TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 840, del 4 aprile 2013
Urbanistica.Accertamento conformità ex art. 36 del d.P.R. 380/2001 relativo soltanto ad una parte degli interventi

Non è possibile ottenere un accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, relativo soltanto ad una parte degli interventi, essendo al contrario necessaria una valutazione complessiva dell’opera abusivamente realizzata che, per essere sanata, deve essere integralmente compatibile con la disciplina urbanistica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00840/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01531/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1531 del 2010, proposto da: 
MARCELLA SCHWARZ, rappresentata e difesa dagli avv.ti Aurelio Favarò e Mauro Putignano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via San Barnaba n. 32;

contro

COMUNE DI PROSERPIO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianni Mantegazza e Gian Paolo Cimolino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Viale Monte Nero n. 78;

nei confronti di

MATTIA CONSONNI e MARISTELLA PEREGO, rappresentati e difesi dall'avv. Marcello Iantorno, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Emanuela Viganò in Milano, Via S. Barnaba n. 47;

per l'annullamento

della nota prot. n. 1230 del 7 aprile 2010, con la quale è stato disposto il diniego definitivo del permesso di costruire in sanatoria richiesto dalla ricorrente in data 7 marzo 2009 per la realizzazione di un muro di contenimento terra in blocchi prefabbricati;

del parere della Commissione Comunale Edilizia del 25 novembre 2009;

della comunicazione di preavviso di rigetto prot. n. 4221 del 4 dicembre 2009.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Proserpio e dei sigg.ri Mattia Consonni e Maristella Perego;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. La sig.ra Maria Schwarz, odierna ricorrente, è proprietaria di un immobile ad uso residenziale sito nel territorio del Comune di Proserpio e collocato in un’area contraddistinta dal mappale n. 1553 del Nuovo Catasto Edilizio Urbano.

2. Lungo il confine che corre fra la suddetta area e l’area di cui al mappale n. 1554, di proprietà dei sigg. Perego Maristella e Consonni Mattia, la stessa ricorrente, senza preventivamente richiedere alcun titolo edilizio, ha realizzato un muro.

3. Il Comune di Proserpio, con ordinanza n. 2/09 dell’8 gennaio 2009, constatata l’abusività dell’opera, ne ha ingiunto la demolizione.

4. La ricorrente, con in data 7 marzo 2009, ha quindi presentato istanza di permesso di costruire in sanatoria.

5. L’Amministrazione comunale, con provvedimento n. 1230 del 7 aprile 2010, ha respinto l’istanza.

6. Avverso tale provvedimento è diretto il ricorso in esame.

7. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Proserpio e, in qualità di controinteressati, i sigg. Maristella Perego e Mattia Consonni.

8. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle proprie conclusioni.

9. Tenutasi la pubblica udienza in data 7 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Si può prescindere dall’esame delle eccezione preliminari sollevate dalle difese delle parti resistenti, stante l’infondatezza nel merito del ricorso.

11. Con il primo motivo, l’interessata evidenzia che le valutazioni che l’autorità è chiamata a compiere sulle istanze di permesso di costruire in sanatoria hanno carattere vincolato, dovendo unicamente accertarsi se l’intervento sia conforme allo strumento urbanistico vigente al momento della realizzazione ed a quello attuale. Non si comprenderebbe, dunque, a suo dire, per quale ragione l’istanza da essa presentata sia stata respinta, posto che l’intervento in concreto realizzato soddisferebbe entrambi i requisiti sopra indicati.

12. Il motivo è infondato.

13. Va invero rilevato che l’istanza di sanatoria presentata dalla ricorrente è stata rigettata in quanto il Comune ha ritenuto che la stessa non si fosse limitata a realizzare un muro (di altezza superiore a quello che in precedenza divideva le due proprietà); ma abbia altresì provveduto a mutare la quota del terreno di sua proprietà innalzandola rispetto a quella precedente.

14. L’abuso edilizio, dunque, non si limita, secondo la prospettazione di parte resistente, alla realizzazione del muro, ma si sostanzia anche nella predetta opera di riempimento che ha determinato un innalzamento della quota del terreno contenuto dal muro stesso.

15. Ciò precisato va evidenziato che, per la prevalente giurisprudenza, non è possibile ottenere un accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. 6 giugno 2001 n. 380, relativo soltanto ad una parte degli interventi; essendo al contrario necessaria una valutazione complessiva dell’opera abusivamente realizzata che, per essere sanata, deve essere integralmente compatibile con la disciplina urbanistica (cfr. ex multis Cass. pen. sez. III, 18 febbraio 2009 n. 6910).

16. Da quanto sopra discende che, una volta che il Comune ha constato un abuso consistente in un’opera complessa (innalzamento del terreno e realizzazione di un muro di contenimento), correttamente ha negato la sanatoria rilevando che la relativa istanza aveva ad oggetto solo una parte dell’intervento (l’innalzamento del muro).

17. Con il secondo motivo l’interessata osserva che, con l’ordinanza di demolizione n. 2 dell’8 gennaio 2009, l’Amministrazione si era limitata a rilevare l’abusività del muro e non anche dell’intervento concernente l’innalzamento del terreno. Questa circostanza sarebbe a suo dire dirimente ai fini della valutazione di legittimità del provvedimento impugnato, posto che non sarebbe possibile negare l’accertamento di conformità per un abuso mai sanzionato.

18. In proposito si osserva quanto segue.

19. Come rilevato in precedenza, l’accertamento di conformità presuppone una valutazione complessiva dell’intervento realizzato, giacché è necessario che questo sia, nel suo complesso, aderente alla disciplina urbanistica.

20. Pertanto, qualora l’Autorità preposta, in sede di valutazione dell’istanza, accerti che la domanda di sanatoria riguardi solo una parte dell’intervento, la sanatoria non può essere concessa quantunque in passato la stessa autorità non si sia avveduta della effettiva consistenza dell’abuso.

21. Non si vede invero la ragione per la quale la domanda di sanatoria debba essere valutata prescindendo da alcuni degli elementi decisivi disponibili, sol perché questi siano stati acquisti dall’autorità procedente dopo l’emanazione dell’ordinanza che sanziona l’abuso.

22. La doglianza in esame che, come detto, pretende di dar rilevanza alla mancata contestazione, in sede di sanzione dell’illecito, dell’intervenuto innalzamento della quota del terreno è, dunque, infondata, avendo l’Amministrazione accertato, nell’istruttoria condotta sulla domanda di sanatoria che, in realtà, l’intervento abusivo si sostanzia anche nel suddetto innalzamento.

23. Con il terzo e con il quarto motivo la ricorrete contesta le conclusioni cui è giunta l’Amministrazione, negando di aver proceduto all’innalzamento della quota del terreno di sua proprietà; e ciò sulla base di diverse argomentazioni.

24. Innanzitutto rileva che, nel verbale di sopralluogo del 18 dicembre 2008, l’incaricato comunale aveva escluso che si fosse proceduto ad una significativa modifica del profilo del suddetto terreno.

25. In secondo luogo, evidenzia che il Comune avrebbe valorizzato solo la documentazione fotografica prodotta dai controinteressati, senza prendere minimamente in considerazione la documentazione da essa prodotta che, al contrario della prima, dimostrerebbe la sussistenza di un naturale dislivello fra i due fondi.

26. In terzo luogo osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione, neppure dalla concessione edilizia n. 23/80 (titolo che, unitamente alla C.E. n. 31/79, ha assentito la realizzazione dell’edificio residenziale ubicato nell’area interessata dall’abuso) sarebbe desumibile l’identità di quota dei due terreni; con ciò avvalorandosi la tesi della sussistenza di un naturale dislivello.

27. Infine, con ultima doglianza, lamenta l’incompletezza dell’istruttoria, posto che l’Autorità avrebbe omesso di accertare la reale consistenza del supposto innalzamento di quota che, secondo l’interessata, se effettivamente sussistente, sarebbe di entità talmente lieve da non poter configurare abuso edilizio.

28. Al riguardo il Collegio svolge le seguenti considerazioni.

29. Come detto, dalla lettura del provvedimento impugnato, si ricava che il diniego di permesso di costruire in sanatoria è stato disposto in quanto il Comune ha accertato che l’abuso commesso dalla ricorrente non consisteva unicamente nell’innalzamento di un muro a ridosso del confine fra il suo fondo e quello di proprietà dei controinteressati, ma anche nel riempimento del terreno posto al di qua del confine con conseguente innalzamento di quota.

30. In particolare si legge nell’atto che “dalla verifica delle tavole allegate alla concessione edilizia n. 23/80 si ricava che lungo la linea di confine i mappali 1553 e 1554 erano posti alla medesima quota”.

31. Da ciò l’amministrazione ha dedotto che il dislivello fra i due fondi sia stato creato artificialmente dall’interessata, senza che questa abbia mai richiesto ed ottenuto un titolo edilizio che le consentisse di realizzare siffatto intervento.

32. In effetti, il Collegio deve dare atto che, dalla sezione B-B della tavola allegata alla richiesta di concessione (cfr. doc. 20 dei controinteressati), si evince chiaramente che il fondo della ricorrente e quello dei controinteressati erano posti pressoché alla stesso livello (anche se non viene indicata l’altezza assoluta delle quote). Tale circostanza (come detto apprezzabile anche direttamente dal giudice) viene confermata nella relazione redatta in data 14 maggio 2012 dal tecnico comunale; e viene smentita dalla ricorrente solo con argomentazioni generiche, peraltro neppure suffragate da alcuna relazione peritale di segno contrario. Nel ricorso si afferma che: nella sezione B-B. delle suddette tavole non sarebbero indicate le quote dei terreni, ma dalle tavole si evince invece chiaramente il contrario (o perlomeno si ricava che i due terreni erano posti alla stessa quota); che dalla sezione A - A si ricaverebbe l’avvenuto riporto di terreno, ma la sezione A – A (a differenza della sezione B – B) non riporta le quote dei due fondi; che l’immobile di proprietà della ricorrente è stato interessato da successivi interventi, ma non si indicano i titoli edilizi che hanno consentito la realizzazione dell’attuale dislivello.

33. Va osservato che gli elementi ricavabili dalle suddette tavole sono gli unici a costituire dato certo, giacché dalle foto prodotte dai ricorrenti e da quelle prodotte dai controinteressati (per inciso, tutt’altro che chiare) non si evincono con precisione i luoghi ed il periodo temporale delle rappresentazioni fornite.

34. E poiché in mancanza di elementi contrari, è ragionevole ritenere che le risultanze delle tavole allegate alle richiesta di concessione edilizia contengano rappresentazioni veritiere, correttamente il Comune ha dedotto che l’innalzamento del terreno di proprietà della ricorrente sia stato realizzato in epoca successiva; e che quindi, in mancanza di titolo edilizio che assentisse tale innalzamento, si sia successivamente concretizzato un abuso edilizio.

35. Il Collegio deve poi osservare che tali deduzioni non potevano certo essere formulate nel corso del sopralluogo effettuato in data 18 dicembre 2008, giacché esse presuppongono il confronto dell’attuale stato dei luoghi con le suddette tavole che, in quella sede, non erano per ovvie ragioni disponibili.

36. Solo successivamente, una volta effettuata una più approfondita istruttoria e solo dopo aver effettuato tale confronto, l’Amministrazione si è avveduta della reale consistenza dell’abuso; e correttamente, per le ragioni sopra illustrate, la stessa ha tenuto conto dei nuovi elementi in precedenza non compiutamente apprezzati.

37. Per quanto riguarda la consistenza dell’abuso, si deve poi rilevare che mentre in origine i due fondi confinanti erano posti pressoché alla medesima quota, attualmente gli stessi terreni presentano, per tutta la lunghezza del confine pari a mt. 19,80, un dislivello che varia da un minimo di mt. 0,50 ad un massimo di mt. 1,10.

38. E’ di tutta evidenza pertanto che l’intervento realizzato sia tutt’altro che irrilevante; e che in mancanza di apposito titolo edilizio, esso non poteva attuarsi.

39. Per queste ragioni anche le doglianze da ultimo esaminate sono infondate.

40. In conclusione il ricorso deve essere respinto.

41. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore delle parti resistenti, delle spese processuali, che vengono liquidate, per ciascuna di esse, in Euro 2.000 oltre IVA e c.p.a se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore

Silvia Cattaneo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)