Consiglio di Stato Sez. IV n. 9444 del 25 novembre 2024
Urbanistica.Ambito di esercizio del potere di pianificazione urbanistica comunale

Il potere di pianificazione urbanistica comunale non è limitato all'individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale e, in particolare, alla individuazione delle potenzialità edificatorie delle stesse e ai limiti che incontrano tali potenzialità, dovendo essere, invece, inteso in termini più inclusivi e omnicomprensivi, in considerazione di tutti i valori implicati dallo sviluppo complessivo e armonico del territorio, estendendosi il contenuto del piano regolatore generale anche all'indicazione dei vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesaggistico. La sussistenza di competenze statali e regionali in materia di bellezze naturali o artistiche o storiche non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita anche in sede di adozione e approvazione dello strumento urbanistico comunale e che il piano regolatore generale, nell'indicare i limiti da osservare per l'edificazione nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre che determinate aree siano sottoposte a vincoli conservativi, indipendentemente da quelli imposti dalle autorità istituzionalmente preposte alla salvaguardia dei beni e delle aree di interesse storico, artistico o ambientale. Ne deriva come conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, la imposizione di vincoli a fini di tutela paesaggistica o ambientale, nell’ambito della pianificazione urbanistica, non è necessariamente subordinata all’accertamento di situazioni di inquinamento che imporrebbero la bonifica dell’area secondo le norme in tema di tutela dell’ambiente, così come non è dipendente dalle previsioni di tutela contenute nel piano paesaggistico. Né sussiste uno specifico onere di motivazione, salvo i casi in cui le previsioni incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, essendo sufficiente ricavare le ragioni della scelta dalle indicazioni di carattere generale dei profili generali e dei criteri che sorreggono l’impostazione del piano, senza necessità di una motivazione puntuale e mirata.

Pubblicato il 25/11/2024

N. 09444/2024REG.PROV.COLL.

N. 09646/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 9646 del 2020, proposto da
Marcello Longobardi, Pier Giorgio Seghene, Angelo Vestio Moro, Renato Deledda, Adolfo Saba, Gaetano Roberto Esposito, Maria Franca Muretto, Pietro Murgia, Teresa Moro, Maria Speranza Pinna, Felicita Maria Deidda, Giovanni Pinducciu e Monica Sechi, rappresentati e difesi dagli avvocati Amedeo Mandras e Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;

contro

Comune di Stintino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Bazzoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, 9 maggio 2020, n. 269, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Stintino;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza pubblica straordinaria del giorno 18 settembre 2024 il Cons. Giorgio Manca e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello, i comproprietari del terreno posto in Comune di Stintino (località Cala di Vacca, foglio 3, mappali 119-879) hanno chiesto la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, 9 maggio 2020, n. 269 (in prosieguo: la sentenza), che ha respinto il ricorso da loro proposto per l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale di Stintino n. 23 del 24 giugno 2013, concernente l’adozione del piano urbanistico comunale (PUC) del Comune di Stintino (in prosieguo: il provvedimento impugnato), nonché, quali atti presupposti, la deliberazione consiliare n. 33 del 28 giugno 2010 di adozione provvisoria del PUC e la deliberazione consiliare n. 8 del 28 aprile 2011 con la quale sono state respinte le osservazioni al piano presentate da alcuni dei ricorrenti.

2. Con la sentenza il primo giudice ha respinto le censure con le quali i ricorrenti hanno sostenuto che l’autorizzazione comunale all’esercizio del campeggio estivo rilasciata nel 1983 sarebbe ancora valida e giustificherebbe il mantenimento della precedente destinazione di zona con inquadramento dell’area in zona E (agricola) e zona F (turistica), non la nuova classificazione come zona H3.2. Ha osservato in particolare che detta autorizzazione non era stata più rinnovata e che la scelta dell’amministrazione di qualificare l’area come zona da riqualificare è giustificata dal particolare pregio paesaggistico e dalla oggettiva necessità di recuperare l’area su cui i ricorrenti hanno realizzato, per lo svolgimento dell’attività di campeggio, strade di accesso per i camper e piazzole per la sosta. Ha evidenziato, altresì, che le scelte dell’amministrazione nell’adozione dello strumento urbanistico costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salve particolari eccezioni; infine, ha osservato che le decisioni dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso.

3. Resiste in giudizio il Comune di Stintino, il quale con memoria del 7 agosto 2024 chiede l’interruzione del processo per morte del difensore del Comune di Stintino (avvocato Francesco Delitala), a far data dal 20 novembre 2023; e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 79 c.p.a. e degli art. 299, 300 e 301 c.p.c., previa dichiarazione di inammissibilità della riassunzione effettuata dagli appellanti, di dichiarare nulli tutti gli atti processuali medio tempore compiuti, compreso il provvedimento di fissazione dell’udienza.

4. All’udienza pubblica straordinaria del 18 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Preliminarmente va respinta l’istanza di interruzione del processo formulata dall’appellato Comune di Stintino per il decesso del proprio difensore, avvenuto in data 20 novembre 2023.

5.1. Il processo, difatti, è stato correttamente riassunto dagli appellanti, ai sensi dell’art. 80, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo (secondo i quali: «2. Il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si è verificato l'evento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza»; «3. Se non avviene la prosecuzione ai sensi del comma 2, il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione»). Nel caso di specie gli appellanti, conosciuto il decesso dell’avvocato difensore mediante l’acquisizione del certificato di morte, hanno provveduto alla riassunzione del giudizio notificando il ricorso al Comune, nei termini di cui al citato art. 80.

5.2. Considerato, inoltre, che dalla data di notifica dell’atto di riassunzione (12 giugno 2024) alla data dell’udienza (18 settembre 2024) sono trascorsi oltre sessanta giorni liberi (l’art. 71, comma 5, c.p.a., stabilisce che tra la comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza e la data dell’udienza devono trascorrere almeno sessanta giorni), non si può nemmeno affermare che sia stato leso il diritto di difesa dell’amministrazione appellata.

6. Con l’appello, gli appellanti reiterano essenzialmente i due motivi del ricorso di primo grado.

6.1. In particolare, con il primo motivo, in chiave critica della sentenza, gli appellanti ribadiscono che i riferimenti alla precedente attività di campeggio avevano, da un lato, lo scopo di provare che l’attività era stata ritenuta compatibile con le caratteristiche di pregio dei luoghi e l’inquadramento urbanistico dell’area; irrilevante, pertanto, il fatto che l’autorizzazione non fosse stata rinnovata, posto che la situazione di fatto sarebbe rimasta immutata negli anni, e coerente con quella originariamente e favorevolmente apprezzata dal Comune. Dall’altro lato, avevano lo scopo di dimostrare come le attività di campeggio esercitate nell’area erano note e conosciute dall’amministrazione, svolte nell’osservanza delle norme igienico sanitarie e di sicurezza e che, perciò, non poteva predicarsi una condizione irregolare di degrado dell’area. Pertanto, il fatto che l’autorizzazione fosse scaduta non sarebbe sufficiente ad annullare qualsiasi legittima aspettativa dei proprietari, e soprattutto non sufficiente ad esimere l’amministrazione dal procedere secondo canoni di logica, di coerenza e di ragionevolezza nel modificare la classificazione dell’area. Gli appellanti insistono, quindi, sulla irragionevolezza e il difetto di istruttoria e di motivazione della nuova classificazione del terreno di loro proprietà (in zona H3 di riqualificazione ambientale), che determina un mutamento notevolmente pregiudizievole della condizione giuridica del bene poiché classificare un’area nella categoria H3.2 (ossia ritenuta degradata e soggetta a riqualificazione ambientale) significa che sono ammissibili solo interventi di bonifica e messa in sicurezza (ai sensi dell’art. 23.12 delle N.T.A. al PUC), escludendo qualsiasi possibilità di godimento pur compatibile con il pregio dei luoghi e la loro conservazione.

6.2. Con il secondo motivo, gli appellanti censurano la sentenza per aver ritenuto non irragionevole e legittima la scelta di classificare l’area in zona H3 (cioè di presunto inquinamento). Secondo gli appellanti, le statuizioni del primo giudice si porrebbero in contrasto con l’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 (che detta le regole per qualificare un sito come inquinato, nonché le procedure e le modalità di accertamento e i conseguenti obblighi della parte pubblica e del privato proprietario), l’art. 2 del D.M. n. 471 del 1999 (che contempla gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica costituenti

complemento agli interventi di bonifica), gli articoli 240 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006 (che prevedono gli interventi di ripristino ambientale e di riqualificazione ambientale e paesaggistica e di messa in sicurezza che conseguono all’accertamento dello stato di inquinamento di un sito e le relative procedure), oltre che con il piano paesaggistico regionale per la Sardegna (artt. 4, 88 e 89 delle n.t.a., che classificherebbe l’intera zona come zona F-Turistica). Ne deriverebbe anche il difetto di istruttoria e di motivazione della scelta operata dall’amministrazione comunale.

7. I motivi si prestano a una trattazione congiunta, per la stretta connessione delle questioni, tutte infine incentrate sulla legittimità della scelta discrezionale dell’amministrazione in ordine alla classificazione dell’area all’interno del piano urbanistico comunale.

7.1. In primo luogo va osservato, in relazione alla contestata classificazione dell’area in zona H3 (di riqualificazione ambientale), che le scelte di pianificazione urbanistica non sono condizionate dalla indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d'uso diverse e più favorevoli al privato rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico, ferma restando l'esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo) approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un'aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione o da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione (in questi termini Consiglio di Stato, sezione seconda, 22 gennaio 2021, n. 659).

7.2. Nel caso di specie, deve escludersi che gli appellanti abbiano maturato un affidamento o un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione di piano per le aree di sua proprietà, oggetto di controversia, non essendo stato allegato alcun elemento probatorio nei termini corrispondenti alla giurisprudenza richiamata; né può essere invocato una sorta di divieto di reformatio in pejus (se non nei limiti ricavabili dai principi che governano l’ampia discrezionalità di piano, come fissati dalla costante giurisprudenza: per tutte si veda Consiglio di Stato, sezione quarta, 19 novembre 2018, n. 6484).

7.3. Quanto alla specifica classificazione delle aree, costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale il potere di pianificazione urbanistica comunale non è limitato all'individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale e, in particolare, alla individuazione delle potenzialità edificatorie delle stesse e ai limiti che incontrano tali potenzialità, dovendo essere, invece, inteso in termini più inclusivi e omnicomprensivi, in considerazione di tutti i valori implicati dallo sviluppo complessivo e armonico del territorio, estendendosi il contenuto del piano regolatore generale anche all'indicazione dei vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesaggistico (in tal senso, per tutte, Consiglio di Stato, sezione seconda, 14 novembre 2019, n. 7839). È stato infatti evidenziato che la sussistenza di competenze statali e regionali in materia di bellezze naturali o artistiche o storiche non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita anche in sede di adozione e approvazione dello strumento urbanistico comunale (in termini già Consiglio di Stato, sezione quarta, 5 ottobre 1995, n. 781) e che il piano regolatore generale, nell'indicare i limiti da osservare per l'edificazione nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre che determinate aree siano sottoposte a vincoli conservativi, indipendentemente da quelli imposti dalle autorità istituzionalmente preposte alla salvaguardia dei beni e delle aree di interesse storico, artistico o ambientale (cfr. Consiglio di Stato, n. 7839/2019 cit.; id., sezione quarta, 24 aprile 2013, n. 2265).

7.4. Ne deriva come conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, la imposizione di vincoli a fini di tutela paesaggistica o ambientale, nell’ambito della pianificazione urbanistica, non è necessariamente subordinata all’accertamento di situazioni di inquinamento che imporrebbero la bonifica dell’area secondo le norme in tema di tutela dell’ambiente, così come non è dipendente dalle previsioni di tutela contenute nel piano paesaggistico.

7.5. Né sussiste uno specifico onere di motivazione, salvo i casi in cui le previsioni incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, essendo sufficiente ricavare le ragioni della scelta dalle indicazioni di carattere generale dei profili generali e dei criteri che sorreggono l’impostazione del piano, senza necessità di una motivazione puntuale e mirata (in tal senso, per tutte, si veda Consiglio di Stato, sezione quarta, 19 novembre 2018, n. 6484).

Escluso pertanto, come si è già osservato, che gli appellanti abbiano maturato un affidamento o un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione di piano, la motivazione della classificazione in zona H – come sottolineato dal primo giudice – può essere costituita anche dalla considerazione che la situazione dell’area (condizionata proprio dall’uso precedente per l’attività di campeggio, con la realizzazione di fosse settiche, disboscamenti, realizzazione di strade per l’accesso e per la sosta dei camper), e il suo rilevante valore paesaggistico, ha reso evidente la necessità di riqualificarla sotto il profilo ambientale e paesaggistico.

7.6. La sentenza, pertanto, va confermata anche su questo punto, non essendoci ragioni di manifesta irrazionalità o contraddittorietà della scelta pianificatoria.

8. In conclusione, l’appello va integralmente respinto.

9. La disciplina delle spese giudiziali segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali in favore del Comune di Stintino, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Giovanni Sabbato, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere, Estensore