Cass. Sez. III n. 57127 del 21 dicembre 2017 (Ud 8 feb 2017)
Presidente: Savani Estensore: Gentili Imputato:Lirosi ed altro
Urbanistica.Prosecuzione lavori e divieto di secondo giudizio

Il divieto di un secondo giudizio per il reato di abuso edilizio di cui all’art. 44 del dPR n. 380 del 2001, riguarda soltanto la condotta posta in essere nel periodo indicato nella imputazione ed accertata con la sentenza irrevocabile, ma non anche la eventuale prosecuzione o la ripresa degli interventi edificatori in un periodo successivo, a quello interessato dal precedente giudizio


RITENUTO IN FATTO


Il Tribunale di Roma, sezione del riesame, ha, con ordinanza del 8 settembre 2016, confermato il provvedimento con il quale il Gip del Tribunale di Civitavecchia, in data 4 agosto 2016, aveva disposto il sequestro preventivo di un’area, ubicata in Comune di Ladispoli, autorizzata all’esercizio di un camping da parte di Lirosi Laura e Esigibili Francesco, essendo stati contestati a costoro reati di carattere edilizio, concernenti l’avvenuta lottizzazione, in assenza dei dovuti permessi ed autorizzazioni, dell’area in questione, oggetto di tutela paesaggistica e demaniale, attraverso il mutamento della destinazione di detta area da camping a sito destinato ad uno stabile insediamento abitativo.
Hanno interposto ricorso per cassazione i due indagati osservando, in sostanza, l’esistenza di un precedente giudicato loro favorevole, costituito dalla sentenza n. 1938/2016 del Tribunale di Civitavecchia, con il quale era stato disposto il proscioglimento degli imputati per intervenuta prescrizione in relazione al medesimo reato ora loro provvisoriamente contestato e l’area a suo tempo oggetto di sequestro era stata loro  riconsegnata.
Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti sostengono che non vi è stata alcuna invasione del demanio pubblico così come indicato dall’art. 1161 cod. nav.


CONSIDERATO IN DIRITTO


Il ricorso è infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
Osserva la Corte che, in sostanza, i ricorrenti lamentano il fatto che il sequestro conservativo dell’area da loro gestita - originariamente come camping ma, secondo l’ipotesi investigativa, successivamente, per effetto delle illecite innovazioni da loro apportate, come un vero e proprio insediamento abitativo, per come si legge nella non contestata descrizione contenuta nella ordinanza impugnata, caratterizzato da un ampio numero di stabili alloggiamenti – sia stato operato nonostante essi fossero già stati oggetto di un precedente procedimento penale definito con sentenza di proscioglimento emessa nei loro confronti per la intervenuta prescrizione del reato, o dei reati, loro contestati.
La doglianza non ha pregio.
Come questa Corte ha, infatti osservato, il divieto di un secondo giudizio per il reato di abuso edilizio di cui all’art. 44 del dPR n. 380 del 2001, riguarda soltanto la condotta posta in essere nel periodo indicato nella imputazione ed accertata con la sentenza irrevocabile, ma non anche la eventuale prosecuzione o la ripresa degli interventi edificatori in un periodo successivo, a quello interessato dal precedente giudizio (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 maggio 2015, n. 19354).
Infatti, trattandosi di reato permanente è consentito scorporare dalla condotta precedentemente oggetto di giudizio, quella posta in essere in epoca successiva a quella già valutata; siffatta successiva  condotta, infatti, costituisce un nuovo fatto storico, diverso dal precedente e non coperto dal giudicato e per il quale, non essendovi alcun impedimento a procedere in fase di merito (Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 aorile 2001, n. 15441), non vi è, tantomeno, alcun ostacolo alla adozione di misure cautelari.
Nel caso che interessa, osserva il Collegio, per come puntualmente affermato nella ordinanza impugnata, una serie degli interventi contestati ai due odierni ricorrenti sono stati rilevati per la prima volta all’esito dei controlli eseguiti nell’anno 2015, e pertanto essi sono sicuramente estranei ai fatti oggetto della precedente sentenza di proscioglimento; questa, infatti, avendo dichiarato nel 2016 l’avvenuta prescrizione delle contravvenzioni contestate non può non avere avuto ad oggetto fatti, al massimo, riferiti ad un epoca tale da avere consentito il maturare della prescrizione, quindi certamente non successivi al 2012.
Quanto sopra osservato vale a dimostrare la infondatezza del motivo di impugnazione, atteso che i fatti per cui è stata disposta la misura impugnata esulano rispetto a quelli che avevano formato oggetto della precedente sentenza.
Emerge, pertanto, con evidenza la infondatezza della prima censura formulata dai ricorrenti.
Quanto al secondo motivo di impugnazione, col quale è contestata la effettività della violazione dei termini spaziali del demanio marittimo per effetto delle condotte attribuite ai ricorrenti, trattandosi di evidente censura in fatto, la stessa è chiaramente inammissibile in questa sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso fa seguito la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.                                 

PQM


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
        Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017