TAR Veneto Sez.II n. 286 del 5 marzo 2019
Urbanistica.Sedi delle associazioni di promozione sociale

La compatibilità urbanistica, con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal D.M. n. 1444 del 1968, della sede delle associazioni di promozione sociale e dei locali nei quali si svolgono le relative attività (ex art. 32, comma 4, della legge n. 383 del 2000), nonché delle attività di culto, non esonera dall’obbligo di richiedere e ottenere un conforme titolo edilizio, non rilevando nel vigente ordinamento giuridico, ai fini della valutazione del regime autorizzatorio applicabile, la qualificazione soggettiva del privato proponente


Pubblicato il 05/03/2019

N. 00286/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00069/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 69 del 2019, proposto da
Associazione Centro Culturale Ritrovo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Biagioli e Caterina Caregnato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Caterina Caregnato in Venezia, via Leonida Bissolati 6;

contro

Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Iannotta, Nicoletta Ongaro, Giuseppe Venezian, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Ente in Venezia, S. Marco 4091;

nei confronti

Regione del Veneto, Simonetta Torchi non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

1. del provvedimento del Comune di Venezia – Direzione servizi al cittadino e imprese – Settore condono, atti autorizzativi L.R. 22/2002 e controllo del territorio – Servizio accertamenti edilizi e provvedimenti Mestre e terraferma del 6.11.2018 prot. Gen. 2018/537011 rif. Prat. 2018 362147 PG fascicolo 2018.XII/2/6.753, notificato a mani il 15.11.2018 con il quale si “ORDINA ai soggetti in indirizzo di conformare l'opera in oggetto indicata alla norma urbanistica, regolamentare, vigente, ovvero di ripristinare la destinazione d'uso dei locali ad attività commerciale entro il termine di gg. 90 (novanta) dalla notificazione del presente atto con espresso avviso che, in caso di inottemperanza nel termine indicato, sarà dato corso alla procedura coattiva stabilita dall'art. 27 e 37 ultimo comma del D.P.R. 380/2001 (demolizione eseguita a cura del Comune con spese a carico del responsabile dell'abuso).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 il Pres. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori M. Biagioli per la parte ricorrente e M. Masetto per il Comune di Venezia;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La parte ricorrente si qualifica associazione di promozione sociale che dal 2004 svolge le sue attività nell’immobile, ottenuto in locazione dalla proprietaria, sito in Mestre, P.le Madonna Pellegrina, in zona residenziale di completamento B1, avente destinazione d’uso commerciale;

Con l’ordinanza 6.11.18 il Comune di Venezia contestava alla predetta Associazione l’avvenuto cambio abusivo di destinazione d’uso dell’immobile da negozio a luogo di culto, senza opere, disponendo di conseguenza il rispristino dell’uso legittimo o la conformazione mediante idoneo titolo.

Con il ricorso, si assume l’illegittimità dell’ordinanza, in quanto il contestato mutamento abusivo – da esercizio commerciale ad attività culturale ed esercizio del culto islamico – non potrebbe dirsi sussistente, tenuto conto che la natura di associazione di promozione sociale della ricorrente le consentirebbe di localizzare la propria sede e i locali ove si svolgono le sue attività in qualsiasi zona del territorio comunale e indipendentemente dalla destinazione legittima impressa «ab origine» all’immobile.

Al riguardo il Collegio osserva che la compatibilità urbanistica, con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal D.M. n. 1444 del 1968, della sede delle associazioni di promozione sociale e dei locali nei quali si svolgono le relative attività (ex art. 32, comma 4, della legge n. 383 del 2000), nonché secondo Cass. 449/85, 24852/15, 34812/17 delle attività di culto, non esonera dall’obbligo di richiedere e ottenere un conforme titolo edilizio, non rilevando nel vigente ordinamento giuridico, ai fini della valutazione del regime autorizzatorio applicabile, la qualificazione soggettiva del privato proponente (cfr. T.A.R. Toscana, III, 20 dicembre 2012, n. 2105); difatti, il citato art. 32 della legge n. 383 del 2000 pone una compatibilità ex lege della sede e dei locali dell’associazione di promozione sociale con qualsiasi zona omogenea di PRG, ma poi la concreta modificabilità del precedente uso, ancorché senza opere, quando non sia tra categorie funzionali omogenee, deve essere assentita in un apposito titolo edilizio, mediante il quale l’Amministrazione possa, oltre che verificare i presupposti allegati dal richiedente circa la riconducibilità della situazione proprio al paradigma del citato art. 32, o ad altre ipotesi di astratta compatibilità, anche verificare l’eventuale maggiore incidenza sotto il profilo urbanistico-edilizio del nuovo uso, ai fini del calcolo della differenza dei relativi oneri, unitamente alla necessità di procedere all’accertamento del rispetto di tutte le prescrizioni sia di natura edilizia che urbanistica che rendano idoneo l’immobile in relazione al nuovo utilizzo (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 24 maggio 2016, n. 2635; altresì, T.A.R. Puglia, Bari, III, 20 maggio 2016, n. 691, nonché la stessa giurisprudenza invocata sulla compatibilità della attività di culto con ogni destinazione).


Pertanto, in mancanza del necessario titolo edilizio, appare assolutamente giustificata l’applicazione della sanzione ripristinatoria prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, laddove, come nella fattispecie oggetto del presente contenzioso, sia stata abusivamente mutata la destinazione d’uso originariamente assentita.

In sede di esame della eventuale domanda dovranno essere esaminate anche le questioni relative alla effettiva applicabilità o meno alla fattispecie delle prescrizioni, anche localizzative, di cui alla L.R.V. 12/2016, sia sotto il profilo temporale della preesistenza abusiva dell’attività che sotto quello soggettivo (contestato per non essere l’associazione ricorrente “l’ente istituzionalmente competente” per la relativa confessione ai sensi dell’art. 31 bis, comma 1, della L.R.V. 12/16)

Conclusivamente, il ricorso è respinto.

Le spese vanno compensate in ragione della rilevanza e sensibilità dell’interesse dedotto e delle relative esigenze di tutela.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Alberto Pasi, Presidente, Estensore

Stefano Mielli, Consigliere

Mariagiovanna Amorizzo, Referendario

         
         
IL PRESIDENTE, ESTENSORE        
Alberto Pasi