Cass. Sez. III n. 22241 del 4 giugno 2008 (Cc. 22 apr. 2008)
Pres. De Maio Est. Lombardi Ric. D’Amico ed altri
Urbanistica. Ristrutturazione edilizia mediante demolizione

E’ illegittimo il permesso di costruire rilasciato per la esecuzione di un intervento di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione di un preesistente fabbricato, quando esso è inesistente per essere residuati solo alcuni ruderi.

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Chieti ha confermato il decreto di sequestro preventivo di un fabbricato in corso di costruzione emesso dal G.I.P. del Tribunale di Lanciano in data 12.12.2007 in relazione, tra l'altro, al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c).

Il tribunale ha rigettato le richieste di riesame presentate da D.G.N., proprietario dell'immobile, C. G. e C.A., originali proprietari del terreno, nonchè da P.N. progettista e direttore dei lavori, avendo ravvisato il fumus dei reati oggetto di indagine per aver proceduto gli indagati ai lavori di cui si tratta sulla base di un permesso di costruire illegittimamente rilasciato dal Comune di Fossacesia per la ristrutturazione mediante fedele ricostruzione di un fabbricato rurale in zona sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico.

L'ordinanza ha rilevato sul punto che nell'area oggetto dell'intervento non esisteva alcun fabbricato da ristrutturare, ma solo un rudere su uno dei lati della preesistente costruzione; che, pertanto, nella specie non poteva essere autorizzato un intervento di ricostruzione, previa demolizione, in quanto in loco non esisteva alcun fabbricato, mentre la edificazione su ruderi costituisce sempre una nuova costruzione soggetta ai vincoli gravanti sull'area interessata dall'opera, qualificata dal P.R.G. "zona speciale a parco naturale"; che sussistono inoltre le esigenze cautelari, stante la necessità di impedire agli indagati il completamento delle opere realizzate abusivamente.

Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorsi i difensori degli istanti per il riesame, nonchè la P.A.M., che la denunciano per violazione di legge.

Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti D.G. N. e P.A.M., dopo avere premesso che l'opera in corso di realizzazione è stata assentita con il permesso di costruire n. 44 del 27.4.2005 e che l'unica fonte di prova su cui è fondata la misura cautelare è costituita da una consulenza tecnica disposta dal P.M., denunciano l'ordinanza per violazione ed errata applicazione dell'art. 321 c.p.p..

Si deduce, in estrema sintesi, che i giudici del riesame non hanno tenuto conto, nella valutazione della legittimità del permesso di costruire, della documentazione amministrativa che aveva preceduto il rilascio dello stesso, costituita in particolare dal parere del dirigente dell'Area Territorio, Direzione Territorio, Urbanistica, Beni Ambientali, Parchi, etc. della Regione Abruzzo, nonchè quello di un esperto esterno all'amministrazione e delle norme dagli stessi richiamate.

In proposito si rileva che l'art. 35 delle NTA del Comune di Fossacesia consente, tra l'altro, nelle zone di ristrutturazione urbanistica B1 "anche la ricostruzione di edifici fatiscenti o distrutti da eventi bellici (su adeguata documentazione) ed in tal caso valgono le norme....per la ristrutturazione edilizia." Si osserva inoltre che l'immobile di cui alla richiesta di ricostruzione ricade tra le zone speciali a parco naturale, nelle quali la norma di riferimento è l'art. 67 delle NTA, che espressamente rinvia all'art. 28 delle medesime; che tale articolo in particolare al punto 2, lett. i), così dispone: "per i fabbricati esistenti all'interno delle zone a parco naturale....è consentita la ricostruzione sullo stesso lotto"; che tale disposizione, peraltro, deve essere coordinata con la L.R. Abruzzo, art. 70, nel senso che il richiamo a detta normativa vale solo quanto ai parametri da applicarsi per la ricostruzione e non in relazione al vincolo di destinazione del fabbricato a servizio di un'azienda agricola riferendosi detto vincolo alle nuove costruzioni e non a quelle da ricostruire.

Si deduce, quindi, che ai sensi delle disposizioni citate, nella zona destinata a parco naturale possono essere ricostruiti edifici completamente demoliti, con la conseguente legittimità del permesso di costruire, essendo incontroversa la preesistenza del fabbricato oggetto dell'intervento, in quanto, tra l'altro, riportato nelle mappe catastali.

Si deduce inoltre che secondo l'indirizzo interpretativo prevalente di questa Suprema Corte il titolo concessorio può essere disapplicato dal giudice penale solo allorchè risulti che lo stesso è stato rilasciato in carenza assoluta di potere da parte dell'autorità amministrativa ovvero sia frutto di un'attività criminosa del soggetto pubblico che lo rilascia o del soggetto privato che lo acquisisce e, cioè, che il giudice penale può sindacare la legittimità dell'atto solo qualora la legittimità si presenti essa stessa come elemento essenziale della fattispecie criminosa ovvero sia frutto della collusione tra amministratori e soggetti interessati.

Si deduce, infine, che l'esistenza del periculum che giustifica la misura cautelare è stata desunta dalla mera contestazione del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44.

Con il secondo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 301 del 2002, art. 1, lett. a).

Si deduce che la disposizione citata ha ampliato la nozione di ristrutturazione edilizia, in quanto la stessa non è più circoscritta all'ipotesi della fedele ricostruzione del fabbricato preesistente con la stessa sagoma e volumetria; che, nel caso in esame, gli stessi giudici di merito hanno riconosciuto la preesistenza del manufatto oggetto della ricostruzione, sicchè devono ritenersi irrilevanti i parametri afferenti alla sagoma ed al volume dello stesso; che in ogni caso l'intervento edilizio di cui si tratta è stato assentito mediante il permesso di costruire, sicchè la legittimità dello stesso doveva essere valutata alla luce del citato titolo abilitativo indipendentemente dalla qualificazione attribuita all'intervento quale ristrutturazione o nuova costruzione; che, infine, il permesso di costruire risultava anche munito del nulla osta in materia paesaggistica della Regione Abruzzo Sezione Territorio e Beni Ambientali.

Con un identico mezzo di annullamento i ricorrenti P.N., C.G. e C.A. denunciano, a loro volta, la violazione ed errata applicazione dell'art. 67 e dell'28, comma 2, lett. i), delle NTA dei Piano Regolatore del Comune di Fossacesia, nonchè del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d) e comma 2.

Premesso che l'intervento edilizio di cui si tratta aveva ad oggetto un fabbricato rurale di vecchissima costruzione, composto da quattro vani originari in pessimo stato d'uso e manutenzione, disposti a piano terra e primo piano, tale risultando la consistenza dell'immobile dal certificato catastale e dalla deposizione del teste CA.Al., e che con il permesso di costruire n. 44 del 27.4.2005 era stata assentita la ristrutturazione di detto fabbricato mediante la fedele ricostruzione dello stesso come da progetto, si deduce che i provvedimenti del G.I.P. e del Tribunale del riesame sono frutto del travisamento delle risultanze probatorie, non avendo tenuto conto di tutti gli elementi di valutazione sottoposti al loro esame; che tale travisamento delle risultanze probatorie ha determinato la violazione delle disposizioni citate, secondo le quali, nella zona speciale a parco naturale, è possibile la ricostruzione di un fabbricato preesistente sullo stesso lotto nei limiti della normativa fissata per la zona agricola; che le norme citate in particolare utilizzano il termine ricostruzione, invece di quello di mera ristrutturazione, in ciò uniformandosi alla previsione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, lett. d).

Preliminarmente la Corte rileva che il ricorso proposto da P. A.M. avverso l'impugnata ordinanza è inammissibile, non avendo la predetta ricorrente proposto istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo (cfr. sez. 3^, 199401318, Min. Marina Mercantile ed altro, RV 198865).

Gli altri ricorsi sono infondati.

La Corte osserva che l'ordinanza impugnata ha esattamente affermato in punto di diritto che, anche a seguito della riforma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), disposta dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, art. 1, comma 1, lett. a), la nozione di "interventi di ristrutturazione edilizia" implica necessariamente la preesistenza del manufatto oggetto della ristrutturazione, riferendosi le modificazioni introdotte dalla disposizione citata solo alle modalità con le quali deve procedersi alla ricostruzione, previa demolizione, che non deve necessariamente essere "fedele", essendo sufficiente il rispetto della volumetria e sagoma del fabbricato preesistente.

Inoltre, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 2, "Le definizioni di cui al comma 1, prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e del regolamenti edilizi..." Pertanto, la valutazione della legittimità del permesso di costruire di cui si tratta implica da un lato la valutazione della legittimità delle stesse NTA in relazione al dato normativo statale, valutazione che comunque resta di competenza del giudice di merito, trattandosi di disposizioni amministrative, salvo il sindacato di legittimità sulla correttezza della motivazione sul punto, e dall'altro l'accertamento della natura del permesso di costruire, indipendentemente dalla terminologia adoperata dall'amministrazione che lo ha rilasciato, alla luce delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 380 del 2001 e delle previsioni delle predette NTA in quanto compatibili con la normativa statale.

E' stato, infatti, reiteratamente affermato dall'indirizzo interpretativo ormai consolidato di questa Suprema Corte, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, che in materia edilizia l'interesse tutelato dalla normativa urbanistica deve individuarsi nella protezione sostanziale e non meramente formale degli assetti del territorio, con la conseguenza che il giudice penale può accertare l'illegittimità sostanziale del titolo abilitatilo, non soltanto se Patto medesimo sia illecito, ovvero frutto di attività criminosa per eventuali collusioni del soggetto beneficiario con organi dell'amministrazione, ma anche nell'ipotesi in cui sussista la non conformità dell'atto alla normativa che ne regola l'emanazione o alle disposizioni legislative in materia urbanistico - edilizia (cfr. Sez. 3^, 14.12.2006 n. 1894 del 2007, P,M. in proc, Bruno ed altro, RV 235644; Sez. 3, 200301708P. M. in proc. Pezzella, RV 223475; sez. un. 199311635, P.M. in proc. Borgia ed altri, RV 195359).

Orbene, alla luce degli enunciati principi di diritto, l'ordinanza impugnata ha correttamente affermato la illegittimità del permesso di costruire rilasciato per la esecuzione di un intervento di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione di un preesistente fabbricato, stante l'inesistenza di quest'ultimo per essere residuati in loco solo alcuni ruderi.

A nulla rileva, pertanto, sul punto il riferimento dei ricorrenti alla previsione delle NTA, dovendo essere valutata dal giudice di merito la stessa legittimità della previsione contenuta in queste ultime alla luce del dato normativo statale, mentre peraltro emerge dallo stesso testo delle NTA riportato dai ricorrenti che l'applicazione delle disposizioni in materia di ristrutturazione di edifici non più esistenti si riferisce alla sola ipotesi di fabbricati "distrutti da eventi bellici (su adeguata documentazione)", dato circostanziale di cui non è stata mai affermata la riferibilità al permesso di costruire di cui si tratta.

Nel resto le censure dei ricorrenti, con particolare riferimento a quanto dedotto dalla difesa di P.N., C. G. e C.A. in ordine all'asserito travisamento delle risultanze probatorie, costituiscono una contestazione in punto di fatto degli elementi posti dai giudici di merito a fondamento della misura cautelare - elementi dai quali si è evinta l'inesistenza del fabbricato oggetto della ristrutturazione, ma solo quella del rudere di un muro su di un lato - e, pertanto, tali censure sono inammissibili in sede di legittimità.

Peraltro, è appena il caso di ricordare sul punto che in sede di riesame la valutazione del fumus del reato oggetto di indagine deve essere effettuata sulla base delle prospettazioni della pubblica accusa, mentre non è consentito l'accertamento della fondatezza della notizia criminis, che è riservato al giudice di merito (cfr. sez. un. 23.4.1993 n. 4, Gifuni e giurisprudenza successiva conforme).

I restanti ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.

Ai sensi dell'ari. 616 c.p.p., al rigetto dell'impugnazione segue a carico dei ricorrenti l'onere del pagamento delle spese processuali, nonchè anche di una somma alla cassa delle ammende a carico della P.A.M..

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara inammissibile il ricorso proposto da P.A.M., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, alla cassa delle ammende. Rigetta gli altri ricorsi e condanna i ricorrenti in solido, anche con la P., al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 aprile 2008.