Corte costituzionale sent. 246 del 2 dicembre 2019
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Misure urgenti per gli eventi sismici verificatisi in Italia negli anni 2009, 2012, 2016 e 2017 - Misure per l'accelerazione del processo di ricostruzione - Modifiche al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 - Funzioni del Commissario straordinario e dei vice commissari incaricati di provvedere agli interventi nelle aree colpite dal sisma.
Previsione che il Commissario straordinario provvede all'esercizio delle funzioni di cui all'art. 2 del decreto-legge n. 189 del 2016 anche a mezzo di ordinanze le quali sono emanate, sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, nell'ambito della cabina di coordinamento
In via alternativa e subordinata: attività di "ricostruzione pubblica" successive alla calamità.
Previsione che, sulla base delle priorità stabilite dal Commissario straordinario, sentiti i vice commissari nella cabina di coordinamento, e, in coerenza con il piano delle opere pubbliche e il piano dei beni culturali, i soggetti attuatori oppure i Comuni, le Unioni dei Comuni, le Unioni montane e le Province interessati provvedono a predisporre e inviare i progetti degli interventi al Commissario straordinario.

Dispositivo: illegittimità costituzionale parziale

Dispositivo: illegittimità costituzionale parziale

SENTENZA N. 246

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis), e lettera b-ter), del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, in legge 16 novembre 2018, n. 130, promossi con ricorsi della Regione Marche e della Regione Umbria notificati il 18-29 gennaio e il 18-24 gennaio 2019, depositati in cancelleria il 25 e il 28 gennaio 2019, iscritte rispettivamente ai numeri 4 e 6 del registro ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 7 e 8, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche e Massimo Luciani per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato in data 25 gennaio 2019 (reg. ric. n. 4 del 2019) la Regione Marche ha promosso questioni di legittimità costituzionale nei confronti dell’art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis), e lettera b-ter), del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, in legge 16 novembre 2018, n. 130, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale.

Le disposizioni impugnate incidono, rispettivamente, sull’art. 2, comma 2, e sull’art. 14, comma 4, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016), convertito, con modificazioni, in legge 15 dicembre 2016, n. 229.

L’art. 2, comma 2, del d.l. n. 189 del 2016 – prima della modifica da parte dell’art. 37 del d.l. n. 109 del 2018 – prevedeva che le ordinanze adottate dal commissario straordinario, ivi previste, fossero emanate «previa intesa» con i Presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento» di cui all’art. 1, comma 5, venendo in rilievo funzioni che hanno ad oggetto, principalmente, la ricostruzione e la riparazione di immobili pubblici e privati a seguito degli eventi sismici. Dopo l’intervento del d.l. n. 109 del 2018, come modificato in sede di conversione in legge, la riportata disposizione prevede che le medesime ordinanze siano adottate dal commissario straordinario non più «previa intesa», bensì semplicemente «sentiti» i Presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento».

Parimenti l’art. 14, comma 4, del d.l. n. 189 del 2016, prima della modifica, prescriveva che le priorità degli interventi erano stabilite dal commissario straordinario d’intesa con i vice commissari nella «cabina di coordinamento» suddetta. Nel testo modificato dall’impugnato decreto-legge, invece, l’intesa è stata sostituita dal mero parere, poiché i vice commissari devono essere semplicemente «sentiti».

La difesa della Regione richiama la sentenza n. 303 del 2003 in tema di chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative regionali in capo allo Stato, la cui legittimità è condizionata al coinvolgimento delle Regioni, che nella fattispecie è risultato insufficiente nella parte in cui l’intesa è stata sostituita con il parere.

Nell’ambito della disciplina concernente interventi edilizi in zona sismica, ricondotta dalla Corte alla competenza legislativa concorrente relativa alle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., il legislatore statale ha operato la chiamata in sussidiarietà – avocando al centro le relative funzioni amministrative e attribuendole al commissario straordinario – senza prevedere il modulo collaborativo della previa intesa, come invece richiesto dalla giurisprudenza costituzionale in materia.

In via alternativa e subordinata, nel ricorso si deduce altresì che la norma in questione, proprio perché riguardante interventi edilizi in zona sismica, risentirebbe della coesistenza di interessi di rilievo sia statale che regionale con riguardo alle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Vi sarebbe un intreccio inestricabile di competenze dello Stato e delle Regioni sicché il legislatore statale avrebbe dovuto prevedere uno strumento forte di partecipazione regionale all’esercizio delle stesse, ossia l’intesa che implica la codeterminazione del contenuto dell’atto. Al contrario, con la norma impugnata è stata prevista una forma collaborativa del tutto inadeguata a salvaguardare le competenze della Regione, ossia il parere.

2.– Con atto depositato in data 28 febbraio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel presente giudizio chiedendo a questa Corte di dichiarare il ricorso non fondato.

Innanzi tutto l’Avvocatura generale riconosce che la materia in questione è effettivamente quella della «protezione civile», ma in una fattispecie in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale, ancora in atto in quanto ripetutamente prorogato. In particolare, richiama la sentenza n. 327 del 2003, con cui questa Corte ha ricompreso nella nozione di «protezione civile», nel contempo, le attività di prevenzione e previsione delle varie ipotesi di rischio, nonché gli interventi di soccorso conseguenti al concreto verificarsi di circostanze calamitose.

La gestione dell’emergenza viene, invece, ripartita in ragione dell’intensità dell’evento. La competenza viene dislocata a livello regionale quando si tratta di fronteggiare eventi ordinari di intensità sovracomunale e a livello statale «qualora l’intensità degli eventi calamitosi sia tale da superare le capacità di risposta operativa di Regioni ed enti locali» (sentenza n. 327 del 2003).

In quest’ultima evenienza è, pertanto, allo Stato che spetta il ruolo di coordinamento delle operazioni di soccorso e di superamento dell’emergenza come risulta anche dal decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile).

Nell’attività di superamento dell’emergenza di rilievo nazionale, come nella fattispecie in esame, vi è poco spazio per scelte autonome delle Regioni. L’emergenza attiva un autonomo titolo competenziale statale, da cui discenderebbe, nell’immediatezza della crisi, l’inibizione delle Regioni a intervenire, con una sorta di effetto sospensivo delle competenze regionali.

La disposizione censurata – sostiene l’Avvocatura generale – deve essere ritenuta legittima nella misura in cui si riveli non arbitraria e quindi non in violazione del principio di ragionevolezza e di parità di trattamento.

Insomma spetta allo Stato, in deroga alla normativa ordinaria, la gestione degli eventi di natura straordinaria come identificati dalla normativa vigente in materia, in cui rientrano la gestione e il superamento dell’emergenza sismica, in occasione della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale.

3.– Con ricorso depositato in data 28 gennaio 2019 (reg. ric. n. 6 del 2019) la Regione Umbria ha promosso questioni di legittimità costituzionale della medesima disposizione (art. 37, comma l, lettera a, numero l-bis, e lettera b-ter del d.l. n. 109 del 2018) in riferimento agli artt. 3, 4, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma, Cost., sviluppando argomenti in buona parte sovrapponibili a quelli del ricorso della Regione Marche.

In particolare, la difesa della Regione ricorrente lamenta che la disposizione censurata – intervenendo nella materia di competenza concorrente «governo del territorio» nonché nelle materie di competenza residuale regionale “opere pubbliche” e “servizi pubblici locali” – ha soppresso il modello di cooperazione su base paritaria tra Stato e Regioni, sostituendolo con quello del semplice parere non vincolante da parte delle Regioni.

Si richiama la sentenza n. 68 del 2018 in cui questa Corte ha affermato che le disposizioni di legge che disciplinano gli interventi edilizi in zone sismiche devono essere ricondotte all’ambito materiale del «governo del territorio».

Secondo la ricorrente, la disposizione censurata incide direttamente sull’esercizio delle attribuzioni regionali senza conservare alle Regioni un adeguato margine di autonomia, in violazione degli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, Cost., quanto alle competenze legislative, e dell’art. 118 Cost. per il profilo delle competenze amministrative.

Essa infatti esorbita dall’ambito dei princìpi fondamentali della materia «governo del territorio» di competenza legislativa concorrente. Inoltre, la chiamata in sussidiarietà delle funzioni amministrative di spettanza regionale manca degli opportuni meccanismi concertativi tra Stato e Regione. Il coinvolgimento delle Regioni non avviene tramite intesa su base paritaria con lo Stato, bensì attraverso una mera audizione o richiesta di parere ai presidenti di Regione.

4.– Con atto depositato in data 28 febbraio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito anche in questo secondo giudizio, chiedendo a questa Corte di dichiarare il ricorso non fondato sulla base di considerazioni identiche a quelle sviluppate con riferimento al precedente ricorso.

5.– Con memoria depositata in data 1° ottobre 2019 la Regione Marche, nel ribadire le censure contenute nel ricorso, ha replicato altresì alle argomentazioni dell’Avvocatura generale sostenendone l’infondatezza.

6.– Con memoria depositata in data 1° ottobre 2019 la Regione Umbria, nel ribadire le censure contenute nel ricorso, ha anch’essa replicato alle deduzioni dell’Avvocatura generale sostenendone l’infondatezza.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso depositato in data 25 gennaio 2019, la Regione Marche ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis), del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, in legge 16 novembre 2018, n. 130, nella parte in cui – modificando il comma 2 dell’art. 2 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016), convertito, con modificazioni, in legge 15 dicembre 2016, n. 229 – prevede che, ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui allo stesso art. 2, il commissario straordinario acquisisca il mero parere dei presidenti delle Regioni interessate e non più l’intesa.

La ricorrente denuncia la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla sentenza n. 303 del 2003 in tema di chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative in capo allo Stato, vertendosi nelle materie «protezione civile» e «governo del territorio» di competenza concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Inoltre, con lo stesso ricorso è stata promossa questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma l, lettera b-ter), del d.l. n. 109 del 2018, nella parte in cui prevede che – ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui all’art. 14, comma 4, del d.l. n. 189 del 2016, riguardanti la ricostruzione pubblica, parimenti ascrivibili alle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. – il commissario straordinario acquisisca il mero parere dei vice commissari (ossia dei presidenti delle Regioni interessate) e non più l’intesa.

La ricorrente denuncia la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione, vertendosi parimenti nelle materie «protezione civile» e «governo del territorio» riconducibili alla competenza concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

In via subordinata o alternativa, la ricorrente – con riferimento a entrambe le questioni promosse in via principale – denuncia la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., e del principio di leale collaborazione in quanto la disposizione censurata, disciplinando gli interventi edilizi in zona sismica, riconducibili alle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio», non ha previsto uno strumento “forte” di partecipazione regionale all’esercizio delle stesse, qual è l’intesa, da ritenersi necessaria sussistendo un intreccio inestricabile di competenze legislative.

2.– Con ricorso depositato in data 28 gennaio 2019, la Regione Umbria ha promosso questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione – art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis) e lettera b-ter), del d.l. n. 109 del 2018, come convertito in legge n. 130 del 2018 – nella parte in cui, modificando, rispettivamente, il comma 2 dell’art. 2 e il comma 4 dell’art. 14 del d.l. n. 189 del 2016, ha sostituito all’intesa il mero parere, così violando gli artt. 3, 4, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., in quanto:

− l’abbandono dell’intesa, quale meccanismo di leale collaborazione, determina una compressione delle attribuzioni costituzionali regionali, vertendosi nella disciplina degli interventi edilizi in zona sismica, riconducibili alla materia di competenza concorrente «governo del territorio» e a quella di competenza esclusiva regionale “opere pubbliche” e “servizi pubblici locali”;

− la disposizione censurata esorbita dall’ambito dei princìpi fondamentali della materia di competenza legislativa concorrente «governo del territorio» e sottrae alla Regione l’esercizio delle competenze legislative residuali;

− la disciplina delle funzioni amministrative, attratte in sussidiarietà, limitando il coinvolgimento delle Regioni alla mera audizione o alla richiesta di un parere dei presidenti di Regione nell’ambito della cosiddetta «cabina di coordinamento», senza prevedere un’intesa su base paritaria tra Stato e Regione, viola il principio di leale collaborazione;

− la previsione della richiesta di un mero parere in luogo dell’intesa con i presidenti delle Regioni comprime le attribuzioni regionali senza che sia contestualmente apportato alcun mutamento all’organizzazione della struttura amministrativa commissariale che è preposta agli interventi di ricostruzione dopo il sisma, in contrasto con il principio di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), in quanto il commissario straordinario di Governo impiega risorse amministrative regionali senza adeguato coinvolgimento degli organi regionali.

In via subordinata, si denuncia la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. in quanto, nella materia della «protezione civile» e del «governo del territorio», lo Stato non può disciplinare lo svolgimento delle funzioni pubbliche senza riservare alle Regioni sufficienti spazi d’autonomia e senza prevedere un loro adeguato coinvolgimento mediante il meccanismo dell’intesa.

Il ricorso lamenta altresì che, vertendosi in una ipotesi di «intreccio inestricabile» di competenze e non essendo possibile regolare il concorso di competenze secondo un criterio di prevalenza, il legislatore avrebbe dovuto prevedere l’intesa, quale strumento di leale collaborazione su base paritaria tra Stato e Regione.

3.– Le questioni di legittimità costituzionale, promosse con i due ricorsi avverso la medesima norma, sono in larga parte sovrapponibili e, quindi, si rende opportuna la loro trattazione congiunta mediante riunione dei giudizi.

4.– Giova premettere sinteticamente il quadro normativo di riferimento in cui si inserisce la disposizione censurata (art. 37, comma 1, lettera a, numero 1-bis e lettera b-ter, del d.l. n. 109 del 2018).

Essa ha ad oggetto, da una parte, il potere di ordinanza (ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 189 del 2016) del commissario straordinario di Governo nominato (inizialmente con d.P.R. 9 settembre 2016, recante «Nomina di Vasco Errani a Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dall’evento sismico del 24 agosto 2016») per le attività di indirizzo, coordinamento e impulso finalizzate alla gestione dell’emergenza in conseguenza degli eventi sismici che il giorno 24 agosto 2016 hanno colpito il territorio delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, nonché volte alla ricostruzione delle aree colpite dal sisma; dall’altra parte, l’individuazione, ad opera del medesimo commissario straordinario, delle priorità nella ricostruzione pubblica (ai sensi dell’art. 14, comma 4, del medesimo decreto-legge).

Per l’esercizio di tale potere, era prescritto dall’art. 2, comma 2, del d.l. n. 189 del 2016, nella sua iniziale formulazione, che le ordinanze del commissario straordinario fossero emanate «previa intesa» con i presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento» di cui all’art. 1, comma 5. Parimenti, l’art. 14, comma 4, richiedeva che le priorità nella ricostruzione pubblica fossero stabilite dal commissario straordinario «d’intesa» con i vice commissari – tali essendo i presidenti delle Regioni interessate – nella stessa «cabina di coordinamento».

La disposizione censurata ha sostituto all’intesa un mero parere, così abbassando il livello di coinvolgimento delle Regioni interessate alle attività suddette: l’art. 2, comma 2, nella vigente formulazione, prevede che le ordinanze commissariali sono emanate «sentiti» i presidenti delle Regioni interessate; l’art. 14, comma 4, dispone che le priorità della ricostruzione pubblica sono stabilite dal commissario straordinario «sentiti» i vice commissari nella «cabina di coordinamento» (ossia i presidenti delle Regioni interessate).

5.– La materia che viene in rilievo – in cui si inseriscono la norma censurata e le disposizioni da quest’ultima modificate – è la «protezione civile», per tale dovendo intendersi quella ricomprendente la tutela dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi, come già riconosceva l’art. 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile). Tale è altresì l’estensione della materia quale risultante dalla nozione ribadita nell’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile), che definisce la funzione di protezione civile come costituita dall’insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare i beni suddetti ove ricorrano eventi calamitosi. A questa funzione accede anche il risanamento del territorio e l’avvio della ricostruzione.

In linea di continuità con tale nozione, l’art. 2, comma 6, cod. protezione civile pone la gestione dell’emergenza come attuazione coordinata delle misure volte alla rimozione degli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita e di lavoro, per ripristinare i servizi essenziali e per ridurre il rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, oltre che alla ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture pubbliche e private danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio, e all’avvio dell’attuazione delle conseguenti prime misure per fronteggiarli.

La protezione civile, che ingloba quindi anche aspetti attinenti alla ricostruzione, di particolare rilievo ove la calamità consista in un evento sismico, appartiene alla competenza concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., e incrocia altresì la materia «governo del territorio», anch’essa di competenza concorrente (sentenze n. 68 del 2018 e n. 60 del 2017).

In caso di calamità di ampia portata, riconosciuta con la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, è possibile la chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative mediante la loro allocazione a livello statale (in generale, sentenza n. 303 del 2003). Questa Corte ha affermato in particolare che le «norme sismiche» dettano «una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 101 del 2013, n. 201 del 2012 e n. 254 del 2010). Nelle materie di competenza concorrente possono essere attribuite funzioni amministrative a livello centrale allo scopo di individuare norme di natura tecnica che esigono scelte omogenee su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 284 del 2016).

Però anche in situazioni di emergenza la Regione non è comunque estranea, «giacché, nell’ambito dell’organizzazione policentrica della protezione civile, occorre che essa stessa fornisca l’intesa per la deliberazione del Governo e, dunque, cooperi in collaborazione leale e solidaristica» (sentenza n. 8 del 2016).

Inoltre, la «protezione civile», proprio perché inevitabilmente tocca competenze diverse, anche regionali, ha altresì assunto un ruolo di competenza statale “trasversale”, seppur concorrente, idonea a condizionare o a limitare l’esercizio di competenze regionali in altri settori, come quello relativo al «governo del territorio» o, più specificamente, agli interventi edilizi in zone sismiche.

A doppio titolo, pertanto, la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato, deve prevedere un idoneo coinvolgimento delle Regioni: da una parte, la chiamata in sussidiarietà a livello centrale di funzioni amministrative in materia di «protezione civile» in caso di emergenza di rilievo nazionale richiede il rispetto del principio di leale collaborazione; dall’altra parte, tale necessario coinvolgimento viene in rilievo anche perché l’avvio della ricostruzione incrocia altresì la competenza concorrente delle Regioni in materia di «governo del territorio».

Ha evidenziato questa Corte (sentenza n. 22 del 2012) che la riforma attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) ha inserito la «protezione civile» tra le materie di potestà legislativa concorrente, riservando allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali, con la conseguenza che i poteri legislativi e amministrativi, già attribuiti allo Stato, possono trovare attuazione esclusivamente in forza della «chiamata in sussidiarietà», e che la gestione degli stessi deve essere improntata al principio di leale collaborazione.

In attuazione di tale principio il coinvolgimento delle Regioni è previsto in generale dal codice della protezione civile del 2018, che, in linea di continuità con la legge n. 225 del 1992, contiene, in plurime disposizioni, ripetuti momenti di collegamento con le Regioni (nonché con le Province autonome di Trento e di Bolzano) e, altresì, è stato adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata.

In particolare, l’art. 3 del codice prevede che fanno parte del Servizio nazionale della protezione civile, articolato in strutture operative nazionali e regionali, anche i presidenti delle Regioni in qualità di autorità territoriali di protezione civile, assegnatarie delle attribuzioni specifiche di cui all’art. 6. In generale, poi, il successivo art. 15 stabilisce che le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri, che assicurano l’indirizzo unitario, nel rispetto delle peculiarità dei territori, per l’esercizio della funzione e lo svolgimento delle attività di protezione civile, sono adottate su proposta del capo dipartimento della protezione civile e previa intesa, da sancire in sede di Conferenza unificata ovvero di Conferenza Stato-Regioni.

La stessa tipologia degli eventi calamitosi, che attivano l’intervento della protezione civile, chiama in causa le Regioni per la gestione delle emergenze di estensione e rilevanza intermedia: quelle di cui alla lettera b) dell’art. 7 del codice. Invece le emergenze riconosciute come di rilievo nazionale sono fronteggiate con mezzi e poteri straordinari (con tipica chiamata in sussidiarietà), da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’art. 24 del codice, e segnatamente con le ordinanze commissariali di cui all’art. 25. In ogni caso sia la deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale (art. 24), sia le ordinanze commissariali di protezione civile (art. 25), sono adottate previa intesa con i presidenti delle Regioni interessate.

Il tipico coinvolgimento delle Regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, che governa sia la chiamata in sussidiarità a livello statale, sia l’intreccio delle materie, nella fattispecie, di competenza concorrente, si colloca quindi a livello di codeterminazione di numerosi atti, specificandosi pertanto nella prescrizione della previa intesa, prevista infatti altresì da numerose ulteriori norme del codice (artt. 8, 9, 15, 17, 29, 37, 38, 42 e 45).

Sono proprio i principi di sussidiarietà e di adeguatezza – ha sottolineato questa Corte (sentenza n. 32 del 2006) – ad aver indotto il legislatore statale a prevedere un’articolazione delle competenze amministrative in maniera tale da conciliare le necessarie esigenze unitarie e il carattere decentrato e diffuso dell’organizzazione della protezione civile.

Ma sono possibili anche altri moduli partecipativi, meno coinvolgenti, quali il mero raccordo (come per la determinazione degli indirizzi generali per le attività di formazione in materia di protezione civile ex art. 8, comma 1, lettera f, cod. protezione civile) o il parere della Regione interessata (come per l’attuazione delle misure per far fronte alle esigenze urgenti della ricostruzione ex art. 25, comma 2, lettera f, cod. protezione civile).

Lo stesso parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 19 dicembre 2017, sullo schema di decreto legislativo in attuazione della legge 16 marzo 2017, n. 30 (Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile), per il riordino del sistema nazionale della protezione civile, poneva in rilievo l’esigenza anche di «misure di semplificazione», segnalando che talora «lo strumento dell’intesa, sicuramente rispettoso delle autonomie, potrebbe rischiare di rendere subvalente l’interesse nazionale rispetto a quello regionale», talché in un caso l’intesa è stata sostituita con il mero raccordo (art. 9, comma 1, lettera b, cod. protezione civile).

6.– Tutto ciò premesso in generale, deve ora considerarsi, più specificamente, che il d.l. n. 189 del 2016 si è mosso in sintonia con il canone di leale collaborazione tra Stato e Regioni risultante dai principi fondamentali della materia «protezione civile», prescrivendo l’intesa sia nell’art. 2, comma 2, sia nell’art. 14, comma 4, del citato decreto.

La prima disposizione ha previsto che per l’esercizio delle funzioni di cui al precedente comma 1, il commissario straordinario provvede a mezzo di ordinanze emanate previa intesa con i Presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento» di cui all’art. 1, comma 5, e comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri; ordinanze che sono extra ordinem nel senso che possono essere «in deroga a ogni disposizione vigente» (art. 25 cod. protezione civile), ma nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’ordinamento europeo (sentenza n. 44 del 2019).

La seconda disposizione ha previsto che, sulla base delle priorità stabilite dal commissario straordinario d’intesa con i vice commissari nella «cabina di coordinamento» di cui all’art. 1, comma 5, e in coerenza con il piano delle opere pubbliche e il piano dei beni culturali di cui al comma 2, lettere a) e b), i soggetti attuatori provvedono a predisporre e inviare i progetti degli interventi al commissario straordinario.

Nel vigore del regime dell’intesa – e, quindi, della codeterminazione del contenuto degli atti – il commissario straordinario ha operato per oltre due anni essendo stato ripetutamente prorogato lo stato di emergenza nazionale, da ultimo dall’art. 1, commi 988, lettera b), e 990, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) e dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123 (Disposizioni urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici), in corso di conversione.

7.– Il meccanismo di collegamento rappresentato dalla codeterminazione del contenuto dell’atto oggetto dell’intesa nell’apposita sede della menzionata «cabina di coordinamento» ha evidentemente operato senza particolari criticità, sia perché inconvenienti o rallentamenti non sono stati segnalati dall’Avvocatura generale dello Stato, sia soprattutto perché lo stesso Governo, nell’adottare il successivo d.l. n. 109 del 2018, recante, tra l’altro, anche ulteriori misure urgenti per gli eventi sismici verificatisi in Italia centrale negli anni 2016 e 2017 al fine dell’«accelerazione del processo di ricostruzione», non ha modificato – e quindi ha confermato nell’art. 37 (nella sua iniziale formulazione) – la prescrizione dell’intesa prevista, sia nell’art. 2, comma 2, sia nell’art. 14, comma 4, del precedente d.l. n. 189 del 2016. È anzi significativo, in particolare, che al comma l, lettera a), la disposizione (art. 37) mirasse a riallocare la competenza circa la verifica dell’assenza di sovracompensazioni, con riferimento alle normative nazionali ed europee in materia di aiuti di Stato, spostandola dal commissario straordinario ai Presidenti delle quattro Regioni interessate. Quindi in questa parte il decreto-legge, al fine di accelerare il processo di ricostruzione (tale era la rubrica dell’art. 37), accentuava – e nient’affatto ridimensionava – il ruolo dei Presidenti delle Regioni.

È solo in sede di conversione che l’intesa richiesta dall’art. 2, comma 2, e dall’art. 14, comma 4, del precedente d.l. n. 189 del 2016 è stata degradata a parere.

Infatti, nel corso dell’esame alla Camera dell’art. 37 del d.l. n. 109 del 2018 è stato aggiunto, alla lettera a), il numero 1-bis), volto a prevedere che le ordinanze del commissario straordinario fossero emanate, sentiti i presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento», e non più previa intesa con gli stessi (emendamenti identici 37.1 e 37.3, approvati il 17 ottobre 2018 in sede di commissioni riunite VIII e IX). Inoltre, è stata aggiunta la lettera b-ter), che stabiliva che la predisposizione e l’invio al commissario straordinario dei progetti degli interventi per le opere pubbliche e i beni culturali, effettuate dai soggetti attuatori competenti, avvenisse sulla base delle priorità stabilite dal commissario straordinario, nella citata «cabina di coordinamento», di cui all’art. 1, comma 5, del medesimo decreto-legge, sentiti i vice commissari, e non più previa intesa con gli stessi (emendamenti identici 37.5 e 37.6, approvati il 17 ottobre 2018 in sede di commissioni riunite VIII e IX).

In breve, sono stati approvati emendamenti (di identico contenuto), i quali hanno previsto che il commissario straordinario, sia nell’adottare le ordinanze di cui all’art. 2, sia nel fissare le priorità per la ricostruzione pubblica di cui all’art. 14, sentisse i presidenti delle Regioni interessate, senza più necessità dell’intesa con gli stessi.

Dagli atti parlamentari non risulta la ragione di questa significativa modifica che, in controtendenza rispetto alla conferma della disposizione originaria (art. 37) nella parte in cui invece accentuava il ruolo dei presidenti delle Regioni quanto alla già richiamata questione delle sovracompensazioni, ne ridimensionava il ruolo quanto alle ordinanze del commissario straordinario e al piano delle priorità per la ricostruzione pubblica. Vi è solo un fugace e meramente assertivo riferimento a una non meglio precisata finalità di rendere più efficace l’azione del commissario straordinario (intervento dell’on. Patassini nella suddetta seduta del 17 ottobre 2018). Né l’Avvocatura generale ha offerto ulteriori elementi di valutazione in proposito.

Anche nella successiva relazione sul testo approvato in Commissione (seduta del 24 ottobre 2018) emerge questa sostanziale discrasia. Da una parte si dice: «L’articolo 37 prevede il trasferimento dal commissario straordinario ai vice commissari delle funzioni di monitoraggio sugli aiuti previsti dal decreto-legge n. 189 del 2016, al fine di verificare l’assenza di sovra-compensazioni in materia di aiuti di Stato […]». Dall’altra parte si afferma: «Nel corso dell’esame in sede referente sono state aggiunte ulteriori disposizioni volte ad innovare il settore della governance della ricostruzione».

Quest’ultimo riferimento riguarda evidentemente le modifiche apportate dai due menzionati emendamenti convergenti nel sostituire l’intesa con il parere, senza però alcun chiarimento in ordine alle ragioni della modifica.

Questo ingiustificato abbassamento del livello di coinvolgimento delle Regioni interessate, titolari di potestà legislativa concorrente, ridonda in lesione del principio di leale collaborazione e dei parametri indicati dalle difese delle Regioni ricorrenti (artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.), atteso che in generale nella materia della «protezione civile» e del «governo del territorio» l’intesa costituisce lo strumento adeguato di coinvolgimento delle Regioni. In particolare nella fattispecie in esame, della ricostruzione a seguito del sisma del 2016, l’intesa – come già evidenziato – era stata ritenuta strumento adeguato in sede di adozione sia del d.l. n. 189 del 2016, sia del d.l. n. 109 del 2018, senza che nessun particolare inconveniente nell’azione amministrativa del commissario straordinario risultasse essere stato denunciato o segnalato. La maggiore adeguatezza dell’intesa rispetto al parere, allorché la norma statale incroci competenze regionali anche solo concorrenti, è stata da ultimo ritenuta nella sentenza n. 72 del 2019.

8.– Consegue l’illegittimità in parte qua della disposizione impugnata, risultando assorbiti i profili subordinati delle censure mosse nel ricorso della Regione Marche e gli ulteriori parametri indicati nel ricorso della Regione Umbria.

La reductio ad legitimitatem richiede il ripristino della prescrizione dell’intesa – sia per le ordinanze del commissario straordinario (ex art. 2, comma 2, del d.l. n. 189 del 2016), sia per la determinazione delle priorità della ricostruzione pubblica (ex art. 14, comma 4, dello stesso decreto-legge) – laddove ora è previsto, dalla disposizione censurata, il mero parere dei Presidenti delle Regioni interessate.

È però necessaria la modulazione temporale degli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale, come questa Corte ha talora affermato.

È vero che «[l]e sentenze di accoglimento, in base al disposto dell’art. 136 Cost. confermato dall’art. 30 l. 11 marzo 1953 n. 87, operano ex tunc perché producono i loro effetti anche sui rapporti sorti anteriormente alla pronuncia di illegittimità sicché, dal giorno successivo alla loro pubblicazione, le norme dichiarate incostituzionali non possono più trovare applicazione» (sentenza n. 139 del 1984; così anche le sentenze n. 127 del 1966 e n. 49 del 1970). Ma la naturale retroattività degli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale non è senza eccezioni.

Da una parte, diversa è la decorrenza in caso di «illegittimità costituzionale sopravvenuta» (sentenza n. 178 del 2015), allorché è questa stessa Corte che indica in dispositivo la data in cui si verifica l’incostituzionalità, data successiva a quella di efficacia della disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenze n. 501 del 1988, n. 1 del 1991, n. 416 del 1992, nonché la stessa citata sentenza n. 178 del 2015) oppure stabilisce che la declaratoria di illegittimità costituzionale «non incide […] in alcun modo su quanto finora avvenuto, sia in via amministrativa sia in via giurisdizionale» (sentenza n. 266 del 1988).

9.– D’altra parte, è possibile che vi sia «l’eventuale necessità di una graduazione degli effetti temporali della propria decisione sui rapporti pendenti» (sentenza n. 10 del 2015). Può infatti eccezionalmente presentarsi l’esigenza di bilanciamento con altri valori e principi costituzionali, i quali in ipotesi risulterebbero gravemente in sofferenza ove tali effetti risalissero, come di regola, retroattivamente fino alla data di efficacia della norma censurata.

Parimenti in precedenza, nella sentenza n. 1 del 2014 questa Corte, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di norme della legge per l’elezione della Camera dei deputati e di quella per l’elezione del Senato della Repubblica, ha avvertito che «la decisione […] produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale» venendo in gioco «il principio fondamentale della continuità dello Stato».

Altresì, nel censurare previsioni istitutive di fondi statali settoriali, che risultavano parzialmente illegittime quanto al difettoso coinvolgimento delle Regioni non essendo prescritta la previa intesa con gli enti territoriali, questa Corte ha fatto talora salvi i procedimenti di spesa in corso per evitare il pregiudizio di diritti costituzionali, precisando che «la dichiarazione di illegittimità costituzionale […] della previsione in esso contenuta non produce effetti sui procedimenti in corso, qualora questi riguardino detti diritti», ossia i «diritti costituzionali delle persone (si pensi per esempio agli interventi antisismici nelle scuole o all’eliminazione delle barriere architettoniche)» (sentenza n. 74 del 2018; in senso conforme anche la sentenza n. 71 del 2018).

10.– Anche nella fattispecie in esame ricorre un’analoga esigenza di salvezza degli effetti utili dell’azione amministrativa già posta in essere in una situazione emergenziale, quale quella conseguente agli eventi sismici del 2016 e del 2017 nell’Italia centrale.

Infatti, l’esigenza contingente ed eccezionale – in quanto derivante da una calamità con connotazione di situazione di emergenza nazionale – di continuità dell’azione del commissario straordinario è rilevante sul piano costituzionale (art. 97 Cost.) e comporta la necessaria salvezza degli atti di quest’ultimo, per i quali sia intervenuto, nella vigenza (e in osservanza) della disposizione censurata, il parere favorevole dei (e non già l’intesa con i) Presidenti delle Regioni interessate.

In tale situazione l’efficacia retroattiva della presente pronuncia rischierebbe di incidere negativamente sull’azione amministrativa già utilmente posta in essere dal commissario straordinario, pur non ancora consolidatasi in una situazione esaurita. Ciò infatti rappresenterebbe un fattore di ritardo nella ricostruzione e rimozione dei danni dei suddetti eventi sismici, la cui accelerazione, al contrario, costituisce, tra le altre, la ragione ispiratrice del recente d.l. n. 123 del 2019, in corso di conversione.

Da ciò, la dichiarazione di illegittimità costituzionale nei limiti e nei termini di cui in motivazione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale, nei limiti e nei termini di cui in motivazione, dell’art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis), e lettera b-ter), del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2018, n. 130, nella parte in cui ha previsto rispettivamente che le ordinanze del commissario straordinario di cui all’art. 2, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016), convertito, con modificazioni, nella legge 15 dicembre 2016, n. 229, sono adottate sentiti i Presidenti delle Regioni interessate anziché previa intesa con gli stessi e che le priorità degli interventi di cui all’art. 14, comma 4, dello stesso decreto-legge sono stabilite dal commissario straordinario sentiti i vice commissari anziché previa intesa con gli stessi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2019.