Consiglio di Stato, Sez. VI, n.332, del 26 gennaio 2015
Urbanistica.Repressione degli abusi edilizi e inesistenza dell’affidamento

Riguardo alla motivazione della preminenza dell’interesse pubblico all’emanazione dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi e all’affidamento eventualmente asserito da parte dei destinatari per il tempo trascorso dall’abuso, secondo la giurisprudenza dominante il provvedimento di repressione degli abusi edilizi costituisce un atto dovuto in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e dalla riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge, circostanza, questa, che comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede particolare motivazione, essendo sufficiente la rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né previa espressa comparazione tra l’interesse pubblico alla rimozione dell’opera, che è in re ipsa, e quello privato alla relativa conservazione, e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, non potendosi ammettere l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 00332/2015REG.PROV.COLL.

N. 03060/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3060 del 2014, proposto da Mario Tartaglione, Francesca Maiorino, rappresentati e difesi dagli avvocati Annamaria Spognardi, Dario Mancino, con domicilio eletto presso Annamaria Spognardi in Roma, via Giorgio Scalia, 20; 

contro

Comune di Marcianise, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Agliata, con domicilio eletto presso Francesco Mangazzo in Roma, Via Alessandro III, 6; 
Regione Campania; 

nei confronti di

Arch. Vincenzo Colombrini Commissario ad acta; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 1370/2014, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marcianise;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2014 il consigliere Maurizio Meschino e udito per le parti l’avvocato Agliata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. I signori Tartaglione Mario e Maiorino Francesca (in seguito “ricorrenti”), con il ricorso n. 4563 del 2010 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, hanno chiesto l’annullamento del provvedimento n. 683 del 2010, con cui il Commissario ad acta del Comune di Marcianise, richiamate le pregresse ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi e i successivi verbali di accertamento dell’inottemperanza alle stesse, ha disposto l’acquisizione al patrimonio comunale e l’immissione in possesso relativamente all’unità immobiliare, in comproprietà dei ricorrenti, ubicata in Marcianise, alla via Caltanissetta, n. 40, censita al catasto al foglio 6, particella 2252, sub 3, consistente in un “manufatto edilizio di civile abitazione posto al secondo piano (sottotetto) costituito da quattro vani... e accessori… con terrazzo e due balconi…La superficie coperta totale è pari a mq 154 mq, l’altezza è variabile tra una massima di m. 2,65 e una minima di m. 2,15, per un totale di mc. 351 escluso il vano scala”.

Con motivi aggiunti i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dei successivi provvedimenti comunali, n. 1542 dell’11 ottobre 2010, di rigetto dell’istanza di permesso di costruire (n. 9159 del 18 maggio 2010) presentata dal signor Tartaglione per il recupero del sottotetto abusivo, e poi n. 13120 del 19 giugno 2013, con cui si ingiunge ai ricorrenti il rilascio dell’immobile ai fini della disposta immissione in possesso e della demolizione.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione ottava, con la sentenza n. 3170 del 2014, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, nulla pronunciando sulle spese non essendosi costituito il Comune di Marcianise.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado con domanda cautelare di sospensione dell’esecutività.

La domanda cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 1806 del 2014 venendo contestualmente fissata l’udienza del 16 dicembre 2014 per la trattazione della controversia nel merito.

4. All’udienza del 16 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado si afferma, in sintesi, che:

- sono infondati i motivi di ricorso incentrati sull’omessa valutazione dell’interesse pubblico alla rimozione del manufatto abusivo in rapporto all’affidamento del privato al suo mantenimento consolidatosi nel tempo, poiché, afferma il primo giudice, l’ordinanza di acquisizione al patrimonio comunale e quindi di sgombero e quella di demolizione sono atti dovuti e vincolati, motivati adeguatamente se, come nella specie, vi sono richiamate l’abusività dell’intervento edilizio, l’accertata inottemperanza dell’ingiunzione a demolire l’opera e la puntuale descrizione di questa, dato che l’interesse pubblico all’eliminazione dell’illecito edilizio è in re ipsa e non valgono perciò, a contrasto, il tempo trascorso dalla commissione dell’abuso, l’eventuale affidamento dell’interessato sulla legittimità delle opere né l’assenza di motivazioni specifiche sull’interesse pubblico perseguito;

-non può essere accolta la deduzione per cui le ordinanze di demolizione, di acquisizione e di intimazione al rilascio non si sarebbero dovute eseguire essendo stata presentata dal signor Tartaglione l’istanza di recupero abitativo del sottotetto, poiché, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b), della legge regionale in materia, n. 15 del 2000, all’atto dell’istanza l’edificio in cui è ubicato il sottotetto deve risultare legittimamente realizzato ovvero sanato in applicazione delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, non ricollegandosi perciò all’istanza stessa alcuna efficacia sanante;

- sono di conseguenza insussistenti le condizioni poste dall’art. 1 e seguenti della citata legge n. 15 del 2000 e dall’art. 8, comma 2, della legge regionale n. 19 del 2009 relative al recupero abitativo dei sottotetti, asserite invece dai ricorrenti, costituendo ciò motivo sufficiente a sorreggere, di per sé, il rigetto dell’istanza, che sarebbe illegittima soltanto se tutti i motivi alla sua base risultassero viziati, conseguendo dalla sufficiente legittimità del detto motivo la carenza di interesse dei ricorrenti all’accoglimento delle censure, pure dedotte, sulla mancanza della loro legittimazione (poiché privati del bene in quanto acquisito al patrimonio comunale) e sulla violazione del distacco minimo dei confini;

- sono infondate, infine, le censure per cui il provvedimento di sgombero, n. 13120 del 19 giugno 2013, sarebbe viziato per carenza di potere, per essere stato rivolto a soggetti non in possesso dell’immobile e per la mancanza dei presupposti di indifferibilità e urgenza, considerato che esso è espressione del potere di autotutela esecutiva di cui agli articoli 21-ter e 21-quater della legge n. 241 del 1990, allo scopo di rendere effettiva la repressione dell’illecito edilizio, che la circostanza che il manufatto sia posseduto da terzi non elide la legittimità dell’intimazione al rilascio dell’immobile nei confronti dei proprietari, tenuti ad eseguire e consentirne la demolizione ai sensi dei commi 2 e 5 del d.P.R. n. 380 del 2001 e, infine, che l’urgenza del provvedere è in re ipsa per l’esigenza di assicurare prontamente il ripristino dello stato dei luoghi rendendo effettiva l’azione repressiva dell’illecito edilizio se contrastata dall’inerzia/resistenza dei responsabili.

2. Nell’appello si censura la sentenza poiché erronea:

- nell’avere ritenuto l’interesse pubblico attuale alla rimozione del manufatto abusivo, pur dopo il lungo periodo di tempo trascorso tra l’ordinanza di demolizione e quella di acquisizione, non valutando adeguatamente che nella specie si era prodotta la condizione per il recupero abitativo del sottotetto per effetto della normativa di cui alle leggi regionali n. 15 del 2000 e n. 19 del 2009, essendo stato oggetto di condono e perciò legittimamente realizzato l’edificio interessato ai sensi della legge n. 724 del 1994, così come la porzione di piano, risultando la sola, limitata difformità dell’altezza dell’intradosso a scopo di coibentazione e della creazione di un vano balcone, ed essendo perciò poste le condizioni di sanabilità dell’opera di cui si tratta come da istanza dei ricorrenti, volta ad acquisire il titolo abilitativo sanante, rigettata con l’impugnato provvedimento n. 1542 del 2010;

- per non avere valutato adeguatamente le censure avverso l’ordinanza di sgombero, relative: alla sua emanazione in carenza di potere, poiché in esercizio di un potere autoritativo su un bene non appartenente al demanio pubblico necessario (art. 822 c.c.) né al patrimonio indisponibile (art. 826, comma 3, c.c.); alla sua inefficacia, per essere stata indirizzata ai soli ricorrenti, meri proprietari dell’immobile e non ai suoi effettivi occupanti, essendo questi soltanto i legittimati passivi dell’ordine di rilascio e della relativa esecuzione poiché nel possesso dell’immobile; all’inadeguata motivazione dell’indifferibilità e urgenza, laddove la stessa Amministrazione aveva definito l’indirizzo alla demolizione degli edifici completati per abitazione soltanto dopo l’intervento repressivo su immobili non in tale stato, dovendosi inoltre ricondurre il provvedimento al genus delle ordinanze contingibili e urgenti, poiché recante l’assegnazione di un termine perentorio per l’esecuzione, con l’avvertimento dell’eventuale ricorso alla forza pubblica se non attuata, ma non essendo individuata la destinazione di interesse pubblico del bene giustificativa di un tale intervento.

3. Il Comune di Marcianise, con la memoria difensiva depositata in giudizio il 13 novembre 2014, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per diversi profili, dal cui esame il Collegio prescinde essendo l’appello comunque infondato nel merito per le ragioni che seguono.

3.1. Riguardo alla motivazione della preminenza dell’interesse pubblico all’emanazione dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi e all’affidamento eventualmente asserito da parte dei destinatari per il tempo trascorso dall’abuso, si richiama, anzitutto, la giurisprudenza dominante, da cui non vi è motivo qui di discostarsi, per la quale “il provvedimento di repressione degli abusi edilizi costituisce un atto dovuto in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e dalla riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge, circostanza, questa, che comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede particolare motivazione, essendo sufficiente la rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né previa espressa comparazione tra l’interesse pubblico alla rimozione dell’opera, che è in re ipsa, e quello privato alla relativa conservazione, e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso.” (Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2013, n. 498) non potendosi ammettere “l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.” (Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268).

3.2. Si osserva poi che il richiamo delle norme di cui alle leggi regionali n. 15 del 2000 e n. 19 del 2009 non giova ai ricorrenti, poiché:

- l’articolo 3, comma 1, della legge regionale n. 15 del 2000 (Norme per il recupero abitativo di sottotetti esistenti) prevede che “Il recupero abitativo dei sottotetti esistenti, alla data di entrata in vigore della presente legge è ammesso qualora concorrano le seguenti condizioni : a) l'edificio in cui è situato il sottotetto deve essere destinato, o è da destinarsi, in tutto o in parte alla residenza; b) l'edificio in cui è ubicato il sottotetto deve essere stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché realizzato abusivamente, deve essere stato preventivamente sanato ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (4); c)….”;

- l’art. 8, comma 2, della legge regionale n. 19 del 2009 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa) dispone che “Per i sottotetti realizzati alla data di entrata in vigore della presente legge, sono applicabili gli effetti delle norme di cui alla legge regionale 28 novembre 2000, n. 15…”;

- tra le condizioni preliminari per il recupero abitativo dei sottotetti vi è perciò quella della non abusività dell’edificio in cui sono ubicati, ciò che ovviamente implica la non abusività di pregressi interventi edilizi nei sottotetti stessi all’atto dell’applicazione della citata normativa regionale, che non ha introdotto una nuova fattispecie di condonabilità, né poteva in quanto di competenza della legislazione statale;

- in questo quadro si rileva che il Comune di Marcianise aveva rilasciato in favore del signor Tartaglione Mario il permesso di costruire n. 7061 del 10 maggio 2004 per la realizzazione di un solaio a falde inclinate in cemento armato in sostituzione della originaria copertura del fabbricato e che erano stati eseguiti interventi edilizi in difformità dal titolo abilitativo con la destinazione della porzione di piano a civile abitazione, non essendovi prova dell’asserita sanatoria di tale abuso ai sensi della legge n. 724 del 1994, con la conseguente emanazione dell’ordinanza di demolizione n. 1639/Urb del 19 dicembre 2005, la cui inottemperanza (come alle successive) è richiamata nelle premesse dell’impugnato provvedimento di acquisizione n. 683 del 2010;

- ne consegue, come correttamente rilevato dal primo giudice, l’irrilevanza della citata normativa regionale rispetto al caso di specie in quanto invocata al fine della sanatoria di un abuso.

3.3. Le censure rivolte all’ordinanza di rilascio dell’immobile non possono essere accolte poiché: essa non è stata emanata in carenza di potere essendo (come specificato nel precedente punto 3.1.) atto conseguente e dovuto nell’ambito del procedimento repressivo degli abusi edilizi, attivato in esercizio della specifica funzione di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia attribuita al Comune ai sensi dell’art. 27 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001, cui è estranea, per la sua specialità, la tematica dedotta riguardo gli articoli 822 e 826 cod. civ.; è legittimo e corretto che l’ordinanza in questione in quanto propedeutica all’esecuzione dell’abbattimento dell’immobile, come ivi esplicitato, sia stata indirizzata ai proprietari dello stesso; non vi è contrasto con la deliberazione di indirizzo, n.252 del 2008 (allegata in primo grado dai ricorrenti) cui ci si riferisce in appello, assunta dalla Commissione straordinaria per la gestione del Comune di Marcianise, insediata a seguito dello scioglimento dello stesso ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, considerato che l’ordine di priorità ivi indicato non può prevalere a fronte dell’obbligo di legge di reprimere gli abusi edilizi, nell’ambito, peraltro, di un procedimento iniziato nel 2005 che è portato a conclusione con il provvedimento impugnato in data 19 giugno 2013 a seguito dell’inottemperanza a plurime ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi; nella specie è stata esercitata la specifica competenza dell’Amministrazione comunale in materia urbanistico-edilizia e non il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili e urgenti che gli è attribuito, ai sensi in particolare degli articoli 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) per i casi, del tutto diversi, di emergenze sanitarie o di igiene pubblica ovvero di gravi pericoli per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

4. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve perciò essere respinto.

La particolare articolazione della controversia per i profili di fatto e in diritto giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 3060 del 2014.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2014, con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)