Consiglio di Stato Sez. VI n. 7250 del 25 luglio 2023
Urbanistica.Presupposti ordine di demolizione
Il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di demolizione non è l'accertamento di responsabilità nella commissione dell'illecito, bensì l'esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l'ordine ripristinatorio, ossia in virtù del diritto dominicale il proprietario, che il responsabile dell'abuso sono destinatari della sanzione reale del ripristino dei luoghi; il soggetto passivo dell'ordine di demolizione viene, quindi, individuato nel soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l'abuso, potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta; pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell'ordine di demolizione, non occorre stabilire se egli sia responsabile dell'abuso, poiché la stessa disposizione si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all'esecuzione dell'ordine di demolizione, senza richiedere l'effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità.
Pubblicato il 25/07/2023
N. 07250/2023REG.PROV.COLL.
N. 10000/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10000 del 2019, proposto da
Ottavia Laforè, rappresentata e difesa dagli avvocati Serenella Nicola, Enrico Rabino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Volpiano, in persona del sindaco, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Scaparone, Alberto Cerutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00476/2019, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla odierna appellante,
per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 3919 adottata in data 17 luglio 2013 dal Responsabile del Servizio Ambiente e Territorio del Comune di Volpiano, notificata in data 5 agosto 2013, con la quale è stata ordinata la demolizione di opere non autorizzate ed asseritamente ritenute abusive ed è stato altresì ordinato alla ricorrente di procedere all’asportazione, per uno strato di almeno 80 cm., del materiale riportato per una cubatura di 1.194,40 mc., con susseguente smaltimento del materiale in discarica ed obbligo di esibire al Comune i formulari corrispondenti, e di ricolmare l’area oggetto di asportazione con uno strato di almeno 50 cm. di terreno naturale, depositando una relazione di verifica agronomica-tecnica, di ripristinare, pertanto, lo stato dei luoghi,
nonché per l’annullamento
degli atti tutti antecedenti (in particolare, il provvedimento prot. gen. n. 10050 adottato in data 10 maggio 2013 dal Responsabile del Servizio Ambiente e Territorio del Comune di Volpiano, con il quale è stata respinta l’istanza di sanatoria edilizia proposta dalla ricorrente; l’art. 53 comma 3.2 delle nta del prgc di Volpiano nella parte in cui stabilisce una fascia di rispetto di metri 50 dalle sponde incise per il torrente Bendola; l’art. 52 delle nta del prgc di Volpiano nella parte in cui prevede l’inedificabilità delle aree circostanti gli insediamenti residenziali e produttivi; l’art. 56 delle nta del prgc di Volpiano nella parte in cui, in area “ER”, consente le sole opere infrastrutturali, di bonifica agraria, di modellazione spondale definite da appositi progetti esecutivi di opera pubblica), preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento; e per ogni ulteriore consequenziale statuizione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Volpiano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Oreste Mario Caputo;
nessuno è comparso per le parti costituite;
viste le conclusioni delle parti come da verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00476/2019 di reiezione del ricorso proposto dalla sig.ra Ottavia Laforé avverso l’ordinanza di demolizione (n. 3919 del 17.7.2013) del Comune di Volpiano avente ad oggetto due manufatti prefabbricati, recinzioni e relativo accesso carraio, realizzati in assenza di titolo abilitativo, nonché l’asportazione, per uno strato di almeno 80 cm, del materiale riportato, per una cubatura di 1194,40 mc, da smaltire in discarica e di ricolmare l’area con uno strato di almeno 50 cm di terreno naturale. Cumulativamente, la ricorrente ha impugnato gli atti antecedenti, tra cui il provvedimento (prot. n. 10050 del 10.5.2013) con cui il Comune ha respinto l’istanza volta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 53, c. 3.2, 52 e 56 delle n.t.a. del p.r.g.
2. Nei motivi d’impugnazione la ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 192, d.lgs. n. 152/2006; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza di motivazione e di istruttoria; violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; difetto di istruttoria; violazione degli artt. 31 e 36, d.P.R. n. 380/2001, degli artt. 134 e 143, d.lgs. n. 42/2004, dell’art. 10, l. n. 10/1953, dell’art. 4, l. reg. n. 20/1989 e dell’art. 29, l. reg. n. 56/1977; eccesso di potere per travisamento dei fatti. ed erronea valutazione dei presupposti; carenza di istruttoria e di motivazione; illogicità, contraddittorietà, sviamento; illegittimità derivata.
Segnatamente, la ricorrente ha contestato la legittimità dell’esercizio del potere previsto all’art. 192, d.lgs. n. 152/2006 per l’incompetenza del dirigente; per la mancata indagine sulla sussistenza della responsabilità della ricorrente nel riporto dei materiali e sulla natura di questi ultimi, che costituirebbero sottoprodotti ex artt. 183 e 184 bis, d.lgs. n. 152/2006; nonché per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di cui all’art. 192, d.lgs. n. 152/2006, censurando altresì la sussistenza dell’abuso edilizio.
3. Il Tar ha ritenuto inammissibili le censure incentrate sulla non abusività del riporto di terreno per l’assenza di titolo edilizio e della necessaria autorizzazione paesaggistica in ragione del fatto che il carattere abusivo era stato riconosciuto dalla stessa ricorrente con la presentazione di un’istanza di condono nell’anno 2004, rigettata dal Comune con provvedimento del 9.9.2011.
Richiamando la sentenza dello stesso Tar n. 377/2019 di reiezione del ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di sanatoria (prot. n. 10050°) opposto dal Comune all’istanza della ricorrente avente ad oggetto le medesime opere abusive realizzate, i giudici di prime cure hanno respinto perché infondati i residui motivi d’impugnazione.
4. Appella la sentenza la sig.ra Ottavia Laforé. Resiste il Comune di Volpiano.
5. Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2023 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
6. Col primo motivo d’appello, la ricorrente lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar nel ritenere che i primi tre motivi di ricorso proposti – per violazioni, sotto vari profili, dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – inammissibili per difetto di interesse in quanto l’ordine ripristinatorio impugnato era stato emanato dal Comune ai sensi dell’art. 31 d.p.r. n. 380/2001 nell’esercizio dei poteri sanzionatori in ambito edilizio e, quindi, non poteva ravvisarsi alcuna utilità nel contestarlo unicamente riguardo ad aspetti afferenti alla normativa in materia di trattamento dei rifiuti.
L’ordine d’asportazione dei rifiuti e l’esibizione dei formulari corrispondenti al Comune avrebbe di per sé comportato, secondo la ricorrente, l’interesse all’impugnativa, considerato che per il deposito dei rifiuti non sarebbe necessario fare applicazione della normativa di carattere edilizio.
6.2 Il motivo è infondato.
Nella motivazione dell’ordinanza si legge che sono stati eseguiti “interventi edilizi in assenza di titolo autorizzativo, in violazione dell’art. 31 del DPR 380/01, in assenza di autorizzazione paesaggistica, in violazione dell’art. 146 del D.lgs. 42/04 ed in violazione all’art. 192 del D.lgs 152/06 in quanto privo di autorizzazione per il materiale riportato”.
Le opere abusive, unitariamente considerate con il riporto del materiale, hanno inciso sull’assetto sia edilizio sia ambientale.
A fronte della plurilesività della condotta il Comune ben può scegliere quale normativa di settore applicare.
Coerentemente, la misura sanzionatoria ingiunta alla ricorrente si fonda sull’esercizio del potere di vigilanza edilizia con riguardo all’avvenuta realizzazione di un coacervo di opere abusive – quali costruzioni di edificio, movimentazione di terreno, riporto ed accumulo di materiale – che sono assoggettate alla demolizione e pure alla rimessione in pristino ai sensi dell’art. 31 d.P.R 6 giugno 2001, n. 380 e quindi sono soggette al potere di repressione in materia edilizia che non è viziato per la mancata attivazione dei paralleli poteri esistenti in materia ambientale.
Sicché l’omessa contestazione dell’ordinanza volta al ripristino del territorio per motivi inerenti la legislazione edilizia rende irrilevanti le censure mosse riguardo l’asserita violazione dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, dedotta denunciando l’incompetenza del dirigente in luogo del sindaco,
Del resto, l’art. 31 d.P.R. cit. attribuisce al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale, la competenza – accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali - determinante ai sensi dell'articolo 32 d.P.R. cit. il potere d’ingiungere al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione dell’abuso.
6.3 Ad analoga conclusione deve giungersi con riguardo al motivo denunciante l’assenza di un adeguato accertamento circa l’effettiva esecuzione del riporto di terreno da parte della proprietaria dell’immobile e, dall’altro lato, l’erronea qualificazione del materiale come “rifiuto”.
È, al riguardo, dirimente la qualificazione dell’ordine di rimessione in pristino come sanzione edilizia ai sensi dell’art. 31 d.P.R. n. 380/2001.
L’accertamento della responsabilità della ricorrente, la giurisprudenza è costante nell’affermare che “il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di demolizione non è l'accertamento di responsabilità nella commissione dell'illecito, bensì l'esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l'ordine ripristinatorio, ossia in virtù del diritto dominicale il proprietario, che il responsabile dell'abuso sono destinatari della sanzione reale del ripristino dei luoghi; il soggetto passivo dell'ordine di demolizione viene, quindi, individuato nel soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l'abuso, potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta; pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell'ordine di demolizione, non occorre stabilire se egli sia responsabile dell'abuso, poiché la stessa disposizione si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all'esecuzione dell'ordine di demolizione, senza richiedere l'effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità.” (cfr., Cons. St., sez. II, 12 settembre 2019, n. 6147).
La sig.ra Laforè, in quanto proprietaria del fondo su cui sono stati eseguiti gli interventi – prescindere dalla sua diretta responsabilità e dell’esatta qualificazione del tipo di rifiuto circostanza incidente solo sulla modalità di smaltimento del medesimo – è legittima destinataria dell’ordinanza di demolizione.
6.4 Venendo ad altro motivo d’appello, la ricorrente lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.
Sul punto va richiamato l’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, a mente del quale “per quanto attiene a quest’ultima violazione procedimentale, in primo luogo e in termini generali, va ribadito che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della p.a., con la conseguenza che ai fini dell’adozione delle ordinanze di demolizione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all’annullamento dell’atto alla stregua dell’art. 21-octies, legge 241/1990 (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, n. 2005/2023).
6.5 Con l’ultimo motivo di appello, la ricorrente ripropone la censura dell’ordinanza di demolizione in ragione “della mancata individuazione, nella stessa, dell’area di sedime, nonché di quella necessaria secondo le vigenti previsioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe, da acquisire di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune, in caso di inottemperanza da parte della ricorrente all’ordine di demolizione”.
Il motivo è infondato.
L'omessa o imprecisa indicazione di un'area che verrà acquisita di diritto al patrimonio pubblico non costituisce motivo di illegittimità dell'ordinanza di demolizione, poiché l'indicazione dell'area è requisito necessario ai fini dell'acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria (cfr., Cons. Stato, sez. VI, n. 6022/2022; Id., da ultimo, sez. VI, n. 3707/2022).
Va ribadito che l'esatta individuazione dell’area di sedime da acquisire in caso di mancata ottemperanza alla ingiunzione di demolizione, è necessaria solo ai fini dell'emanazione dell'atto di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e di acquisizione dell'area al patrimonio del Comune (cfr., Cons. St., sez. VI, n. 2709/2023).
7. Conclusivamente l’appello deve esser respinto.
8. Le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la sig.ra Ottavia Laforé al pagamento delle spese del grado di giudizio in favore del Comune di Volpiano che si liquidano complessivamente in 3000,00 (tremila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Lorenzo Cordi', Consigliere