TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 1133 del 22 aprile 2010
Urbanistica. Ristrutturazione mediante ricostruzione di edificio demolito

Ai fini della conformità urbanistica della ristrutturazione edilizia - laddove realizzata mediante ricostruzione dell'edificio demolito ed il mantenimento di tutti i parametri urbanistico edilizi preesistenti quali la volumetria, la sagoma, l'area di sedime ed il numero delle unità immobiliari - il parametro di riferimento è rappresentato dalla disciplina vigente all'epoca della realizzazione del manufatto come attestata dal titolo edilizio e non da quella sopravvenuta al momento della esecuzione dei lavori di ristrutturazione dovendosi fare salvo, in capo all'interessato, il diritto acquisito al mantenimento, conservazione e ristrutturazione dell'immobile esistente giacché la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 01133/2010 REG.SEN.
N. 01643/1996 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1643 del 1996, proposto da:
La Madunina S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Cristina Colombo, Maurizio Galbiati, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Milano, via Durini, 24;


contro


Comune di Varano Borghi, non costituito;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

dell’ordinanza sindacale n. 3 del 26.02.1996, notificata alla società La Madunina s.r.l. in data 29.02,1996 e di ogni altro atto preordinato e connesso.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista l’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, sez. II, 29 maggio 1996 n. 1382;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2010 il dott. Alberto Di Mario e udito l’avv. Mattia Casati, in sostituzione dell’avv. Colombo, per la società ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. Con il provvedimento impugnato il Comune ha respinto la domanda di accertamento di conformità presentata dalla società ricorrente per la realizzazione di una casa prefabbricata in luogo di preesistente casa mobile in legno distrutta da un incendio e ne ha ordinato la demolizione. Secondo il Comune tale opera non ha formato oggetto di domanda di condono ex L. 724/1994, costituisce nuova opera e non ristrutturazione mediante demolizione e nuova costruzione in quanto l’opera non è stata demolita ma distrutta da un incendio, e da ultimo non sarebbe conforme alla normativa urbanistica in vigore in quanto non rispetta le distanze dai confini.

La ricorrente solleva i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione dell’art. 4 L. 47/1985 in quanto trattandosi di abuso realizzato un area soggetta a vincolo paesistico, il Comune avrebbe dovuto provvedere immediatamente alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi invece di emanare una preventiva diffida a demolire ex. art. 7 L. 47/1985.

II) Violazione dell’art. 31 L. 457/1978 in quanto l’opera realizzata sarebbe qualificabile come ristrutturazione edilizia.

III) Trattandosi di ristrutturazione edilizia non sarebbero applicabili le norme in materia di distanze dai confini previste dal piano di fabbricazione in vigore.

All’udienza del 9 marzo 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Venendo ora all’esame del ricorso, il primo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse a ricorrere in quanto il ricorrente chiede l’applicazione di una norma, l’art. 4 comma 2 della L. 47/1985, che comporta un trattamento deteriore per il ricorrente medesimo.

Infatti l’art. 4 comma 2 della L. 47/1985 prevede che in caso di abusi realizzati su aree assoggettate alla tutela di cui alle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, il sindaco provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa. Ne consegue che la demolizione viene disposta direttamente da una delle amministrazioni interessate e senza preventiva diffida al privato.

Invece l’art. 7 della legge medesima, applicato nel caso concreto dal Comune, stabilisce che il Sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione. Solo nel caso in cui il destinatario dell’ordine non vi provveda il Comune effettua la demolizione.

Si tratta chiaramente di una norma di maggiore tutela per il destinatario e di conseguenza deve escludersi che egli abbia interesse a domandare l’applicazione di una norma più restrittiva. Infatti il contenuto della sentenza non è limitato all’effetto di annullamento dell’atto ma si estende anche a conformare il potere che l’amministrazione è tenuta ad esercitare a seguito della pronuncia del giudice, con la conseguenza che l’accoglimento del motivo di ricorso suddetto comporterebbe l’obbligo dell’amministrazione di provvedere alla demolizione diretta dell’immobile in applicazione della norma invocata dallo stesso ricorrente. Infatti l’accoglimento di tale motivo presuppone l’accertamento dell’esistenza di tutti i requisiti previsti dall’art. 4 della L. 47/1985, rispetto ai quali l’azione successiva dell’amministrazione ha carattere vincolato.

Per tali ragioni deve escludersi che quest’ultimo abbia interesse ad ottenere un provvedimento maggiormente limitativo della sua sfera giuridica di quello adottato dall’amministrazione, anche se tale effetto risulti inframmezzato dall’annullamento del provvedimento meno invasivo nel frattempo emanato.

Il secondo motivo dev’essere respinto in quanto la qualificazione dell’attività esercitata in termini di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia è del tutto irrilevante ai fini del sindacato sull’atto impugnato.

Infatti ai fini dell’applicazione delle sanzioni per abuso edilizio è del tutto irrilevante la qualificazione che l’opera avrebbe avuto se fosse stata richiesto il titolo edilizio. Infatti sia l’art. 7 della L. 47/1985 per il caso di nuova costruzione, sia l’art. 9 della stessa legge per il caso di ristrutturazione edilizia prevedono l’emanazione dell’ordinanza di demolizione.

Da ultimo deve respingersi anche l’ultimo motivo di ricorso, secondo il quale, trattandosi di opera di ristrutturazione edilizia abusiva, il manufatto avrebbe mantenuto il diritto alle distanze dai confini esistenti.

Infatti la giurisprudenza (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 22 luglio 2004 , n. 3210) ha chiarito che ai fini della conformità urbanistica della ristrutturazione edilizia - laddove realizzata mediante ricostruzione dell'edificio demolito ed il mantenimento di tutti i parametri urbanistico edilizi preesistenti quali la volumetria, la sagoma, l'area di sedime ed il numero delle unità immobiliari - il parametro di riferimento è rappresentato dalla disciplina vigente all'epoca della realizzazione del manufatto come attestata dal titolo edilizio e non da quella sopravvenuta al momento della esecuzione dei lavori di ristrutturazione dovendosi fare salvo, in capo all'interessato, il diritto acquisito al mantenimento, conservazione e ristrutturazione dell'immobile esistente giacché la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito.

Ne consegue che il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che la disciplina vigente all'epoca della realizzazione del manufatto poi distrutto dall’incendio, come attestata dal titolo edilizio originario, gli aveva permesso di costruire a distanza inferiore a quella prevista al momento della ristrutturazione. Egli invece si è limitato ad affermare la conformità della nuova costruzione a quella precedente, senza dedurre in giudizio il titolo edilizio del manufatto distrutto e la disciplina vigente al memento della sua realizzazione.

Non è infatti possibile ammettere che lo stato di fatto preesistente possa ritenersi sufficiente per derogare alla normativa in materia di distanze in quanto da un lato le disposizioni in materia di distanze si applicano a tutti gli edifici anche quelli abusivi e dall’altro non è possibile che una costruzione abusiva possa legittimare anche quelle successive che la sostituiscano.

In mancanza di costituzione del Comune non occorre disporre sulle spese.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Adriano Leo, Presidente
Ugo De Carlo, Referendario
Alberto Di Mario, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2010