Gip Trib. Lanciano, dec. 12.8.13, est. Canosa,
Trib. Chieti, ord. 26.9.13, Pres. Spiniello, est. Medica
Rifiuti. Sequestro per equivalente nei confronti dell’Ente ex d.lgs. n. 231/01

Deve disporsi il sequestro per equivalente ai danni dell’Ente, ai sensi degli artt. 19 e 53 d.lgs. n. 231/01, con riferimento alle somme necessarie per lo smaltimento dei rifiuti abbandonati in modo incontrollato e tali da costituire una discarica (artt. 256, comma 1, lett. d), e 2, in relazione all’art. 192 d.lgs. n. 152/06; art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152/06).

MASSIME

Deve disporsi il sequestro per equivalente ai danni dell’Ente, ai sensi degli artt. 19 e 53 d.lgs. n. 231/01, con riferimento alle somme necessarie per lo smaltimento dei rifiuti abbandonati in modo incontrollato e tali da costituire una discarica (artt. 256, comma 1, lett. d), e 2, in relazione all’art. 192 d.lgs. n. 152/06; art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152/06).

Il deposito incontrollato di rifiuti, costituisce attività di gestione del rifiuto, che perdura fino al suo smaltimento o recupero, quindi condotta attuale, con la conseguente infondatezza dell’eccezione di irretroattività dell'art. 25 undecies del d.lgs. n. 231/01, che ha introdotto (col d.lgs. n. 121/2011) alcuni reati ambientali tra quelli che integrano la responsabilità dell’Ente per illecito amministrativo dipendente da reato.

Il citato d.lgs. n. 121/11, estendendo la responsabilità dell’Ente anche ai reati ambientali, ha ampliato considerevolmente l’ipotesi di sequestro e confisca per equivalente, non consentita nei confronti dell’indagato.

Non vi è violazione del principio del ne bis in idem qualora il decreto di sequestro per equivalente sia emesso per coprire i costi dello smaltimento dei rifiuti e, in precedenza, sia stato annullato analogo decreto emesso con riferimento ai costi di boniifica del terreno, pur riconoscendo la sussistenza del fumus boni juris. Trattasi di provvedimento che, pur avendo ad oggetto il medesimo fatto, è stato adottato sulla base di presupposti diversi da quelli valutati dal tribunale del riesame nel precedente provvedimento annullato (nei confronti del quale il Pm ha proposto ricorso per Cassazione).

RICHIESTA DEL P.M.

N. 2022/12 RGNR

 

PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI LANCIANO

 

 

RICHIESTA DI SEQUESTRO PREVENTIVO FINALIZZATO ALLA CONFISCA PER EQUIVALENTE

- artt. 9, comma , lett. c), 19, comma 2, 53, 321 c.p.p. -

 

 

Al Giudice per le indagini preliminari

in sede

 

Il Pubblico Ministero, visti gli atti del procedimento in epigrafe nei confronti di:

 

TIZIO

 

INDAGATO

  1. del reato p. e p. dall’art 256, comma 1 lett. b) e 2, in relazione all’art. 192, del d.lgs. n. 152/06 cit. perché quale Amministratore unico della Società CAIO , abbandonava in modo incontrollato, nel sito di Contrada XXXX, su un’area di mq 800 i seguenti rifiuti e li immetteva nelle acque sotterranee contaminandole:

  • rifiuti di varia natura non pericolosa: manufatti obsoleti di legno, inerti provenienti da demolizioni di pavimentazione stradale (alcuni blocchi di pavimentazione asfaltato), scarti di natura urbana non differenziata, contenitori di imballaggio in plastica nonché frammenti di metallo in evidente stato di ossidazione (CER 20 03 01; 17 01 07);

  • rifiuti di natura speciale pericolosi, in buona parte interrati,: per la totalità solida, derivanti da cicli di produzione e/o consumo (scorie e polveri di lavorazione ferrosa e non ferrosa); rifiuti prodotti da processi termici dell’alluminio classificati come “scorie saline della produzione secondaria (CER 10 03 08)

tali rifiuti, depositati in modo incontrollato e distribuiti e interrati hanno contaminato le acque sotterranee con valori di concentrazione di numerosi parametri (Nichel, Rame, Manganese, Arsenico, non rientrano nei limiti dell’allegato 5, tab. 2, parte IV d.lgs. n. 152/06;

  1. del reato p. e p. dall’art. 256, comma 3, secondo periodo, perché consentendo che nel sito indicato al capo a) fossero presenti i rifiuti ivi indicati realizzava una discarica non autorizzata contenente rifiuti speciali e, in parte, rifiuti pericolosi;

In LUOGO, da epoca successiva al maggio 2007, reato in atto (sequestro dell’8.4.13).

 

NONCHE’ AI FINI DELLA RESPONSABILITA’ AMNMINISTRATIVA PER REATI, PREVISTA DAL D.LGS. N. 231/01 NEI CONFRONTI DI

 

CAIO srl., con sede,

 

ENTE INCOLPATO PER

  1. illecito di cui agli artt. 1, 5, comma, 1 lett. a), 10, 25-undecies, comma 2 lett. b) n. 2, d.lgs. n. 231/01 perché CAIO, amministratore unico della società (perciò persona di cui all’art. 5, lett. a) d.lgs. n. 231/01) poneva in essere il reato di cui al capo supra a), commesso nell’interesse e a vantaggio della società;

  2. illecito di cui agli artt. 1, 5, comma 1 lett. a), 10, 25-undecies, comma 2 lett. b) n. 3, d.lgs. n. 231/01 perché CAIO, amministratore unico della società (perciò persona di cui all’art. 4, lett. a) d.lgs. n. 231/01) poneva in essere il reato di cui al capo supra b), commesso nell’interesse e a vantaggio della società;

In LUOGO, da epoca successiva al maggio 2007, illeciti in atto (sequestro dell’8.4.13).

Ai fini dell’applicabilità delle sanzioni interdittive (art. 13 d.lgs. cit.) si contesta che l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e che il reato é stato commesso da soggetto in posizione apicale; si tratta, inoltre di illeciti reiterati.

 

 

1. Premessa

1.1 Sintesi dei fatti

In data 30.3.13 veniva emesso nei confronti di CAIO decreto di sequestro preventivo dell’area occupata dai rifiuti, ritenendosi la sussistenza del fumus dei reati contestati.

In data 1/3 giugno 2013 il Gip emetteva decreto di sequestro preventivo, ai sensi degli artt. 9, comma , lett. c), 19, comma 2, 53, 321 c.p.p., finalizzato alla confisca per equivalente, di beni nella disponibilità della CAIO srl., in persona del legale rappresentante (attualmente TIZIO, amministratore unico), fino alla concorrenza di 800.000 euro.

Il 21 giugno 2013 veniva rigettata l’istanza di revoca del sequestro presentata dall’Ente.

In data 2/4 luglio 2013 Il Tribunale del Riesame, con due distinte ordinanze (n. 79/13 relativa al riesame proposto dall’indagato, 80/13 relativa al riesame proposto dall’Ente), affermato il fumus dei reati e gli altri elementi fondanti il sequestro, annullava il decreto di sequestro ritenendo che il profitto fosse stato quantificato con riferimento ai costi di bonifica dell’area e non a quello relativo al costo (non sostenuto e, perciò, risparmiato) del legittimo smaltimento dei rifiuti non effettuato.

Orbene, indipendentemente dalla richiesta originariamente formulata dalla Procura e dal tenore del decreto di sequestro del Gip (e dalle integrazioni risultanti dal provvedimento di rigetto della richiesta di revoca del sequestro), questioni non proponibili in questa sede, questo PM ha proceduto alla quantificazione del profitto così come ritenuto dal Tribunale del Riesame e procede, di conseguenza, alla richiesta di sequestro.

 

1.2 L’ammissibilità (e doverosità) della richiesta di (nuovo) sequestro.

Solo per completezza si rileva che il provvedimento di annullamento del Tribunale del Riesame non è ostativo a un nuovo decreto fondato sui presupposti di fatto indicati dallo stesso tribunale.

In primo luogo va ricordato che la confisca per equivalente, anche nei confronti dell’Ente, non presenta alcuna discrezionalità, sicchè in presenza dei relativi presupposti (e ovviamente della individuazione di beni da confiscare per equivalente) il PM ha l’obbligo di procedere, senza alcun margine di discrezionalità.

In tal senso si è espressa anche recentemente il Supremo Collegio proprio in tema di d.lgs. 231/111.

Va anche ricordato che un precedente annullamento di decreto di sequestro da parte del Tribunale del Riesame è ostativo a un nuovo decreto solo qualora sia fondato sull’insussistenza del fumus delicti, “versandosi in ipotesi di provvedimenti reiterabili ed autonomi l'uno dall'altro”2. E’, infatti, pacifico, che “in tema di applicazione di misure cautelari reali il principio del ne bis in idem opera solo nel caso in cui la caducazione del precedente provvedimento sia dipesa dalla insussistenza delle condizioni normative sostanziali richieste per l'adozione della misura”3

 

1.3 Sintesi della richiesta

Pur se per mere ragioni di comodità la presente richiesta si diffonde sui singoli presupposti di applicabilità del decreto di sequestro, si procede, in sostanza, a richiamare tutti i presupposti soggettivi e oggettivi di applicabilità del sequestro, che hanno già superato il vaglio del controllo del Gip e dello stesso Tribunale del Riesame nel pieno esplicarsi del contraddittorio difensivo.

A ciò si aggiunge, seguendo il ragionamento operato dal Tribunale del Riesame, a individuare univocamente il profitto esclusivamente nel costo del legittimo smaltimento dei rifiuti, appositamente quantificato, con esclusione di qualunque altro parametro.

 

1.4 L’urgenza del provvedere

E’ appena il caso di rilevare che il sequestro conservativo disposto in altro procedimento nei confronti dell’indagato su beni conferiti in trust (cfr. sub) e la presenza del decreto di sequestro annullato potrebbe comportare possibili dispersioni dei beni della Società (alcuni dei quali già gravati da ipoteca).

 

2 . I presupposti soggettivi: il fumus dei reati contestati a CAIO, pacificamente esistenti anche dopo il “vaglio” del Tribunale del Riesame

2.1 Il decreto di sequestro preventivo dell’area del 30.3.13

Nei confronti dell’indagato CAIO è stato emesso decreto di sequestro preventivo in data 30.3.13, ritenendosi la sussistenza del fumus dei reati contestati e “un importante periculum in mora…posto che l’indagato non ha manifestato negli anni alcuna intenzione di procedere al regolare smaltimento dei rifiuti, evidenziando il fermo proposito di utilizzare il sito di sua proprietà come discarica di rifiuti pericolosi in spregio a qualsiasi cautela per l’ambiente”.

Nella richiesta di sequestro si evidenziava:

“risulta con evidenza che CAIO è coinvolto in molteplici episodi che mettono in pericolo l’ambiente, come risulta dal provvedimento di separazione degli atti con formazione di diversi fascicoli processuali emesso nel proc. 473/12 RGNR; dagli atti risulta la costante presenza del TIZIO nelle diverse vicende, senza che costui sostenga mai l’onere economico per lo smaltimento dei rifiuti”.

…..

“Con riferimento all’originario proc. n. 473/12 è stato emesso decreto che dispone il giudizio, con esercizio dell’azione penale, nei confronti di CAIO per il seguente reato:

del reato p.e p. dall’art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152/06 perché, quale Amministratore unico della TIZIO, realizzava o comunque gestiva, nel capannone sito in località XX, zona industriale, una disarica non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi (15.01.10 imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminate da tali sostanze; 20.01.21 tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio) e non pericolosi (imballaggi in plastica, rifiuti inorganici, plastica e gomma, corpi di utensili e materiali di rettifica esauriti, imballaggi in legno, materiali isolanti, segatura etc.) di complessivi mc 1.110.

In Luogoda epoca imprecisata, reato in atto (sequestro del 19.4.12);

Con riferimento a fatti emersi nel procedimento n. 473/12, poi separati (n. 282/12 mod 45, relativo alla “presenza 16 fusti da kg 200 e n. 8 fusti da kg 18 contenenti rifiuti a base di sodio, sequestrati nel proc. n. 1458/98 nei confronti di SEMPRONIO”, lett. c) del provvedimento di “stralcio”) ha avanzato richiesta al giudice dell’esecuzione per consentire lo smaltimento dei rifiuti senza oneri per lo Stato.

Nel presente procedimento (sorto a seguito di iniziale segnalazione della Polizia provinciale 1146/12 mod 44) si accertava che nel sito adiacente al capannone suindicato risultavano accumulate scorte di lavorazione di alluminio. Si accertava, inoltre, che il proc. n. 1249/03 era stato definito con sentenza assolutoria del 9.5.07 nei confronti di Caio per il reato ex art. 51 co, 1, lett. a) d.lgs. n. 22/97.

Nel provvedimento di stralcio adottato nel proc. n. 473/12 si disponeva l’acquisizione nel procedimento del provvedimento stesso, unitamente alla nota della Pg e al fascicolo n. 1249/03 RGN del PM).

Contestualmente si disponeva nel presente procedimento l’iscrizione nel Reg. NR del TIZIO per il reato di cui all’art. 256 d.llgs, n. 152/06.

Va premesso che non è ostativa alle contestazioni la sentenza di assoluzione del 9.5.07 relativa al reato di smaltimento delle scorie di lavorazione, per il quale CAIO veniva assolto perché si riteneva che avesse solo spostato i rifiuti della lavorazione, interrandoli per agevolare le lavorazioni dell’affittuario del terreno; CAIO in sostanza “si era limitato a una pulizia superficiale del terreno, mediante l’eliminazione di gran parte delle scorie ivi presenti, e il posizionamento all’interno di vasche£. Lo stesso giudice sottolineava che in futuro doveva provvedersi allo smaltimento nelle forme di legge.

Ciò nonostante nulla è accaduto, essendosi in presenza di persona adusa a “sfuggire” agli oneri economici derivanti dalle proprie responsabilità.

Siamo in presenza di rifiuti della lavorazione delle società indicate nella richiesta avanzata al giudice dell’esecuzione che sono ancora in loco in terreno di proprietà della TIZIO srl (e perciò di CAIO), pertanto, pur non essendo stati smaltiti all’epoca dal CAIO (la sentenza fa stato), sono stati comunque poi abbandonati nel tempo e lasciati sul posto in modo incontrollato tanto da comportare le contaminazioni indicate (capo a).

Si tratta, dunque, di condotta diversa da quella contestata nel procedimento definito con sentenza assolutoria.

In ogni caso sussiste la condotta di cui al capo b) in quanto CAIO in concreto, tenendo i rifiuti in loco, nel tempo ha realizzato una vera e propria discarica non autorizzata contenente rifiuti speciali, secondo la nota nozione della giurisprudenza4; reato di natura permanente5.”

 

Il decreto di sequestro non veniva impugnato e si formava, sul punto, il giudicato cautelare.

In ordine alla valutazione dei fatti relativi ai diversi procedimenti menzionati è opportuno ricordare:

  • che nei confronti di CAIO è stato emesso nel proc. n. 473/12 decreto di sequestro conservativo, confermato dal Tribunale del riesame con ordinanza del 5 giugno 2013, con riferimento a beni a lui intestati conferiti a un trust a nome della moglie per un importo di euro 600.000 (costo stimato per lo smaltimento dei rifiuti);

  • che con riferimento a fatti poi confluiti nel proc. n. 282/12 mod 45 (relativo alla “presenza 16 fusti da kg 200 e n. 8 fusti da kg 18 contenenti rifiuti a base di sodio, sequestrati nel proc. n. 1458/98 nei confronti di SEMPRONIO”) la richiesta di questo PM è stata dichiarata inammissibile dal giudice dell’esecuzione.

 

2.2 Il decreto di sequestro per equivalente emesso l’1/3 giugno 2013.

In data 1/3 giugno 2013 il Gip emetteva decreto di sequestro preventivo, ai sensi degli artt. 9, comma , lett. c), 19, comma 2, 53, 321 c.p.p., finalizzato alla confisca per equivalente, di beni nella disponibilità della CAIO srl., in persona del legale rappresentante (attualmente TIZIO, amministratore unico), fino alla concorrenza di 800.000 euro.

Con riferimento al fumus dei reati contestati il Gip così motivava:

“Il fumus di tali reati si ravvisa nella comunicazione congiunta di Polizia Provinciale ed ARTA Abruzzo in data 21.12.2012, dalla quale si evince la presenza di rifiuti interrati a contatto diretto con la falda acquifera nell'area di proprietà della CAIO; si tratta di rifiuti che, come accertato dall'ARTA e riferito nella successiva comunicazione del 4.3.2013, sono inequivocabilmente derivanti dall'attività della società in questione (anche perché ubicati su area di proprietà di tale azienda e debitamente recintata e chiusa da cancello): in particolare, si è accertata la presenza di polveri e residui di lavorazione di fonderia miscelati a terra, nonché rifiuti di natura salina, ferrosa e non, con elevata concentrazione di parametri chimici altamente tossici quali nichel, rame, manganese, arsenico. Sempre all'esito del sopralluogo congiunto di polizia provinciale ed ARTA si è accertato che si trattava di rifiuti interrati, livellati e tombati, sì da indurre ad ipotizzare un loro deposito sul sito da diversi anni...”

 

2.3 La richiesta di revoca del sequestro dell’Ente, il parere negativo di questo PM, il rigetto del Gip.

Il procuratore dell’Ente avanzava istanza di revoca del sequestro fondata su vari motivi, tra cui la non configurabilità dei reati contestati a TIZIO.

Questo PM, nel formulare parere negativo, deduceva sulla configurabilità dei reati contestati.

Il Gip, con provvedimento del 21.6.13, rigettava la richiesta rilevando la insussistenza delle argomentazioni difensive:

“Non sussiste illegittimità del sequestro per la lamentata insussistenza del reato di cui all'art. 256 D.Lvo 152/2006, atteso che la contestazione del Pubblico Ministero allude chiaramente ad attività plurime di abbandono di rifiuti riconducibili all'indagato (il quale non ha solo mantenuto in loco i rifiuti interrati, ma vi ha anche depositato ulteriori rifiuti dopo il 2007, come accertato dalla Polizia Provinciale in data 22.3.2013), sì che non è in alcun modo configurabile, come opinato dalla difesa richiedente, il reato di discarica abusiva mediante omissione; deve del resto rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità ha sancito la non configurabilità del reato di discarica abusiva mediante omissione con specifico riferimento alla fattispecie di omessa rimozione di rifiuti abbandonati da terzi (Cass. 208624/97).”

 

2.4 Il Riesame proposto, la decisione del Tribunale del Riesame sulla sussistenza del fumus dei reati contestati.

La difesa, sia dell’Ente che del TIZIO proponeva riesame.

Questo Pm articolava memoria in ordine alle diverse doglianze sollevate, ivi comprese quelle sul fumus del reato. Si aggiungeva che la condotta del TIZIO sembrava stesse comportando ulteriori e gravi conseguenze per le acque sotterranee e superficiali tanto che il Sindaco di LUOGO aveva emesso apposita ordinanza.

 

Il Tribunale del Riesame, con ordinanza del 2/4 luglio 2013, pur annullando per altri profili il decreto di sequestro, confermava l’esistenza del fumus dei reati contestati.

Si legge, nell’ordinanza n. 79/13 Reg. Ries emessa all’esito dell’impugnativa del TIZIO:

“Con riferimento al fumus boni juris, rileva il collegio che dalle indagini svolte dall’RTA e dalla Polizia Provinciale di Chieti è emerso che nel capannone sito in XXX e nell'area circostante era stata rinvenuta una rilevante quantità di rifiuti, non pericolosi e. pericolosi, in buona parte interrati, tra cui scorie e polveri di, lavorazione ferrosa. e rifiuti prodotti da processi termici dell'alluminio classificati come scorie saline della produzione secondaria CER 1O 03 08.

Per quanto concerne la provenienza dei rifiuti, rinvenuti sul sito contaminato, sono state acquisite due sentenze di assoluzione, emesse dal Tribunale di Lanciano sez. di Atessa, la prima in data 1.4.7.2000 e la seconda in data 1.12.2000. nei confronti di soggetti, diversi dall'indagato, ai quali l'area contaminata era stata concessa in locazione.

Era stata inoltre prodotta una terza sentenza di assoluzione, emessa in data 9.5.2007 nei confronti di TIZIO, che era stato assolto dal reato di smalti mento di rifiuti rinvenuti nel già citato capannone, sul presupposto che l'imputato non aveva provveduto allo smaltimento dei rifiuti, ma solo al loro spostamento, in due vasche di cemento parzialmente interrate.

Da tale documentazione emerge che l'indagato quale titolare della CAIO srl, già XXX srl, aveva concesso in locazione il capannone e l'area circostante ad altre ditte, che svolgevano attività produttiva di rifiuti.

Poiché tali rifiuti presenti, sull’area per lo meno dal 2007 non erano mai stati smaltiti, né dal produttore, né dal proprietario dell'area sulla quale insistevano, era stata poi accertata, dall’Arta di Chieti il superamento della CSC (soglia di contaminazione) in acque sotterranee.

Considerato che dall'esame delle sentenze di assoluzione esaminate, non risulta accertata la provenienza dei rifiuti. rinvenuti sul sito di proprietà della CAIO srl , va poi evidenziato che il reato di abbandono di rifiuti è addebitabile anche a titolo di colpa, senz'altro configurabile a carico di chi consenta a terzi di abbandonare in un'area di sua proprietà, rifiuti pericolosi e non.

Va poi evidenziato che, per potersi configurare il più grave reato di realizzazione di una discarica non autorizzata, è necessario l'accumulo, più, o meno sistematico, ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un'area determinata, l'eterogeneità dell'ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. anche in difetto di una specifica organizzazione di persone e di mezzi, circostanze. tutte verificate in sede di sopralluogo eseguito in data 20.12.12 dalla Polizia Provinciale di Chieti, che aveva rinvenuto rifiuti interrati sino alla profondità di mt. 4, rilievo successivamente confermato dall'ARTA in data 4.3.13, che aveva successivamente proceduto alla caratterizzazione dei rifiuti ed all’accertamento della contaminazione delle acque sotterranee.

Accertata la sussistenza del fumus del reato contestato, va poi evidenziato che, con altro provvedimento non oggetto di riesame, il Gip di Lanciano ha disposto in data 30.3.13 il sequestro preventivo dell'area sita in LUOGO di mq 800, censita al fg. 4 particella 267 sub 29, sulla quale sono stati rinvenuti i rifiuti sopra descritti) al fine di evitare l'aggravarsi del reato contestato. mediante deposito di altri materiali”

 

Nulla aggiungeva l’ordinanza n. 80/13 emessa in pari data dal Tribunale con riferimento alla impugnativa dell’Ente, affrontando solo il tema del profitto confiscabile.

 

2.5 Conclusioni: la sussistenza del fumus boni iuris dei reati contestati anche all’esito dell’esame delle doglianze difensive.

Alla luce di quanto esposto non possono esservi dubbi sulla configurabilità dei reati contestati, essendo stato individuato il fumus boni iuris dal Gip (anche in sede di rigetto di richiesta di revoca del sequestro) e dallo stesso Tribunale del Riesame dopo avere vagliato le plurime argomentazioni difensive, sia dell’indagato che dell’ente che sosteneva (quest’ultimo) un “macroscopico errore di diritto, non scusabile in alcun modo con l’errata interpretazione della legge” compiuto dal PM e “condiviso dal Gip”.

 

3 I presupposti soggettivi: la responsabilità dell’ente

Si esaminano sinteticamente gli ulteriori profili di configurabilità dei presupposti soggettivi per l’emanazione del decreto di sequestro.

 

3.1 La responsabilità dell’ente da reato

Nella richiesta di sequestro di questo PM del 30.5.2013 si individuavano i diversi profili idonei a configurare la responsabilità della CAIO srl ex d.lgs. n. 231/01.

“Quanto alla natura della responsabilità amministrativa per reati prevista dal d.lgs. n. 231/01 è sufficiente richiamare la sentenza n. 26658/08 delle Sezioni Unite che si sono soffermate sull’importanza dell’istituto6.

Le Sezioni Unite hanno anche efficacemente sottolineato che il d.lgs. dedica alle misure cautelari “un’importanza strategica per garantire l'effettività del sistema di responsabilità degli enti collettivi nella fase strumentale del processo, momento particolarmente delicato e determinante per la stessa vita del soggetto collettivo e per la tutela degli interessi pubblicistici che possono essere coinvolti”7.

……

Quanto all’efficacia della responsabilità da illecito e agli effetti della confisca va sottolineato che per l’illecito amministrativo, pur soggetto al termine di decadenza di cui all’art. 60 d.lgs. n. 231/018, la prescrizione è interrotta dalla notifica dello stesso illecito e non decorre per tutta la durata del procedimento, sicchè la prescrizione del reatio non comporta la prescrizione dell’illecito amministrativo (cfr. la recentissima S.C. sent. n. 20060/13).

Di conseguenza, in presenza di fattispecie contravvenzionali, in cui opera frequentemente la prescrizione, la contestazione dell’illecito amministrativo consente di procedere autonomamente e conseguire anche l’oggetto della confisca per equivalente

La responsabilità della società in esame e i presupposti del sequestro

Sussistono tutti i presupposti per configurare la responsabilità dell’ente conseguente da reato, come previsto dal d.lgs. n. 231/01, trattandosi di reati posti in essere dall’amministratore unico (e proprietario della totalità delle quote sociali) CAIO, nell’interesse e a vantaggio della società, al fine in equivoco di non fare sopportare alla stessa il costo del legittimo smaltimento, con conseguente profitto.

In particolare

  1. sussiste il fumus dei reati sub a) e b) contestati a TIZIO come già ritenuto con decreto di sequestro emesso dal Gip;

  2. TIZIO ricopre un ruolo nella società rientrante esattamente nel disposto dell’art. 5, comma 1, lett. a), in quanto amministratore unico della società;

  3. i reati sono stati commessi nell’esclusivo interesse della società che si giovava della condotta illecita dell’amministratore;

  4. di conseguenza sussistono i presupposti per la configurabilità degli illeciti amministrativi contestati;

  5. la società ha conseguito un profitto, indiretto, corrispondente alle somme non versate per lo smaltimento dei rifiuti;

  6. l’importo del profitto indiretto è rappresentato da quello pari allo smaltimento, individuato sulla base del preventivo acquisito di euro 518.800.

Nessun dubbio sull’applicabilità della normativa in esame, entrata in vigore il 15 agosto 2011 in forza dell’art. 2 d.lgs. n. 121/11, pur convenendosi sulla natura sanzionatoria della confisca per equivalente e, dunque, sulla sua irretroattività. E’ pacifico, infatti, che i reati in questione hanno natura permanente9.

 

Il Gip, nel decreto di sequestro dell’1/3.5.13 motivava in modo articolato sulla responsabilità dell’Ente:

“Alla sussistenza del fumus per i reati in contestazione corrisponde altresì la diretta riconducibilità degli stessi alla società CAIO srl, sia perché si tratta di attività di gestione di rifiuti (mediante la creazione di una vera e propria discarica) posta da TIZIO quale legale rappresentante della predetta società, sia perché, ovviamente, la bonifica integrale del sito (cui la società non è minimamente intenzionata a provvedere, non avendo manifestato alcun interesse alla restituzione di tale area, già sequestrata da questo ufficio in data 30.3.2013) comporterà dei notevoli costi per l'erario e, correlativamente, dei profitti per la società CAIO, corrispondenti appunto agli oneri non sostenuti per la dovuta bonifica dei siti, cui dovrà provvedersi all'esito della futura sentenza emessa nei confronti del TIZIO.”

 

All’esito della richiesta di revoca del sequestro avanzata dall’ente per insussistenza della responsabilità, su cui questo PM argomentava parere negativo (con particolare riferimento al ruolo del TIZIO, amministratore Unico e titolare della totalità delle quote della CAIO srl.), il Gip rigettava con la seguente motivazione (ord. 21.6.13):

“In ordine all'insussistenza di elementi di reato a carico della società, basti rilevare che la società istante ha incorporato la XXX sas, che in entrambe le società il legale rappresentante figura essere l'odierno indagato (TIZIO) e che la XXXX sas era l'originaria proprietaria dell'area sulla quale è stato rilevato l'abbandono di rifiuti, di modo tale che appare evidente la diretta riconducibilità dell'attività dell'indagato alla gestione delle due società (una delle quali ormai non più esistente) e la diretta produzione di illeciti vantaggi economici connessi alla consumazione delle attività antigiuridiche per cui si procede”.

 

Nella richiesta di riesame la difesa ripercorreva i medesimi argomenti presenti nella richiesta di revoca del sequestro.

 

Il Tribunale del Riesame implicitamente rigettava le doglianze con le ordinanze nn. 79/13 (relativa all’istanza del TIZIO) e 80/13 (relativa all’istanza dell’Ente) in cui si valuta direttamente l’argomento relativo al profitto individuato per il sequestro. E’ evidente che l’insussistenza dei presupposti della responsabilità sarebbe stato esaminato preliminarmente, dovendo necessariamente seguire il “profilo oggettivo” del sequestro.

 

3.2 Ulteriori profili sulla responsabilità dell’Ente.

La difesa in sede di richiesta di revoca del sequestro e di riesame sosteneva l’irretroattività della confisca per equivalente.

Nella memoria depositata da questo PM al Tribunale del Riesame si deduceva:

“Non vi è dubbio che i reati contestati a TIZIO sono stati inseriti nel catalogo di quelli presenti nel d.lgs. n. 231/11 con d.lgs. 121/11.

Il PM si era ovviamente posto la questione dell’applicabilità della normativa. Si legge, infatti, nella richiesta di sequestro:

Nessun dubbio sull’applicabilità della normativa in esame, entrata in vigore il 15 agosto 2011 in forza dell’art. 2 d.lgs. n. 121/11, pur convenendosi sulla natura sanzionatoria della confisca per equivalente e, dunque, sulla sua irretroattività. E’ pacifico, infatti, che i reati in questione hanno natura permanente10.

La difesa nella richiesta di riesame tentava di giungere a diversa conclusione attraverso una ricostruzione della fattispecie contestata diversa da quella configurata dal PM e dal Gip, anche attraverso la formale indicazione del reato in relazione ai fatti accertati. Si rileverà che la contestazione, in considerazione dei fatti accertati e descritti compiutamente nelle imputazioni provvisorie operano fino alla data del sequestro preventivo, provvedimento peraltro non impugnato da TIZIO.”

 

La difesa in sede di richiesta di revoca del sequestro e di riesame sosteneva anche l’ improcedibilità dell’azione per intervenuta prescrizione del reato presupposto

Questo PM nella memoria depositata al tribunale del Riesame rilevava che, diversamente dalla tesi difensiva, il reato non era affatto prescritto essendosi consumato fino al momento del sequestro.

In definitiva si introduceva come nuovo argomento quello relativo alla non condivisione della ricostruzione dei fatti e dell’inquadramento giuridico di questi.

 

Il Tribunale del Riesame implicitamente rigettava le doglianze con le ordinanze nn. 79/13 (relativa all’istanza del TIZIO) e 80/13 (relativa all’istanza dell’Ente), affrontando direttamente l’argomento relativo al profitto individuato per il sequestro. E’ evidente che l’insussistenza dei presupposti della responsabilità sarebbe stato esaminato preliminarmente, dovendo necessariamente seguire il “profilo oggettivo” del sequestro.

 

4. Il presupposto oggettivo: il profitto confiscabile.

4.1 Il profitto confiscabile, in generale

Come già esposto nella richiesta di sequestro del 30 maggio 2013, le Sezioni Unite delineano la portata della confisca prevista dal d.lgs. in esame11 e cosa debba intendersi per profitto del reato12.

In definitiva, “La confisca del profitto di cui all'art. 19 d. lgs. n. 231/'01, concepita come misura afflittiva che assolve anche una funzione di deterrenza, risponde sicuramente ad esigenze di giustizia e, al contempo, di prevenzione generale e speciale, generalmente condivise. Il crimine non rappresenta in alcun ordinamento un legittimo titolo di acquisto della proprietà o di altro diritto su un bene ….”

Rientra nella nozione di profitto il “profitto derivato direttamente o indirettamente dal reato" o il suo impiego.

Non vi è dubbio che nella nozione di profitto vi rientri il vantaggio economico direttamente conseguito dall’ente proprio a seguito della commissione del reato sulla base della citata giurisprudenza delle Sezioni Unite e delle finalità della disposizione, i cui effetti il legislatore tende ad estendere col progressivo ampliamento dei reati che consentono di configurare la responsabilità dell’ente13.

In tal senso può citarsi anche la giurisprudenza sul sequestro per equivalente in materia di reati tributari14.

Nel caso che occupa il profitto è direttamente scaturenta dalla commissione dei reati e dall’abbandono dei rifiuti (e non dallo smaltimento) e, così, dalla realizzazione della discarica.

Nello stesso senso la giurisprudenza in tema di configurabilità del profitto anche per il risparmio ottenuto con la violazione delle fattispecie penali15.

 

Come si è avuto modo di precisare anche a seguito delle deduzioni della difesa il concetto di profitto è ormai pacificamente individuato dalla giurisprudenza come, ad esempio, può leggersi in S.C. n. 10567/13 “la finalità sanzionatoria si realizza attraverso l’eliminazione dell’ingiustificato arricchimento derivante dalla commissione del reato”.

Ciò costituisce ius receptum come ribadito dalla Suprema Corte, secondo cui “Infatti, il carattere obbligatorio della confisca disciplinata dall'art. 19 d.lgs. 231/2001 deriva direttamente dalla sua natura di sanzione principale e autonoma affermata solennemente dall'art. 9 comma 1 d.lgs. cit. Si tratta di una autentica novità introdotta nell'azione di contrasto contro i patrimoni accumulati illecitamente dalla c.d. criminalità del profitto, che segna la distanza con l'istituto della confisca come misura di sicurezza prevista nel codice penale, sebbene proprio con riferimento alla misura prevista dall'art. 322-ter c.p. si stia cercando di evidenziarne la natura propriamente sanzionatoria, soprattutto in relazione alla confisca per equivalente”16.

 

Non è in rilievo, anche alla luce della decisione del Tribunale del Riesame, la bonifica dell’area, ma quello del profitto conseguito. Se profitto vi è stato, e nella determinazione deve tenersi conto delle somme non sborsate attraverso la commissione dei reati, questo profitto va confiscato “per equivalente” per evitare che sia conseguito “come utile illecito”.

Come si vedrà oltre, per procedere alla quantificazione del profitto, si è proceduto in questa fase cautelare a individuare il vantaggio della società, sulla base del criterio relativo allo smaltimento dei rifiuti (indicato, peraltro, espressamente dal Tribunale del Riesame). Si tratta di questione relativa alla quantificazione del profitto e non incidente su altre problematiche, quali la bonifica dell’area, eventuali misure di sicurezza adottabili, etc. che devono trovare sviluppo e approfondimento nelle dovute sedi.

 

4.2 L’individuazione del profitto nel caso che occupa.

Su richiesta di questo PM, che aveva acquisito apposito preventivo, il Gip disponeva il sequestro per equivalente di beni del valore di 800.000 euro.

Su impugnativa della difesa il Tribunale del Riesame ha annullato il decreto di sequestro ritenendo che il profitto dovesse essere calcolato con riferimento non ai costi della bonifica ma a quelli dello smaltimento dei rifiuti.

 

Si legge nell’ordinanza n. 79/13 emessa con riferimento all’impugnativa dell’indagato, dopo avere ritenuto il fumus dei reati contestati:

“Accertata la sussistenza del fumus del reato contestato, va poi evidenziato che, con altro provvedimento non oggetto di riesame, il Gip di Lanciano ha disposto in data 30.3.13 il sequestro preventivo dell'area di mq 800, censita al fg. 4 particella 267 sub 29, sulla quale sono stati rinvenuti i rifiuti sopra descritti) al fine di evitare l'aggravarsi del reato contestato. mediante deposito di altri materiali”

Con riferimento al provvedimento impugnato, avente ad oggetto il sequestro di tutti i beni immobili di proprietà della CAIO srl (rectius nei liniti di euro 800,000), va evidenziato che la sussistenza del periculum in mora è stata determinata con riferimento alle spese necessarie per la bonifica del sito, determinate in € 531.448,94 (come da preventivo predisposto dalla ditta Angelo Antonio srl).

Premesso che il reato di omessa. bonifica, sanzionato ex art. 257 del D.Lvo 152 del 2006, presuppone, in via preliminare, l'individuazione del soggetto responsabile dell'inquinamento, ritiene il Collegio non configurabile il presupposto richiesto dalla norma.

Intatti, mentre la cautela, finalizzata ad impedire l’aggravamento del reato contestato è garantita dal sequestro dell'area, nella quale i rifiuti sono stati rinvenuti, non è consentito equiparare il costo del legittimo smaltimento dei rifiuti. indicato come profitto del reato ed in relazione al quale nessun accertamento è stato effettuato, con quello preventivato per la bonifica del sito, la cui omissione prevède l'espletamento della procedura prevista dall'art. 242 e ss del TUA.

Per questi motivi il provvedimento impugnato va annullato, con restituzione all'indagato dei beni in sequestro, delegando il PM per l'esecuzione”.

 

Si legge nell’ordinanza n. 80/13 emessa con riferimento all’impugnativa dell’indagato, dopo avere ritenuto il fumus dei reati contestati:

“…Contesta poi la sussistenza del periculum ,in mora, considerato che il sequestro, disposto ex art. 53 del citato d.lgs. n. 231/0 , è finalizzato alla confisca del prezzo o del profitto del reato e non può essere di spostò a garanzia delle spese preventivate per la bonifica del sito contaminato.

Premesso che nessuna indagine è stata svolta al fine di accertare l'esistenza e l'entità del profitto, eventualmente conseguito dalla CAIO srl con riferimento all’illecito smaltimento dei rifiuti rinvenuti sul sito di Contrada Saletti, va evidenziato che, il reato di omessa bonifica, sanzionato ex art. 257, del DLvo 152 del 2006, presuppone, in via preliminare. l'individuazione del soggetto responsabile dell'inquinamento.

Accertato che la cautela, finalizzata ad impedire l'aggravamento dei reato contestato, è garantita dal sequestro preventivo dell’area nella quale i rifiuti sono stati rinvenuti (disposto con altro e diverso provvedimento che non è stato impugnato) può senz'altro affermarsi che non è consentito equiparare il costo del legittimo smaltimento dei rifiuti, indicato come profitto del reato ed in relazione al quale nessun accertamento è stato effettuato, con quello preventivato per la bonifica del sito, la cui omissione prevede, l'espletamento della procedura prevista dall'art. 242 e ss del TUA.

Per questi motivi il provvedimento impugnato va annullato, con restituzione all'Ente dei beni in sequestro, delegando il PM per l'esecuzione.

 

Orbene, indipendentemente dalla richiesta originariamente formulata da questo PM e dal tenore del decreto di sequestro del Gip e dalle integrazioni risultanti dal provvedimento di rigetto della richiesta di revoca del sequestro (questioni non proponibili in questa sede) il Tribunale del Riesame ha con chiarezza affermato i seguenti principi:

  1. ha annullato il decreto di sequestro, pur ritenuti sussistenti il fumus dei reati e gli altri elementi, perché il profitto è stato ritenuto quantificato con riferimento ai costi di bonifica dell’area;

  2. ha ritenuto che il profitto del reato andasse individuato con riferimento al costo del legittimo smaltimento dei rifiuti non effettuato;

  3. ha ritenuto che non vi fosse alcuna valutazione diretta a quantificare tale costo.

 

Deve dunque ritenersi pacifico (anche perché affermato dallo stesso Tribunale del Riesame) che nel caso che occupa il profitto è direttamente scaturente dalla commissione dei reati e dall’abbandono dei rifiuti (e dal non averne effettuato lo smaltimento nelle forme legittime) e, così, dalla realizzazione della discarica.

Del resto, nello stesso senso la giurisprudenza in tema di configurabilità del profitto anche per il risparmio ottenuto con la violazione delle fattispecie penali17.

Questo PM, pertanto, ha provveduto ad acquisire nuovo preventivo diretto a quantificare tale profitto, con esclusione di qualunque forma di bonifica dell’area.

Dal preventivo trasmesso dalla Polizia Provinciale il 12 luglio 2013 risulta che per il solo smaltimento dei rifiuti nelle forme legittime (rifiuti che, peraltro, stanno creando un serio inquinamento, come emerge dagli atti), occorrono euro 518.800, cui va aggiunta l’IVA.

Si legge nel preventivo della XXXX srl dell’11.7.13 “offerta per lo smaltimento di scorie saline – stabilimento ex XXXX” che occorrono 515.800 euro per l’intervento che riguarda “esclusivamente operazioni di carico trasporto e smaltimento delle scorie saline individuate con CER 100308 ed esclude qualsiasi operazione di bonifica del suolo e delle acque”.

 

5. La richiesta di sequestro.

5-1 La doverosità della richiesta di sequestro.

Già si è esposto al par. 1.2 che questo PM , alla luce dell’articolata valutazione del Tribunale del Riesame, deve chiedere il sequestro ai sensi delle disposizioni ricordate, trattandosi di ipotesi di confisca obbligatoria.

Sul periculum in mora, infatti, è sufficiente ricordare che nella specie si verte in ipotesi di confisca obbligatoria, stante la previsione dell'art. 19 del d. lgs. n. 231/'01, che, analogamente alla disposizione contenuta nell'art. 321/2° c.p.p., valuta tipicamente la presenza del periculum medesimo18.

Già si era rilevato che la scadenza dei termini dell’indagine preliminare non influisce sulla possibilità di richiedere e ottenere il sequestro preventivo, tra l’altro nel caso in esame in cui ricorre un’ipotesi di confisca obbligatoria a carattere sanzionatorio (da ultimo SC 27153/03). Nessun dubbio sull’utilizzabilità degli accertamenti patrimoniali anche se compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari (S.C. sent. nn. 33576/08 e 17252/10).

 

5.2 Il quantum del sequestro

La difesa si lamentava dell’importo quantificato, superiore a quello del preventivo.

Anche oggi si ritiene che, proprio in considerazione della natura sanzionatoria della confisca per equivalente l’importo debba corrispondere al profitto conseguito.

Peraltro, come già ritenuto in più occasioni dalla giurisprudenza, in questa fase cautelare la quantificazione assume natura provvisoria, anche con riferimento all’importo. E’ appena il caso di rilevare che il profitto, pari al risparmio conseguito per il mancato lecito smaltimento dei rifiuti., assume carattere variabile a secondo del momento in cui interviene la quantificazione per l’evidente oscillazione e rivalutazione dei costi, sicchè potrà essere quantificato correttamente all’atto quanto meno della sentenza di primo grado.

Del resto, come chiarito dalla SC, l’indagato ha la “facoltà di soddisfare diversamente il credito che si ritiene spettante allo Stato” (S.C. sent. n. 17465/12).

 

5.3 L’individuazione dei beni da sequestrare.

La giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che il giudice può (e se richiesto deve) non deve indicare i beni da sequestrare (giurisprudenza ormai costante, ribadita da ultimo da S.C. n. 10567/13)19.

Questo PM individuerà i beni da sequestrare sulla base degli elementi in suo possesso.

OMISSIS

 

CHIEDE

 

ai sensi degli artt. 9, comma , lett. c), 19, comma 2, 53, 321 c.p.p. il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni nella disponibilità della CAIO srl., con sede legale xxx (capitale euro 45.900,00 titolare Caio), in persona del legale rappresentante (attualmente CAIO, amministratore unico), fino alla concorrenza di euro 518.800.

 

Lanciano, 12 luglio 2013

 

IL PUBBLICO MINISTERO

Dott. Francesco Menditto

1 S.C. sent. n. 19051/13:

In tema di responsabilità da reato degli enti, la confisca del profitto del reato presupposto, in quanto sanzione principale ed autonoma, ha natura obbligatoria, anche nella forma per equivalente, atteso che il ricorso da parte del legislatore alla locuzione "può", nel secondo comma dell'art. 19 D.Lgs. n. 231 del 2001, debba essere imputato non già all'intenzione di configurare la suddetta confisca di valore come meramente facoltativa, bensì alla volontà di vincolare il dovere del giudice di procedervi alla previa verifica dell'impossibilità di provvedere alla confisca diretta del profitto del reato e dell'effettiva corrispondenza del valore dei beni oggetto di ablazione al valore di quest'ultimo”.

2 S.C. sent. n. 39332/09

3 S.C. sent. n. 43647/03. Cfr., tra le tate, anche S.C. sent. n. 43806/08.

 

 

 

4 S.C. n. 41351: “In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di realizzazione di discarica abusiva la condotta di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell'area su cui insistono. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio ha ulteriormente affermato che tale condotta, sulla base di specifici presupposti, può concernere anche l'accumulo di rifiuti in area collocata all'interno dello stabilimento produttivo)”.

5 S.C sent. n. n. 22826/07 “In materia di gestione dei rifiuti, il reato di realizzazione di discarica non autorizzata, previsto dall'art. 51, comma terzo, D.Lgs. n. 22 del 1997, ha natura permanente e la condotta antigiuridica cessa, in caso di sequestro della discarica, per effetto del relativo provvedimento”.

6 Il d. lgs. 8/6/2001 n. 231 disciplina la responsabilità degli enti collettivi "per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato" e rappresenta l'epilogo di un lungo cammino volto a contrastare il fenomeno della criminalità d'impresa, attraverso il superamento del principio, insito nella tradizione giuridica nazionale, societas delinquere non potest e nella prospettiva di omogeneizzare la normativa interna a quella internazionale di matrice prevalentemente anglosassone, ispirata al c.d. pragmatismo giuridico. La legge delega n. 300/2000, infatti, ha ratificato e dato attuazione alla Convenzione OCSE 17/12/1997 (sulla lotta contro la corruzione dei funzionari pubblici stranieri), che -all'art. 2- obbligava gli Stati aderenti ad assumere "le misure necessarie [conformemente ai propri principi giuridici] a stabilire la responsabilità delle persone morali" per i reati evocati nella stessa Convenzione

. ....

Ne è risultata un'architettura normativa complessa che, per quanto farraginosa e -sotto alcuni aspetti- problematica, evidenzia una fisionomia ben definita, con l'introduzione nel nostro ordinamento di uno specifico ed innovativo sistema punitivo per gli enti collettivi, dotato di apposite regole quanto alla struttura dell'illecito, all'apparato sanzionatorio, alla responsabilità patrimoniale, alle vicende modificative dell'ente, al procedimento di cognizione e a quello di esecuzione, il tutto finalizzato ad integrare un efficace strumento di controllo sociale. Una innovazione legislativa particolarmente importante, dunque, che segna il superamento del principio societas delinquere et puniri non potest. Il sistema sanzionatorio proposto dal d. lgs. n. 231 fuoriesce dagli schemi tradizionali del diritto penale -per così dire- "nucleare", incentrati sulla distinzione tra pene e misure di sicurezza, tra pene principali e pene accessorie, ed è rapportato alle nuove costanti criminologiche delineate nel citato decreto. Il sistema è "sfaccettato", legittima distinzioni soltanto sul piano contenutistico, nel senso che rivela uno stretto rapporto funzionale tra la responsabilità accertata e la sanzione da applicare, opera certamente sul piano della deterrenza e persegue una massiccia finalità specialpreventiva.
La tipologia delle sanzioni, come si chiarisce nella relazione al decreto, si presta ad una distinzione binaria tra sanzione pecuniaria e sanzioni interdittive; al di fuori di tale perimetro, si collocano inoltre la confisca e la pubblicazione della sentenza.

7 Per quanto qui specificamente interessa, deve soffermarsi l'attenzione sulla misura cautelare reale del sequestro preventivo, previsto e disciplinato dall'art. 53 in relazione all'art. 19 del d. lgs. n. 231, in prospettiva della futura confisca, anche per equivalente, del profitto del reato.

…….

A conferma della determinazione con cui il legislatore ha inteso e intende perseguire l'obiettivo di privare l'autore del reato soprattutto del profitto che ne deriva, non va sottaciuta la progressiva moltiplicazione delle ipotesi di confisca nella forma per equivalente, che va ad incidere cioè, di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto "principale", su somme di denaro, beni o altre utilità di pertinenza del condannato per un valore corrispondente a quello dello stesso profitto. L'obiettivo perseguito, non più incentrato sull'equivoca pretesa della pericolosità delle cose, tende a superare la rigida catalogazione codicistica dell'istituto. La confisca c.d. di valore è stata introdotta in molte norme del codice penale (artt. 322ter, 600septies, 640quater, 644, 648quater) e in disposizioni della legislazione speciale (artt. 187 T.U.F., 2641 c.c., 11 legge n. 146/'06).

….

Sulla base della tracciata evoluzione normativa, appare assai arduo, oggi, catalogare l'istituto della confisca nel rigido schema della misura di sicurezza, essendo agevole per esempio riconoscere, in quella di valore, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione e, in quella "speciale", una natura ambigua, sospesa tra funzione specialpreventiva e vero e proprio intento punitivo. Con il termine "confisca", in sostanza, al di là del mero aspetto nominalistico, si identificano misure ablative di natura diversa, a seconda del contesto normativo in cui lo stesso termine viene utilizzato.

…..

La rielaborazione del conflitto sociale sotteso all'illecito e al reato avviene non solo attraverso una logica di stampo repressivo ma anche, e soprattutto, con la valorizzazione di modelli compensativi dell'offesa". L'esplicito riferimento alla natura "compensativa" delle condotte riparatorie accredita, al di là di ogni ambiguità, una funzione della confisca del profitto come strumento di riequilibrio dello status quo economico antecedente alla consumazione del reato, …

8 “Non può procedersi alla contestazione di cui all'articolo 59 quando il reato da cui dipende

l'illecito amministrativo dell'ente é estinto per prescrizione”.

9 S.C. sent. n. 22826/07.

10 S.C. sent. n. 22826/07.

11 L'istituto della confisca previsto dal d. lgs. n. 231/'01 sulla responsabilità degli enti si connota in maniera differenziata a seconda del concreto contesto in cui è chiamato ad operare. L'art. 9/1° lett. c) prevede la confisca come sanzione, il cui contenuto e i cui presupposti applicativi sono precisati nell'art. 19/1°, che testualmente recita: "Nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato…". Il secondo comma di quest'ultima disposizione autorizza la confisca anche nella forma per equivalente, replicando lo schema normativo di disposizioni già presenti nel codice penale o in leggi penali speciali. Chiara, quindi, la configurazione della confisca come sanzione principale, obbligatoria e autonoma rispetto alle altre pure previste nel decreto in esame.

…..

12Quanto al profitto, oggetto della misura ablativa, osserva la Corte che non è rinvenibile in alcuna disposizione legislativa una definizione della relativa nozione né tanto meno una specificazione del tipo di "profitto lordo" o "profitto netto", concetti questi sui quali s'incentra la principale doglianza delle società ricorrenti, ma il termine è utilizzato, nelle varie fattispecie in cui è inserito, in maniera meramente enunciativa, assumendo quindi un'ampia "latitudine semantica" da colmare in via interpretativa.

….

La nozione di profitto come "vantaggio economico" ritratto dal reato è tradizionalmente presente nella giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. S.U. 3/7/1996 n. 9149, Chabni; S.U. 24/5/2004 n. 29951, Curatela fall. in proc. Focarelli), che, però, ha avuto modo anche di precisare che all'espressione non va attribuito il significato di "utile netto" o di "reddito", ma quello di "beneficio aggiunto di tipo patrimoniale", a superamento quindi dell'ambiguità che il termine "vantaggio" può ingenerare (cfr. S.U. 24/5/2004 n. 29952, Curatela fall. in proc. Romagnoli; sez. VI 6/5/2003 n. 26747, Liguori). Altro principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità e che qui va ribadito è che il profitto del reato presuppone l'accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente. Il parametro della pertinenzialità al reato del profitto rappresenta l'effettivo criterio selettivo di ciò che può essere confiscato a tale titolo: occorre cioè una correlazione diretta del profitto col reato e una stretta affinità con l'oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un nesso diretto di causalità, dall'illecito (cfr. le citate sentenze Focarelli e Romagnoli delle S.U.; sez. II 14/6/2006 n. 31988, Chetta; sez. VI 4/11/2003 n. 46780, Falci).
A tale criterio di selezione s'ispira anche la recente pronuncia delle Sezioni Unite 25/10/2007 n. 10280 (ric. Miragliotta), che, con riferimento alla confisca-misura di sicurezza del profitto della concussione, ha privilegiato -è vero- una nozione di profitto in senso "estensivo", ricomprendendovi anche il bene acquistato col denaro illecitamente conseguito attraverso il reato, ma ha sottolineato che tale reimpiego è comunque casualmente ricollegabile al reato e al profitto "immediato" dello stesso.

….

6a- La validità di tale approdo interpretativo, maturato nell'ambito della previsione di cui all'art. 240 c.p. e riferito al profitto tratto da condotte totalmente illecite, va verificata anche in relazione alle previsioni di cui al d. lgs. n. 231/'01. Il termine "profitto" è menzionato in diverse disposizioni del decreto, che disciplinano situazioni eterogenee.
Il profitto del reato è, innanzi tutto, come si è detto, l'oggetto della confisca-sanzione di cui agli art. 9, 19 e 23, nonché di quella, diversa sotto il profilo classificatorio, di cui all'ultimo comma dell'art. 6.
……..

Per quanto qui interessa, deve, invece, farsi riferimento al profitto collegato alle ipotesi di confisca di cui agli art. 6, 15, 17 e 19, che si preoccupano di assicurare allo Stato quanto conseguito in concreto dall'ente, sia pure in situazioni diverse, per effetto della commissione dei reati-presupposto.

La ratio sottesa a queste ultime norme, ad eccezione -come si dirà- dell'art. 15, e alcuni passaggi della Relazione allo schema del decreto legislativo additano all'interprete, per l'individuazione dell'oggetto della confisca e della cautela reale ad essa funzionale (ove prevista), sempre la pertinenzialità del profitto al reato quale unico criterio selettivo, essendo il primo definito "come una conseguenza economica immediata ricavata dal fatto di reato". Interessante è il passaggio della Relazione che chiarisce il disegno sotteso alle condotte riparatorie di cui all'art. 17 e il ruolo svolto in tale contesto dalla messa a disposizione del profitto da parte dell'ente. Si legge testualmente: "come terzo concorrente requisito, si prevede che l'ente metta a disposizione il profitto conseguito. La ratio della disposizione è trasparente: visto che il profitto costituisce, di regola, il movente che ispira la consumazione dei reati, l'inapplicabilità della sanzione interdittiva postula inevitabilmente che si rinunci ad esso e lo si metta a disposizione dell'autorità procedente…In definitiva le contro-azioni di natura reintegrativa, riparatoria e riorganizzativa sono orientate alla tutela degli interessi offesi dall'illecito .

13 I reati in esame sono stati introdotti dall’art. 2 del Decreto Legislativo 7 luglio 2011, n. 121 recante “Attuazione della direttiva2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, nonché della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CErelativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni”, pubblicata nella GU n. 177 del 1.08.2011 e in vigore dal 16 agosto 2011

14 S.C. sent. n. 11029/13 “secondo la giurisprudenza di legittimità in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, disposto legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, ex art. 1, comma 143, per i reati tributari di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è riferibile all'ammontare dell'imposta evasa, in quanto quest'ultima costituisce un risparmio economico correlato alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo, conseguendo un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, riconducibile alla nozione di "profitto" del reato (cfr. Cass. Sez. 3, n. 1199/2012, Rv. 251893, Galiffo; n. 35807/2010, Rv. 248618, Bellona).

…..

il profitto del reato deve essere identificato con il "vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato" e che esso "presuppone l'accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente" (Cass. Sez. U, n. 26654/2008, Rv. 239924, Fisia Italimpianti spa; nonché Sez. U, n. 38691/2009, Rv. 244189, Caruso).
Orbene, nei reati tributari il vantaggio patrimoniale, specularmente correlato all'evasione d'imposta, deriva direttamente e indubitabilmente dalla condotta dell'agente e il giudice penale, nel ritenere la sussistenza del reato, contestualmente e inevitabilmente accerta la diretta derivazione del profitto del reato dalla condotta dell'autore.
Soltanto in forza di tale accertamento è legittima la confisca per equivalente di beni di valore corrispondente all'imposta evasa e, a fini cautelari, è possibile l'adozione del provvedimento di sequestro preventivo.

15 S.C. sent. n. 40828/05:

“Per la configurabilità del reato di traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 53 bis del decreto n. 22 del 1997, il profitto ingiusto non deve assumere necessariamente carattere patrimoniale, potendo essere costituito anche da vantaggi di altra natura. (Nell'occasione la Corte ha ritenuto configurato il reato "de quo" in un caso in cui risultava realizzato un risparmio nei costi di produzione ed un rafforzamento nella posizione apicale all'interno dell'azienda da parte degli imputati, individuando in ciò un conseguente vantaggio personale immediato e futuro)".

16 S.C. sent. n. 19051/13.

17 S.C. sent. n. 40828/05:

“Per la configurabilità del reato di traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 53 bis del decreto n. 22 del 1997, il profitto ingiusto non deve assumere necessariamente carattere patrimoniale, potendo essere costituito anche da vantaggi di altra natura. (Nell'occasione la Corte ha ritenuto configurato il reato "de quo" in un caso in cui risultava realizzato un risparmio nei costi di produzione ed un rafforzamento nella posizione apicale all'interno dell'azienda da parte degli imputati, individuando in ciò un conseguente vantaggio personale immediato e futuro)".

18 S.U, n. 26654/08.

19 Questa la massima:

“In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il giudice che emette il provvedimento ablativo è tenuto soltanto ad indicare l'importo complessivo da sequestrare, mentre l'individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al "quantum" indicato nel sequestro è riservata alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero. (Fattispecie nella quale la S.C. ha annullato il provvedimento del tribunale del riesame, che aveva respinto l'appello del P.M. perché il decreto di sequestro non conteneva l'indicazione dei beni da assoggettare a vincolo al fine di verificarne la corrispondenza all'entità del profitto del reato)”.

In senso conforme S.C. sent. nn. 12580/10, 41731/10, 252095/12.

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PROVVEDIMENTO DEL GIP

 

TRIBUNALE DI LANCIANO UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

DECRETO DI SEQUESTRO PREVENTIVO Art. 321 cpp

 

 

Il Giudice

 

Letti gli atti del procedimento penale contro TIZIO e della Società CAIO

 

Indagati come da richiesta del Pubblico Ministero che si allega a fini di contestazione dei reati.

 

Letta la richiesta di sequestro preventivo avanzata dal Pubblico Ministero in data 12.7.2013

 

OSSERVA

 

La richiesta di sequestro si fonda sul combinato disposto degli artt. 19 e 53 D.Lvo 231/2001, che consentono il sequestro finalizzato alla confisca dei beni di proprietà delle persone giuridiche nel cui interesse siano stati commessi i reati per cui si procede ai sensi dell'art. 25/undecies D.Lvo 231 cit.

Il fumus di tali reati si ravvisa nella comunicazione congiunta di Polizia Provinciale ed ARTA Abruzzo in data 21.12.2012, dalla quale si evince la presenza di rifiuti interrati a contatto diretto con la falda acquifera nell'area di proprietà della CAIO srl; si tratta di rifiuti che, come accertato dall'ARTA e riferito nella successiva comunicazione del 4.3.2013, sono inequivocabilmente derivanti dall'attività della società in questione (anche perché ubicati su area di proprietà di tale azienda e debitamente recintata e chiusa da cancello): in particolare, si è accertata la presenza di polveri e residui di lavorazione di fonderia miscelati a terra, nonché rifiuti di natura salina, ferrosa e non, con elevata concentrazione di parametri chimici altamente tossici quali nichel, rame, manganese, arsenico. E' stato acquisito preventivo della ditta CXXX srl di Lanciano, nella quale si evidenzia che lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non presenti sul sito richiede l'esborso di euro 515.800.

 

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In tale contesto si inserisce la decisione del Tribunale del Riesame, il quale ha annullato il precedente decreto di sequestro di questo ufficio, pur riconoscendo il fumus boni iuris dei reati ipotizzati, sul presupposto che il sequestro per equivalente non andava richiesto (e quindi disposto) per coprire i costi di bonifica del sito, sebbene per sottrarre all'indagato (ed alla società rappresentata da TIZIO) dei beni di valore equivalente al profitto acquisito mediante l'illecita condotta (in sostanza: il costo per lo smaltimento dei rifiuti illecitamente interrati, costo che non è stato sostenuto dalla società CAIO srl e rappresenta quindi il profitto della condotta illecita in contestazione).

La decisione del Tribunale del Riesame appare ineccepibile, condivisibile e persuasiva, poiché induce ad una precisa riflessione sulle finalità del richiesto sequestro e sui rapporti di tale sequestro con il diverso istituto del sequestro conservativo:

. Il sequestro per equivalente oggi correttamente richiesto dal Pubblico Ministero deve essere disposto per sottrarre agli indagati (società CAIO e suo legale rappresentante) dei beni e valori corrispondenti al profitto acquisito per effetto della propria condotta illecita

. Il sequestro originariamente disposto da questo ufficio (ed annullato dal Tribunale del Riesame), essendo finalizzato a coprire i costi per la bonifica del sito andrebbe più correttamente operato nelle forme del sequestro conservativo (ai sensi dell'art. 316 cpp), con la conseguenza che siffatto sequestro non poteva (e non può tuttora) essere operato mancando il provvedimento di rinvio a giudizio dell'imputato

Posta questa necessaria precisazione (che viene ispirata proprio dalla decisione del Tribunale del Riesame), si impone anche una valutazione approfondita dell'importo dei beni da assoggettare a sequestro; nell'ottica del sequestro per equivalente connesso al profitto illegittimamente acquisito dagli indagati per effetto delle proprie condotte illecite, la richiesta come formulata dal Pubblico Ministero (sequestro di beni per un valore pari ad euro 800.000) non può trovare accoglimento, e comunque deve essere ridimensionata in base a quello che è l'effettivo profitto conseguito dai prevenuti per effetto del mancato smaltimento dei rifiuti illegittimamente interrati.

Orbene, esaminando il preventivo formulato dalla ditta XXX srl, deve rilevarsi che il prezzo ipotizzato per lo smaltimento dei rifiuti interrati è così composto:

. Euro 2.800 per le operazioni preliminari (attinenti più che altro alla bonifica del sito, e come tali non suscettibili di valutazione ai fini del richiesto sequestro)

. Euro 7.400 per la rimozione e stoccaggio di terreno contaminato (anche tale attività può farsi rientrare nell'ambito di una vera e propria bonifica del sito)

. Euro 1.600 per il campionamento ed analisi dei rifiuti: tale importo deve essere preso in considerazione ai fini del richiesto sequestro, trattandosi di operazioni normalmente strumentali per qualsiasi attività di smaltimento di rifiuti

. Euro 504.000 per il vero e proprio smaltimento dei rifiuti

Ne deriva che il profitto illecitamente acquisito dagli indagati attraverso il mancato smaltimento dei rifiuti presenti sul sito è pari ad euro (1.600 + 504.000=) 505.600 ed in tali limiti il richiesto sequestro può essere adottato; viceversa le spese ed i costi più direttamente attinenti alle operazioni di bonifica del sito potranno e dovranno formare oggetto (nei tempi prescritti dal codice di procedura penale) di sequestro conservativo.

Su tali basi ed antro tali limiti la richiesta di sequestro deve essere accolta, ricordando inoltre che, come del resto riconosciuto dal stesso Tribunale del Riesame, i reati in questione sono stati commessi dal TIZIO quale legale rappresentante della CAIO srl, che si è quindi giovata della condotta illecita del proprio amministratore ed è soggetta pertanto alla responsabilità di cui alla L. 231/2001

 

P.Q.M.

 

Dispone il sequestro preventivo dei beni nella disponibilità della" TIZIO srl (in persona del legale rappresentante CAIO) fino a concorrenza della somma di euro 505.600.

 

DISPONE

 

che il presente decreto sia trasmesso in duplice copia al Pubblico Ministero che ne ha fatto richiesta per l'esecuzione.

 

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.

 

Lanciano, 12.8.2013

 

 

Il GIP

Dott. Massimo Canosa

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ORDINANZA TRIBUNALE RIESAME

TRIBUNALE DI CHIETI

 

 

 

Il Tribunale, riunito in camera di consiglio e così composto:

1 Dr. Geremia Spiniello Presidente

2 dr. Medica Patrizia Giudice rel.

3 Dr. Antonella Redaelli Giudice

 

 


a scioglimento della riserva di cui al verbale camerale del 26.9.2013,

 

pronunciando sulla richiesta di riesame formulata dalla CAIO srl, avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso il 12.8.2013, il Gip di Lanciano sulla base del combinato disposto degli artt. 19 e 53 del DLvo 231/2001, che consentono il sequestro finalizzato alla confisca dei beni di proprietà delle persone giuridiche, nel cui interesse sono stati commessi i reati per cui si procede, ex art. 25 undecies del DL.vo 231/2001,

 

 

osserva

 

Il provvedimento impugnato ha disposto il sequestro preventivo dei beni nella l disponibilità della CAIO srl, fino alla concorrenza dell'importo di € 505.600, corrispondente all'ammontare del profitto conseguente al mancato corretto smaltimento dei rifiuti presenti sul sito di proprietà della società il cui legale rappresentante, TIZIO, è indagato ex art. 192 del DLvo 15212006, per aver depositato, in maniera incontrollata rifiuti di varia natura, pericolosi e non pericolosi, in buona parte interrati, su un'area di mq 800, sita in Atessa (Chieti), Contrada Saletti, realizzando in tal modo una discarica non autorizzata, di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi.

Il provvedimento è stato impugnato dalla società ricorrente che ha chiesto l'annullamento o la revoca del sequestro, assumendo la nullità del provvedimento impugnato per violazione del principio del ne bis in idem e giudicato cautelare, evidenziando che questo tribunale del riesame con provvedimento del 2.7.13 aveva annullato analogo provvedimento, adottato 1.6.13 dal Gip di Lanciano.

La ricorrente contestava poi la sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento impugnato, assup1endo l'omessa motivazione del provvedimento impugnato e l'estraneità del TIZIO ai fatti contestati, relativi a reati comunque prescritti ed a condotte .verificatesi prima dell' entrata in vigore dell' art. 25 undecies del DL 231/2001, introdotto dal DLvo 121/2011.

Contestava poi l'omessa accertamento del profitto derivante da reato.

A sostegno di quanto affermato, ha allegato due sentenze, la prima emessa dal Tribunale di Lanciano-sezione distaccata di Atessa, in data 11.12.2000, nei confronti di soggetti diversi dal ricorrente, l'altra emessa nei confronti del ricorrente, dal tribunale di Lanciano in data 9.5.2007.

 

Con riferimento all'eccezione preliminare, concernente la violazione del principio del ne bis in idem, rileva il collegio che il precedente sequestro è stato annullato in data 2.7.13 da questo tribunale, pur riconoscendo la sussistenza del fumus boni juris, sul presupposto che il sequestro per equivalente non poteva essere richiesto per coprire i costi di bonifica del sito, attesa la mancata attivazione della procedura prevista dall'art. 242 e ss del TUA.

Nel caso di specie invece il sequestro per equivalente è stato richiesto su beni e valori degli indagati, TIZIO e CAIO srl beni, corrispondenti al profitto da reato, conseguito per effetto della propria condotta illecita.

L'eccezione va quindi rigettata, trattandosi di provvedimento che pur avendo ad oggetto il medesimo fatto, è stato adottato sulla base di presupposti diversi da quelli valutati dal tribunale del riesame nel precedentemente provvedimento annullato.

Per quanto poi concerne la sussistenza del fumus del reato contestato, dalle sentenze allegate dal ricorrente emerge che non era stato possibile individuare l'identità della ditta alla quale era da ricondurre la produzione dei rifiuti, rinvenuti nel capannone di proprietà della CAIO srl, mentre la seconda sentenza, emessa nei confronti di TIZIO , aveva accertato che il ricorrente, proprietario del terreno sul quale altra ditta aveva depositato rifiuti provenienti dalla lavorazione dell'alluminio, aveva provveduto, nel 2006, non allo smaltimento di detti rifiuti bensì alloro spostamento in due vasche in cemento, parzialmente interrate.

Considerato che l'identità del soggetto, produttore dei rifiuti rinvenuti all'interno del capannone oggetto di sequestro non è stata mai accertata o è stata oggetto di mero accertamento incidentale, va poi .rilevato che la Polstato di Lanciano aveva accertato la presenza di 1.100 mq di rifiuti pericolosi (costituiti da tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio) e non pericolosi (tra cui imballaggi in plastica, gomma legno) sequestrati in data 19.4.13 .

Considerato che l'adozione del provvedimento impugnato presuppone l'accertamento giudiziale del fumus boni juris, ritiene il collegio sussistente il requisito richiesto considerato il rinvenimento dei rifiuti su area di proprietà della CAIO srl, di cui l'indagato TIZIO è legale rappresentante. Va poi segnalato che le sentenze e la documentazione allegata dal ricorrente sono del tutto inidonee a provare un'estraneità ai fatti contestati, della ricorrente, trattandosi di fatti addebitabili alla stessa, anche a titolo di mera colpa.

Quanto alla dedotta prescrizione dei reati contestati, ed all'eccepita irretroattività dell'art. 25 undecies del DL 231/2001, introdotto dal DLvo 121/2011, va evidenziato che il deposito incontrollato di rifiuti, costituisce attività di gestione del rifiuto, che perdura fino al suo smaltimento o recupero, quindi condotta attuale, ritualmente contestata all'ente. (Cfr. Cass, sez. III, 25216111).

Con riferimento alla determinazione dei costi per lo smalti mento dei rifiuti rinvenuti nel sito sequestrato, il PM ha prodotto preventivo della XXXX srl, dal quale emerge che per lo svolgimento di tale attività la ditta ha preventivato costi per € 515.800, né è possibile allo stato, trattandosi di rifiuti interrati, ottenere un preventivo più specifico.

Considerato che, a differenza del sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma secondo cpp, il sequestro, disposto ex art. 322 - ter cp, ha ad oggetto l'equivalente del profitto del reato e quindi anche cose che non hanno rapporto con la pericolosità individuale del soggetto e non sono collegate con il singolo reato, può senz'altro affermarsi la legittimità del sequestro disposto dal Gip di Lanciano, avente ad oggetto beni nella disponibilità della CAIO srl, fino alla concorrenza della somma di € 505.600,00 corrispondente alla somma preventivata per il corretto smaltimento dei rifiuti rinvenuti sull'area in sequestro.

 

 

P.Q.M.

 

/


Rigetta il ricorso, condannando il ricorrente alle spese del procedimento.

 

Così deciso in Chieti nella camera di consiglio del 26.9.2013.

 

L'estensore

Patrizia Medica Il Presidente

Geremia Spiniello