativa dell’istruttoria, favorevole alla esclusione del progetto dalla VIA. A fronte di tale, documentata, attività di indagine, gli assunti dei ricorrenti non soltanto vengono ad essere smentiti in fatto relativamente al dedotto difetto di istruttoria, ma, non contenendo alcuna allegazione idonea a contrastare i risultati delle verifiche effettuate nel corso del procedimento, si traducono in censure generiche, quando non addirittura esplorative, e come tali non possono ricevere ingresso nel giudizio.


Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano che gli atti impugnati non sarebbero stati preceduti da adeguata istruttoria in ordine ai valori ambientali e paesistici coinvolti dalla riapertura della discarica, nonché alle caratteristiche idrauliche ed idrogeologiche del sito. Con il terzo motivo, analogamente, sostengono che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto a VIA, trattandosi di intervento ricadente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, aspetto relativamente al quale il provvedimento impugnato non conterrebbe alcuna valutazione atta a giustificare la prevalenza della scelta effettuata dall’amministrazione sui configgenti valori ambientali e paesaggistici. Con il quarto motivo, i ricorrenti si dolgono della circostanza che alla conferenza di servizi non sarebbe stata invitata a partecipare, e non avrebbe comunque partecipato, la competente Soprintendenza per il paesaggio, e questo nonostante la presenza del ridetto vincolo ambientale. Con il quinto motivo, infine, è dedotta la violazione delle norme e dei principi che debbono presiedere al c.d. “screening” del progetto, con particolare riferimento al principio di precauzione, di derivazione comunitaria.


I motivi, che saranno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati nei limiti di seguito precisati.


La condizione affinché un progetto, nei casi stabiliti dalla legge, venga escluso dalla valutazione di impatto ambientale, è che esso non produca impatti significativi sull’ambiente, il che, peraltro, implica la tollerabilità di una qualche conseguenza del progetto sull’ambiente, ove suscettibile di essere contenuta, eventualmente mediante il ricorso a specifiche prescrizioni (art. 20 co. 5 D.Lgs. n. 152/06; art. 11 co. 6 e 8 l.r. n. 79/98). La verifica dell’assenza di impatti significativi presuppone, evidentemente, l’acquisizione in via istruttoria di tutti gli elementi conoscitivi necessari a fornire una compiuta rappresentazione dell’incidenza ambientale del progetto in questione, elementi che la legge stessa si preoccupa di indicare, dettando altresì i criteri valutativi cui la verifica di assoggettabilità è sottoposta.


Nella specie, viene particolarmente in considerazione l’Allegato D della sopra menzionata legge regionale n. 79/98, in forza del quale il c.d. “screening” deve tenere conto della sensibilità ambientale delle zone geografiche interessate dal progetto e dai suoi impatti, ed, in particolare, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali e della zona, ed altresì della capacità di carico dell'ambiente naturale; a tale ultimo riguardo, particolare attenzione è prescritta, per quanto qui interessa, alle zone montuose e forestali, alle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle acque pubbliche e, più in generale, alle aree classificate come vincolate dalle leggi vigenti o interessate da destinazioni di tutela derivanti da strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Ora, è circostanza pacifica, e risultante anche dagli allegati di accompagnamento al progetto elaborato dal Comune di Mulazzo, che la discarica di Lusuolo è ubicata in area collinare boscata ed attraversata dal torrente Debbia, come tale vincolata “ex lege” ai sensi dell’art. 142 lett. c) e g) del D.Lgs. n. 42/04: ne discende che, ai fini dell’esclusione dalla VIA, le amministrazioni procedenti avrebbero dovuto dedicare specifica cura allo studio degli impatti prodotti dalla riattivazione della discarica sui beni sottoposti al vincolo paesaggistico, tenendo anche conto del fatto che nel nostro ordinamento la tutela del paesaggio – e, conseguentemente, la ragion d’essere del vincolo in questione – consiste nel riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso manifesta attraverso i fattori naturali e umani che formano “il territorio espressivo di identità”, ed è riferita “a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile” di tale identità (art. 131 D.Lgs. n. 42/04 cit.).


Al contrario, nessuna adeguata valutazione delle possibili criticità ambientali del progetto è stata condotta, quanto ai profili paesaggistici, nell’ambito del procedimento conclusosi con l’adozione della delibera di esclusione dalla VIA. Nessuno specifico accenno a detti profili è contenuto nel rapporto istruttorio del febbraio 2007 (che racchiude anche gli esiti delle conferenze di servizi del 31 ottobre 2006 e del 7 febbraio 2007), il quale pure mostra di ben conoscere le caratteristiche dell’area coinvolta, tuttavia soffermandosi, per ciò che concerne la presenza di boschi e corsi d’acqua, alle sole problematiche idrauliche, idrogeologiche, o a quelle legate alle emissioni di anidride carbonica, mentre il provvedimento finale, oltre a fare propri gli esiti dell’istruttoria, rimette al Comune di Mulazzo l’adozione della sanatoria della originaria concessione edilizia, che non teneva conto della presenza del bosco, senza a sua volta formulare alcuna valutazione circa tale presenza. Se poi l’aver trascurato la dimensione paesaggistica, come sopra intesa, sia dipeso dalla mancata presentazione in conferenza di servizi della Soprintendenza, pur convocata (“in parte qua”, le censure dei ricorrenti sono infondate), questo non giustifica l’omissione, trattandosi di valutazioni delle quali l’amministrazione procedente avrebbe dovuto comunque farsi carico.


I medesimi rilievi valgono per la determinazione confermativa adottata dalla conferenza di servizi del 3 marzo 2008, convocata in esecuzione dell’ordinanza cautelare pronunciata dal T.A.R.. Benché infatti la conferenza, essendone sollecitata dai motivi di impugnazione, si sia confrontata con il problema della presenza del bosco e delle acque pubbliche, le sue conclusioni appaiono apodittiche e superficiali. In primo luogo, la circostanza che non crescano alberi all’interno del perimetro del sito, destinato a discarica da oltre dieci anni, si risolve in una petizione di principio, non potendosi ignorare che è proprio l’impianto a rappresentare l’elemento di rottura di un contesto naturalistico che si presenterebbe altrimenti uniforme; ed affermare che “la realizzazione dell’intervento non va a compromettere il patrimonio boschivo” significa non comprendere che, se la riapertura dell’impianto equivale a perpetuare un impatto in qualche misura già esistente, il rinvio delle operazioni di ripristino ambientale alla sistemazione finale dell’area avrebbe comunque richiesto, nella consueta ottica di bilanciamento, un’adeguata esposizione delle ragioni giustificative dell’ulteriore sacrificio imposto al bene/interesse paesaggistico per tutto il tempo occorrente all’esaurimento della discarica. In altri termini, che la discarica insista su di un’area già compromessa non significa che non occorra quantomeno prendere in esame la possibilità del ripristino immediato dell’area stessa e, soprattutto, chiarire – agli specifici fini dell’esclusione dalla VIA – in base a quale tipo di scelta discrezionale il rinvio delle operazioni di recupero rappresenti un impatto ambientale non significativo in rapporto alla sensibilità ambientale dell’area ed alla sua capacità di continuare a sopportare il peso dell’impianto, come richiesto dal citato Allegato D l.r. n. 79/98.


Per altro verso, relativamente all’attraversamento del sito da parte del torrente Debbia, la conferenza del 3 marzo 2008 ancora una volta indugia sui profili idraulici ed idrogeologici, nonché sulla tutela delle acque dall’inquinamento, ma trascura del tutto di valutare l’interferenza fra l’impianto ed i valori – storici, culturali, naturali, morfologici, ed anche estetici, ai sensi dell’art. 2 co. 3 del D.Lgs. n. 42/04 – in virtù dei quali il territorio diviene paesaggio tutelato. Né le valutazioni omesse possono considerarsi supplite da quelle condotte in senso al successivo procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale risultano a propria volta carenti in ordine ai medesimi profili sin qui analizzati (si veda il verbale della conferenza di servizi decisoria del 3 settembre 2008, ove il rappresentante della competente Soprintendenza per il Beni architettonici e per il paesaggio si limita ad una generica raccomandazione affinché le previste opere di adeguamento della viabilità non abbiano una ricaduta negativa sull’ambiente); e questo a prescindere dalla reciproca autonomia fra il giudizio sugli impatti ambientali e paesaggistici espresso nell’ambito della verifica di assoggettabilità a VIA e quello reso ai fini dell’AIA.


Alla luce delle considerazioni esposte, va dunque affermata l’illegittimità sia della delibera dell’8 giugno 2007, oggetto dell’impugnazione proposta con il ricorso introduttivo del giudizio, sia della determinazione assunta dalla conferenza di servizi del 3 marzo 2008, gravata con il primo atto di motivi aggiunti. Ambedue gli atti debbono pertanto essere annullati. Stante il rapporto di presupposizione tra il procedimento per la valutazione di impatto ambientale e quello diretto al rilascio dell’autorizzazione integrata, plasticamente rappresentato nella specie dalla sospensione del secondo in attesa della definizione del primo, i vizi del provvedimento di esclusione dalla VIA si riverberano poi sulla delibera provinciale del 14 ottobre 2008, di talché debbono essere accolte le censure svolte dai ricorrenti onde far valere l’invalidità derivata di quest’ultima, impugnata con il secondo ricorso per motivi aggiunti. La caducazione delle delibere di esclusione dalla VIA e di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale determinano infine il venire meno, in parte, dei presupposti su cui dichiaratamente riposa la delibera di Giunta n. 29 del 28 aprile 2009, con cui il Comune di Mulazzo ha revocato la risalente ordinanza sindacale di chiusura della discarica di Lusuolo: anche detta delibera di Giunta deve essere dunque annullata, nuovamente in accoglimento del secondo ricorso per motivi aggiunti.


Assorbito ogni altro motivo di gravame, le spese di lite seguono la soccombenza delle amministrazioni resistenti (ivi compresa la Regione Toscana, che ha resistito “in toto” alle impugnazioni, anche mediante rinvio alle difese della Provincia di Massa Carrara e del Comune di Mulazzo), e sono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando, accoglie nei limiti di cui in parte motiva le impugnative proposte con il ricorso introduttivo e con gli atti di motivi aggiunti notificati dai ricorrenti in corso di causa, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.


Condanna le amministrazioni resistenti in solido alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 7.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, nonché ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2009 – 15 dicembre 2009, con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
Pietro De Berardinis, Primo Referendario