Cass. Sez. III n. 12104 del 30 marzo 2012 (CC 19 gen. 2012)
Pres.Teresi Est.Franco Ric.Tedesco
Urbanistica.Mutamento di destinazione d'uso

Non rientrano tra gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'art. 3, comma primo, lett. b, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 le opere edilizie che, comportando modifiche della destinazione d'uso, richiedono il preventivo rilascio del permesso di costruire.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 19/01/2012
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 129
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 30459/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Tedesco Giovanni, nato ad Agropoli il 1.7.1979;
avverso l'ordinanza emessa il 18 aprile 2011 dal tribunale del riesame di Salerno;
udita nella udienza in camera di consiglio del 19 gennaio 2012 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso,
SVOLGIMENTO DEI PROCESSO
Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Salerno respinse l'appello proposto da Tedesco Giovanni avverso l'ordinanza del Gip di Salerno del 7.3.2011, che aveva rigettato l'istanza di dissequestro di un manufatto in muratura di m. 7 x 10 e altezza di m. 2,30 con solaio in cemento armato, realizzato in assenza di permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Osservò il tribunale che il permesso di costruire era scaduto il 28.10.2004, sicché i lavori successivi erano abusivi, e che i lavori in corso di esecuzione, seppure non costituivano nuovi volumi, necessitavano del permesso di costruire perché consistevano in opere di ristrutturazione dirette ad un cambio di destinazione d'uso da deposito di mangimi ad abitazione.
L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo:
1.1.) violazione dell'art. 111 Cost., comma 6, e art. 125 cod. proc. pen. per totale omesso esame dei motivi di appello. Lamenta che il tribunale del riesame ha ritenuto che necessitasse un permesso di costruire perché tale permesso era stato in precedenza ottenuto ed era divenuto inefficace per scadenza del termine. Con la richiesta di riesame era stato però eccepito che le opere edilizie poste in essere costituiscono una ristrutturazione interna per la quale non era più necessario il permesso di costruire a seguito della entrata in vigore del D.L. n. 40 del 2010 e delle modifiche da esso apportate al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 6. Il tribunale ha completamente omesso di esaminare questa eccezione. 1.2.) violazione di legge perché, per effetto del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 6 i lavori eseguiti non abbisognano di permesso di costruire.
2.1.) violazione degli artt. 322 bis e 310 cod. proc. pen.. Lamenta che erroneamente il tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il fumus perché si sarebbe trattato di opere di ristrutturazione dirette ad effettuare una modifica di destinazione d'uso da deposito mangimi a locale abitativo. Con ciò è stato violato il principio dell'effetto devolutivo dell'appello, secondo cui il giudice di appello ha cognizione nei limiti dei motivi di impugnazione. Nella specie il Gip, sia pure implicitamente, aveva ritenuto che non sussistesse un mutamento di destinazione d'uso e questo assunto favorevole all'indagato non è stato contestato con l'atto di appello e quindi non poteva essere messo nuovamente in discussione. 2.2.) violazione di legge perché il mutamento di destinazione d'uso non era assolutamente contemplato nell'addebito formulato dal PM, in quanto gli era stato contestato di aver costruito ex novo un manufatto abusivo senza il permesso di costruire.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che entrambi i motivi di ricorso siano infondati. Con il primo motivo, in sostanza, il ricorrente sostiene che, a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 40 del 2010 e delle modifiche da esso apportate al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 6 per le opere di ristrutturazione interna non sarebbe più in nessun caso necessario il permesso di costruire. L'assunto non è condivisibile. Il richiamato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 6, comma 2, lett. a), nel testo modificato dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, in L. 22 maggio 2010, n. 73, dispone che non necessitano di permesso di costruire ma solo di previa comunicazione di inizio lavori da parte dell'interessato all'amministrazione, fra gli altri, "a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'art. 3, comma 1, lett. b), ivi compresa l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici". La norma, quindi, si riferisce espressamente agli "interventi di manutenzione straordinaria di cui all'art. 1, comma 1, lett. b)". Ora, il citato art. 3, comma 1, lettera b), qualifica come "interventi di manutenzione straordinaria" "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico- sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso". Per espresso dettato legislativo, pertanto, non rientrano fra gli interventi di manutenzione straordinaria quelli che comportino modifiche delle destinazioni di uso. Nella specie, il tribunale del riesame ha appunto accertato in fatto che erano in corso di realizzazione nuove pareti, nuovi vani porta, pavimentazioni civili, intonaci ed impianti idrici, opere tutte dirette a configurare un mutamento di destinazione d'uso da locali adibiti a deposito di mangimi a locali destinati ad abitazione. Di conseguenza, esattamente il tribunale del riesame ha ritenuto che le opere edilizie in questione non costituissero un intervento di manutenzione straordinaria ai sensi del testo unico dell'edilizia e che pertanto necessitassero del permesso di costruire.
Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che sarebbe stato violato il principio dell'effetto devolutivo dell'appello perché il Gip avrebbe implicitamente escluso che sussistesse un mutamento di destinazione d'uso e questo punto non poteva più essere messo in discussione, anche perché il mutamento di destinazione non era contemplato nell'addebito formulato dal PM. Anche questo assunto è infondato. Innanzitutto, invero, il tribunale de riesame ha confermato il fumus del reato ipotizzato anche per il motivo che i lavori in questione erano stati compiuti dopo la scadenza di efficacia del permesso di costruire e comunque in totale difformità da quanto previsto dal permesso, che riguardava soltanto la riqualificazione igienico sanitaria di una azienda zootecnica, ferma restando la sua destinazione d'uso. In secondo luogo, non è ravvisabile alcuna violazione di legge perché, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tema di misure cautelari reali, la funzione di controllo attribuita al giudice del riesame consente di confermare il provvedimento impositivo anche per ragioni diverse da quelle indicate nel provvedimento stesso, e trova un limite solo nella correlazione ai fatti posti a fondamento della misura cautelare, che non possono essere sostituiti o integrati da ipotesi accusatorie autonomamente formulate dal tribunale, in base a dati di fatto diversi (Sez. 3, 26.4.2001, n. 26754, Andolfo, m. 219217; Sez. Un., 11.11.1994, n. 20, Ceolin, m. 199172; Sez. 3, 23.6.1994, n. 2072, m. 198837). Nella specie, il fatto contestato era quello della realizzazione di interventi edilizi sul manufatto in questione senza il permesso di costruire e l'appello dell'indagato aveva investito proprio la ritenuta necessità del permesso di costruire. Su questo punto si è svolta la funzione di controllo del giudice dell'appello che ha appunto limitato il suo esame alla necessità ed alla sussistenza del permesso di costruire, mentre resta irrilevante a questi fini la qualificazione o meno dei contestati interventi edilizi come opere di manutenzione straordinaria.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2012