Commento a Corte costituzionale n. 272 del 16 dicembre 2016

di Massimo GRISANTI

Venerdì nero, il 16 dicembre 2016, per le diaboliche e striscianti regioni italiane rimaste schiacciate da madonna Daria De Pretis.
La Corte costituzionale con sentenza n. 272 depositata il 16/12/2016 (Pres. Grossi – red. de Pretis) ha definitivamente sbarrato la strada alle velleità regionali di sottrazione del controllo preventivo dei progetti, e quindi delle opere, in qualunque zona sismica: non ammettendo differenze per tipo di titolo abilitativo edilizio (permesso di costruire o s.c.i.a.), per natura di opere (tutte quelle eccedenti la manutenzione ordinaria), per tipo di interventi (sia su strutture dichiaratamente portanti, sia elementi apparentemente non portanti, sia per i meri mutamenti di destinazione d’uso delle costruzioni).
Il Prof. Avv. Daria de Pretis, già insegnante “Diritto Urbanistico” all’Università di Bologna e rettrice dell’Università di Trento, ha messo nero su bianco queste parole del Giudici costituzionali:
“L’art. 94 del TUE, evocato dal Governo a parametro interposto, va qualificato come «principio fondamentale» della materia. La norma prescrive che, nelle località sismiche, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. Considerata la rilevanza del bene protetto, che coinvolge il valore della tutela dell’incolumità pubblica, la quale non tollera alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali, la norma riveste una posizione «fondante» del settore dell’ordinamento al quale pertiene (ex plurimis, sentenze n. 282 del 2009, n. 364 del 2006, n. 336 del 2005). (…)”.
Pertanto, non rileva il grado di sismicità (Zona 1, 2, 3 o 4) ai fini della necessaria valutazione preventiva del progetto. La classificazione è irrilevante ai fini della doverosa prestazione, da parte dello Stato ai Cittadini, di quell’idonea garanzia in ordine alla sicurezza delle loro vite e dei beni innanzi ai rischi connessi all’utilizzazione del territorio.
Garanzia che deve essere data unicamente mediante il rilascio della preventiva autorizzazione sismica, senza alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali (zone, microzone ecc.).
E non rileva neppure il titolo abilitativo edilizio necessario per la realizzazione delle opere:
“… Su queste basi, la norma regionale impugnata, escludendo dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a SCIA, contrasta con il principio fondamentale secondo cui, nelle zone sismiche, l’autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione condiziona l’effettivo inizio di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio. (…)”.
Ed ancora:
“… Sotto altro profilo, va sottolineato come l’autorizzazione preventiva costituisca uno strumento tecnico idoneo ad assicurare un livello di protezione dell’incolumità pubblica indubbiamente più forte e capillare rispetto al meccanismo del controllo ex post ed eventuale, proprio della SCIA. (…)”.

E nel caso in cui le opere siano state iniziate, o comunicate iniziate, senza che l’autorizzazione preventiva del competente ufficio regionale del Genio Civile sia intervenuta, le stesse sono abusive e devono essere perseguite dal responsabile dell’Ufficio tecnico comunale ex art. 27 TUE, in quanto su questi grava il potere-dovere, non incidibile dalle disposizioni ex art. 21-nonies L. 241/1990 (cfr. TAR Veneto, n. 861/2016), di ordinare la demolizione e rimessa in pristino “… in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche …” (un inciso introdotto al testo originario dell’art. 4 L. 47/1985 con l’intervento innovativo del legislatore del TUE).
E nelle norme urbanistiche – v. sentenza n. 101/2013 della Corte costituzionale (Pres. Gallo, red. Mattarella), punti 3 e 5 del considerato in diritto, resa in ordine alla sussumibilità delle norme tecniche antisismiche in quelle urbanistiche ai fini dell’applicazione delle disposizioni ex art. 36 TUE sul permesso a sanatoria – vi rientrano a pieno titolo quelle inerenti la disciplina antisismica.
E depone per l’inclusione della normativa edilizia nell’urbanistica il chiaro dettato normativo dell’art. 4 della Legge 1150/1942 (questa sconosciuta!) ove vi si dice che la disciplina urbanistica è attuata dai piani regolatori e dalle norme di edilizia.
E la Consulta ha pure ribadito quanto, in più occasioni, statuito dalla Corte di Cassazione, sez. penale, circa l’applicabilità delle disposizioni antisismiche ad ogni opera eccedente la manutenzione ordinaria:
“… Non coglie, infine, nel segno l’argomento difensivo della Regione Liguria, secondo cui la disposizione impugnata esenterebbe dalla previa autorizzazione sismica le sole opere “minori” e l’autocertificazione del tecnico sul rispetto della disciplina di settore sarebbe sufficiente a presidiare i valori che stanno alla base della normativa sulle costruzioni in zone sismiche, non coglie nel segno.
In un primo senso, va osservato che l’intera normativa riguardante le opere da realizzarsi in zone dichiarate sismiche ha come ambito di applicazione oggettivo non le nuove costruzioni, ma «tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità» (art. 83 del TUE; lo stesso art. 94 si riferisce genericamente all’inizio di «lavori», senza limitazioni). Il legislatore applica cioè un concetto trasversale molto ampio, indifferente e autonomo rispetto ad altre classificazioni valevoli nella disciplina edilizia, e tendenzialmente omnicomprensivo di tutte le vicende in cui si tratti della realizzazione di un’opera edilizia rilevante per la pubblica incolumità (sul punto, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 giugno 2009, n. 3706). Pertanto, la circostanza che l’opera da realizzare consista in interventi sul patrimonio edilizio esistente – alcuni dei quali possono anche presentare rilevante impatto edilizio, come la manutenzione straordinaria, consistente in frazionamenti ed accorpamenti di unità immobiliari, il restauro e il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia, anche quella comportante la demolizione e ricostruzione di edifici esistenti (interventi tutti rientranti nel campo di applicazione dell’art. 21-bis della legge della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16, recante «Disciplina dell’attività edilizia») – non mette in dubbio il fatto che possa trattarsi comunque di una costruzione da realizzarsi in zona sismica, come tale ricompresa nell’ambito di applicazione dell’art. 94 del TUE. (…)”.
In questo stato di cose, non vi è chi non veda l’efficace opera di moral suasion del Presidente della Repubblica On. Sergio Mattarella, il quale, ben conscio che la corruzione del potere-dovere di controllo in materia antisismica porta a morte e distruzione, ha, al contempo, più volte visitato i luoghi dell’ultimo disastro e ricordato al neo Governo che gli aiuti alla popolazione terremotata sono una priorità assoluta.
In ultimo, chissà se i Procuratori della Repubblica avvertino o meno la necessità di ricondurre i riottosi Presidenti regionali e dirigenti degli Uffici regionali del Genio Civile all’applicazione della legge, dimodoché tutte le opere vengano autorizzate preventivamente in tutte le zone sismiche.
Scritto il 18 dicembre 2016