Consiglio di Stato Sez. IV n. 5465 del 5 giugno 2023
Urbanistica.Convenzioni urbanistiche
Le convenzioni urbanistiche sono giuridicamente qualificate come “contratti di diritto pubblico o ad oggetto pubblico”, in quanto sono costituite da strumenti di natura pattizia, aventi ad oggetto l’esercizio di potestà di natura pubblicistica; ad esse si applicano, in quanto compatibili, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti
Pubblicato il 05/06/2023
N. 05465/2023REG.PROV.COLL.
N. 06436/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6436 del 2018, proposto da
Adalberto Tettoni, rappresentato e difeso dall'avvocato Ignazio Pagani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Biandrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Di Raimondo, Carla Zucco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Società Aree Industriali ed Artigianali - S.A.I.A. - s.p.a., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 112/2018;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Biandrate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti presenti o considerate tali ai sensi di legge;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno appellante ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, il ricorso di primo grado, avente ad oggetto la domanda di condanna del Comune di Biandrate ad acquistare il compendio immobiliare di proprietà del ricorrente (odierno appellante), come previsto dall'art. 6 della convenzione urbanistica sottoscritta in data 20 marzo2000 tra l’Amministrazione comunale di Biandrate e la società SAIA s.p.a. (avente ad oggetto “L'attuazione del Piano Insediamenti Produttivi sito nel Comune di Biandrate”, approvata con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 21 del 16 dicembre 1999) nonché la domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata acquisizione del compendio di cui sopra da parte del Comune di Biandrate.
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Biandrate, evidenziando che il terreno di proprietà dell’appellante (individuato in Catasto Terreni al mappale 59 foglio n. 2, qualità “seminativo arborato di classe 1”, esteso 8.150,00 mq) ricade per mq 6.350,00 in fascia di rispetto cimiteriale; detto terreno è stato incluso nel P.I.P. in Zona di tipo “D5.1”, quale area “standard a completamento” (verde pubblico) dell’area produttiva; il terreno non è mai stato oggetto né di occupazione né di procedura di esproprio o di cessione bonaria e è tuttora nella piena disponibilità (giuridica e materiale) dell’appellante.
3. Con memorie difensive e di replica, le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
4. All’udienza pubblica del 16 marzo 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. In estrema sintesi, con ricorso di primo grado, il signor Tettoni ha chiesto la condanna del Comune di Biandrate, ai sensi degli artt. 30 cod. proc. amm. e 2932 cod. civ., ad acquisire il compendio immobiliare di sua proprietà, in adempimento dell’obbligo di cui all’art. 6 della convenzione attuativa del PIP, versando al ricorrente, quale corrispettivo delle cessione, l’importo di € 146.700,00 risultante da perizia di parte prodotta in atti, ovvero la maggior somma eventualmente risultante in corso di causa all’esito di apposita istruttoria (verificazione tecnica o CTU); ha chiesto inoltre la condanna del Comune di Biandrate a corrispondere in proprio favore, a titolo di risarcimento del danno l’importo di € 5.672,00 già versato per effetto della plusvalenza derivante dall’inserimento del compendio immobiliare nel PIP, nonché l’importo di € 1.801,48 per la redazione della perizia di stima asseverata prodotta in atti, oltre alla rifusione di tutti gli ulteriori danni derivanti dalla prolungata inerzia dell’amministrazione comunale nel dare attuazione alla previsione dell’art. 6 della convenzione urbanistica di cui sopra; il tutto maggiorato da interessi e rivalutazione.
5.1. Il giudice di primo grado, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dalla amministrazione comunale, ha dichiarato il ricorso inammissibile, per difetto di legittimazione attiva del ricorrente.
Pur riconoscendo che, con la stipula della convenzione attuativa del PIP tra il Comune di Biandrate e il soggetto attuatore (SAIA s.p.a.), il terreno di proprietà del ricorrente è stato assoggettato ex lege al vincolo preordinato all’esproprio e che l’art. 6 della convenzione attuativa del PIP ha previsto che il Comune di Biandrate avrebbe “acquisito” i terreni di proprietà privata inclusi nel PIP sulla base delle norme di legge in vigore al momento dell’acquisizione, con facoltà, peraltro, per il soggetto attuatore di procedere direttamente a tale “acquisizione”, nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti a quel momento, nonché di provvedere al perfezionamento e alla stipula dei rogiti notarili di trasferimento delle aree, il giudice di prime cure ha tuttavia evidenziato che “L’impegno ad acquisire (espropriare) le aree di proprietà privata incluse nel PIP è stato assunto convenzionalmente dal Comune di Biandrate esclusivamente nei confronti dell’altro soggetto contraente, e cioè del soggetto attuatore del PIP, la società SAIA s.p.a., mentre nessun impegno è stato assunto nei confronti dei proprietari privati delle aree medesime. Appare pertanto evidente che nel presente giudizio il ricorrente invoca l’adempimento di un’obbligazione convenzionale scaturente da una convenzione urbanistica alla quale egli è rimasto estraneo, e che, pertanto, solo la parte creditrice del rapporto convenzionale (nella specie, la società SAIA s.p.a.) sarebbe legittimata a far valere. Né il ricorrente sarebbe legittimato a pretendere, nel presente giudizio, la condanna dell’amministrazione comunale ad espropriare il terreno di sua proprietà, dal momento che, in assenza di vincoli convenzionali assunti dall’amministrazione comunale nei confronti dei singoli proprietari delle aree, l’acquisizione delle aree di proprietà privata mediante espropriazione costituisce espressione del potere discrezionale riservato per legge all’amministrazione, sul quale non è consentito al giudice amministrativo pronunciare prima che esso sia concretamente esercitato, e tanto meno condannare l’amministrazione ad esercitarlo, in mancanza – si ripete – di vincoli legali o convenzionali in tal senso”.
5.2. Il giudice di prime cure ha anche escluso la sussistenza di profili risarcitori derivanti dalla mancata acquisizione.
5.3. Le spese del giudizio di primo grado sono state compensate tra le parti.
6. Con il primo motivo, la parte appellante deduce: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, prot. n. 1 C.E.D.U.; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24, 42 e 103 della Cost.; violazione e/o falsa applicazione del principio di legalità; errata valutazione in fatto e in diritto; violazione e/o falsa applicazione del d.P.R. n. 327/2001 e dell’art. 2900 c.c.
L’espresso riconoscimento (operato dal giudice di prime cure) dell’apposizione di un vincolo di matrice espropriativa sul bene dell’appellante e, al contempo, l’affermazione per cui egli sarebbe però giuridicamente privo dei mezzi attraverso cui esigere l’acquisto dell’area da parte del Comune (a ciò tenuto per l’art. 6 della Convenzione) si sostanzierebbe in una violazione delle previsioni individuate in epigrafe. La sentenza di prime cure avrebbe legittimato una ‘espropriazione indiretta o larvata’: l’area di proprietà del Sig. Tettoni è stata, da un lato, resa funzionale alla piena realizzazione del PIP, ma, al contempo e pur svuotata di consistenza, non è stata acquisita dal Comune.
L’espropriazione larvata sarebbe illegittima per violazione dell’art. 1 del Protocollo Addizionale CEDU, come affermato da costante giurisprudenza.
Dichiarando che è privo di legittimazione attiva rispetto al ricorso, il giudice di primo grado avrebbe sostanzialmente privato il Sig. Tettoni di ogni azione a tutela dei propri diritti (di proprietà e di tutela giurisdizionale, di rango costituzionale ed europeo) in spregio dei principi sopra illustrati: art. 24 Cost. (diritto di difesa); art. 42, co. 3, Cost. (diritto all’indennizzo); art. 103, co. 1, Cost. (tutela giurisdizionale contro gli atti della p.a.).
Le conclusioni su cui si fonda la sentenza gravata si porrebbero anche in conflitto anche con l’art. 2900 c.c. (azione surrogatoria), che consente al creditore “leso” dall’inazione del proprio creditore la legittimazione attiva per la tutela del proprio diritto.
7. Con il secondo motivo l’appellante deduce: violazione dell’art. 97 della Cost. e dell’art. 6 della convenzione urbanistica P.I.P.; violazione dell’art. 24 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 13 delle norme tecniche di attuazione del P.I.P.; violazione dei principi in materia di giusto procedimento; violazione dei canoni di correttezza e buona fede dell’azione amministrativa.
La parte appellante richiama la convenzione urbanistica sottoscritta tra il Comune e il soggetto attuatore, che, all’art. 6, dispone quanto segue: “L'acquisizione dei terreni ricompresi nel PIP sarà effettuata dal Comune sulla base delle norme di legge in vigore al momento dell'acquisizione delle stesse ….. La SAIA Spa avrà la facoltà di eventualmente procedere direttamente all'acquisizione delle aree (…) nonché provvedere pure al perfezionamento ed alla stipula dei rogiti notarili di trasferimento delle aree…”.
L'amministrazione comunale avrebbe sempre avuto consapevolezza di dover acquisire l’area di sedime, come riconosciuto dal Sindaco del Comune di Biandrate, con nota del 6 febbraio 2016, nella quale in risposta ad una richiesta del Sig. Tettoni, afferma testualmente: “non appena sarà resa ufficiale l'impossibilità della stessa [di SAIA S.p.A., ndr] a procedere all'acquisizione delle aree di Sua proprietà, si attiverà per sostituirsi ad essa a completo adempimento di quanto contenuto nella Convenzione Urbanistica”.
A fronte dell’espresso riconoscimento del proprio obbligo di acquisizione, non vi sarebbero margini per procrastinare l'adempimento convenzionale. Specie perché l'acquisizione del sedime non solo è satisfattiva dei diritti del ricorrente, ma anche funzionale al pieno soddisfacimento del superiore interesse pubblico, perché rappresenta condizione essenziale di piena attuazione del P.I.P.
La realizzazione delle aree a standard pubblico (che, ovviamente, presuppone la preventiva acquisizione dai loro proprietari da parte del Comune) rappresenta per l'art. 13 delle NTA del PIP “condizione necessaria per il rilascio del certificato di agibilità o abitabilità degli insediamenti; contrariamente dovrà essere rilasciata garanzia fidejussoria a favore del Comune (…)”.
La mancata acquisizione del fondo da parte del Comune – oltre che lesiva dei principi di correttezza, buona fede - ha anche precluso all’appellante la possibilità di programmare le proprie attività e gli eventuali investimenti con le risorse derivanti dalla cessione.
In ogni caso, l'inerzia mantenuta rispetto a precisi obblighi convenzionali ha cagionato al ricorrente un danno direttamente conseguente:
a) all’immobilizzazione del capitale, fermo da oltre quindici anni per effetto dell'inclusione in un PIP, senza attuazione mediante acquisizione dello stesso;
b) ai costi per effetto della plusvalenza sull'incremento di valore dell'area per effetto dell'inserimento della stessa all'interno del PIP, pari ad € 5.672,00 (ossia il 4% sull'incremento di valore);
c) ai costi – quantificabili in € 1.801,48 per la redazione della perizia di stima asseverata al fine di determinare la plusvalenza di cui al punto che precede.
Sarebbe dunque pacifica la legittimazione del ricorrente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 30 c.p.a. e 2932 c.c. per ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto.
La parte appellante ha formulato anche istanza istruttoria, chiedendo, se del caso, che venga disposta verificazione o consulenza tecnica d’ufficio, per accertare il valore del compendio immobiliare.
8. Le censure dedotte dalla parte appellante non possono essere condivise e la sentenza di primo grado deve essere confermata.
8.1. In primo luogo occorre precisare che il processo amministrativo si conforma al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non essendo consentito al giudice adito pronunciarsi sulla pretesa sostanziale dedotta in giudizio, prescindendo dall’oggetto del giudizio determinato dal tipo di domanda introdotta in sede giudiziale.
8.2. Occorre, altresì, evidenziare che, ai fini del riconoscimento della legittimazione ad agire, non è sufficiente che il ricorrente sia titolare di una posizione giuridica soggettiva qualificata e differenziata, dovendosi verificare se detta posizione lo legittimi alla presentazione delle domande azionate; in altre parole, la verifica della sussistenza della legittimazione ad agire deve essere effettuata in base al petitum e alla causa petendi.
8.3. Diversamente da quanto sostenuto nell’atto di appello, il giudice di primo grado non ha detto che il ricorrente sia privo di strumenti giuridici per la tutela della propria posizione giuridica soggettiva, ma che, rispetto alle domande azionate, è privo di legittimazione ad agire.
8.4. Fatta questa premessa, il Collegio rileva che l’appellante chiede che venga ordinato al Comune di Biandrate di dare esecuzione alla clausola di una convenzione urbanistica rispetto alla quale è rimasto estraneo.
8.5. Le convenzioni urbanistiche sono giuridicamente qualificate come “contratti di diritto pubblico o ad oggetto pubblico”, in quanto sono costituite da strumenti di natura pattizia, aventi ad oggetto l’esercizio di potestà di natura pubblicistica; ad esse si applicano, in quanto compatibili, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti (art. 11, comma 2, l. n. 241/1990 e s.m.i.).
Ne consegue che il ricorrente (odierno appellante) non è legittimato a proporre azione ex art. 2932 c.c. (esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto), in quanto non è parte della convenzione urbanistica de qua (res inter alios acta, tertio neque prodest, neque nocet).
8.6. Né tale legittimazione può essere individuata per effetto del riferimento all’azione surrogatoria, in quanto, nel caso di specie, i rapporti di credito e di debito si esauriscono nell’ambito della convenzione urbanistica (rispetto alla quale il ricorrente è terzo); la posizione giuridica dell’appellante è incisa solo indirettamente dalla inadempienza dell’obbligo del Comune di Biandrate di provvedere (in parte qua) alla esecuzione della convenzione e certamente non può costituire il fondamento di una legittimazione processuale al fine di dare esecuzione alla clausola convenzionale rimasta inadempiuta.
8.7. In mancanza di occupazione dell’area non sembrano sussistere neppure i presupposti per la riqualificazione della domanda, ai fini della condanna alla restituzione della stessa o della condanna del Comune alla adozione di un provvedimento formale di acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42- bis del d.P.R. n. 327/2001 (che si presenta come alternativa alla restituzione); nel caso di specie, è pacifico tra le parti che l’area è rimasta nella disponibilità materiale e giuridica dell’appellante.
Allo stato, non essendo stata comprovata la perdita del possesso dell’area o la perdita della potenzialità edificatoria dell’area (precedentemente, l’area de qua era qualificata come area agricola, sottoposta per gran parte al vincolo di inedificabilità per la presenza della fascia di rispetto cimiteriale), non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti.
8.8. Ciò non significa che il ricorrente sia privo di strumenti a tutela della sua posizione giuridica soggettiva; certamente tra i rimedi a sua disposizione non rientrano le domande azionate nel presente giudizio.
Se come sostiene l’appellante, l’approvazione del piano degli insediamenti produttivi ha ingenerato sull’area di sua proprietà un vincolo di natura espropriativa, l’ordinamento giuridico appresta altri strumenti, giudiziali e stragiudiziali, a tutela della proprietà.
9. Per le ragioni sopra sinteticamente esposte, non sussistono i presupposti per la riforma della sentenza impugnata.
9.1. La valutazione complessiva della fattispecie dedotta in giudizio, nei suoi aspetti processuali e sostanziali, giustifica nondimeno l’equa compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere, Estensore