L’accertamento di conformità edilizio

di Antonio VERDEROSA

Il principio della c.d. “doppia conformità” in materia di sanatoria degli abusi edilizi ha avuto nell’art. 13 L. 47 del 1985 il suo primo riferimento normativo, trovando ulteriore conferma nel successivo art. 36 del D.P.R. 380 del 2001, oltre che in molteplici leggi regionali (si pensi, ad esempio, all’art. 97 della L.R. Veneto 61/1985 o all’art. 43 della L.R. Campania n. 16/2004 poi abrogato).

Il legislatore nazionale e quelli regionali hanno dato, quindi, ampia conferma all’operatività del principio in oggetto, dimostrando di condividerne la ratio e le finalità di tutela urbanistica. La previsione normativa, infatti, prevedendo la posteriore sanabilità delle sole opere che, ancorché prive del titolo abilitativo od eseguite in parziale difformità dallo stesso, risultassero comunque conformi agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati sia al momento della realizzazione dell’opera sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria, ha l’obiettivo di evitare modifiche arbitrarie e opportunistiche agli strumenti urbanistici, a tutela e a salvaguardia di un più generale e pubblico interesse. Le opere abusive realizzate per essere sanate devono risultare conformi agli strumenti urbanistici generali, “sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda” (secondo l’attuale formulazione dell’art. 36 T.U. n. 380/2001).

Nella attuale definizione giuridica il p. di c. in sanatoria in quanto tale (perché rilasciato a seguito di accertamento di conformità) non può consentire la esecuzione di ulteriori opere.

Può riconoscersi la legittimità di simili provvedimenti allorché si consideri che l’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 ammette al beneficio gli “interventi realizzati” (senza fare alcun riferimento a nuove opere) e soltanto “…quando venga verificata come detto la c.d. doppia conformità agli strumenti urbanistici, sia al momento della realizzazione dell’opera sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria….”.

Spesso le richieste in sanatoria in Campania sono il risultato di una serie di profili afferenti sia quello dell’accertamento di conformità ex art. 36 del DPR 380/01 (non ammissibili se non verificato il principio della doppia conformità) che di cambio di destinazione d’uso a sanatoria ai sensi della L.R. 19/2009 art. 8 comma 2 (ad esempio recupero esistenti sottotetti secondo la tipologia ex l.r. n.15/2000 alla data di entrata in vigore della L.R.) ed ancora, nella fiscalizzazione 1 degli illeciti edilizi ai sensi dell’art. 34 comma 22 del DPR 380/01 con il pagamento in misura doppia del costo di produzione.

In questi casi va applicato alternativamente o l’art. 34 (al solo fine di evitare la demolizione) o l’art. 36 del D.P.R. 380/01, se le opere abusivamente realizzati risultavano conformi alla disciplina urbanistico-edilizia vigente.

In realtà l’ accertamento di conformità ex art. 36 non è ammissibile quando le opere difformi di cui all’Ordinanza di demolizione emessa ai sensi dell’art. 31 non sono compatibili con le N.T.A. del PRG sia al momento della realizzazione, sia al momento della richiesta e del successivo rilascio del titolo sanante.

In questi casi come detto può essere invocato l’art. 34 comma 2 (Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire) con il versamento della relativa oblazione3.

Infatti, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base al Decreto 27 luglio del 1978, n. 392 della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruirete ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell'agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi.

E’ d’obbligo precisare che il pagamento in misura doppia del costo di produzione non equivale a sanatoria delle opere abusivamente realizzate (evita solo la demolizioni delle parti abusive per non compromettere quella legittimamente realizzata) ma viene consentito il versamento della sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.

La disciplina prevista dall'art. 34, comma 2, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 è alternativa a quella dell’art. 36 ed il provvedimento adottato dall'autorità amministrativa a norma del comma secondo della norma dianzi citata trova applicazione solo per le difformità parziali e comunque non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell'illecito, ed in particolare non autorizza il completamento e la modifica delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente (Cass. Sez. 3, n. 13978 del 25/02/2004 Cass. Sez. 3, n. 10978 del 22/03/2010).

E’ il caso di evidenziare che l'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 rappresenta l'oggetto del contrasto fra due correnti ermeneutiche in materia di sanatoria edilizia.
Parte della giurisprudenza e della dottrina hanno ritenuto che la conformità andrebbe valutata esclusivamente al momento della presentazione dell'istanza, dovendosi superare la scure della "doppia conformità".

Secondo tale tesi, conosciuta col nome di "sanatoria giurisprudenziale”, sostenuta per anni anche da alcune sentenze del Consiglio di Stato, sarebbe assolutamente illogico ed irragionevole demolire un immobile, che seppur conforme al piano urbanistico attuale, risulti difforme dal piano urbanistico vigente al momento della sua realizzazione.

Infatti ciò significherebbe che se l'immobile, una volta demolito perché non conforme al piano urbanistico vigente all'epoca della realizzazione manufatto, venisse ricostruito tale e quale a quello demolito sarebbe da considerarsi non abusivo in quanto conforme al piano urbanistico attuale. Ciò, quindi, andrebbe a stridere con i principi di ragionevolezza e logicità che sono i cardini dell'azione amministrativa.

Significativa in tal senso la sentenza 7 maggio 2009, n. 2835 della Sez. VI del Consiglio di Stato che ha affermato il principio (per vero non condiviso dalla maggior parte dei Tribunali amministrativi regionali) secondo cui può essere rilasciata la concessione in sanatoria per quelle opere che “realizzate senza concessione o in difformità dalla concessione, siano conformi alla normativa urbanistica vigente al momento in cui l’autorità comunale provvede sulla domanda in sanatoria”.

In sostanza, secondo il giudice amministrativo la sanatoria edilizia può ben intervenire anche a seguito della conformità “sopraggiunta” di un intervento che in un primo tempo (cioè al momento della sua realizzazione) non era assentibile.

Tuttavia di recente il Consiglio di Stato è ritornato sulla questione, mutando nuovamente indirizzo e rigettando in pratica la soluzione della "sanatoria giurisprudenziale", sull'assunto che si deve dare una maggiore tutela al principio della legalità rispetto a quelli richiamati dalla sanatoria giurisprudenziale che devono considerarsi al suo cospetto recessivi, riconfermando quindi il principio della doppia conformità. Inoltre ammettere la "sanatoria giurisprudenziale" significherebbe introdurre surrettiziamente nell'ordinamento una atipica forma di condono che consentirebbe al responsabile di un abuso edilizio di poter beneficiare degli effetti indirettamente sananti di un più favorevole ius superveniens, piuttosto che di un'apposita disciplina legislativa condonistica.

Tale corrente di pensiero è confermata dalla Cass. Sez. III n. 30275 del 10 luglio 2014 secondo cui per attribuire efficacia estintiva dell'illecito penale al permesso in sanatoria, solo se le opere abusive risultano, per quanto difformi dal titolo abilitativo, in sé non contrastanti con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione della domanda, con la conseguenza che detta vicenda estintiva non può prodursi se sia necessario procedere ad ulteriori interventi che riconducano i lavori realizzati a tale doppia conformità.

In Campania vi è stato un tentativo legislativo di regolamentare la sanatoria amministrativa dalla L.R. 1/2011 <<Modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2009, n. 19 e alla legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16>>, con l’ art. 7 comma 124.

Disposizione (art. 7 comma 12) che viene addirittura abrogata (dopo soli 60 giorni) dall’art. 1 comma 1185 della L. R. n°4 del 15.03.2011 . Contemporaneamente con ricorso notificato il 9 marzo 2011 e depositato il successivo 18 marzo, il Presidente del Consiglio dei Ministri promuoveva la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, lettera l), della legge della Regione Campania 5 gennaio 2011, n. 1, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

Va da se che l’accertamento di conformità ex art. 36 presuppone l’obbligo della preventiva acquisizione dei nulla-osta che costituiscono requisito di validità del titolo edilizio sanante, essendo le opere costituenti variazioni essenziali (art. 32) e pertanto soggette al binario di un molteplice controllo in ordine sia ai profili edilizi e contestualmente a quello delle altre norme di settore in materia ambientale, idrogeologica, sismica e di sicurezza. Tali accertamenti si concretano nella procedura tesa alla acquisizione preventiva dei vari nulla-osta da parte delle Autorità preposte. Tra questi controlli rientra anche quello della verifica della conformità delle opere ai vincoli sismici, aventi gli abusi commessi spesso valenza strutturale. Nella prassi corrente spesso l’accertamento di conformità edilizio è surrogato dalla sola certificazione di idoneità statica del collaudatore, mentre , invece ricorre l’obbligo ai sensi dell’art. 5, anche della Autorizzazione Sismica in sanatoria (art. 94 D.P.R. 380/2001) del competente ufficio regionale del Genio Civile considerato che la Regione Campania è classificata a rischio di medio ed alto di sismicità ai sensi della D.G.R. Campania n° 5447 del 07.11.2002, e quindi gravata dal vincolo sismico.

La data del 13 maggio 2011 segna la linea di confine tra il vecchio modus operandi e quello individuato dal Decreto Sviluppo. Infatti l’art. 5, c. 2 punto 3 del D.L. 70/20116 convertito dalla L. 106/201, introduce la presupposizione dei pareri al titolo edilizio. Infatti, il procedimento impone, che il RUP curi l’istruttoria, ed avvalendosi dello sportello unico, acquisisce preventivamente i nulla-osta delle autorità preposte7 anche attraverso l’istituto della Conferenza dei Servizi. Per cui, l’acquisizione dei pareri novellati dal comma 48, a partire da quella data diviene obbligatoria. Fino ad allora, invece, risultavano obbligatori i soli pareri di cui al comma 3 lett. a) e b), quali quello dell’ ASL (lett. a) e dei Vigili del Fuoco (lett. b).

Il 27.06.2012, segna la data di entrata in vigore di una ulteriore disposizione modificatrice dell’art. 59. Infatti l’art. 13 comma 2 lett. a) del D.L. 83/12 poi convertito in nella L. n. 134 del 07.08.2012, riformava il citato art. 5 comma 3 abrogando contestualmente il successivo comma 4 10. Secondo la letterale attuale formulazione, preventivamente al rilascio del titolo edilizio devono essere acquisiti gli atti di assenso indicati dalle lettere da a) ad m) del menzionato comma che costituiscono un requisito di validità del Permesso di Costruire. La modifica introdotta determina l’obbligatorietà della acquisizione preventiva dei pareri endo-procedimentali che costituiscono il presupposto legittimante al rilascio del P. di C. sia in via ordinaria ai sensi dell’art. 10, che in sanatoria secondo la disposizione dell’art. 36 del T.U.E. La loro mancanza è dunque una condizione pregiudizievole al rilascio del titolo edilizio abilitativo.

Antecedentemente a quell’epoca vi erano, già delle pronunce giurisprudenziali che delineavano compiutamente i binari di applicazione dell’art. 5 come poi definitivamente chiarito dal legislatore il 2011. Si rileva sul punto che, la Corte di Cass. Pen. Sez. III^, 24 marzo 2011, n. 11960 già sanciva che : “(…) La procedura di accertamento di conformità prevista e disciplinata dal DPR 380/01, art. 36,può trovare applicazione anche in presenza di un vincolo idrogeologico ma la conclusione positiva della procedura medesima resta subordinata al conseguimento dell'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela di quel vincolo. (…)”. Analogamente il discorso va esteso alla procedura tesa al rilascio del P. di C. in via ordinaria (art.10) e per i vincoli imposti dall’Autorità di bacino ai sensi dell’art. 17 della L. 183 del 18.05.1989 nelle aree perimetrate.

In riferimento alle aree vincolate, la giurisprudenza amministrativa più risalente aveva affermato che l'accertamento di conformità ex art. 13 della legge n. 47/1985 doveva ritenersi precluso allorquando l'area interessata dall'intervento edilizio fosse assoggettata da un vincolo posto a tutela di interessi paesaggistici o ambientali e tale orientamento era stato condiviso anche dal Ministero dei beni ambientali e culturali con la circolare n. 1795 dell'8.7.1991.

Nei tempi più recenti, invece, la giurisprudenza maggioritaria ha prospettato la tesi contraria (vedi Cass., Sez. III, 28.10.1998, n. 11301; nonché T.a.r. Liguria, sez. I, 27.5.1999, n. 230; T.a.r. Campania, 27.10.1997, n. 596; T.a.r. Lazio, Roma, sez. II, 17.3.1995, n. 464) e questa è stata altresì condivisa dal Consiglio di Stato (Sez. VI: 27.3.2003, n. 1590; 9.10.2000, n. 5386; 28.1.2000, n. 421).

Secondo tale orientamento, l'istituto dell'accertamento di conformità può trovare applicazione anche in caso di opere eseguite su aree soggette a vincolo paesaggistico, pur rimanendo il rilascio del permesso di costruire in sanatoria comunque subordinato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del D. Lgs. n. 42/2004.

Una conclusione del genere però, deve ritenersi attualmente limitata ai soli casi in cui l'autorizzazione paesaggistica sia stata ottenuta prima dell'inizio dei lavori, poiché l'art. 146, comma 12, del D.Lgs. n. 42/2004 perentoriamente stabilisce che la stessa (con le sole eccezioni di cui ai commi 4 e 5 del successivo art. 167) "non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione degli interventi”.

Ai sensi dell'art. 167, comma quarto, d. Lgs. n. 42/2004 è consentito però l'accertamento di compatibilità paesaggistica per quegli interventi che "non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati". In applicazione dell'art. 146, comma quarto, d. Lgs. n. 42/2004, nel caso gli abusi non rientrano nei casi della previsione dell'art. 167, commi quarto e quinto, d. Lgs. citato, l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

Sempre in tema di accertamento di conformità deve ricordarsi che tra le misure comprese nel D.L.13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, è stata prevista una sanatoria per gli interventi edilizi eseguiti in parziale difformità dal titolo abitativo. Se la differenza rispetto ai parametri contemplati nel permesso di costruire per cubatura, superficie e altezze risulta minore del 2%, la posizione di chi ha realizzato l'opera è giuridicamente legittima. La misura del suddetto parametro di tolleranza è stata espressamente stabilita dall'art. 5, comma 2, del predetto decreto. La norma, infatti, inserendo il comma 2-ter all'art. 34 del d.P.R. n. 380/2001, dispone che si esclude la presenza di parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali assentite regolarmente. 

Presupposto per l'applicabilità della nuova previsione, tuttavia, è che si tratti di difformità parziale, laddove, invece, la difformità accertata è totale, come nel caso in cui l'abuso edilizio ricade in zona tutelata paesagisticamente, trova applicazione quanto disposto dal comma terzo dell'art. 32, d.P.R. n. 380/2001. In altri termini, quindi, gli interventi eseguiti su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli artt. 31 e 44 d.P.R. n. 380/2001, e non può trovare applicazione la speciale ipotesi derogatoria del comma 2-ter dell'art. 34, d.P.R. n. 380/2001.

Conseguentemente, il positivo accertamento di compatibilità paesaggistica dell'abuso edilizio eseguito in zona vincolata non esclude la punibilità del delitto paesaggistico previsto dall' art. 181, comma 1-bis, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. (Cass. Pen., Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 1486).

 

 

 

Antonio Verderosa

 

1 in quanto non è possibile demolire le opere abusive per evitare pregiudizi statici della parte eseguita in conformità

2 D.P.R. 380/01 Art. 34 comma 2 :…. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale…..

 

3

L’applicazione del citato articolo avviene per opere eseguite abusivamente e pertanto non sanabili;

  • - i presupposti della fiscalizzazione attengono all’emissione di ordinanza di demolizione delle opere realizzate in difformità dai titoli abilitativi;

  • - per le opere abusive eseguite e non sanabili il titolare del permesso dovrà inoltrare espressa richiesta di fiscalizzazione allegando una Perizia asseverata e giurata in Tribunale, a firma di un tecnico abilitato, che: verifichi, nella fattispecie in esame, la esistenza della casistica dell’art. 34 del DPR 380/2001, cioè che trattasi di interventi eseguiti in parziale difformità dal Permesso di costruire, e non di casi di assenza di permesso o difformità, totale o essenziale, rispetto allo stesso, verifichi l’impossibilità, sul piano sanzionatorio amministrativo, di procedere alla riduzione in pristino, attestando che le demolizioni delle porzioni abusive implicherebbero la demolizione di elementi strutturali che determinerebbero pregiudizio statico per le parti conformi regolarmente eseguite, evidenzi che l’unica possibilità per il mantenimento dell’opera sia l’utilizzazione della fiscalizzazione ai sensi dell’articolo 34, 2° comma, del D.P.R. 6 giugno 2001 n°380 e s.m.i.;

  • le opere eseguite abusivamente sul fabbricato dovranno essere specificatamente rappresentate cartograficamente, con rilievi, relazioni, fotografie, e quanto altro necessario per una chiara lettura dell’abuso;

 

4 L.R. 1/2011 Art. 12: “Norma finale e transitoria”. Comma 7: “…. Ai soli fini amministrativi, gli interventi previsti dagli articoli 4, 5 e 8, comma 2, della presente legge realizzati alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni e ad esse conformi possono essere autorizzati…”.

 

5 L.R. 4/2000 art. 1 comma 118. ….Il comma 7 dell'articolo 12 della legge regionale 29 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), è abrogato….

6 Le modifiche all’art. 20 erano state avanzate dall’art. 5 lett. a) del D.L. 13/05.2011 convertito in L. 12.07.20011 n°106 (G.U. n. 160 del 12 luglio 2011) che nel modificare il comma 3 dell’art. 20 introduceva quali atti di assenso obbligatori anche quelli novellati alle lett c) , d) , e), f) g) h) i) l) m).

 

7 Nel novero degli atti di assenso rientravano : ….a)il parere della azienda sanitaria locale (ASL)b) il parere dei vigili del fuoco, in ordine al rispetto della normativa antincendio;c) le autorizzazioni e le certificazioni del competente ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone sismiche d) l’assenso dell’amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato e) l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale in caso di costruzione, spostamento e modifica di edifici nelle zone di salvaguardia in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 19 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374;f) l’autorizzazione dell’autorità competente per le costruzioni su terreni confinanti con il demanio marittimo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 55 del codice della navigazione; g) gli atti di assenso, comunque denominati, previsti per gli interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,;h) il parere vincolante della Commissione per la salvaguardia di Venezia, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6 della legge 16 aprile 1973, n. 171, e successive modificazioni,;i) il parere dell’autorità competente in materia di assetti e vincoli idrogeologici;l) gli assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie, portuali e aeroportuali; m) il nulla osta dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, in materia di aree naturali protette…..

 

8 Il comma 4 riprotava le lett c) , d) , e), f) g) h) i) l) m) dell’art. 5 comma 3 nella attuale formulazione.

 

9

10il D.L. 83/2012 del 22 giugno 2012, n. 83 Misure urgenti per la crescita del Paese. (GU n. 147 del 26-6-2012 - Suppl. Ord. n. 129 ) poi convertito in nella legge n. 134 del 07.08.2012. (G.U. n. 187 del 13.08.2012) modificava i commi 4 e 5 dell’art. 5 del DPR 380/01 .

 “(...)3.  Ai fini del rilascio del permesso di costruire, lo sportello unico per l’edilizia acquisisce direttamente o tramite conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell’intervento edilizio. Nel novero di tali assensi rientrano, in particolare (comma così sostituito dall'art. 13, comma 2, lettera a), legge n. 134 del 2012) quelli delle lettere da a) ad m) (...)”