TAR Marche Sez. I n. 418 del 16 luglio 2022
Urbanistica.Modifica destinazione uso tra categorie funzionalmente autonome

Il cambio di destinazione d’uso ha tendenzialmente una sua giuridica apprezzabilità e, come tale, non può essere liberamente eseguito previa comunicazione, ma deve essere assentito mediante permesso di costruire in tutti i casi in cui esso intervenga tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e influisca in via conseguenziale e automatica sul carico urbanistico

Pubblicato il 16/07/2022

N. 00418/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00201/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 201 del 2021, proposto da
Cametti Cesare, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Mastri e Paolo Stella Richter, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Mastri in Ancona, corso Garibaldi, 124;

contro

Comune di Fano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Federico Romoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 70 del 18 marzo 2021, ricevuta il successivo 24 marzo, con cui è stato ingiunto il ripristino della destinazione d'uso residenziale degli immobili distinti ai subalterni 6, 10 e 11 dell'edificio sito in Fano alla Via Nolfi 56, nonché di ogni altro atto connesso o presupposto;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2022 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Comune di Fano ha contestato al ricorrente un cambio di destinazione d’uso da residenziale in direzionale in assenza del permesso di costruire e in contrasto con le previsioni del Piano particolareggiato del Centro Storico e ne ha ingiunto il ripristino nel termine di 90 giorni.

Avverso tale ordinanza è stato proposto il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi:

- violazione dell’art. 10 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, dato che il cambio di destinazione d’uso non necessiterebbe del rilascio del permesso di costruire, essendo esso richiesto, ai sensi della norma che si denuncia come violata, soltanto per gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia;

- violazione dell’art. 6 bis, comma 5, del DPR 6 giugno 2001 n. 380, dal momento che la norma prevede, per l’ipotesi di mancato invio della comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori (CILA) - che nella specie è effettivamente mancata - la sola irrogazione di una “sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro” e non certo l’ordine di ripristino;

- violazione del Piano particolareggiato del centro storico, il quale, come ricorda la stessa ordinanza gravata, classifica l’immobile come “A4 (interventi di demolizione e ricostruzione) con destinazione Mista 3: unità edilizie destinate ad accogliere residenze e servizi per la residenza ed altre attività, queste sino ad un massimo del 50% delle superfici globali”. Dunque tra gli interventi consentiti rientrano i servizi per la residenza e – per quello che qui interessa – anche i negozi, i quali non a caso sono comunemente chiamati “di vicinato”, per contrapporli a supermercati e ipermercati. Ne consegue che lo sforamento rispetto al limite massimo consentito, che ammonta a mq. 511, è di soli mq. 24,98. Il provvedimento impugnato, pertanto, estendendo erroneamente l’ambito dell’illecito mutamento di destinazione, coinvolge anche gli interni 10 e 11, destinati a ufficio, in cui oltre tutto si svolge una funzione di interesse pubblico;

- violazione dell’art. 4, comma 2, lettere d) e i) del regolamento edilizio, per non essere stato assunto il preventivo parere della commissione edilizia comunale.

Si è costituito in giudizio, per resistere, il Comune di Fano.

Con istanza depositata in data 9 novembre 2021, il ricorrente ha formulato una richiesta istruttoria affinché fosse ordinato all’Amministrazione di depositare l’effettiva composizione delle varie unità oggetto di contestazione dopo il rilascio, da parte del conduttore, avvenuto il 30 settembre 2021, di un’unità immobiliare utilizzata come ufficio; con tale documentazione il ricorrente intende dimostrare che “su di una superficie totale di 1022.01 mq (oltre a 150.00 mq di scantinati) la superficie utilizzata ad attività differente da residenziale risulta pari a 319.42 mq a fronte di una superficie di 584.56 mq utilizzata come abitazione e locali liberi a disposizione e quindi ben inferiore al 50% previsto per l’immobile classificato A4 con destinazione MISTA3 come indicato nell’ordinanza del Comune di Fano (e senza tener conto di mq. 118.03 utilizzati come negozi che, essendo negozi di prossimità, dovrebbero essere considerati nella percentuale relativa alle abitazioni)” (cfr., istanza istruttoria, pagina 2).

Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Giovano, preliminarmente, talune premesse in fatto.

L’ordinanza impugnata è stata adottata sul presupposto che, all’interno dell’edificio in questione, sito nel centro storico di Fano, sia stato accertato il cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale degli immobili contraddistinti ai subalterni 6, 10 e 11, in assenza del permesso di costruire e in contrasto con la previsione del Piano particolareggiato del centro storico che consente, per la zona di interesse, classificata “Mista 3”, la presenza di unità edilizie destinate ad accogliere residenze e servizi per la residenza e prevede la possibilità di destinarle ad altre attività fino ad un massimo del 50% delle superfici globali.

Nel caso di specie è stato contestato al ricorrente il superamento di tale limite massimo consentito attraverso la trasformazione, senza titolo, della destinazione d’uso delle unità immobiliari sopra indicate rispetto a quanto autorizzato con licenza edilizia n. 1615 del 17 marzo 1964 e con certificazione di abitabilità del 17 agosto 1967.

Ciò posto, il ricorrente non contesta tale presupposto di fatto, anzi ammette l’avvenuto sforamento delle superfici massime da destinare ad attività diverse da quelle residenziali, assumendo, tuttavia, che esso sia stato irrisorio, ovvero di soli 24,98 mq (cfr., terzo motivo di ricorso); peraltro, a partire dal 30 settembre 2021, data in cui il conduttore ha rilasciato una unità immobiliare utilizzata come ufficio, la superficie destinata ad attività differente da quella residenziale risulterebbe inferiore alla soglia massima del 50% prevista dal Piano particolareggiato (cfr., istanza istruttoria depositata in data 9 novembre 2021 e memoria di replica del ricorrente depositata in data 24 gennaio 2022).

3. Fatte tali premesse, il Collegio, nel merito, osserva quanto segue:

- per principio giurisprudenziale pacifico, laddove il cambio di categoria edilizia determini un ulteriore carico urbanistico, risulta irrilevante verificare se la modifica sia avvenuta con l’effettuazione di opere edilizie (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 4 novembre 2021, n. 2419 e 26 aprile 2021, n. 1040). In materia edilizia, infatti, l’art. 32, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001 qualifica come “variazione essenziale” - sanzionata ai sensi del precedente art. 31 con l’obbligo di demolizione e riduzione in pristino - il mutamento di destinazione d’uso che implichi una variazione degli standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 4 luglio 2019, n. 1529; 27 luglio 2012, n. 2146; T.A.R. Valle d'Aosta, 16 novembre 2016, n. 55; T.A.R. Veneto, II, 21 agosto 2013, n. 1078). Si è affermato, in altri termini, che “il mutamento di destinazione d'uso di un fabbricato che determini, dal punto di vista urbanistico, il passaggio tra diverse categorie in rapporto di reciproca autonomia funzionale, comporta inevitabilmente un differente carico ed un maggiore impatto urbanistico, anche se nell'ambito di zone territoriali omogenee, da valutare in relazione ai servizi e agli standard ivi esistenti” (cfr., T.A.R. Lombardia, Milano, II, 4 novembre 2021, n. 2419, 26 aprile 2021, n. 1040 e 9 marzo 2021, n. 619; nello stesso senso, Consiglio di Stato, VI, 12 dicembre 2019, n. 8454; 18 luglio 2019, n. 5041; 20 novembre 2018, n. 6562);

- è stato altresì chiarito che, poiché il cambio di destinazione d’uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee integra una vera e propria modificazione edilizia con incidenza sul carico urbanistico, è necessario il previo rilascio del permesso di costruire, senza che rilevi l’avvenuta esecuzione di opere (Consiglio di Stato, II, 31 agosto 2020, n. 5300; VI, 20 novembre 2018, n. 6562);

- alla luce dei principi giurisprudenziali innanzi enucleati, può dunque affermarsi che il cambio di destinazione d’uso ha tendenzialmente una sua giuridica apprezzabilità e, come tale, non può essere liberamente eseguito previa comunicazione, ma deve essere assentito mediante permesso di costruire in tutti i casi in cui esso intervenga tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e influisca in via conseguenziale e automatica sul carico urbanistico (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 7 ottobre 2021, n. 2980), come appunto nel caso di specie, in cui si è verificato il cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale;

- conseguentemente, poiché il cambio di destinazione d’uso in questione è stato realizzato senza permesso di costruire, è legittima la sanzione ripristinatoria irrogata (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 marzo 2021, n. 1857).

3.1. Alla luce delle considerazioni che precedono, infondati sono i primi due motivi di ricorso, mentre ininfluente è il terzo, dal momento che, quand’anche lo sforamento rispetto al limite massimo consentito per la zona fosse stato minimo, come sostenuto dal ricorrente, il cambio non autorizzato comunque vi è stato e tanto già giustifica la sanzione ripristinatoria adottata. Inoltre, neppure rileva il fatto che la superficie complessiva occupata da attività non residenziali sia stata successivamente ricondotta nei limiti consentiti, poiché ciò non incide sulla legittimità del provvedimento impugnato - quest’ultimo basato su un corretto presupposto all’atto della sua adozione, giacché, per espressa ammissione del ricorrente, tale sforamento era effettivamente avvenuto - ma può tutt’al più rilevare in fase esecutiva, nella quale il Comune dovrà tener conto dell’eventuale compiuta ottemperanza all’ordine di ripristino impartito.

3.2. Con riferimento, infine, al quarto motivo, il Collegio non può che evidenziare la genericità dello stesso e quindi la sua inammissibilità, essendo esso stato formulato solo attraverso il richiamo ad una non meglio identificata sentenza, senza alcuna specificazione dei motivi, solo enunciati nell’epigrafe.

Ad ogni modo, a voler ritenere che con il motivo in esame il ricorrente lamenti il mancato coinvolgimento della Commissione edilizia comunale, il Comune ha precisato nei propri scritti difensivi - senza che al riguardo parte ricorrente abbia mosso alcuna contestazione - che la disposizione del Regolamento edilizio comunale (art. 14, comma 2, lett. d - i) disciplinante le funzioni della Commissione edilizia è stata dapprima modificata con delibera di Consiglio comunale n. 264 del 28 ottobre 2009 e poi definitivamente soppressa con delibera di Consiglio comunale n. 68 del 16 aprile 2015, per cui la Commissione edilizia nel Comune di Fano non risulta più istituita.

Di qui anche l’infondatezza, nel merito, della censura.

3.3. Le motivazioni che precedono danno altresì contezza delle ragioni per le quali il Collegio non ha ritenuto di dover dare corso all’istanza istruttoria avanzata dal ricorrente.

3.4. In definitiva, il ricorso è infondato e va respinto.

4. Avuto riguardo alle peculiarità fattuali della controversia, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF

Tommaso Capitanio, Consigliere

Simona De Mattia, Consigliere, Estensore