“Vice-Presidente
e Responsabile Area Legale-Pianificazione e Formazione di Macroscopio s.p.a.”
E-mail:
www.macroscopio.it
Non
molto tempo fa, su questa stessa rivista (1) avevamo sottolineato che non può
essere considerata una novità, almeno nel nostro Paese, l’introduzione di
modifiche anche di portata rilevante a normative in materia ambientale da parte
di atti aventi forza e valore di legge ma caratterizzati dal requisito della
assoluta estemporeneità in
quanto contenuti in decreti-legge, anche se successivamente convertiti in legge
dal
Parlamento,
i quali spesso non hanno nulla a che vedere, sotto il profilo contenutistico,
sulla materia ambientale. Il fenomeno descritto si è ulteriormente ripetuto nel
Decreto-legge
28 dicembre 2001, n.452, (pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale 29 dicembre 2001 n. 301), recante “
Disposizioni urgenti in tema di accise, di gasolio per autotrazione, di
smaltimento di oli usati, di giochi e scommesse, nonché sui rimborsi IVA.”
(entrato in vigore, ai sensi del proprio articolo 18 il giorno 30 dicembre
2001), poi convertito dalla legge 27
febbraio 2002, n.16
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 49 del 27 febbraio 2002)
.
La
considerazione di cui sopra è ulteriormente avvalorata dal fatto che in sede di
conversione l’originario decreto-legge è stato modificato in maniera
significativa, almeno sotto il profilo che qui prenderemo in considerazione.
E’
appena il caso di ricordare che, a norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23
agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri), le modifiche apportate dalla
legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della
sua pubblicazione, e cioè dal giorno 28 febbraio 2002..
In
particolare l’originario comma 11 dell’articolo 7 del decreto (Istituzione
di un contributo di riciclaggio e di risanamento ambientale),che non aveva nulla
a che vedere con il titolo dell’articolo e che disponeva:“Al
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono apportate le seguenti
modifiche:
a)
nell'articolo 7, comma 3, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
"1-bis) il combustibile derivato da rifiuti"...;
è
stato modificato dalla legge di conversione ed ora dispone:
11.
Al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono apportate le seguenti
modifiche:
a) nell'articolo 7,
comma 3, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «l-bis) il combustibile
derivato da rifiuti qualora
non rivesta le caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche
finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale»(2);
(1)
“, pubblicato in questa rivista, n. /2002, pag.
e seg. .
(2)
Dunque il testo vigente dell’art. 11, comma 3 del Dlgs n.22/97 detta:
“3.
Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i
rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo;
c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i
fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e
dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
«l-bis)
il combustibile derivato da rifiuti
qualora
non rivesta le caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche
finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili
con la tutela ambientale»
Si
rammenta che il combustibile derivato da rifiuti viene definito dalla lettera p)
dell’art. 6 del Dlgs 22/97 e S.m. come
“il combustibile ricavato dai
rifiuti urbani mediante trattamento finalizzato all'eliminazione delle sostanze
pericolose per la combustione ed a garantire un adeguato potere calorico, e che
possieda caratteristiche specificate con apposite norme tecniche” .
Come
già affermato (3) l’originaria norma
di cui al comma undicesimo del DL 452/2001
ed ora della legge 27
febbraio 2002, n.16
è
finalizzata a risolvere una
delicata questione interpretativa sulla classificazione del combustibile da
rifiuti. Il Ministero dell’Ambiente (4) aveva sempre sostenuto la natura di
rifiuto urbano del CDR mentre si può facilmente
sostenere , ora come allora, la natura di rifiuto speciale del CDR
attraverso un percorso intepretativo logico quanto lineare.
Il
Ministero dell’Ambiente si era espresso testualmente in questo senso
: ““ il rifiuto in uscita da un impianto di smaltimento che tratta
rifiuti urbani non può essere ritenuto rifiuto speciale agli effetti
dell'articolo 7, comma 3, lettera g) (vedi nota 2), del d.lg. n. 22 del 1997,
poiché l'ipotesi normativa ora richiamata deve riferirsi al rifiuto finale
derivante dall'attività di recupero, ovvero alla frazione non ulteriormente
recuperabile, per la quale è cessato il processo di recupero e che pertanto
abbisogna di smaltimento. Nel caso di specie, il rifiuto
"semilavorato", in uscita dall'impianto di prima selezione del tal
quale, in quanto destinato a (e suscettibile di) una successiva gestione volta
al recupero (mediante produzione e utilizzo di CDR), non ha mutato la sua natura
giuridica di rifiuto urbano, per il quale è in corso il processo di recupero.
Il risultato del primo trattamento costituisce solo una fase intermedia della
gestione, insuscettibile di mutare la provenienza del rifiuto, agli effetti del
suo regime giuridico. “....
“ Che i rifiuti in uscita dall'impianto di selezione e trattamento, e
che lo stesso combustibile da rifiuti debbano essere considerati rifiuti urbani
emerge con chiarezza anche dal disposto dell'articolo 33, comma 8, il quale,
nell'escludere il recupero dei rifiuti urbani dall'ambito di applicazione della
procedura semplificata, prevede un'espressa eccezione per le attività di
trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile da rifiuto, ma
soprattutto per l'impiego del combustibile da rifiuto prodotto da tale attività;
eccezione che non avrebbe senso, se si dovesse ritenere la natura di rifiuto
speciale del rifiuto in uscita dal pretrattamento, ovvero dello stesso CDR.”
In
effetti il cit. comma 8 dell’art. 33 (Operazioni di recupero) dispone che le
procedure semplificate “non si
applicano alle attività di recupero dei rifiuti urbani, ad eccezione: ... b)
delle attività di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile da
rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 1;
c) dell'impiego di combustibile da rifiuto nel rispetto delle specifiche norme
tecniche adottate ai sensi del comma 1, che stabiliscono in particolare la
composizione merceologica e le caratteristiche qualitative del combustibile da
rifiuto ai sensi della lettera p) dell'articolo 6 (vedi nota 2).
(3)
Vedi nota 1 .
(4)
Vedi la lettera del Ministro
dell'Ambiente nella del 25 maggio 1999 indirizzata alla Amministrazione
Provinciale di Lucca, avente ad oggetto l’art. 33 d.lg. n. 22 del 1997 e punto
14 dell'allegato 1 al Dm Ambiente 5 febbraio 1998; attività di recupero di
rifiuti per produzione di CDR; quesito (risposta n. prot. 41728/XIII.B.1 del 19
maggio 1999):
E
tuttavia il ministero dell’Ambiente sembra non accorgersi che, con le sue
affermazioni sopra riportate, mette in discussione la portata e l’intero
impianto normativo del Decreto Ministeriale del 05/02/1998 (5). Tale decreto,
come pure l’art. 33 del dlgs 22/97, distingue la fase di 1)
produzione
del CDR, da quella di 2) utilizzazione del
CDR. Ai sensi del
punto
14 dell’Allegato 1, Suballegato 1 del D.M. cit. i
rifiuti solidi urbani ed assimilati, ad esclusione delle frazioni derivanti da
raccolta differenziata, vengono sottoposti, ai sensi del punto 14.1.3 ad una
Attività di recupero consistente nella “
produzione di combustibile derivato da rifiuti (CDR) ottenuto attraverso cicli
di lavorazione che ne garantiscano un adeguato potere calorifico, riducano la
presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile,
contenuto di umidità e di sostanze pericolose in particolare ai fini della
combustione; separazione; trattamento: triturazione, eventuali trattamenti di
essiccamento, addensamento e pellettizzazione.
Il combustibile derivato da rifiuti deve avere le caratteristiche individuate
alla voce 1 dell'allegato 3 al presente D.M..”.
Non
sembra dunque possa essere posto in dubbio il fatto che gli originari rifiuti
solidi urbani ed assimilati, ad esclusione delle frazioni derivanti da raccolta
differenziata, qualora vengono sottoposti all’ attività di recupero sopra
descritta diventano CDR.
E
dunque, a meno di non voler mettere in discussione quanto espressamente disposto
dal D.M. 5 febbraio 1998, al rifiuto che risulta dall’attività di recupero
sopra descritta risulta applicabile il disposto di cui all’art. 7, comma 3 ,
lett. g) del dlgs 22/97 e s.m. (vedi nota 2) che classifica tale rifiuto come speciale.
LE
NOVITA’ DELLA LEGGE DI CONVERSIONE
La
legge di conversione del Decreto-legge 28
dicembre 2001, n.452 ha modificato l’originaria affermazione secondo la quale
il CDR è un rifiuto speciale, subordinandola alla espressa condizione che esso
“non
rivesta le caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche finalizzate
a definirne contenuti e usi compatibili
con la tutela ambientale»,
sottintendendo quindi che qualora il
CDR
rivesta
le caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche finalizzate a
definirne contenuti e usi compatibili
con la tutela ambientale non sia un
rifiuto speciale (e forse il legislatore intende qualificarlo come urbano).
Risulta
dunque necessario individuare se esistano e, nel caso affermativo, quali siano le
caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche finalizzate a
definirne contenuti e usi compatibili
con la tutela ambientale.
(5)
“Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure
semplificate di recupero ai sensi degli articoli
31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22.”
Se
ora rammentiamo che il combustibile derivato da rifiuti viene definito dalla
lettera p) dell’art. 6 del Dlgs 22/97 e S.m.
come “il combustibile ricavato
dai rifiuti urbani mediante trattamento finalizzato all'eliminazione delle
sostanze pericolose per la combustione ed a garantire un adeguato potere
calorico, e che possieda caratteristiche specificate con apposite norme
tecniche” ,
la
specificazione introdotta dalla legge 27
febbraio 2002, n.16 diventa di difficilissima comprensione ed
interpretazione.
Infatti
ai sensi del disposto di legge sopra riportato è lecito affermare che
non esiste combustibile derivato da rifiuti al di fuori delle seguenti
cumulative condizioni:
1)
deve essere ricavato dai rifiuti
urbani mediante trattamento finalizzato all'eliminazione delle sostanze
pericolose per la combustione ed a garantire un adeguato potere calorico;
2)
deve
possedere caratteristiche specificate con apposite norme tecniche.
Dunque
si può dedurre, a contrario che ciò che viene ricavato:
a)
da rifiuti non urbani o
b)
non
possieda caratteristiche specificate con apposite norme tecniche
non
può in alcun modo essere definito come combustibile derivato da rifiuti.
Da
quanto sopra esposto risulta evidente che il combustibile
ricavato dai rifiuti è una fattispecie
di rifiuto legalmente tipizzata, in quanto è la norma primaria di legge che
descrive i requisiti fondamentali di tale fattispecie, anche se rimanda in parte
la caratterizzazione di tale rifiuto ad apposite norme tecniche.
Le
menzionate norme tecniche sono effettivamente state predisposte e pubblicate e
si trovano all’interno del Decreto Ministeriale del 05/02/1998(6),
precisamente nel punto 1.2 dell’Allegato 2,
Suballegato 1).
Dunque
la fattispecie del combustibile derivato da rifiuti che
“non rivesta le caratteristiche
qualitative individuate da norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e
usi compatibili con la tutela ambientale»
posta in essere dal legislatore nel comma 11 della
27 febbraio 2002, n.16
è
incompatibile con la norma di cui lettera p) dell’art. 6 del Dlgs 22/97 che
contiene la definizione di combustibile derivato da rifiuti, mentre sembra
logico e perfino scontato che e le
norme che vogliano disciplinare nel merito tale fattispecie non possano porsi in
contrasto con la nozione di combustibile derivato da rifiuti.
La
legge
7 febbraio 2002, n.16
nel comma 11 del suo art. 7 , come modificato, si pone in radicale ed insanabile
contrasto con la nozione legale tipizzata di combustibile ricavato dai rifiuti.
E
certamente la collocazione di tale norma all’interno dell’art. 7 del dlgs
22/97 che ha la funzione di specificare la classificazione dei rifiuti rende
tale norma inidonea a modificare la nozione legale tipizzata di
combustibile ricavato dai rifiuti, in quanto la funzione dell’art. 7,
comma 3, è appunto di esemplificare le attività da cui derivano rifiuti
speciali e non certo quella di fornire la nozione di particolari tipologie di
rifiuti qual è appunto il combustibile ricavato dai rifiuti.
Se
il legislatore avesse inteso modificare la nozione legale tipizzata di
combustibile ricavato dai rifiuti avrebbe dovuto modificare il
disposto di cui alla lettera p) dell’art. 6 del Dlgs 22/97, cosa che invece
non ha fatto con la legge 7 febbraio
2002, n.16 nè con alcuna altra norma vigente.
Si
ritiene quindi plausibile che la
legge 7 febbraio 2002, n.16
nel suo comma 11 possa qualificare il combustibile
ricavato dai rifiuti quale rifiuto speciale, ma certamente non può tale legge
avere la funzione di modificare la nozione legale di combustibile ricavato dai
rifiuti.
In
conclusione il disposto di cui al comma 11 dell’art. 7 della legge
7 febbraio 2002, n.16 risulta inapplicabile in quanto in radicale contrasto e
contraddizione con la
nozione legale tipizzata di combustibile ricavato dai rifiuti di cui alla
lettera p) dell’art. 6 del Dlgs 22/97.
(6)
ALLEGATO 2 - NORME TECNICHE PER L'UTILIZZAZIONE DEI RIFIUTI NON PERICOLOSI COME
COMBUSTIBILI O COME ALTRO MEZZO PER PRODURRE ENERGIA
Suballegato 1
1. Tipologia: Combustibile derivato
da rifiuti (CDR) [190501]
1.1 Provenienza: impianti di
produzione di CDR di cui al punto 14 dell'allegato 1
1.2 Caratteristiche del rifiuto:
Combustibile ottenuto da rifiuti con le seguenti caratteristiche:
P.C.I. minimo sul tal quale 15.000 kJ/kg
Umidità in massa max 25%
Cloro " " 0,9%
Zolfo " " 0.6%
Ceneri sul secco in massa " 20%
Pb (volatile) " " 200 mg/kg
Cr " " 100 mg/kg
Cu (composti solubili) " " 300 mg/Kg
Mn " " 400 mg/kg
Ni " " 40 mg/kg
As " " 9 mg/kg
Cd+Hg " " 7 mg/kg
Per ciascuna partita di CDR deve essere certificata la temperatura di
rammollimento delle ceneri.
1.3
Attività e metodi di recupero:
Il recupero energetico del rifiuto di cui al punto 1 può essere effettuata
attraverso la combustione alle seguenti condizioni:
- impianti dedicati a recupero energetico dei rifiuti di potenza termica
nominale non inferiore a 10 MW;
- impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 20 MW per la
co - combustione.
Gli impianti devono essere provvisti di:
- bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni
industriali);
- alimentazione automatica del combustibile;
- regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di
avviamento (non richiesto nei forni industriali);
- controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, delle polveri,
ossidi di azoto, acido cloridrico, della temperatura nell'effluente gassoso,
nonché degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a)
nonché della temperatura nella camera di combustione;
Devono inoltre garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti
requisiti minimi operativi:
- temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850 °C raggiunta
anche in prossimità della parete interna;
- tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi;
e rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di
ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:
Zn (*) 5 mg/Nm3
Ossidi di azoto (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3
PCDD + PCDF (come diossina equivalente) 0,1 ng/Nm3
(come valore medio rilevato per un periodo
di campionamento di 8 ore)
Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) 0,01 mg/Nm3
(come valore medio rilevato per un periodo
di campionamento di 8 ore)
_______________________________________
(*) come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h
_______________________________________
per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel
suballegato 2 del presente allegato. Nel caso di impiego simultaneo in impianti
industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non
deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase
di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono
essere calcolati come indicato alla suballegato 3 del presente allegato. La co -
combustione non è consentita nei forni per la produzione di calce alimentare