Cass.Sez. III n. 11981 del 13 marzo 2014 (Cc 5 feb 2014)
Pres.Mannino Est. Andreazza Ric. Di Gennaro
Urbanistica.Impianti ad energia rinnovabile e titolo abilitativo

In tema di reati edilizi, la realizzazione e la attivazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili di potenza nominale superiore a 1MW elettrico, non integra le fattispecie di cui alle lett. b) e c) dell'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 solo se eseguita all'esito di acquisizione di autorizzazione unica regionale che, avendo come contenuto essenziale anche la verifica della compatibilità urbanistica ed edilizia dell'intervento, è sostitutiva del permesso di costruire e costituisce titolo idoneo per la costruzione e l'esercizio delle strutture produttive in conformità al progetto approvato. (Fattispecie in cui è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo di distinti impianti, riconducibili al medesimo centro di interessi, che erano stati artificiosamente frazionati e dimensionati in modo da far apparire sufficiente il rilascio della d.i.a. in luogo della autorizzazione unica).


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17/05/2013 il Tribunale del riesame di Trani ha rigettato la richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro preventivo adottato dal G.i.p. presso il Tribunale di Trani nei confronti, tra gli altri, di D.G.V., degli impianti di produzione di energia elettrica, tramite conversione fotovoltaica, della potenza nominale complessiva di circa 3 MW, siti in Contrada (OMISSIS), in proprietà alla Poa Solar s.r.l., alla Circus Energy s.r.l. e alla Schinosa Park; degli impianti di produzione di energia elettrica, tramite conversione fotovoltaica, della potenza nominale complessiva di circa 4 MW, siti in Contrada (OMISSIS) di proprietà della Queensland Energy Srl, Canberra Energy Srl, Victoria Energy Srl e Tasmanian Energy Srl; degli impianti di produzione di energia elettrica, tramite conversione fotovoltaica, della potenza nominale complessiva di circa 3 MW, siti in Contrada (OMISSIS) di proprietà della Emissione Zero Srl, Solare Srl e Radiazione Srl; nonchè il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, ex art. 321 c.p.p., comma 2, delle somme di denaro nella disponibilità degli indagati e delle società citate. I reati per i quali è intervenuto il sequestro sono stati provvisoriamente individuati in:

a) il reato di cui all'art. 416 c.p., commi 1 e 2, per essersi D. M.M., D.G. e T.M. associati stabilmente fra loro al fine di commettere un numero indeterminato di delitti di falso ideologico nonchè di truffa aggravata al fine di far conseguire a formalmente distinte società titolari di altrettanti impianti fotovoltaici di potenza nominale inferiore a 1 MW localizzati su particelle contigue ed in realtà riconducibili ad un'unica proprietà, erogazioni pubbliche in misura superiore a quella dovuta e comunque non spettanti in relazione a impianti fotovoltaici realizzati in violazione della normativa di settore avendo seguito per contro la disciplina della denuncia di inizio attività da ritenersi inidonea allo scopo. Al D.G.V. è stata in particolare addebitata la veste di direttore lavori in alcune delle d.i.a. presentate nonchè progettista e componente direzione dei lavori in tutte le d.i.a. oggetto del procedimento, e legale rappresentante delle società coinvolte;

b) il reato di cui all'art. 110 c.p., del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) in relazione al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 3, e art. 44, lett. c), del citato Decreto in relazione all'art. 30, per avere concorso con altri, nella qualità enucleata, alla realizzazione in C.da (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS) di n. 3 impianti contigui di produzione di energia elettrica, tramite conversione fotovoltaica, di potenza nominale complessiva di 3 MW, seguendo la disciplina della d.i.a., del D.P.R. n. 380 del 2001, ex artt. 22 e 23, in difetto della prescritta Autorizzazione Unica Regionale, ciò facendo allo scopo di eludere la procedura prevista per il rilascio della predetta autorizzazione, attraverso una artificiosa suddivisione di un unico impianto - Parco fotovoltaico (di potenza pari a circa 3 MW) nei tre impianti, ciascuno di potenza di poco inferiore a 1 MW (intestati formalmente a tre distinte società ma riconducibili alla medesima proprietà o, comunque, ad un unico centro di interessi), così determinando una trasformazione edilizia dei terreni interessati agli interventi, in violazione delle prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici vigenti, adottati e comunque stabiliti da leggi statali e regionali;

c) il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 640 bis c.p., perchè, nella descritta qualità, concorreva all'artificioso frazionamento del Parco fotovoltaico, ubicato nel sito predetto, in distinti impianti tra di loro contigui, di potenza di poco inferiore a 1 MW ciascuno, così da beneficiare degli incentivi economici statali previsti dal cd. Conto Energia, nella misura riservata agli impianti di potenza inferiore proprio a 1 MW, inducendo in errore il Gestore dei Servizi Energetici sulla effettiva dimensione e potenza nominale dell'impianto fotovoltaico;

d) il reato di cui agli artt. 81 e 481 c.p. perchè, quale persona esercente un servizio di pubblica necessità, siccome tecnico progettista di tutti gli impianti realizzati in (OMISSIS), asseverava falsamente all'Utc di (OMISSIS) la conformità agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti dei lavori indicati nelle denunce di inizio attività presentate nell'interesse delle predette società per i quali era invece necessaria l'autorizzazione unica regionale.

e) il reato di cui all'art. 483 c.p., art. 61 c.p., n. 2, perchè, nella qualità di legale rappresentante delle indicate società, attestava falsamente all'UTC di (OMISSIS) che i lavori di realizzazione degli impianti fotovoltaici erano stati ultimati in data antecedente a quella reale allo scopo di salvaguardare la validità della d.i.a.

Analoghe condotte sono state contestate in relazione alla realizzazione del parco fotovoltaico ubicato in (OMISSIS) alla contrada (OMISSIS) e a quella del parco ubicato in Contrada (OMISSIS).

2. Ha interposto ricorso l'imputato.

Con un primo motivo deduce la erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 22, 23 e 30 nonchè la omessa e insufficiente motivazione lamentando che nella specie, anche a volere considerare unitariamente i tre piccoli impianti, non sarebbe configurabile la lottizzazione abusiva di terreno giacchè, con la collocazione sul terreno dei soli pannelli e la realizzazione di una piccola cabina di trasformazione, non si realizza alcuna trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni stessi stante anche la loro facile rimuovibilità; nè può discorrersi di lottizzazione negoziale essendosi in presenza di un frazionamento in particelle di un unico appezzamento, essendo da tempo già autonoma anche catastalmente la particella della Schinosa Park separata dall'altra oggetto di frazionamento catastale da una strada interpoderale.

Lamenta inoltre che l'installazione sul fondo agricolo di pannelli fotovoltaici non rientra tra gli interventi di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10 con conseguente applicabilità del regime di cui all'art. 22, come sostenuto in memoria depositata per l'udienza e non considerata dal Tribunale; in particolare il D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 5 esclude la applicabilità delle procedure di cui ai precedenti commi 3 e 4 per l'installazione di impianti di fonte rinnovabile per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione indispensabile unicamente per la costruzione ed esercizio degli impianti fotovoltaici per i quali sono richieste autorizzazioni specifiche in presenza di vincoli nazionali o regionali. Anche la legislazione regionale prevedeva che gli impianti fotovoltaici in zona agricola con potenza nominale compresa fra 20 kW e 1 MW fossero autorizzabili con semplice d.i.a..

Anche con riguardo alla affermata riconducibilità dei tre impianti ad un unico soggetto responsabile il tribunale non avrebbe considerato che l'azienda agricola D.M. ha una sua totale autonomia gestionale e imprenditoriale, che la gestione dell'impianto Schinosa park si inserisce nella gestione dell'intera attività di produzione agricola dell'azienda e che la realizzazione dell'impianto è avvenuta in maniera autonoma e distinta dagli altri due campi fotovoltaici con riferimento all'impresa realizzatrice, alla ditta fornitrice dei pannelli, alle fonti di finanziamento, alle modalità di utilizzo di incentivi, all'epoca di inizio e conclusione dei lavori ecc; censura poi la apoditticità della motivazione con riferimento alla ritenuta unicità degli impianti e alla ripercussione della violazione urbanistica sulla regolarità delle procedure di riconoscimento degli incentivi percepiti, anche in tal caso senza nessuna considerazione della memoria depositata all'udienza; rileva in proposito come l'incentivo sia legato alla produzione della energia da fonte alternativa, a nulla incidendo sul diritto a percepirlo la regolarità o meno della procedura seguita per l'installazione dell'impianto.

2.1. Con un secondo motivo lamenta la violazione di legge ed illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari; avendo sul punto il tribunale rilevato come l'utilizzazione dell'impianto senza il possesso del titolo abitativo lederebbe l'interesse dell'autorità competente alla permanente vigilanza sull'esercizio dell'impianto, non si comprende come, lasciando l'impianto nella disponibilità dell'esercente, un tale potere dovrebbe ritenersi compromesso od anche soltanto attenuato.

L'assenza di conseguenze rappresentate da un ipotetico maggiore carico urbanistico sarebbe poi dimostrata dall'avere lo stesso giudice del provvedimento affidato l'impianto ad un custode giudiziario che ne continua l'esercizio presunto abusivo provocando quelle denunciate conseguenze di aggravamento o protrazione dell'illecito che la misura cautelare dovrebbe tendere ad evitare.

Evidenzia inoltre come non sia stata realizzata alcuna opera di urbanizzazione o di natura edilizia ed il fatto che l'impianto non comporti alcun aggravio urbanistico limitandosi ad assorbire dall'etere energia solare trasformando l'energia elettrica trasferita al punto di connessione; nè è necessaria alcuna presenza sul posto di persone e/o di mezzi per far funzionare l'impianto; nè infine sarebbe pregiudicato un futuro provvedimento di confisca o di ripristino dello stato dei luoghi. Nè infine sussisterebbe elemento giustificativo della cautela in relazione alla percezione degli incentivi non essendo tale circostanza individuabile tra le conseguenze del reato edilizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Va anzitutto premesso che nell'esame dei motivi di ricorso non possono non tenersi presenti i principi più volte affermati da questa Corte relativamente alle impugnazioni aventi ad oggetto le misure cautelari reale; da un lato, infatti, come pianamente discendente dal testo dell'art. 325 c.p.p., va ribadito che il provvedimento riguardante appunto misure cautelari reali è ricorribile per sola violazione di legge sì che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato nell'art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., lett. b) e c), unicamente la motivazione assolutamente mancante o apparente (tra le altre, Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916);

dall'altro, vanno considerati i limiti cognitivi del tribunale del riesame posto che lo stesso, sia pure dovendo tenere conto delle argomentazioni difensive, è unicamente chiamato a verificare l'astratta sussistenza del reato ipotizzato, valutando il "fumus commissi delicti" sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati e, quindi, della sussistenza dei presupposti che giustificano il sequestro (tra le altre, Sez. 5, n. 24589 del 18/04/2011, Misseri, Rv. 250397).

4. Ciò posto, il primo motivo è manifestamente infondato.

Va premesso che il D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12, comma 3, (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), ha disposto che "La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili ... nonchè le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico"; inoltre, a norma del comma 4, detta autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.

Successivamente il D.Lgs. n. 28 del 2011 ha dato attuazione della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009, che in materia di procedure di autorizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili invita gli Stati membri a preferire procedure semplificate e accelerate, prevedendo tra l'altro forme procedurali meno gravose per i progetti di piccole dimensioni (art. 13). In particolare analoga disposizione a quella dell'art. 12, reca ora il D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 5, comma 1, (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), secondo cui, infatti, fatto salvo quanto previsto dagli artt. 6 e 7, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti nonchè le modifiche sostanziali degli impianti stessi sono soggetti all'autorizzazione unica di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12 come modificato dal presente articolo secondo le modalità procedimentali e le condizioni previste dallo stesso D.Lgs. n. 387 del 2003 ...";

carattere innovativo ha invece l'art. 6, che, sempre in attuazione della direttiva Europea sopra menzionata, disciplina una procedura abilitativa semplificata per la costruzione e l'esercizio di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, riconoscendo inoltre alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di estendere "la soglia di applicazione della procedura semplificata ... agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l'esercizio dell'impianto e delle opere connesse sono soggette altresì all'autorizzazione unica". E' quindi solo con la nuova regolamentazione del 2011 che il legislatore statale ha dato facoltà alle Regioni di estendere l'ambito di applicazione del procedimento autorizzatorio semplificato fino ad una soglia massima di potenza di energia elettrica pari a 1 MW, fermo restando il vincolo per la legislazione regionale costituito dai limiti posti dall'art. 6 citato, che, secondo la giurisprudenza costituzionale (da ultimo, Corte cost. n. 99 del 2012) esprime un principio fondamentale, sicchè il legislatore regionale è tenuto a rispettarlo nell'esercizio della sua potestà legislativa concorrente.

Nella specie, il Tribunale ha valorizzato, ai fini della necessità di ottenere l'autorizzazione unica regionale, pur a fronte della formale sussistenza di distinti impianti tutti inferiori alla soglia di 1 MW, l'oggettiva unitarietà dell'iniziativa imprenditoriale desunta, in via logica, da plurimi indici rappresentati, riassuntivamente e sinteticamente, dalla medesima data di deposito dei titoli edificatori, dalla medesima identità della società richiedente la d.i.a., dai medesimi nomi dei progettisti e della direzione lavori, dalla medesima identità della impresa esecutrice dei lavori, dal medesimo schema di redazione, luogo e data di compilazione per tutte le d.i.a..

Sicchè, in definitiva, del tutto logicamente il Tribunale ha concluso nel senso che i tre impianti fotovoltaici di cui al capo b), pur formalmente intestati a tre diverse società, sarebbero riconducibili ad un unico centro di interessi mentre le ragioni del frazionamento sarebbero a null'altro riconducibili se non a quella di eludere le prescrizioni in ordine alle necessità dell'autorizzazione unica regionale. Consegue dunque a quanto sin qui esposto come nessuna violazione di legge sia nella specie riscontrabile laddove il Tribunale ha ritenuto configurabile il fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b); all'autorizzazione unica prescritta dal D.Lgs. n. 387 del 2003 e dal D.Lgs. n. 26 del 2011 deve infatti riconoscersi carattere omnicomprensivo esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

Essa, avendo come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistica-edilizia dell'intervento, costituisce titolo a costruire e ad esercitare l'impianto in conformità ai progetto approvato ed è sostitutiva del permesso di costruire.

Spetta infatti al Comune, nell'ambito della conferenza di servizi che precede il rilascio, far valere il proprio interesse ad una corretta localizzazione urbanistica dell'impianto ed alla sua conformità edilizia (vedi Consiglio di Stato: Sez. 5, n. 1139 del 26/02/2010, n. 1139; Sez. 3, parere n. 2849 del 14/10/2008).

Parimenti, anche in considerazione della previsione che ai sensi del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 7, gli impianti fotovoltaici possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, purchè risulti sostanzialmente salvaguardata l'utilizzazione agricola del territorio, deve ritenersi correttamente individuato il fumus del reato di lottizzazione abusiva (cfr. conf. Sez. 3, n. 15988 del 06/03/2013, Rubino, Rv. 255481; Sez. 3, n. 38734 del 20/03/2012, Caligaris e altro, non massimata); si ha infatti lottizzazione (materiale) abusiva, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 1, quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; sicchè, qualsiasi intervento edilizio, in esso compresa la realizzazione di impianti industriali, eseguito in assenza delle prescritte autorizzazioni, che, per la sua consistenza, si palesi idoneo a conferire al territorio un assetto diverso da quello previsto dagli strumenti urbanistici, integra la fattispecie della lottizzazione abusiva materiale, ovvero negoziale se si effettui il frazionamento dei terreni al medesimo scopo.

5. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

E' stato già affermato da questa Corte che la sottrazione dell'impianto, il cui esercizio è anche esso soggetto ad autorizzazione (a norma, come già visto, del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 3), al controllo delle amministrazioni competenti ad accertare la sua compatibilita con l'assetto del territorio ed il rispetto delle altre condizioni previste dal comma 7 determina la protrazione della lesione dell'interesse protetto dalla norma e giustifica di per sè l'applicazione della misura cautelare (Sez. 3, n. 15988 del 2013 cit.). Inoltre, quanto in particolare in relazione all'aspetto del nesso tra le violazioni urbanistiche e gli incentivi contestati come indebitamente percepiti, a fronte del fatto che un iter amministrativo regolare avrebbe anche potuto condurre a non consentire la realizzazione degli impianti e in tal modo a non ottenere gli incentivi, va ricordato come il Tribunale abbia posto l'accento sugli incentivi di entità inversamente proporzionale alla taglia dell'impianto ed in misura correlata alla data (di cui si assume la non veridica attestazione) di entrata in esercizio dello stesso.

6. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2014