Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 702, del 10 febbraio 2015.
Urbanistica.Spandimento di materiale tufaceo e messa in posa di una griglia in plastica, conformità al permesso di costruire

E’ ragionevole ritenere che la stratificazione del terreno, necessaria per poter effettuare la sub-irrigazione delle acque meteoriche raccolte dal piazzale e trattate con un impianto specifico, prima di essere riversate all'interno dello stesso terreno, sia avvenuta mediante utilizzo di materiale tufaceo drenante, specificamente concertato con l'Ufficio ecologia della Provincia, ente preposto al rilascio dell'autorizzazione allo scarico, e che la posa in opera di rete grigliata in plastica, destinata poi ad essere coperta e riempita con una miscela di terreno vegetale, torba, sabbia per manti erbosi, abbia come unica finalità quella di supportare “il verde” per evitarne la cedevolezza. Correttamente, quindi, il giudizio di primo grado ha ritenuto che non vi fosse alcuna difformità rispetto al permesso di costruire, essendo gli interventi descritti tali da non incidere sulla portata del permesso, perché necessitati da motivi tecnico-esecutivi da non autorizzare attraverso una variante in corso d'opera ex art. 36 D.P.R. 380/2001 e che, quindi, nessuna richiesta o denuncia di inizio attività doveva essere presentata all'Ufficio Tecnico Comunale da parte della società attuale appellata. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00702/2015REG.PROV.COLL.

N. 02405/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2405 del 2012, proposto dal Comune di Francavilla Fontana, nella persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabio Patarnello, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2 

contro

Gea S.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Durano, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, Via L. Mantegazza, n.24; Adolfo Gemma; 

per la riforma

della sentenza n. 223 del TAR Puglia - Lecce (Sezione Terza), del 2 febbraio 2012, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gea S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti gli avvocati Patarnello e Durano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. L'attuale parte appellata e originaria ricorrente si rivolgeva al TAR Puglia avverso il provvedimento del 16 novembre 1911, n. 481 con cui il Comune di Francavilla Fontana, attuale appellante le ordinava la demolizione delle opere realizzate, ritenute difformi dal permesso di costruire del 30 luglio 2010, n. 232 consistenti nel restringimento e nella trasformazione della parte destinata a verde, nonchè nella posa di una struttura metallica intelaiata.

Con la sentenza appellata, il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, evidenziando che:

a. alla società era stato rilasciato il citato permesso di costruire per la sistemazione a piazzale per uso deposito di un terreno destinato ad attività commerciale. La relazione tecnica allegata al progetto prevedeva la realizzazione del predetto piazzale con pavimentazione industriale per ospitare pedane e scaffalature metalliche, oltreché per mantenere il materiale edile depositato separato dalla pavimentazione esterna, ma il Comune riteneva abusiva la posa in opera delle scaffalature, non essendo ciò previsto dal permesso di costruire. Analogamente, peraltro, si era già pronunciato il Tribunale penale di Brindisi, rigettando l'istanza di riesame del provvedimento di convalida del sequestro penale;

b. contrariamente a quanto ritenuto dal Comune e dal Giudice penale, le predette scaffalature costituivano attrezzatura di lavoro connaturate all'utilizzo e come tali non ricadenti tra le opere soggette a concessione edilizia di cui all'articolo 3 del D.P.R. n. 381/2001, pur essendo assoggettate alle norme in materia di sicurezza del lavoro;

c. l'ordinanza di demolizione impugnata era quindi illegittima;

d. circa la diminuzione di area verde e la trasformazione di una porzione di essa risultavano convincenti ed esaustive le giustificazioni della Società ricorrente, con riguardo sia al mancato computo dello spessore del muro di recinzione nella determinazione della superficie destinata a verde, sia per l'area verde interessata da lavori ancora in corso, comunque costituenti opere di drenaggio funzionali ad attrezzare quel terreno a verde.

 

2. Avverso la sentenza in epigrafe, ha proposto appello l'originaria parte controinteressata la quale ha evidenziato che:

a. il TAR ha errato spostando l'attenzione da una questione prettamente edilizia ad una questione di sicurezza sul lavoro, dal momento che, ai sensi dell'articolo 10, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001 sono interventi subordinati al permesso di costruire quelli in grado di determinare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e tra gli interventi di nuova costruzione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera e.5 del D.P.R. n. 380/2001, vi è l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati e di strutture di qualsiasi genere utilizzati come materiale di lavoro o depositi, magazzini e simile ed ai sensi della successiva lettera e. 7) è subordinata al permesso di costruire la realizzazione di depositi di merci o materiali e la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegue la trasformazione permanente del suolo inedificato. Ciò a prescindere se le opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o in altri materiali, ove vi sia un'evidente trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio e le esigenze da soddisfare siano non precarie;

b. le scaffalature portapallets realizzate dalla società GEA s.r.l. non erano state rappresentate negli elaborati grafici allegati alla richiesta di permesso di costruire e dunque non potevano ritenersi autorizzate. Le scaffalature portapallets non possono definirsi delle semplici "attrezzature da lavoro", ma sono veri e propri manufatti, assolutamente autonomi e infissi stabilmente al suolo, essendo di notevoli dimensioni e destinate al deposito di materiale edile. Conseguentemente, per dimensione e inamovibilità, costituiscono opere permanenti comportanti una modifica del territorio e ciò fa venir meno la precarietà delle stesse e impone l'assoggettamento al rilascio del permesso di costruire;

c. deve, pertanto, escludersi la classificazione delle scaffalature portapallets come mere "attrezzature da lavoro" non bisognevoli di autorizzazione, atteso che le stesse rientrano, invece, per dimensioni e tipologia nel disposto dell'art. 3, comma 1, lettera e) del citato D.P.R. n. 380/2001, e cioè fra le opere soggette a permesso di costruire, implicando le stesse una trasformazione urbanistica ed edilizia permanente del territorio;

d. il primo giudice ha, altresì, errato nella parte in cui ha riconosciuto una presunta irregolarità dell'ordinanza di demolizione, per aver ingiunto alla società G.E.A. s.r.l. il rispetto delle previsioni progettuali, con riferimento alla porzione di area destinata a verde e allo spandimento di materiale tufaceo con posa in opera di grigliato in plastica, rilevando erroneamente che le rilevate difformità fossero giustificate da "ragioni tecniche", atteso che le riscontrate "difformità" rispetto alla progettazione assentita andavano necessariamente autorizzate. Ciò anche attraverso una richiesta di variante in corso d'opera ex art. 36 D.P.R. 380/2001, che tuttavia non è stata mai presentata all'Ufficio Tecnico Comunale, come prescrive l'articolo 36 dello stesso decreto. L'ordinanza di demolizione è stata quindi adottata per la riscontrata difformità tra quanto previsto in progetto e quanto realizzato in concreto dalla società e non hanno pregio le ragioni tecniche esibite da quest’ultima per giustificare tale difformità.

 

3. Con memoria del 29 settembre 2010, la parte attuale appellante ribadiva la parziale difformità dei lavori eseguiti dalla società GEA s.r.l. rispetto a quanto previsto dal permesso di costruire rilasciato per la sistemazione a piazzale per uso deposito di un terreno destinato ad attività commerciale, da realizzarsi attraverso una piattaforma in calcestruzzo da utilizzare per il deposito delle merci con sistemazione a verde di una parte dell'area interessata dall'intervento.

L'Amministrazione Comunale evidenziava, altresì, che, indipendentemente dall'utilizzo del manufatto per ragioni di lavoro, sul piano edilizio rilevavano le trasformazioni del territorio, connesse all'incidenza delle opere realizzate e alla loro funzionalità a soddisfare esigenze stabili e/o permanenti della società attuale appellata. Nel caso di specie, il Comune aveva autorizzato la realizzazione di una semplice piattaforma in calcestruzzo nel citato piazzale e nel corso dell'ispezione era stato rilevato un manufatto diverso con strutture idonee ad essere utilizzate stabilmente nel tempo. La parte appellante ribadiva quindi la natura di veri e propri manufatti autonomi delle scaffalature portapallets, e che comunque le medesime non erano state autorizzate poiché non rappresentate negli elaborati grafici allegati alla richiesta di permesso di costruire.

La parte appellante ribadiva pure l' erroneità della sentenza impugnata, laddove aveva ritenuto di "giustificare" le rilevate difformità tra il rappresentato e il realizzato sull'area verde, in base a "ragioni tecniche", illustrate tuttavia solo in sede giudiziale, mai comunicate al Comune nel corso della realizzazione e riscontrate solo in sede di ispezione.

 

4. La società appellata, con memoria del 2 ottobre 2014, ha difeso la sentenza impugnata, ritenendo corrette e coerenti, sotto il profilo logico-giuridico, le motivazioni che hanno condotto il giudice di primo grado ad accogliere il gravame. Ripercorrendo il ragionamento svolto in sede di appello, ha poi ribadito che la precarietà del manufatto ritenuto abusivo era collegata alla intrinseca destinazione funzionale per un tempo limitato. Del resto, la stessa società aveva richiesto ed ottenuto regolare permesso di costruire per la realizzazione di un deposito merci e materiali, e l'intervento progettato di sistemazione a piazzale per uso deposito di un terreno destinato ad attività commerciale, aveva comportato la permanente trasformazione, a deposito merci, del suolo inedificato di proprietà della Società, suolo costituente parte integrante del compendio immobiliare già destinato ad attività commerciale.

In conseguenza di ciò, secondo la società attuale appellata, il Giudice di prime cure ha giustamente evidenziato che le strutture portapallets non sono altro che attrezzature di lavoro per l’utilizzo autorizzato del piazzale come deposito edilizio e, in quanto tali, non necessitanti di ulteriore permesso in quanto già incluse nel titolo rilasciato.

L'appellante ha poi osservato che, differentemente da quanto eccepito dal Comune a proposito della mancata rappresentazione delle strutture negli elaborati grafici, nella relazione tecnica che accompagnava il progetto, era stato espressamente evidenziato che il piazzale avrebbe ospitato pedane e scaffalature metalliche idonee a mantenere il materiale edile depositato separato dalla pavimentazione esterna, per evitare danni allo stesso materiale. Parimenti priva di pregio veniva ritenuta la censura con cui l'Amministrazione aveva confutato la decisione del Giudice di prime cure secondo cui erano da ritenersi convincenti ed esaustive le giustificazioni addotte con riferimento alle difformità riscontrate riguardanti il restringimento dell'area a verde (da mq. 1060 di progetto a mq. 1040) e la trasformazione di una porzione della suddetta (mediante spandimento di materiale tufaceo e successiva posa in opera di grigliato in plastica), visto che il restringimento era riconducibile al fatto di non aver considerato, in sede di progettazione, che il muro di recinzione posto ad est del piazzale, aveva una trave di fondazione rientrante verso l'interno del piazzale per cm. 60. Di conseguenza, l'area risultava di fatto più stretta di quella erroneamente prevista in progetto lungo tutto il lato della recinzione, in ragione della superficie occupata dalla trave di fondazione posta all'interno.

La parte appellante rilevava, infine, che non fosse stata rilevata alcuna differenza d'ampiezza, con riferimento all'area interessata dalla pavimentazione, tra quanto previsto in progetto ed il reale stato dei luoghi e che lo spandimento di materiale tufaceo e la messa in posa di una griglia in plastica, lungi dal costituire una modifica sostanziale dell'intervento, dipendeva dalla modalità di realizzazione dello spazio a verde, per garantire una migliore tenuta del terreno, comunque rimasto attrezzato a verde.

 

5. Con successiva memoria del 9 ottobre 2014, il Comune di Francavilla Fontana, replicava alla memoria della parte appellata, evidenziando in particolare il valore della rappresentazione grafica del progetto che indicava il solo piazzale da realizzare, con ciò escludendo l'implicito assenso, avendo l'ufficio tecnico comunale valutato la sola realizzazione del piazzale e non la presenza delle strutture metalliche rilevate solo in sede ispettiva. L'Amministrazione Comunale sottolineava quindi l’impossibilità di invocare la portata dell'articolo 12 del D.P.R. n. 380/2001 che consente la possibilità di realizzare varianti a permessi di costruire, non avendo la parte appellata mai invocato l'applicazione di tale norma. Il Comune conseguentemente non poteva che adottare il provvedimento di demolizione, risultando peraltro non minimo il restringimento di 20 mq. della zona destinata a verde.

DIRITTO

L'appello è infondato e la sentenza impugnata del TAR Puglia va confermata, dal momento che risulta condivisibile l'iter logico-giuridico seguito dal primo giudice nel motivare l'accoglimento del ricorso introduttivo proposto dall'attuale parte appellata.

Questo Collegio osserva che il permesso di costruire n. 232 del 30 luglio 2010 rilasciato dal Comune di Francavilla Fontana alla Società, attuale appellata, riguarda la sistemazione a piazzale per uso deposito di un terreno destinato ad attività commerciale. L'atto fa ovviamente espresso riferimento al progetto presentato dalla società GEA s.r.l., il cui testo contenuto nella relazione tecnica descrittiva dell'intervento da realizzare precisa che il citato piazzale è destinato ad ospitare pedane e scaffalature metalliche atte a mantenere il materiale edile depositato, separato dalla pavimentazione esterna al fine di non subire imbibizioni o risalite di umidità dallo stesso terreno.

Di conseguenza, la valutazione dell'Ufficio Tecnico Comunale non poteva che essere riferita al progetto nella sua interezza e, in tal senso, risulta poco credibile e non ragionevole la tesi della parte appellante secondo cui la valutazione ha invece riguardato il solo elaborato grafico che non può comunque prevalere sul testo scritto della relazione tecnica.

Peraltro, riguardando il permesso la sistemazione di un piazzale per uso deposito, risulta evidente, anche alla luce della specificazione della richiamata relazione, che implicitamente il riferimento fosse altresì alle attrezzature di lavoro da allocare sul piazzale per lo stoccaggio e l'accatastamento della merce.

Nè dal contenuto del provvedimento autorizzativo può essere desunto che il permesso fosse riferito alla sola costruzione della piattaforma in calcestruzzo del piazzale, dovendo necessariamente esso riguardare il progetto nella sua interezza senza esclusione di alcuna parte e che eventuali perplessità avrebbero semmai dovuto essere occasione di richiesta di chiarimenti da parte dell'Amministrazione comunale prima del rilascio del permesso medesimo.

Neppure questo Collegio può condividere le affermazioni della parte appellante nel considerare le scaffalature in questione come opere permanenti di nuova costruzione che, per essere installate, abbisognavano di una ulteriore autorizzazione. Ciò in quanto, come ben rilevato dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata, la realizzazione del deposito merci era già stata autorizzata, ed è ragionevole dedurre che un deposito debba vedere funzionalmente sistemate le citate scaffalature, ancorandole al suolo per ragioni di sicurezza nel rispetto della vigente normativa concernente l'uso delle attrezzature di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Parimenti è priva di pregio, secondo questo Collegio, la censura con cui l'Amministrazione comunale contesta la decisione del Giudice di prime cure, che ha ritenuto convincenti ed esaustive le giustificazioni addotte dall’attuale parte appellata in merito alle difformità riscontrate riguardanti il restringimento dell'area a verde di 20 mq. e la trasformazione di una porzione della suddetta area mediante spandimento di materiale tufaceo e successiva posa in opera di grigliato in plastica.

Il citato restringimento è, infatti, dovuto al mancato computo, come ragionevolmente affermato dal giudice di primo grado, dello spessore del muro di recinzione nella determinazione della superficie destinata a verde, visto che il muro di recinzione posto ad est del piazzale (considerato per una sezione in alzato di cm. 20) aveva una trave di fondazione rientrante verso l'interno dello stesso piazzale per cm. 60 e, di conseguenza, l'area da attrezzare è risultata di fatto più stretta lungo tutto il lato della recinzione e per la superficie occupata dalla trave di fondazione posta all'interno. Ed invero, non è stata rilevata alcuna differenza d'ampiezza, con riferimento all'area interessata dalla pavimentazione, tra quanto previsto in progetto ed il reale stato dei luoghi.

Lo stesso spandimento di materiale tufaceo e la messa in posa di una griglia in plastica, ha riguardato le modalità di realizzazione dello spazio a verde, allo scopo di garantire una migliore tenuta del terreno da attrezzare a verde.

E’ altresì ragionevole ritenere che la stratificazione del terreno, necessaria per poter effettuare la sub-irrigazione delle acque meteoriche raccolte dal piazzale e trattate con un impianto specifico, prima di essere riversate all'interno dello stesso terreno, sia avvenuta mediante utilizzo di materiale tufaceo drenante, specificamente concertato con l'Ufficio ecologia della Provincia di Brindisi, ente preposto al rilascio dell'autorizzazione allo scarico, ad opere ultimate e che la posa in opera di rete grigliata in plastica, destinata poi ad essere coperta e riempita con una miscela di terreno vegetale, torba, sabbia per manti erbosi, abbia come unica finalità quella di supportare “il verde” per evitarne la cedevolezza.

Correttamente, quindi, il giudizio di primo grado ha ritenuto che non vi fosse alcuna difformità rispetto al permesso di costruire, essendo gli interventi descritti tali da non incidere sulla portata del permesso, perché necessitati da motivi tecnico-esecutivi da non autorizzare attraverso una variante in corso d'opera ex art. 36 D.P.R. 380/2001 e che, quindi, nessuna richiesta o denuncia di inizio attività doveva essere presentata all'Ufficio Tecnico Comunale da parte della società attuale appellata.

Sono da respingere, in conclusione, tutti i motivi di appello proposti dall'Amministrazione Comunale e la sentenza impugnata va confermata.

Le spese del giudizio, in considerazione della peculiarità della vicenda giuridica, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 2405 del 2012), respinge l'appello, e per l'effetto conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 4 novembre 2014, con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)