Cass. Sez. III n. 15222 del 21 aprile 2010 (Cc 25 feb.2010)
Pres. Lupo Est. Marini Ric. Cardia ed altro
Urbanistica. Sequestro e fumus dell'illecito

Il "fumus" dell'illecito edilizio può essere escluso in sede di controllo cautelare solo quando sussistono motivi evidenti per ritenere l'interruzione del legame tra fatto storico e norma asseritamente violata, che non può dirsi escluso sulla base di valutazioni di carattere dubitativo, proprie della fase di merito.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
SEZIONE TERZA PENALE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. LUPO     Ernesto         -  Presidente   -                     
Dott. CORDOVA  Agostino        -  Consigliere  -                     
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria   -  Consigliere -            
Dott. MARINI   Luigi           -  Consigliere -
Dott. SARNO    Giulio            - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:                                          
sentenza                                        
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari;
nel procedimento nei confronti di:
C.F., nato a (OMISSIS);
Avverso  la  ordinanza  in  data  26 Maggio  2009  del  Tribunale  di
Cagliari,  con  cui è stata annullata l'ordinanza del Giudice  delle
indagini preliminari del Tribunale di Cagliari che in data 13  Maggio
2009  aveva sottoposto a sequestro preventivo l'immobile in  fase  di
costruzione da parte della Progetto Casa Immobiliare S.r.l. in base a
concessione  edilizia n. 709/2007 rilasciata in data 4  Luglio  2007,
concessione ritenuta illegittima;
Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dr. Marini Luigi;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dr. Passacantando
GUGLIELMO,  che  ha  concluso per l'annullamento  dell'ordinanza  con
rinvio.
Udito il Difensore, Avv. Marcialis Massimiliano, che ha concluso  per
il rigetto del ricorso.
RILEVA IN FATTO
Con ordinanza in data 26 Maggio 2009 il Tribunale di Cagliari, decidendo su istanza di riesame del Sig. C., ha annullato il decreto con cui il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Cagliari ha ordinato il sequestro preventivo dell'area di proprietà della S.r.l. "Progetto Casa Immobiliare", di cui il Sig. C. è legale rappresentante, e dell'immobile ivi in costruzione.
L'indagine in corso nei confronti del Sig. C. prese avvio dalla diffida con la quale alcuni confinanti invitavano il Comune di Cagliari a non consentire l'intervento di demolizione della villetta esistente lungo Via (OMISSIS) e di successiva edificazione di un immobile previsto in sette piani fuori terra per un'altezza complessiva di circa 22 metri. Tale intervento si sarebbe posto in contrasto con i vincoli gravanti sull'area anche in relazione alla circostanza che questa dista non più di 100 metri dagli stagni di (OMISSIS) e dalle saline storielle, e si colloca comunque all'interno dell'area di rispetto di 300 metri prevista dalla legge.
Il Comune di Cagliari ha successivamente rilasciato alla società il permesso a costruire n. 709/2007, a firma del competente dirigente, Sig. M.M.. Tale decisione è stata assunta dopo che: a) la società aveva prodotto perizia giurata che individua in più di 100 metri la distanza del terreno dalla vasca di saline più vicina; b) il competente Assessorato regionale aveva escluso l'esistenza del vincolo paesaggistico ex art. 17, comma 3, lett. g) delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) in relazione alla distanza di 300 metri dalla zona umida degli stagni di (OMISSIS); c) il progetto aveva subito modifiche che riducevano l'altezza del futuro immobile e prevedevano un sesto e ultimo piano arretrato.
Quindi, dopo che il T.A.R. aveva respinto il ricorso proposto dai controinteressati avverso il permesso a costruire, la società ha avviato le opere edificative, demolendo la villetta esistente e iniziando la costruzione delle fondazioni e del primo piano seminterrato.
Nel frattempo la Procura della Repubblica in sede, che aveva avviato un'indagine nei confronti del dirigente comunale e del tecnico che aveva redatto la perizia giurata, ha chiesto al Giudice delle indagini preliminari di emettere decreto di sequestro preventivo sull'area e sull'immobile in costruzione, ravvisando gli estremi dei reati previsti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, dagli artt. 110 e 483 c.p..
Con decreto in data 13 Maggio 2009 il Giudice delle indagini preliminari ha accolto l'istanza ed emesso, limitatamente ai soli reati ipotizzati ai capi c) e d), decreto di sequestro preventivo. In estrema sintesi, il Giudice delle indagini preliminari ha ritenuto sussistere il "fumus" di violazione: a) del vincolo paesaggistico previsto dal PPR e dall'art. 17, comma 3, lett.g) delle NTA con riferimento al mancato rispetto della fascia di salvaguardia di 300 metri; b) dei limiti di edificabilità previsti dal piano di lottizzazione che nell'anno 1980 aveva autorizzato l'edificazione di una serie di villini di altezza non superiore a metri 10,50 e con cubatura non superiore a 3 me per ogni mq (area classificata C3); c) dei limiti di tipologia architettonica previsti dall'art. 75 del vigente Regolamento edilizio e dei limiti di altezza fissati dall'art. 5 del decreto assessoriale 20 dicembre 1983, n. 2266/U. A seguito di richiesta di riesame proposta dal Sig. C. il Tribunale di Cagliari ha annullato il decreto di sequestro e disposto la restituzione dell'area e dell'immobile nella disponibilità degli aventi diritto.
Premesso che in materia di controllo in tema di misure cautelari reali il giudice del riesame non può compiere valutazioni circa le questioni di merito che saranno oggetto del giudizio, ma solo valutare la sussistenza del "fumus" di reato alla luce delle prospettazioni del Pubblico ministero e degli elementi addotti dalla Difesa, e quindi premessa un'analisi del contenuto e delle finalità delle diverse disposizioni contenute nel citato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, il Tribunale afferma che non sussiste il "fumus" delle violazioni ipotizzate.
In primo luogo, l'area interessata dall'edificazione non sarebbe soggetta a vincolo paesaggistico, dovendosi applicare direttamente le disposizioni contenute del c.d. "decreto Urbani" (D.Lgs. n. 42 del 2004, come modificato dal successivo D.Lgs. n. 157 del 2006), in particolare il secondo comma dell'art. 142, comma 2 in relazione la quanto previsto dalla stessa disposizione e dall'art. 143, comma 1.
In secondo luogo, non sussisterebbe attualità dei limiti di edificabilità e di altezza richiamati nel decreto di sequestro, posto che in ogni caso le previsioni del piano di lottizzazione hanno cessato di avere efficacia allo scadere dei 10 anni dalla stipula e, comunque, dall'adozione del Piano dei servizi entrato in vigore nel 1983 che aveva introdotto una nuova zonizzazione (art. 45 delle NTA al Piano urbanistico comunale, da considerare "norma di chiusura" di immediata efficacia applicativa).
Quanto, poi, alla violazione dell'art. 5 del decreto assessoriale n.2266/U, il Tribunale afferma: "pur essendo la questione, così come quella che segue, meritevole di approfondimento, deve tuttavia escludersi sotto questo profilo la illegittimità evidente della concessione rilasciata alla Progetto Casa S.r.l.".
Infine (punto 5 di pag. 16), il Tribunale afferma che "indubbiamente si ponga un problema di coerenza architettonica e di inserimento della nuova costruzione rispetto alle caratteristiche degli edifici "adiacenti", come previsto dall'art. 75 del regolamento edilizio, ma, sotto questo profilo -...-deve in questa sede osservarsi come, allo stato, non sia stato realizzato alcun edificio... per cui nella fase attuale può dirsi al più integrato un mero tentativo di porre in essere la condotta tipica, come è noto, privo di rilievo penale trattandosi di fattispecie contravvenzionale".
Avverso tale ordinanza il Pubblico Ministero propone ricorso evidenziando plurimi profili di illegittimità della decisione e lamentando violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento a: 1) errata applicazione dell'art. 17 delle NTA al PPR, compiuta al punto 1 della motivazione con riferimento all'applicazione del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 142;
2) errata applicazione dell'ari. 14 delle NTA del PUC con riferimento al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 12 e 44 compiuta al punto 2 della motivazione;
3) errata applicazione dell'art. 75 del Regolamento edilizio ancora con riferimento al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 12 e 44 compiuta al punto 5 della motivazione.
Con memoria datata 5 Febbraio 2010 la Difesa del Sig. C. ha contestato le affermazioni del Pubblico Ministero ricorrente. Dopo avere richiamato il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, comma 2, e la sua valenza nel caso in esame, la Difesa ricorda come tale disposizione ricomprenda (comma primo, letti) le "zone umide" citate dal PPR, art. 17, comma 3, lett. g) (disposizione correttamente interpretata dal Tribunale di Cagliari) e come, sotto diverso profilo, debba trovare applicazione il primo comma dell'art. 15 della NTA del medesimo Piano. Sotto diverso profilo, la Difesa contesta le conclusioni del ricorrente circa l'attualità del regime derivante dal piano di lottizzazione convenzionata risalente agli anni '60 (e correttamente ritenuto dal Tribunale "scaduto" nel 1975).
Infine, prospetta l'assenza di contrasto dell'edificio realizzato con la previsione dell'art. 75 del Regolamento edilizio comunale.
OSSERVA
1. Ritiene la Corte che l'esame della complessa vicenda debba essere limitato ai profili di violazione di legge e non possa essere condotto dal giudice di legittimità esaminando e valutando questioni di fatto che sono soggette al vaglio del giudice di merito (Sezioni Unite Penali, sentenza n. 5876 del 2004, rv 226710). In linea con tale principio, che trova fondamento nel disposto dell'art. 325 c.p.p., comma 1, la Corte ritiene che a fronte di una motivazione priva di vizi logici e non manifestamente carente non vi siano ragioni per accogliere il ricorso nella parte in cui affronta il tema della vigenza del piano di lottizzazione che, stipulato oltre 40 anni fa, dovrebbe ancora dispiegare i propri effetti: quale sia il contenuto della disciplina del territorio varata dal Comune di Cagliari a partire dagli anni '80 e se questa sia o meno compatibile con il permanere in vigore del piano di lottizzazione è questione che viene prospettata da giudici cagliaritani, dalla parte pubblica e dalla difesa con diverse indicazioni anche sul piano fattuale e che non può essere affrontata "causa cognita" dalla Corte di Cassazione;
è, in altri termini, materia rimessa alla pienezza del giudizio di merito A diverse conclusioni deve giungersi con riferimento agli altri punti della decisione oggetto del ricorso e della memoria difensiva che saranno di seguito affrontati.
2. Muovendo dal tema della compatibilita del progetto edilizio con le disposizioni paesaggistiche, la Corte si limita ad osservare che la disposizione contenuta nell'alt. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 (come modificata dal d.lgs. n.157 del 24 marzo 2006) può essere considerata come "norma quadro" entro la quale il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) si colloca; tuttavia, l'emanazione del Piano Paesaggistico Regionale da parte della Regione Sardegna (Bollettino Ufficiale dell'8 Settembre 2006) introduce nell'ordinamento norme che possiedono una loro autonomia e che, unitamente alle relative norme tecniche di attuazione (NTA) debbono essere interpretate per il loro contenuto Ciò detto, con riferimento al primo profilo affrontato dal Tribunale di Cagliari (pagg.9-14) la Corte rileva che la tutela delle aree che farebbero sorgere il vincolo anche sul terreno interessato dall'immobile oggetto del procedimento trova fondamento nell'art. 17, comma 3, lett. g) delle NTA al PPR quale espressione delle autonome scelte di tutela effettuate dalla Regione anche in termini più rigorosi o più estesi di quelli derivanti necessariamente dalle generali previsioni di legge. Una chiara indicazione delle scelte operate dalla Regione in sede di Piano può cogliersi, nella parte che qui interessa, anche dall'allegato 2 alle NTA del Piano stesso, che alla lett.g) porta un elenco delle aree che debbono intendersi ricadenti nella previsione dell'art. 17, lett. g). Ebbene, la previsione dell'allegato 2 all'interno del più vasto elenco di aree riferibili alla citata lett. g) - che, si ricordi, riporta: "zone umide, laghi naturali e invasi artificiali e territori contermini..." -, include sia le zone umide costiere (tra cui saline, stagni, lagune, foci di fiumi) soggette a fruizione turistica sia le zone perilagunari-peristagnali, sia i sistemi marino-lagunari. Il Tribunale non ha preso in considerazione il significato che tale indicazione assume se valutata unitamente al testo della lett. g) dell'art. 17 citato, nè le ricadute che la lettura coordinata delle due disposizioni ha sulla definizione della fascia di rispetto e la sua possibile applicazione a tutte e tre le categorie sopra richiamate ed all'espressione "territori contermini". Trattandosi di questione che attiene all'interpretazione della legge ma deve poi essere rapportata alla situazione di fatto ed alla documentazione amministrativa, non resta a questa Corte che rilevare come la mancanza in cui è incorso il Tribunale richieda una nuova valutazione circa le ricadute che la complessiva disciplina ha sui fatti oggetto del provvedimento cautelare.
2. Sotto un diverso profilo, la Corte ritiene che non possa condividersi la motivazione del provvedimento nel passaggio in cui afferma che la mancanza di un esplicito riferimento in sede di contestazione cautelare impedisce di valutare la disciplina dell'area oggetto del presente procedimento alla luce della disciplina comunitaria (direttiva 92/43/CE del 31 Maggio 1992) e di quella statale (D.M. Ambiente 25 Marzo 2005). Si tratta, infatti, di discipline che, in quanto applicabili, esplicano in sede cautelare i propri effetti regolatori indipendentemente dai profili formalmente contestati dalla pubblica accusa e sono senza alcun dubbio valutabili quale normativa di riferimento dal giudice del riesame nell'ambito dei poteri di integrazione del provvedimento cautelare ad esso attribuiti dagli artt. 309 e 310 c.p.p..
3. Sussiste, poi, un manifesto vizio di motivazione dell'ordinanza nelle parti contenute nei numeri 3 e 5 (pag. 16), come richiamate alla pg.3 del presente provvedimento. Si osserva, in primo luogo, che il Pubblico Ministero ha ipotizzato l'esistenza di una violazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44 sotto un duplice profilo:
mancato rispetto dell'art. 5 del citato decreto assessoriale e mancato rispetto dell'art. 75 del Regolamento edilizio.
A fronte di queste ipotesi di reato, il Tribunale avrebbe potuto escludere l'esistenza del "fumus" soltanto in presenza di una manifesta insussistenza dei due profili di illecito; ed infatti, la più recente giurisprudenza, che pure non vincola più come in passato il controllo del giudice del riesame alla sola corrispondenza formale tra fatto ipotizzato e fattispecie legale, non consente al tribunale di operare in sede di riesame valutazioni circa il merito della contestazione e prevede che solo la chiara e inequivoca insussistenza degli elementi di reato, ivi compreso l'elemento soggettivo, autorizzi il tribunale stesso ad annullare la misura cautelare (per tutte, Sezione Quarta Penale, sentenza n. 23944 del 2008, PM in proc.De Fulvio, rv 240521, con richiamo ai principi fissati dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 153 del 2007 in tema di elemento soggettivo del reato).
Disattendendo tali principi, il Tribunale di Cagliari ha motivato la propria decisione, quanto al primo aspetto, affermando che non sussiste una manifesta illiceità della concessione e, quanto al secondo, affermando che la non perentorietà della disposizione del Regolamento implicherebbe aspetti di discrezionalità non facilmente valutabili.
Ritiene la Corte che entrambi i passaggi motivazionali rovescino le ordinarie regole di valutazione del "fumus", in contrasto con la premessa di ordine generale esposta dallo stesso Tribunale nella prima parte dell'ordinanza; in effetti, la evidente disomogeneità di struttura, dimensioni e altezza dell'edificio edificando rispetto alle villette esistenti (probabilmente costruite secondo i parametri della risalente lottizzazione più volte richiamata negli atti) giustifica l'ipotesi di un contrasto con le regole citate dal Pubblico Ministero, e tale "fumus" può essere escluso in sede di controllo cautelare solo quando sussistano motivi evidenti per interrompere il legame tra il fatto storico e la norma asseritamente violata, ma non quando a tale esclusione si acceda mediante valutazioni che hanno carattere dubitativo e che, in ogni caso, sono proprie della sola fase di merito.
4. Infine, manifestamente errata l'affermazione contenuta nell'ultima parte del punto 5. La circostanza che i lavori di edificazione che al momento del sequestro non avessero ancora superato l'altezza che viene indicata dal Pubblico Ministero come conforme alle regole vigenti non può giustificare il "declassamento" della condotta a mero tentativo non punibile e la conseguente revoca del sequestro: in presenza di un progetto che pacificamente prevede l'innalzamento di molti piani fuori terra e il superamento dell'altezza assentibile, il Tribunale avrebbe potuto escludere l'esistenza di un contrasto del progetto edilizio con le norme edilizie vigenti - e si è visto adesso che non lo ha fatto con argomenti corretti sul piano dell'applicazione della legge -, ma non può non considerare che la prima funzione del sequestro preventivo è, appunto, quella di impedire che l'illecito si compia e si perfezioni. Del tutto improprio, dunque, appare il richiamo all'istituto del "tentativo" e il ricorso del Pubblico Ministero deve considerarsi sul punto pienamente condivisibile.
In conclusione, ritiene la Corte che l'ordinanza presenti plurime violazioni di legge, di seguito sintetizzate, e che il ricorso del Pubblico ministero meriti accoglimento in quanto:
a) ha errato il Tribunale nel ricostruire il quadro normativo attinente il vincolo paesaggistico in relazione all'art. 17, comma 3, lett. g) delle NTA al PPR;
b) ha errato nel ritenere non applicabili al caso in esame i vincoli derivanti dalla disciplina comunitaria e da quella statale;
c) ha errato nel valutare la insussistenza del "fumus" di reato attribuendo prevalenza ad elementi che lo stesso Tribunale ritiene necessitanti di approfondimento, posto che a fronte dell'astratta corrispondenza fra la fattispecie storica prospettata dalla pubblica accusa e la fattispecie legale il giudice del riesame può concludere per la non sussistenza del "fumus" di reato solo in presenza di elementi che escludano con certezza l'illiceità della condotta, dovendo in caso contrario confermare il provvedimento cautelare e rimettere alla sede di merito la valutazione circa la fondatezza dell'ipotesi di accusa.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Cagliari.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010