Cass. Sez. III n. 12428 del 20 marzo 2008 (cc 7 feb. 2008)
Pres. Altieri Est. Fiale Ric. Fioretti
Urbanistica. Regolamento comunale ed interventi precari

Il Regolamento comunale che ricollega la individuazione della natura precaria dei manufatti esclusivamente alle caratteristiche dei materiali utilizzati per la loro realizzazione ed alla facile amovibilità ed introduce un titolo abilitativo edilizio "provvisorio" atipico e contrastante con quello che deve ritenersi un principio generale fissato dalla. Legislazione statale in materia di governa del territorio, secondo il quale è inammissibile la configurazione di provvedimento abilitativo che consenta di realizzare opere edilizie in contrasto con la normativa urbanistica, atteso che o viene in considerazione un\'opera avente natura oggettivamente precaria per le finalità alle quali è destinata, ed allora non si rende conseguentemente necessario alcun titolo abilitativo o viene in rilievo un\'opera avente carattere di stabilità, ed allora si impone in ogni caso il rispetto della normativa urbanistica; pertanto, il Comune non può, mediante l\'inserimento nel titolo abilitativo di clausole o condizioni, permettere la realizzazione, in contrasto con la pianificazione, di opere che siano in grado di alterare in modo permanente l\'assetto urbanistico
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ALTIERI Enrico - Presidente - del 07/02/2008
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N. 178
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 40064/2007
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FIORETTI Catia, nata a Grosseto il 7.4.1970;
avverso l\'ordinanza 19.10.2007 del Tribunale per il riesame di Grosseto;
Visti gli atti, la ordinanza impugnata ed il ricorso;
Udita, in camera di consiglio, la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. CIAMPOLI Luigi, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito il difensore, Avv.to LEPORATTI Brano, il quale ha concluso chiedendo l\'accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Grosseto, con ordinanza del 19.10.2007, rigettava l\'istanza di riesame proposta nell\'interesse di FIORETTI Catia avverso il decreto 1.10.2007 con il quale il G.I.P. di quel Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un manufatto realizzato nella via Manin del centro storico cittadino destinato ad ampliamento della superficie di un esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande, in relazione all\'ipotizzato reato di costruzione abusiva (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b, T.U.).
Il G.I.P. aveva evidenziato che:
- la realizzazione del manufatto in oggetto doveva essere necessariamente autorizzata con permessa di costruire, sicché si prospetta come titolo inidoneo la D.I. A onerosa in forza della quale esso è stato posto in opera in applicazione di un Regolamene comunale per la realizzazione di manufatti precari, - detto Regolamento, infatti, deve considerarsi illegittimo perché, in particolare, i manufatti da esso disciplinati - per caratteristiche, destinazione - e - funzioni - non possono classificarsi "precetti" nell\'accezione elaborata dall\'interpretazione giurisprudenziale sicché la qualificazione regolamentate - deve ritenersi contrastante con il disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3;
- l\'opera in concreto realizzata, inoltre, neppure rispetta le concrete modalità di realizzazione previste- neL citato Regolamento poiché non è stata predisposta l\'apertura di uri lato della struttura per almeno sei mesi dell\'anno.
Il Tribunale, a fronte delle emergenze prospettate dal GIP e delle relative contestazioni difensive, rilevava che;
- la procedura di presentazione di D.I.A. onerosa avrebbe potuto legittimare l\'intervento de quo soltanto nel caso in cui fosse stata configurabile l\'ipotesi di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. c). Tale configurazione, invece, deve escludersi nella fattispecie, poiché il Regolamento applicato dal Comune di Grosseto non può- ritenersi "piano di settore con precise indicazioni planovolumetriche" ed il realizzato ampliamento dell\'esercizio commerciale si pone altres in violazione del codice della strada;
- le problematiche relative alla buona fede dei soggetti coinvolti nella realizzazione del manufatto non possono essere affrontate in fede di riesame, trattandosi di materia devoluta agli apprezzamenti del giudice del merito e, comunque, la mancata predisposizione dell\'apertura di un lato della struttura appare esplicativa di una evidente volontà di violare consapevolmente le disposizioni regolamentari;
- il periculum legittimante l\'adozione e la permanenza della misura cautelare è ravvisabile: nel perdurante - ostacolo alla fruizione estetica di scorci particolari del centro storico di Grosseto; negli impedimenti e disagi alla circolazione di veicoli e pedoni che la nuova struttura comunque arreca; nell\'indotto aumento di carico urbanistico correlato alla fruizione non stagionale della struttura da parte della clientela).
Avverso l\'anzidetta ordinanza ha proposto ricorso la FIORETTI, la quale - sotto il profilo della violazione di legge ha lamentato:
- l\'erroneo disconoscimento della natura di "piano di settore con precise indicazioni planavolumetriche" del Regolamenta comunale, applicato, dovendo ritenersi - esso finalizzato, invece, all\'attuazione delle prescrizioni dell\'art. 81 del piano regolatore generale del Comune di Grosseto con riferimento specifico ai manufatti da porsi al servizio, di preesistenti esercizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande. La espletata procedura di D.I.A. sarebbe pertanto, legittima ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. c), e della L. n. 1 del 2005, art. 79, della Regione Toscana;
- la incongrua esclusione della precarietà del manufatto in concreto realizzato, pure essendo la sua permanenza rimessa alle determinazioni della P.A., legittimata a revocare in qualsiasi momento il consenso al mantenimento della struttura;
- l\'erronea individuazione di profili di illegittimità del Regolamento comunale per pretesa violazione del codice della strada;
- la irrilevanza della mancata predisposizione dell\'apertura di un lato della struttura, essendo stato il manufatto realizzato in modo del tutto conforme alle previsioni progettuali e non presentando caratteri di diversità oggettiva;
- l\'inconfigurabilità di qualsiasi situazione è di periculum in mora.
Il ricorso deve essere rigettato perché infondato.
1. Il Consiglio comunale di Grosseto - con Delib. 8 marzo 2002, n. 19, - ha approvato un Regolamento per l\'installazione di manufatti precari a servizio delle attività commerciali di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, con il quale ha inteso disciplinare espressamente "l\'installazione di manufatti precari a servizio delle attività commerciali di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande che risultino carenti di adeguati spazi per la somministrazione e/o eventuale organizzazione ed intrattenimento della clientela" (art. 1, comma 1).
Secondo le prescrizioni di tale Regolamento:
- "Sono da ritenersi manufatti precari le installazioni di tipo semifisso collegate, in via esclusiva, ad una attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (bar, ristoranti, pizzerie, birrerie, e simili) con esclusione di quelle in muratura tradizionale, che non abbiano alcun tipo di fondazione, ancorché fissate al suolo mediante appositi sistemi di ancoraggio e, quindi, per tali caratteristiche, da considerarsi strutture di scarsa rilevanza - urbanistica";
- i manufatti anzidetti "possono essere installati in aree pubbliche o private, all\'interno dei centri abitati o in territorio aperto norma, in adiacenza all\'attività commerciale di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande o, subordinatamente, previa valutazione da parte degli uffici competenti, anche in aree prossime all\'attività di somministrazione al pubblico di alimenti, e di bevande ritenute, per natura ed ubicazione, funzionali all\'attività medesima e compatibili con il pubblico interesse" (art. 2, comma 1);
- i manufatti in oggetto sono soggetti a D.I.A. (art. 3);
- è consentita l\'occupazione di carreggiata stradale (art. 4);
- i manufatti precari "possono essere autorizzati per un periodo massimo di anni tre, eventualmente rinnovabili previa rinnovazione della, domanda e compatibilmente al rilascio dell\'autorizzazione amministrativa per l\'occupazione del suolo pubblico. L\'Amministrazione comunale si riserva, comunque, anche durante il periodo di validità dell\'utilizzo del manufatto, sia su area pubblica che privatala facoltà di far rimuovere in via provvisoria o definitiva, con spese a totale carico dell\'esercente, il manufatto per fatti, motivi e cause di interesse pubblico" (art. 6, commi 1 e 2);
- "i manufatti in questione, per eventuale utilizzo nella stagione invernale, possono essere completamente chiusi purché con pannelli trasparenti asportabili" (art. 5, comma 3). L\'utilizzo di manufatti di talejipo "non può superare la durata di mesi sei; per l\'utilizzo fino a mesi dodici dovrà essere asportato almeno un dato della struttura" (art. 6, comma 4);
- "l\'Amministrazione comunale si riserva, su motivata richiesta dell\'interessate; e/o per particolari esigenze, di concedere autorizzazione per periodi superiori" (art. 6, comma 5). 2. A giudizio del Collegio, il Regolamento del Comune di Grosseto, le cui disposizioni sono state dianzi compendiate, introduce una illegittima nozione di "opera precaria".
Va ricordato, al riguardo, che secondo la costante interpretazione dottrinaria e giurisprudenziale, una trasformazione urbanistica e/o edilizia - per essere assoggettata all\'intervento autorizzatorio in senso ampio dell\'autorità - amministrativa - non deve essere precaria: un\'opera oggettivamente finalizzata a soddisfare esigenze improvvise o transeunti non è destinata a produrre, infatti, quegli effetti sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a regolare.
Restano esclusi, pertanto, dal regime del permesso di costruire i manufatti di assoluta ed evidente precarietà, destinati cioè a soddisfare esigenze di carattere contingente e ad essere presto eliminati.
Questa Corte Suprema ha affermato, in proposito, che:
- al fine di ritenere sottratta ai preventivo rilascio della concessione edilizia e del permesso di costruire la realizzazione di un manufatto per la sua asserita natura precaria, la stessa non può essere desunta dalla, temporaneità della destinazione, soggettivamente - data all\'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alta intrinseca destinazione materiale dell\'opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione (vedi Cass. sez. 3^: 21.3.2006, Cavallini;
3.6.2004, Mandò;. 10.6.2003, n. 24898, Magni; 18/02/1999, n. 4002, Bortolotti;
- ai fini del riscontro del connotato della precarietà dell\'opera e della relativa esclusione della modifica dell\'assetto del territorio, non sono, rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l\'agevole rimovibilità, ma le esigenze temporanee alle quali l\'opera eventualmente assolva. La natura precaria di una costruzione non dipende dalla natura dei materiali adottati e quindi dalla facilità della rimozione, ma dalle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare e cioè dalla stabilità dell\'insediamento indicativa dell\'impegno effettivo e durevole del territorio, a tale fine, inoltre, l\'opera deve essere considerata unitariamente e non nelle sue singole componenti (Cass. sez. 3^, 27.5.2004, Polito;
13.11.2002, Soc. Omnitel Pronto Italia; 12.7.1999, Piparo). - il carattere stagionale di una struttura non significa assoluta precarietà dell\'opera, in quanto la precarietà non va confusa con la stagionalità, vale a dire con l\'utilizzo annualmente ricorrente della struttura (Cass. sez. 3^: 21/2/2006, Mulas; 19.2.2004, Pieri;
21.10.1998, Colao).
In senso assolutamente conforme, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la precarietà di un manufatto non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall\'uso al quale il manufatto stesso è destinato; pertanto, essa va esclusa quando trattasi di struttura destinata a dare un\'utilità prolungata nel tempo, indipendentemente dalla facilità della sua rimozione, a nulla rilevando la temporaneità della destinazione data all\'opera del proprietario, in quanto occorre valutare la stessa - alla luce - della sua obiettiva e intrinseca destinazione naturale (vedi C. Stato, sez. 5^, 15.6.2000, n. 3321; 23.1.1995, n. 97). Il Regolamento comunale di Grosseto, invece, ricollega la individuazione della natura precaria dei manufatti esclusivamente alle caratteristiche dei materiali utilizzati per la loro realizzazione ed alla facile amovibilità ed introduce un titolo abilitativo edilizio "provvisorio" atipico e contrastante con quello che deve ritenersi un principio generale fissato dalla legislazione statale in materia di governo, del territorio, secondo il quale è inammissibile la configurazione di provvedimento abilitativo che consenta di realizzare opere edilizie in contrasto con la normativa urbanistica, atteso che o viene in considerazione un\'opera avente natura oggettivamente precaria per le finalità alle quali è destinata, ed allora non si rende conseguentemente necessario alcun titolo abilitativo, o viene in rilievo un\'opera avente carattere di stabilità, ed allora si impone in ogni caso il rispetto della normativa urbanistica; pertanto, il Comune non può, mediante l\'inserimento nel titolo abilitativo di clausole o condizioni, permettere la realizzazione, in contrasto con la pianificazione, di opere che siano in grado di alterare, in modo permanente l\'assetto urbanistico (vedi, al riguardo, C. Stato, sez. 5^, 20.3.2000 n. 1507).
3. Nella fattispecie in esame, inoltre, risulta assentita con il procedimento di D.I.A. un\'operarne;
- sicuramente non può considerarsi "precaria" .alla stregua della comune interpretazione giurisprudenziale;
- non è rispettosa dello stesso Regolamento comunale, in quanto - ben lungi dal potersi configurare come autonomo gazebo - non risulta installata "in adiacenza" all\'esercizio commerciale ne\' "in area prossima" ad esso (secondo le prescrizioni dell\'art. 2), bensì si integra con le precedenti strutture in muratura e costituisce un vero e proprio ampliamento della superficie e della volumetria dell\'esercizio preesistente, dal - quale non è in alcun modo separato, sicché la prescritta rimozione di almeno un lato di essa lascerebbe il locale, nella sua interezza, privo di chiusura. 4. Si pone allora la questione di verificare se l\'opera in concreto realizzata potesse comunque essere compiuta attraverso la legittima utilizzazione della procedura di D.I.A., ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. c), e della L. n. 1 del 2005, art. 79, della Regione Toscana.
In proposito deve ricordarsi che D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, (T.U.), - come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, prevede che, in alternativa al permesso di costruire, possono essere eseguiti mediante denuncia di inizio attività, in base alla scelta discrezionale dell\'interessato, oltre agli interventi di ristrutturazione di cui all\'art. 10, comma 1, lett. c):
- (lett. b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti. Qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all\'entrata in vigore della L. 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve intervenire entro 30 giorni dalla richiesta degli interessati.
In mancanza, si prescinde dall\'atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l\'esistenza di piani attuativi con le caratteristiche dianzi menzionata;
- (lett. c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generati recanti precise disposizioni planovolumetriche.
Ai sensi della L. 3 gennaio 2005, art. 79, comma 1, lett. a), n. 1 della Regione Toscana, sono sottoposti a denuncia d\'inizio dell\'attività:
- "gli interventi di cui all\'art. 78, comma 1, qualora siano specificamente disciplinati dai regolamenti urbanistici di cui all\'art. 55 trattasi dei Regolamenti urbanistici che disciplinano l\'attività, urbanistica ed edilizia per l\'intero territorio comunale n.d.r., dai piani complessi d\'intervento di cui all\'art. 56, dai piani attuativi, laddove tali strumenti contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata in base al comma 3...".
Ed dello stesso art. 79, comma 3, specifica che "la sussistenza della specifica disciplina degli atti, di cui al comma 1, lettera a), deve risultare da un\'esplicita - attestazione del Comune da rendersi in sede di approvazione dei nuovi strumenti o atti ovvero in sede di ricognizione di quelli vigenti, previo parere della commissione edilizia, se istituita, ovvero dell\'ufficio competente in materia". Alla stregua della normativa statale e regionale dianzi ricordata, dunque:
a) Ove esistono piani attuativi,- essi devono contenere "precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive", che costituiscono i parametri dettagliati in base ai quali dovrà essere redatto il progetto del privato con semplice trasposizione, nelle previsioni progettuali, delle prescrizioni complete dettate dallo strumento urbanistico.
Ciò comporta che i piani attuativi di nuova redazione devono contenere anche la dichiarazione esplicita di sussistenza dei presupposti per l\'effettuazione degli interventi mediante DIA, qualora essi (ovviamente) siano, in concreto presenti. Per i piani attuativi già esistenti, invece, il Comune deve provvedere, di ufficio, attraverso una variante normativa, aduna ricognizione invia generale e, in mancanza, il riconoscimento dei presupposti deve essere chiesto da colui che intenda utilizzare la procedura di D.T.A, nel caso in cui il Comune non fornisca riscontra, li interessato potrà - fare ricorso all\'attestazione del progettista sull\'esistenza delle prescrizioni di dettaglio richieste dalla legge. b) Qualora manchi una pianificazione attuativa (ed è questa l\'ipotesi alla quale fa riferimento la prospettazione difensiva), la legge prevede che gli interventi di nuova costruzione possano essere eseguiti mediante D.I.A. a condizione che siano "in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generati recanti precise disposizioni planovolumetriche".
Notevoli perplessità - induce il mancata (epoca ragionevole) riferimento alle "caratteristiche tipologiche, formali e costruttive" richieste, invece, in presenza di piani attuativi e, ove il piano regolatore non indichi espressamente, per determinati ambiti territoriali, la sussistenza dei presupposti per il ricorso alla D.T.A. alternativa, spetta al progettista attestare siffatta sussistenza.
Quanto poi alla individuazione concreta di detti presupposti, può prospettarsi la possibilità di riferimento a quelle situazioni in cui la nuova costruzione debba essere effettuata in una zona adeguatamente urbanizzata del territorio comunale, per la quale non sia richiesta la redazione di piani attuativi ove l\'intervento progettato non sia in grado di incidere sul carico urbanistico, aggravandolo e creando la necessità di ulteriori opere di urbanizzazione.
Nella fattispecie in esame, però:
- il Regolamento comunale in esame non è un piano urbanistico, tenuto conto dei sUoi contenuti e della, procedura seguita per la sua approvazione;
- L\'assentibilità dell\'effettuato ampliamento (da qualificarsi nuova costruzione) restava comunque condizionata al rispetto del rapporto pLanovolumetrico, degli indici di edificabilità e degli standard di zona, nonché alla effettiva disponibilità (non per titolo di mera occupazione precaria) dell\'area sulla quale si è edificato (area che certamente non può identificarsi in una strada pubblica). Devono considerarsi assorbite, pertanto, tutte le questioni correlate alla verifica del rispetto delle norme del codice della strada. 5. Quanto al "periculum in mora", le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza 29/01/2003 n. 2, Innocenti - hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che;
- il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa, già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell\'attualità e le - conseguenze- del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell\'offesa a, bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente - rimosse con l\'accertamento irrevocabile del reato;
- in tema di reati edilizi o urbanistici, "spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una - attenta valutazione del pericolo derivante da libero uso della cosa pertinente all\'illecito penale in particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell\'indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l\'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività in altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all\'oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare".
Il Tribunale di Grosseto, nell\'ordinanza impugnata, ha dato conto, con motivazione adeguata di avere compiuto quella "attenta valutazione, del pericolo derivante dal libero uso" dell\'ampliamento immobiliare illecitamente realizzato, secondo l\'orientamento delle Sezioni Unite, facendo corretto riferimento sia agli impedimenti ed ai disagi alla circolazione (pedonale e veicolare di emergenza) che la nuova opera comunque arreca sia all\'indotto aumento di carico urbanistico correlato alla fruizione della ampliata struttura da parte della clientela.
In una situazione siffatta del tutto irrilevante è l\'affidamento nella ritualità della procedura seguita, trattandosi di aspettative non legittime per l\'illiceità della res edificata
6. L\'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica restano demandati al giudice del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le argomentazioni svolte dalla ricorrente noti valgono certo ad escludere la legittimità della misura adottata. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Visti gli artt. 607, 127 e 325 c.p.p..
Rigetta il ricorso e condannala ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2008. Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2008