Corte di Giustizia
Causa C-2/10 Conclusioni - 14 aprile 2011 Avvocato generale: Mazák
Azienda Agro-Zootecnica Franchini e Eolica di Altamura

Le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 27  ettembre 2001, 2001/77/CE, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità e 23 aprile 2009, 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, nonché le direttive del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e 21 maggio 1979, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, non ostano all’adozione, da parte di uno Stato membro, di provvedimenti nazionali più rigorosi che vietino l’installazione di impianti eolici non finalizzati all’autoconsumo all’interno di un sito Natura 2000, a condizione che il divieto sia conforme alle politiche ambientali ed energetiche dell’Unione, che non sia contrario al principio della parità di trattamento e che non vada oltre quanto necessario per realizzare lo scopo perseguito, circostanze, queste, che devono essere accertate dal giudice del rinvio.

I– Introduzione

1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale concerne l’interpretazione delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/77/CE, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (2) e 23 aprile 2009, 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (3), nonché delle direttive del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (in prosieguo: la «direttiva “uccelli”» (4) e 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (in prosieguo: la «direttiva “habitat”») (5) .

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra le società Azienda Agro-Zootecnica Franchini sarl e Eolica di Altamura srl (in prosieguo: le «società ricorrenti») da un lato, e la regione Puglia, dall’altro, concernente il diniego del nulla-osta di localizzazione di impianti eolici su suoli facenti parte del Parco nazionale dell’Alta Murgia, area protetta classificata come sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale «pSIC / ZPS IT 9120007 Murgia Alta». La normativa nazionale vieta, tra l’altro, la localizzazione di impianti eolici non finalizzati all’autoconsumo all’interno di siti di importanza comunitaria (in prosieguo: i «SIC») e zone di protezione speciale (in prosieguo: le «ZPS») facenti parte della rete ecologica Natura 2000.

 

II – Contesto normativo

A – Normativa dell’Unione europea

3. L’art. 191 TFUE (ex art. 174 CE) così recita:

«1. La politica dell’Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:

– salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente,

– protezione della salute umana,

– uso accorto e razionale delle risorse naturali,

– promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.

2. La politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga” (…)».

4. L’art. 192 TFUE (ex art. 175 CE) così recita:

«1. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese dall’Unione per realizzare gli obiettivi dell’articolo 191».

5. L’art. 193 TFUE (ex art. 176 TEC) dispone che «[i] provvedimenti di protezione adottati in virtù dell’articolo 192 non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali provvedimenti devono essere compatibili con i trattati. Essi sono notificati alla Commissione».

6. L’art. 194, n. 1, TFUE, così recita:

«Nel quadro dell’instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente, la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a:

(a) garantire il funzionamento del mercato dell’energia,

(b) garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione,

(c) promuovere il risparmio energetico, l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili, e

(d) promuovere l’interconnessione delle reti energetiche».

1. Direttiva 2001/77

7. I ‘considerando’ dal primo al terzo della direttiva 2001/77 così recitano:

«(1) Il potenziale di sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili è attualmente sottoutilizzato nella Comunità. Quest’ultima riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile. Esse possono inoltre creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi di Kyoto. Bisogna pertanto garantire un migliore sfruttamento di questo potenziale nell’ambito del mercato interno dell’elettricità.

(2) La promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunità, come illustrato nel Libro bianco sulle fonti energetiche rinnovabili (in prosieguo: il “Libro bianco”), per motivi di sicurezza e diversificazione dell’approvvigionamento energetico, protezione dell’ambiente e coesione economica e sociale. Ciò è stato confermato dal Consiglio nella risoluzione dell’8 giugno 1998 sulle fonti energetiche rinnovabili, e dal Parlamento europeo nella risoluzione sul Libro bianco.

(3) Il maggiore uso di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una parte importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare ulteriori impegni».

8. L’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/77 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri o gli organismi competenti designati dagli Stati membri valutano l’attuale quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle altre procedure di cui all’articolo 4 della direttiva 96/92/CE applicabili agli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo scopo di:

– ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili,

– razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo,

– garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili».

9. L’art. 13 della direttiva 2009/28, intitolato «Procedure amministrative, regolamentazioni e codici», così recita:

«1. Gli Stati membri assicurano che le norme nazionali in materia di procedure di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze applicabili agli impianti e alle connesse infrastrutture della rete di trasmissione e distribuzione per la produzione di elettricità, di calore o di freddo a partire da fonti energetiche rinnovabili e al processo di trasformazione della biomassa in biocarburanti o altri prodotti energetici siano proporzionate e necessarie.

Gli Stati membri prendono in particolare le misure appropriate per assicurare che:

(…)

(c) le procedure amministrative siano semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato;

(d) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano oggettive, trasparenti, proporzionate, non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano pienamente conto delle specificità di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili;

(…)

(f) siano previste procedure di autorizzazione semplificate e meno gravose, anche attraverso semplice notifica se consentito dal quadro regolamentare applicabile, per i progetti di piccole dimensioni ed eventualmente per dispositivi decentrati per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

(…)»

2. La direttiva «uccelli»

10. L’art. 2 della direttiva «uccelli» statuisce che «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative».

11. L’art. 3, n. 1, della direttiva «uccelli» prevede che, tenuto conto delle esigenze di cui all’art. 2 della direttiva stessa, gli Stati membri adottano le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire una varietà e una superficie di habitat sufficienti per tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il Trattato CE. Ai sensi del n. 2, lett. a), del medesimo articolo, le misure volte alla preservazione, al mantenimento e al ripristino dei biotopi e degli habitat comportano, segnatamente, l’istituzione di zone di protezione.

12. L’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «uccelli» impone agli Stati membri di classificare come zone di protezione speciale i territori più idonei rispetto ai criteri ornitologici fissati in tali disposizioni.

13. L’art. 4, n. 4, della direttiva «uccelli» così recita:

«Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».

14. L’art. 14 della direttiva «uccelli» stabilisce che «gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva».

3. La direttiva «habitat»

15. L’art. 3, n. 1, della direttiva «habitat» prevede la costituzione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata «Natura 2000», che comprende altresì le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri in base alle disposizioni della direttiva «uccelli».

16. L’art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» prevede quanto segue:

«2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

17. Ai sensi dell’art. 7 della direttiva «habitat», «[g]li obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva [“uccelli”], per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva [“uccelli”], qualora essa sia posteriore».

B – Normativa nazionale

18. L’art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, legge finanziaria per il 2007 (in prosieguo: la «legge finanziaria 2007») (6) statuisce che, al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono effettuare e completare gli adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

19. L’art. 5, n. 1, del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 17 ottobre 2007, recante criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS) (7) (in prosieguo il «decreto ministeriale») prevede che, per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome devono porre i seguenti divieti:

«(…)

(l) realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di emanazione del presente atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l’incidenza del progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito è stato designato, sentito l’INFS (Istituto nazionale per la fauna selvatica). Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kW».

20. L’art. 2 della legge regionale della Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, recante norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale (in prosieguo: la «legge regionale n. 21») prevede quanto segue:

«(…)

(6) In applicazione degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE, nonché degli articoli 4 e 6 del relativo regolamento attuativo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, come rispettivamente modificati (…) non è consentito localizzare aerogeneratori non finalizzati all’autoconsumo nei SIC e nelle ZPS, costituenti la rete ecologica “Natura 2000” (…).

(…)

(8) Il divieto di cui ai commi 6 e 7 si estende ad un’area buffer di duecento metri».

 

III – Controversia nella causa principale e questione pregiudiziale

21. Secondo l’ordinanza di rinvio, la società Eolica di Altamura ha acquisito i diritti relativi alla realizzazione di un parco eolico non finalizzato all’autoconsumo (bensì, vale a dire, alla produzione di energia elettrica a fini commerciali), parco da realizzarsi sui terreni dell’Azienda Agro-Zootecnica Franchini. Detti terreni rientrano nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, area protetta classificata come sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale «pSIC / ZPS IT 9120007 Murgia Alta». Le richieste di nulla-osta per la realizzazione di un parco eolico sono state respinte dall’Ente parco e dalla Regione Puglia con provvedimenti del 1° settembre 2006 e del 4 luglio 2007, rispettivamente. Il diniego opposto dalla Regione Puglia si basava sull’art. 6, n. 3, lett. a), del regolamento regionale 4 ottobre 2006, n. 16, che statuisce, con riferimento all’ubicazione di impianti eolici, che le aree di importanza comunitaria e le zone di protezione speciale di cui alle direttive «habitat» e «uccelli» sono ritenute in via assoluta «non idonee» e sull’art. 14, n. 2, lett. a), del medesimo regolamento regionale, il quale stabilisce che, in assenza di un piano regolatore degli impianti eolici, tali aree sono considerate «non idonee». Le società ricorrenti hanno impugnato dinanzi al giudice del rinvio i provvedimenti di diniego e i regolamenti regionali su cui gli stessi erano fondati, ottenendo una prima volta l’accoglimento delle loro richieste. Tuttavia, nelle more del giudizio è stato adottato il regolamento regionale n. 15/2008, che ha imposto alle società ricorrenti la proposizione di un ulteriore ricorso di annullamento.

22. Nella causa principale dinanzi al giudice del rinvio, le società ricorrenti chiedono l’annullamento dell’art. 5, primo comma, lett. n), nonché dell’art. 5, commi 4 e 4 bis, del regolamento regionale n. 15/2008. L’art. 5, n. 1, lett. n), vieta, tra l’altro, la realizzazione di nuovi impianti eolici all’interno dei siti Natura 2000. Le società ricorrenti denunciano, tra l’altro, la violazione dei principi previsti dalla direttiva 2001/77. La regione Puglia chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero infondato.

23. In pendenza della causa principale è entrata in vigore la legge regionale n. 31. Il giudice del rinvio ritiene che il divieto di realizzare impianti eolici non finalizzati all’autoconsumo ai sensi dell’art. 2, n. 6, della legge regionale n. 31, sia applicabile alla richiesta di autorizzazione e di compatibilità ambientale presentata dalle società ricorrenti a decorrere dall’entrata in vigore di detta legge (e cioè, dall’8 novembre 2008), prescindendo da qualsivoglia specifica valutazione di impatto o incidenza ambientale.

24. Sulla base delle considerazioni che precedono, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia ha deciso, con ordinanza 23 settembre 2009, pervenuta in cancelleria il 4 gennaio 2010, di sospendere il procedimento e di sottoporre all’esame della Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con il diritto [dell’Unione], ed in particolare con i principi desumibili dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE (in materia di energie rinnovabili) e dalle direttive 79/409/CE e 92/43/CEE (in materia di tutela dell’avifauna e dell’habitat naturale), il combinato disposto dell’art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dell’art. 5, primo comma, del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, e dell’art. 2, sesto comma, della legge regionale della Puglia 21 ottobre 2008 n. 31, nella parte in cui vietano in modo assoluto ed indifferenziato di localizzare aerogeneratori non finalizzati all’autoconsumo nei siti di importanza comunitaria (SIC) e nelle zone di protezione speciale (ZPS) costituenti la rete ecologica «NATURA 2000», in luogo dell’effettuazione di apposita valutazione di incidenza ambientale che analizzi l’impatto del singolo progetto sul sito specifico interessato dall’intervento».

 

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

25. Memorie scritte sono state presentate dalle società ricorrenti e dalla Commissione. All’udienza del 10 febbraio 2011, osservazioni orali sono state formulate dalle società ricorrenti, dalla Regione Puglia dalla Commissione.

V – Valutazione

A – Questione preliminare

26. È chiaro che, la domanda pregiudiziale è diretta a far sì che la Corte si pronunci sulla compatibilità delle norme del diritto interno con il diritto dell’Unione. A questo proposito basta ricordare che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, benché non spetti alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità di norme del diritto interno con il diritto dell’Unione, essa è tuttavia competente a fornire al giudice a quo tutti gli elementi di interpretazione concernenti tale diritto, atti a consentirgli di valutare tale compatibilità per pronunciarsi nella causa di cui è investito (8) .

B – Nel merito

27. A mio avviso, con la questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se le direttive «uccelli» e «habitat» e le direttive 2001/77 e 2009/28 ostino all’adozione, da parte di uno Stato membro, di misure nazionali che consistono nel divieto, in talune circostanze, di realizzare di impianti eolici all’interno di siti facenti parte della rete ecologica Natura 2000 in assenza di un’analisi dell’impatto del singolo progetto sul sito specifico.

28. Dal fascicolo sottoposto alla Corte sembrerebbe, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che il divieto di cui trattasi abbia un ambito di applicazione limitato, dal momento che attualmente è applicabile unicamente agli impianti eolici e non ad altri sistemi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (9) .

29. Sembrerebbe inoltre, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che il divieto per gli impianti eolici sia limitato, in quanto applicabile unicamente alla realizzazione di impianti eolici nuovi, piuttosto che a quelli esistenti (10) . Il divieto non sarebbe inoltre applicabile ad impianti eolici per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kW (11) . All’udienza la Commissione e la Regione Puglia hanno sottolineato la portata limitata del divieto di cui trattasi.

30. A mio parere, il giudice del rinvio, le società ricorrenti e la Commissione affermano, giustamente, che la classificazione di un’area come sito di importanza comunitaria (12) o zona di protezione speciale (13) facente parte della rete ecologica Natura 2000 non comporta il divieto assoluto di costruzione al suo interno ai sensi delle direttive «uccelli» e «habitat».

31. L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», in combinato disposto con l’art. 7 (14) della stessa, impone agli Stati membri di adottare opportune misure per evitare, nei siti di importanza comunitaria e nelle zone di protezione speciale, il deterioramento degli habitat nonché le perturbazioni significative incidenti sulle specie per le quali tali zone sono state designate. L’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», prevede che le autorità nazionali competenti possano dare il loro accordo su un piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, soltanto dopo aver avuto la certezza, mediante un’opportuna valutazione dell’incidenza di tale piano o progetto sul sito, che esso non pregiudicherà l’integrità del sito stesso. Tale disposizione introduce un procedimento diretto a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso possa essere autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (15) .

32. Pertanto, al fine di approvare un piano o progetto per siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale deve essere esperita, in via preliminare, un’opportuna valutazione individuale di tale piano o progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».

33. Nel caso in esame, sembrerebbe che la normativa nazionale vieti, in talune circostanze, la realizzazione di impianti eolici nel sito di cui trattasi, in assenza di previa valutazione individuale del piano o progetto attinente a tale realizzazione sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» e della constatazione concreta di un effetto negativo sul sito. Ritengo, pertanto, che per risolvere la questione pregiudiziale si debba determinare se e, eventualmente, a quali condizioni il diritto dell’Unione consenta l’introduzione di misure nazionali di protezione più rigorose di quelle previste dall’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», che vietano, in talune circostanze, la realizzazione di impianti eolici all’interno dei siti Natura 2000 in assenza di una valutazione individuale del piano o progetto attinente a tale realizzazione e della constatazione di un impatto negativo.

34. Ai sensi dell’art. 14 della direttiva «uccelli», gli Stati membri possono adottare provvedimenti di protezione più rigorosi di quelli previsti da tale direttiva. Sebbene l’art. 14 della direttiva «uccelli» non imponga espressamente condizioni, a mio avviso tali provvedimenti di protezione più rigorosi devono essere conformi al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

35. La direttiva «habitat» non contiene una disposizione analoga all’art. 14 della direttiva «uccelli». Tuttavia, come rilevato dalla Commissione nelle sue memorie, atteso che il fondamento giuridico della direttiva «habitat» era l’art. 130 S CE (divenuto art. 175 CE ed ora art. 192 TFUE), era applicabile l’art. 130 T CE (divenuto art. 176 CE ed ora art. 193 TFUE). L’art. 193 TFUE consente agli Stati membri di adottare provvedimenti nazionali di protezione più rigorosi, a condizione che siano compatibili con i trattati, vale a dire il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (16) e siano notificati alla Commissione.

36. Il fascicolo sottoposto alla Corte non contiene alcuna informazione concernente la notifica alla Commissione dei provvedimenti nazionali di protezione più rigorosi.

37. Tuttavia, dal portale EUR-Lex risulterebbe che il decreto ministeriale è stato notificato alla Commissione come provvedimento nazionale di attuazione sia della direttiva «habitat», sia della direttiva «uccelli» (17) . Pertanto, salvo verifica da parte del giudice nazionale, sembrerebbe che la Commissione sia stata informata dell’obbligo imposto alle regioni e alle province autonome ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. l), del decreto ministeriale di cui trattasi, di vietare, a determinate condizioni, la realizzazione di nuovi impianti eolici nei siti facenti parte della rete Natura 2000.

38. In ogni caso, a mio avviso, l’inadempimento dell’obbligo di notifica alla Commissione ai sensi dell’art. 193 TFUE non costituisce un vizio procedurale sostanziale atto a rendere i provvedimenti nazionali più rigorosi di cui trattasi invalidi o inapplicabili ai singoli. L’art. 193 TFUE impone semplicemente agli Stati membri di informare la Commissione. L’art. 193 TFUE  non stabilisce termini, né procedure di controllo da parte dell’Unione per i provvedimenti nazionali più rigorosi(18) . Inoltre, l’art. 193 TFUE non subordina l’adozione di siffatti provvedimenti all’assenso o alla mancata opposizione della Commissione. Sembrerebbe, pertanto, che l’obbligo imposto agli Stati membri ai sensi dell’art. 193 TFUE sia volto a garantire che la Commissione venga informata in merito ai provvedimenti nazionali di protezione concernenti l’ambiente, qualora siano più rigorosi rispetto alla legislazione dell’Unione in tale settore. Tale notifica consente alla Commissione di valutare se i provvedimenti nazionali di protezione siano compatibili con il diritto dell’Unione e di adottare opportune misure, qualora necessarie. Tuttavia, né il testo, né la finalità dell’art. 193 TFUE consentono di ritenere che il mancato rispetto dell’obbligo di notifica alla Commissione imposto agli Stati membri comporti, di per sé, l’illegittimità dei provvedimenti nazionali di protezione di cui trattasi (19) .

39. Nonostante il margine di discrezionalità conferito agli Stati membri dall’art. 14 della direttiva «uccelli» e dall’art. 193 TFUE con riferimento all’adozione di provvedimenti di protezione più rigorosi di quelli adottati dall’Unione, gli Stati membri devono esercitare la propria discrezionalità in conformità, in primo luogo, alle politiche ambientali ed energetiche (20) che, ai sensi degli artt. 191 e 194 TFUE, hanno lo scopo, tra l’altro, di salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente, combattere i cambiamenti climatici, e promuovere lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili e, in secondo luogo, con i principi generali di diritto dell’Unione.

40. A mio parere, il divieto di cui trattasi sembrerebbe conforme agli obiettivi della politica ambientale dell’Unione.

41. Il giudice del rinvio ha rilevato, nell’ordinanza di rinvio, che il decreto ministeriale e, quindi, tra l’altro, il divieto contenuto nell’art. 5, n. 1, lett. l), del medesimo, è stato adottato sulla base di una delega di poteri ai sensi dell’art. 1, comma 1226, della legge finanziaria 2007, al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione nei confronti della Repubblica italiana a seguito dell’emissione di un parere motivato della Commissione nei confronti dell’Italia nella procedura d’infrazione n. 2006/2131, concernente, inter alia, gli artt. 2, 3, e 4, della direttiva «uccelli», che stabiliscono che devono essere adottate le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire una varietà e una superficie di habitat sufficienti per tutte le specie, in aggiunta a misure di conservazione speciale(21) . Alla Corte non sono state presentate ulteriori spiegazioni in merito al motivo, o ai motivi, che hanno condotto all’adozione del divieto di cui trattasi.

42. Sembrerebbe pertanto che, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, il divieto in talune circostanze di realizzare nuovi impianti eolici all’interno dei siti natura 2000 persegua gli stessi obiettivi delle direttive «uccelli» e «habitat» e, in particolare, dell’art. 6, nn. 1-3, della direttiva «habitat», precisamente la conservazione di taluni habitat e specie e la prevenzione del degrado degli habitat naturali e della perturbazione significativa delle specie di cui trattasi. In proposito, vorrei osservare che all’udienza la Commissione ha rilevato, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che due specie di uccelli molto sensibili agli impianti eolici sono presenti nel sito in questione. Inoltre, all’udienza la Regione Puglia ha dichiarato che numerosi uccelli che rappresentano il simbolo del sito in questione sono stati uccisi dalle turbine eoliche (ubicate all’esterno del sito).

43. Inoltre, all’udienza la Commissione ha fatto riferimento al suo documento di orientamento 2007 per lo sviluppo dell’energia eolica all’interno della rete natura 2000 (22) e ai rischi derivanti dagli impianti eolici. Il lungo elenco delle potenziali conseguenze dello sviluppo dell’energia eolica sulla natura e sulla fauna selvatiche, esposto in tale documento di orientamento, comprende il rischio di collisione, le perturbazioni o lo spostamento (perdita dell’utilizzazione dell’habitat), effetti barriera (gli impianti eolici possono indurre uccelli o mammiferi a cambiare direzione) e perdita o degrado dell’habitat.

44. Vorrei inoltre aggiungere che gli effetti sull’ambiente causati da un particolare parco eolico, realizzato in mancanza di una corretta valutazione dell’impatto ambientale sono stati descritti dalla Corte nella causa C‑215/06 (23) .

45. A mio parere, il divieto di cui trattasi sembrerebbe, inoltre, conforme agli obiettivi della politica energetica dell’Unione.

46. Il giudice del rinvio ritiene che le direttive 2001/77 e 2009/28 esprimano una chiara preferenza per l’impiego delle fonti di energia rinnovabili, dal momento che esso contribuisce alla protezione dell’ambiente, alla protezione degli ecosistemi dai rischi derivanti dai cambiamenti climatici, allo sviluppo sostenibile e alla crescita delle economie locali. Secondo il giudice del rinvio, l’art. 6 della direttiva 2001/77, in particolare, impone agli Stati membri di ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo e garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili.

47. A mio parere, Il Trattato dell’Unione Europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea non stabiliscono alcuna priorità tra la politica ambientale dell’Unione e la sua politica energetica. L’art. 194, n. 1, TFUE, tuttavia, prescrive che la politica energetica dell’Unione tenga conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente (24) . L’art. 191, n. 1, TFUE fa riferimento all’obiettivo di combattere i cambiamenti climatici.

48. Il primo e il secondo ‘considerando’ della direttiva 2001/77 fanno riferimento alla necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili e alla promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili quale obiettivo altamente prioritario a livello della Comunità (25) . Tuttavia, a mio avviso, contrariamente agli argomenti sollevati dalle società ricorrenti, il legislatore dell’Unione non ha cercato di favorire tali obiettivi rispetto a tutti gli altri obiettivi (ambientali), ma ha cercato di promuovere l’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili per proteggere l’ambiente e per conformarsi al protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (26), per garantire la sicurezza energetica e la diversificazione dell’approvvigionamento, nonché la coesione sociale ed economica (27) . I principali provvedimenti per realizzare tali obiettivi comprendono la fissazione, nella direttiva 2001/77, di obiettivi indicativi di consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili (28) e la sburocratizzazione delle procedure amministrative di autorizzazione a costruire impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili (29) .

49. Nonostante le società ricorrenti affermino che la «pSIC / ZPS IT 9120007 Murgia Alta» è geograficamente molto estesa, la Corte non dispone di elementi idonei a dimostrare che il divieto circoscritto di costruzione di taluni impianti eolici all’interno dei siti natura 2000 in Puglia abbia costituito un ostacolo alla produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili a livello nazionale o regionale. All’udienza, la Commissione ha dichiarato che la Puglia è una delle regioni italiane che conta il maggior numero di impianti eolici: è la prima regione in termini di capacità e la seconda, dopo la Sicilia, per numero di impianti.

50. In effetti, considerando gli elementi di prova presentati dalla Commissione concernenti l’attuale quota di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili a livello nazionale (30) e la forte presenza di impianti eolici in Puglia, sulla base delle informazioni presentate alla Corte in udienza sembrerebbe, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che la futura realizzazione dell’obiettivo vincolante del 17% fissato dalla direttiva 2009/28 con riferimento all’Italia per il 2020 non sia ostacolata dal divieto di cui trattasi.

51. A mio parere è necessario, inoltre, verificare se il divieto di cui trattasi violi le norme di sburocratizzazione stabilite dall’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/77.

52. In assenza di deduzioni contrarie sottoposte alla Corte, e salvo verifica da parte del giudice del rinvio, ritengo che il divieto di cui trattasi, definito per legge, risulti sufficientemente trasparente e oggettivo. Inoltre, considerata la portata apparentemente limitata del divieto di cui trattasi (31), la Corte non dispone di elementi idonei a dimostrare che gli obiettivi di ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili e di razionalizzare e accelerare le procedure siano stati ostacolati a livello regionale o nazionale.

53. Per quanto concerne la questione della discriminazione, secondo giurisprudenza costante, tale conformità al principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (32) .

54. Nell’ambito della causa principale, la violazione del principio della parità di trattamento a causa di un trattamento differenziato presuppone che le situazioni considerate siano comparabili alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Nel valutare la questione di discriminazione occorre prendere in considerazione i principi e gli obiettivi della legislazione dell’Unione applicabile che, nella causa principale, si fondano sulla politica ambientale dell’Unione (33) . La politica dell’Unione in materia ambientale mira, ai sensi dell’art. 191, n. 2 TFEU, ad un elevato livello di tutela e si fonda in particolare sui principi della precauzione e dell’azione preventiva (34) .

55. Le società ricorrenti sostengono che sviluppi industriali diversi dalla realizzazione di impianti eolici nel sito di cui trattasi non sono soggetti ad un divieto equivalente, ma devono, se del caso, essere valutati ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» (35) .

56. Salvo verifica da parte del giudice del rinvio, la Corte non dispone di elementi idonei a dimostrare che nulla-osta per la realizzazione di impianti eolici siano stati concessi ad operatori diversi dalle società ricorrenti in «pSIC / ZPS IT 9120007 Murgia Alta» dopo l’entrata in vigore della legge regionale n. 31.

57. Inoltre, considerati gli asseriti effetti negativi che potrebbero prodursi all’interno dei siti natura 2000 e nel sito di cui trattasi in particolare in seguito alla realizzazione e al funzionamento dei parchi eolici (36), sembrerebbe, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che il divieto non sia discriminatorio. A tale riguardo, alla Corte non è stato sottoposto alcun elemento idoneo a provare che sviluppi industriali diversi producono tutti gli asseriti potenziali effetti pregiudizievoli su tali siti (37) paragonabili a quelli derivanti dalla costruzione e dal funzionamento di impianti eolici. La valutazione di tale questione, tuttavia, spetta in definitiva al giudice del rinvio.

58. A mio parere, il divieto di cui trattasi deve, inoltre, essere conforme al principio di proporzionalità, che esige che gli atti adottati non eccedano i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi; qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (38) . È compito del giudice nazionale accertare se le misure di divieto di cui alla causa principale non vadano oltre quanto necessario per realizzare lo scopo perseguito. A tale riguardo, ritengo che il giudice del rinvio debba tenere conto, tra l’altro, della portata apparentemente limitata del divieto, dal momento che sembra essere applicabile ad un’area geografica definita e circoscritta, ad un’unica, particolare fonte energetica rinnovabile ed unicamente a nuovi parchi eolici su scala commerciale (39) .

 

VI – Conclusione

59. Di conseguenza, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale sottopostale dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia nei seguenti termini:

Le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/77/CE, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità e 23 aprile 2009, 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, nonché le direttive del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e 21 maggio 1979, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, non ostano all’adozione, da parte di uno Stato membro, di provvedimenti nazionali più rigorosi che vietino l’installazione di impianti eolici non finalizzati all’autoconsumo all’interno di un sito Natura 2000, a condizione che il divieto sia conforme alle politiche ambientali ed energetiche dell’Unione, che non sia contrario al principio della parità di trattamento e che non vada oltre quanto necessario per realizzare lo scopo perseguito, circostanze, queste, che devono essere accertate dal giudice del rinvio.

(1) .

(2)  – GU 2001 L 283, pag. 33.

(3)  – GU 2009 L 140, pag. 16.

(4)  – GU 1979 L 103, pag. 1.

(5)  – GU 1992 L 206, pag. 7.

(6)  – GURI n. 299, del 27 dicembre 2006, SO n. 244.

(7)  – GURI n. 258, del 6 novembre 2007.

(8)  – Sentenza 22 maggio 2008, causa C‑439/06, citiworks (Racc. pag. I‑3913, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

(9)  – Vorrei rilevare in proposito che, sebbene la direttiva 2001/77 definisca le «fonti energetiche rinnovabili» «fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas)», tale direttiva non indica particolari preferenze con riferimento a fonti particolari. Pertanto, come rilevato dalla Commissione, gli Stati membri possono, in linea di principio, scegliere le fonti energetiche rinnovabili che ritengono più idonee. Secondo la Commissione, né la direttiva 2001/77 né la direttiva 2009/28, stabiliscono alcuna priorità tra fonti energetiche rinnovabili diverse. V. art. 2, lett. a), della direttiva 2001/1/77.

(10)  – V. paragrafo 19 supra. Sembrerebbe che siano consentiti anche interventi di sostituzione e ammodernamento degli impianti eolici esistenti all’interno dei siti Natura 2000, a condizione che siano soddisfatte talune condizioni.

(11)  – V. paragrafi 19 e 20 supra.

(12)  – V. la definizione di cui all’art. 1, lett. k) della direttiva «habitat». V. art. 3, n. 1, della direttiva «habitat» in merito alla costituzione di una rete ecologica di zone speciali di conservazione, denominata «Natura 2000», che comprende zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri in base alle disposizioni della direttiva «uccelli».

(13)  – V. art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva «uccelli», che prevede l’istituzione di zone di protezione da parte degli Stati membri. V. art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «uccelli», concernente la scelta dei territori più idonei per la classificazione come zone di protezione speciale.

(14)  – L’art. 7 della direttiva 92/43 sostituisce gli obblighi derivanti dall’art. 6, nn. 2‑4, di tale direttiva, con quelli derivanti dall’art 4, n. 4 della direttiva 79/409. V. sentenza 20 settembre 2007, causa C‑304/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑7495, punto 104).

(15)  – Sentenza 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (Racc. pag. I‑7405, punti 32-34). Dopo la valutazione dell’incidenza ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» e in caso di conclusione negativa della valutazione, le autorità competenti possono scegliere se rifiutare l’autorizzazione per realizzare il piano o progetto, o autorizzare lo stesso ai sensi dell’art. 6, n. 4, di tale direttiva, purché sussistano le condizioni previste in tale disposizione. V. sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑239/04, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑10183, punto 25).

(16)  – V. art. 1 TUE. V. anche sentenza 14 aprile 2005, causa C‑6/03, Deponiezweckverband Eiterköpfe (Racc. pag. I‑2753, punti 58 e 59). Al punto 58 della sentenza, la Corte ha affermato che «nell’ambito della politica comunitaria dell’ambiente, qualora una misura nazionale persegua gli stessi obiettivi di una direttiva, il superamento dei requisiti minimi stabiliti da tale direttiva è previsto e autorizzato dall’art. 176 CE, alle condizioni stabilite da quest’ultimo».

(17)  – Il preambolo del decreto ministeriale di cui trattasi si riferisce, tra l’altro, all’art. 1, comma 1226, della legge finanziaria 2007 e sembrerebbe far parte di tale decreto.

(18)  – V., per contro, sentenza 30 aprile 1996, causa C‑194/94, CIA Security International (Racc. pag. I‑2201, punti 47-55). V. anche sentenza, 26 settembre 2000, causa C‑443/98, Unilever (Racc. pag. I‑7535).

(19)  – V., per analogia, sentenza 13 luglio 1989, causa 380/87, Enichem Base e a. (Racc. pag. I‑2491).

(20)  – Il titolo separato concernente l’Energia, contenuto nell’art. 194 TFUE è stato introdotto dal Trattato di Lisbona. V. tuttavia, l’art. 2 CE, riguardante lo sviluppo sostenibile delle attività economiche e l’art. 3, n. 1, lett. u),  CE, in base al quale l’azione della Comunità deve comprendere misure in materia di energia.

(21)  – Tale procedimento è si è concluso con la constatazione della Corte nella sentenza 15 luglio 2010, causa   C‑573/08, Commissione/Italia (non ancora pubblicata nella Raccolta), in base alla quale, poiché la normativa di recepimento della direttiva «uccelli» nell’ordinamento italiano non è completamente conforme alla direttiva stessa e poiché il sistema di recepimento dell’art. 9 di tale direttiva non garantisce che le deroghe adottate dalle autorità italiane competenti rispettino le condizioni e i requisiti di cui a tale articolo, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi derivanti dagli artt.  2‑7, 9‑11, 13 e 18 della direttiva.

(22)  – V. «Guidance on wind energy and Natura 2000» (Documento di orientamento sull’energia eolica e Natura 2000), disponibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/management/guidance_en.htm.

(23)  – Sentenza 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑4911).

(24)  – Vorrei rilevare che il fondamento giuridico della direttiva 2001/77 è l’art. 175, n. 1, CE (ora art. 192, n. 1, TFUE) e che il fondamento giuridico della direttiva 2009/28 è, principalmente, l’art. 175, n. 1, CE.

(25)  – Nessun obiettivo è considerato prioritario dagli articoli di tale direttiva.

(26) – V. il terzo ‘considerando’ della direttiva 2001/77.

(27)  – V. la relazione illustrativa della proposta di tale direttiva COM(2000) 279 def., 2000/116 (COD) e il Libro bianco sulle fonti energetiche rinnovabili COM(97) 599 def., di cui al secondo ‘considerando’ della direttiva 2001/77. L’introduzione alla relazione illustrativa statuisce che «la direttiva propone che gli Stati membri prendano le misure necessarie per garantire che il livello di [elettricità da fonti energetiche rinnovabili] si sviluppi in linea con gli obiettivi energetici e ambientali stabiliti a livello comunitario e nazionale». Il punto 2.1 stabilisce che «[l]a promozione delle fonti energetiche rinnovabili è una grande priorità comunitaria, per motivi di sicurezza e diversificazione dell’approvvigionamento energetico e di coesione economica e sociale».

(28)  – L’art. 3 della direttiva 2009/28 fissa obiettivi e misure nazionali generali obbligatori per l’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Tuttavia, poiché, ai sensi dell’art. 27 della direttiva 2009/28, agli Stati membri il recepimento dell’art. 3 non viene imposto che entro il 5 dicembre 2010, sembrerebbe che la disposizione non sia applicabile alla controversia nella causa principale.

(29)  – Art. 6, n. 1, della direttiva 2001/77.

(30)  – All’udienza la Commissione ha dichiarato, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che, nel 2006, il 18,3% dell’elettricità consumata in Italia era prodotto da fonti rinnovabili.

(31)  – V. paragrafi 28 e 29 supra.

(32)  – V. sentenza 17 ottobre 1995, causa C‑44/94, Fishermen’s Organisations e a. (Racc. pag. I‑3115, punto 46).

(33) – V. nota 24 supra.

(34)  – V., in tal senso, sentenza 16 dicembre 2008, causa C‑127/07, Arcelor Atlantique et Lorraine e a. (Racc. pag. I‑9895, punto 30).

(35)  – Dal fascicolo sottoposto alla Corte sembrerebbe che le società ricorrenti non abbiano subito, né facciano valere, discriminazioni fondate sulla nazionalità.

(36)  – V. paragrafi 42 e segg. supra.

(37) Tenuto conto del loro obiettivo e delle loro caratteristiche unici.

(38)  – V. sentenze 4 giugno 1992, cause riunite C‑13/91 e C‑113/91, Debus (Racc. pag. I‑3617, punto 16) e 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. I‑2265, punto 96).

(39)  – V. paragrafi 28 e 29 supra.