Lo sviluppo sostenibile e la lotta al cambiamento climatico fra disciplina costituzionale e diritto dell’U.E.: la centralità della categoria dell’effettività e il ruolo della tutela giurisdizionale 

di Giovanni TULUMELLO

Pubblicazione Ufficio Studi della Giustizia Amministrativa

Sommario: 1. Premessa: la tutela dell’ambiente fra sviluppo sostenibile e responsabilità intergenerazionale: la necessità di una riflessione sulle categorie e sui rimedi dopo la giurisprudenza Janecek della Corte di Giustizia. – 2. La successiva giurisprudenza della Corte di Giustizia: regole di validità e regole di responsabilità nella disciplina della tutela della qualità dell’aria; il problema degli strumenti del diritto processuale nazionale necessari per imporre gli obblighi di risultato. 2.1. La sentenza della II Sezione del 19 novembre 2014, in causa C-404/13. – 2.2. La sentenza della Grande Sezione 19 dicembre 2019, in causa C-752/18. - 2.3. La sentenza della Grande Sezione, 22 dicembre 2022, in causa C-61/21. – 3. La giurisprudenza delle Corti nazionali francese e olandese: private enforcement e private remedies? – 4. La giurisprudenza italiana: 4.1. il rimedio dell’accesso; 4.2. il silenzio-inadempimento; 4.3. il giudizio di ottemperanza; 4.4. il riparto di giurisdizione. – 5. L’attuale conformazione normativa dell’interesse ambientale, la discrezionalità amministrativa e le forme di tutela: 5.1. La dialettica fra ambiente e paesaggio. – 5.2. Il nuovo testo dell’art. 9 della Costituzione. – 5.3. La recente Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. – 5.4. La gerarchia degli interessi come conseguenza di una priorità logica ed ontologica. 5.5. Processi qualificatori e assetto normativo. - 5.6. Complessità socio-politica del fenomeno regolatorio, ed irrigidimento della discrezionalità in materia - 6. Conclusioni: l’esercizio della giurisdizione conforme alla sua funzione e al dettato normativo.

1. La disciplina della tutela dell’ambiente volta a contrastare i rischi del cambiamento climatico, portata soprattutto dalle direttive europee in materia di qualità dell’aria, sta imponendo all’attività della pubblica amministrazione, e al sindacato giurisdizionale (della legittimità) della stessa, significativi percorsi evolutivi che riguardano tradizionali categorie ed istituti dell’attività amministrativa e del processo.

Essa implica, soprattutto, profondi cambiamenti sul piano rimediale, in punto di intensità (e di esiti) del sindacato giurisdizionale sulle politiche ambientali.

Il principale – ma non esclusivo – settore d’interesse è dato, come accennato, dalla (verifica della) attuazione delle direttive europee in materia di qualità dell’aria.

Il giudice comunitario già dal 2008, con la giurisprudenza Janecek (sentenza 25 luglio 2008, in causa C-237/07) aveva affermato una logica di effettività e di risultato nell’attuazione della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria. 1

Come si è avuto modo di osservare allora, “La decisione della Corte di Giustizia non smentisce l’esistenza di un potere discrezionale nel raggiungimento degli obiettivi di contenimento delle emissioni inquinanti, ed anzi esplicitamente richiama la necessità di una ponderazione comparativa degl’interessi antagonisti: essa, tuttavia, esprime un forte rifiuto a che il metodo del “piano d’azione” possa trasformarsi in un alibi per l’inazione, e riconduce correttamente il potere discrezionale nell’ambito dei limiti esterni dello stesso: ‘sebbene gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 fissa alcuni limiti all’esercizio di quest’ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa C-72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I-5403, punto 59), in relazione al carattere adeguato delle misure che il piano di azione deve contenere nei confronti dell’obiettivo di riduzione del rischio di superamento e di limitazione della sua durata, in considerazione dell’equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi interessi pubblici e privati in gioco’”. 2

La discrezionalità – nel quomodo – può e deve esprimersi nella ricerca, fra le varie alternative praticabili, della soluzione ritenuta maggiormente capace di bilanciare la tutela ambientale con le istanze antagoniste: purché però il quid (il risultato della tutela come indicato normativamente: al quale l’amministrazione è vincolata) sia certo, concreto ed effettivo.

In altre parole, il tradizionale schema decisorio proprio della discrezionalità amministrativa, implicato dal pluralismo sociale che caratterizza l’attuale forma di Stato, 3 viene condizionato, a monte, da una gerarchia degli interessi disegnata normativamente in funzione di una priorità ontologica dell’esigenza di sviluppo sostenibile, anche in una prospettiva intergenerazionale. 4

Il richiamo della dottrina alla necessità di rendere compatibile l’esercizio della discrezionalità con la prospettiva intergenerazionale sembra essere stato recepito dal recente disegno di legge governativo recante “Misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie”: il cui art. 4, nello stabilire che “Le leggi della Repubblica promuovono l’equità intergenerazionale anche nell’interesse delle generazioni future”, introduce la “Valutazione di impatto generazionale delle leggi”, consistente “nell’analisi preventiva dei disegni di legge del Governo in relazione agli effetti ambientali o sociali ricadenti sui giovani e sulle generazioni future”. 5

Per come testualmente disciplinato, si tratta in realtà di un vincolo più informativo che decisionale, che non ha di per sé il significato normativo di impedire un esercizio dell’attività legislativa funzionale al consenso immediato (come tale, pregiudizievole per gli interessi delle generazioni future): nondimeno, è un segnale culturale di sicuro interesse che si affianca a quelli propri degli altri formanti, perché esplicita – ferma restando la libertà del legislatore, sul piano politico, in merito all’assunzione della decisione (ma comunque nel rispetto del parametro costituzionale di cui al riformato, sul punto, art. 9 della Costituzione: parametro che evidentemente condiziona la legittimità di ogni fonte primaria, e non solo di quelle di iniziativa governativa) – la consapevolezza dell’impatto (positivo, o negativo) della scelta sulle generazioni future.

La richiamata teorizzazione della sostenibilità ambientale nella prospettiva intergenerazionale è stata espressamente accolta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 105 del 2024: “La riforma del 2022 consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela dell’ambiente (….). Peculiare è, altresì, la prospettiva di tutela oggi indicata dal legislatore costituzionale, che non solo rinvia agli interessi dei singoli e della collettività nel momento presente, ma si estende anche (….) agli interessi delle future generazioni: e dunque di persone ancora non venute ad esistenza, ma nei cui confronti le generazioni attuali hanno un preciso dovere di preservare le condizioni perché esse pure possano godere di un patrimonio ambientale il più possibile integro, e le cui varie matrici restino caratterizzate dalla ricchezza e diversità che lo connotano”. 6

La giurisprudenza costituzionale italiana si allinea così a quella francese: la decisione del 27 ottobre 2023 del Conseil constitutionnel aveva infatti affermato che il legislatore, quando adotta misure suscettibili di incidere in modo serio e durevole sull’ambiente, deve verificare che le scelte destinate a rispondere ai bisogni del presente non compromettano di fatto la capacità delle generazioni future di decidere al riguardo, preservando la loro libertà di scelta. 7

Opportunamente la decisione si fa carico, attraverso un sindacato di legittimità costituzionale delle norme che disciplinano le scelte amministrative suscettibili di compromettere la facoltà (di sopravvivenza, e) di scelta della generazioni future, della preoccupazione – formulata in dottrina - di garantire la giustiziabilità di tali diritti. 8

Il che, come si vedrà, non può che avvenire attraverso la costruzione di una gerarchia degli interessi vincolante per le scelte discrezionali dell’amministrazione 9 (e per le scelte politiche del legislatore): rilevante anche sul piano del sindacato giurisdizionale. 10

Si tratta di opzioni a monte che in parte replicano sul piano giuridico un vincolo di priorità che è in rerum natura (la preservazione dell’ambiente fisico, quale presupposto di ogni ulteriore istanza correlata ad attività e interessi), e che in parte invece si preoccupano di non pregiudicare irrimediabilmente, a sfavore delle generazioni future, un delicato equilibrio, mediante esaurimento di fatto degli spazi di scelta disponibili fra le varie alternative di sviluppo (sostenibile).

Il presente lavoro si propone di operare una ricognizione dei principali sviluppi – in tutti i formanti - dell’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato, per provare a trarre dagli stessi indicazioni ricostruttive, e verificare conseguentemente se e in che misura incidano sul sindacato del giudice amministrativo sull’azione (od inazione) delle autorità competenti all’adozione delle misure di contrasto al cambiamento climatico.

2. La successiva giurisprudenza della Corte di Giustizia ha ulteriormente rafforzato il principio affermato dalla sentenza Janecek .

2.1. La sentenza della II Sezione del 19 novembre 2014, in causa C-404/13, resa – in sede di rinvio pregiudiziale - sull’attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, ha ribadito che “se è vero che gli Stati membri dispongono di un determinato margine di valutazione per la determinazione delle misure da adottare, è pur vero che questi ultimi devono, comunque, garantire che il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile”.

L’indicazione di un obiettivo di risultato, in termini di effettività, è accompagnata dalla (necessaria) indicazione della giustiziabilità di possibili violazioni: “qualora uno Stato membro non abbia rispettato i requisiti derivanti dall’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50, e non abbia richiesto la proroga del termine nelle condizioni previste dall’articolo 22 di tale direttiva, spetta al giudice nazionale competente, eventualmente adito, adottare ogni misura necessaria, come un’ingiunzione, affinché tale autorità predisponga il piano richiesto dalla citata direttiva nelle condizioni previste da quest’ultima”.

Il rimedio individuato si limita però a “un’ingiunzione” (sulla cui utilità si tornerà in seguito).

2.2. La successiva sentenza della Grande Sezione 19 dicembre 2019, in causa C-752/18, individua invece – su indicazione del giudice del rinvio – una prospettiva rimediale che al contrario si mostra particolarmente severa (pur se condizionata da una verifica di compatibilità da compiersi da parte del giudice nazionale).

Di fronte alla reiterata inazione e alla successiva inottemperanza alle ingiunzioni emesse nei confronti del Land della Baviera, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof ha chiesto alla Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze caratterizzate da un persistente rifiuto di un’autorità nazionale di conformarsi ad una decisione giudiziaria che le ingiunge di adempiere un obbligo chiaro, preciso e incondizionato derivante da tale diritto, segnatamente dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria, spetta al giudice nazionale competente pronunciare una misura coercitiva detentiva nei confronti “dei titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri”.

La risposta della Corte di Giustizia è nel senso che tale rimedio è praticabile “quando, nelle disposizioni di diritto interno, vi sia un fondamento giuridico per l’adozione di una siffatta misura che sia sufficientemente accessibile, preciso e prevedibile nella sua applicazione e purché la limitazione che sarebbe imposta al diritto alla libertà personale, garantito dall’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali, mediante tale pronuncia soddisfi le altre condizioni previste al riguardo dall’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima. Per contro, in mancanza di un fondamento giuridico simile nel diritto nazionale, il diritto dell’Unione non conferisce a tale giudice la facoltà di ricorrere a una siffatta misura”.

Infatti neppure “il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva” è un “diritto assoluto” (paragrafo 44), sicchè va operata una verifica preliminare alla praticabilità della soluzione suggerita dal giudice tedesco.

Il paragrafo 52 della motivazione precisa infatti che “Solo se il giudice del rinvio dovesse concludere che, nell’ambito della ponderazione di cui al punto 45 della presente sentenza, la limitazione del diritto alla libertà mediante l’imposizione di una pena detentiva soddisfa le condizioni poste a tal riguardo dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, il diritto dell’Unione non solo autorizzerebbe, ma imporrebbe anche l’applicazione di una siffatta misura”.

Nell’ambito della definizione di nuovi itinerari rimediali contro l’ineffettività infrastatuale delle normative comunitarie, è interessante l’individuazione da parte della Corte di Giustizia del limite all’autonomia processuale degli Stati membri, quando questa sia di ostacolo all’effettiva attuazione del diritto dell’U.E.: “una normativa nazionale che porta a una situazione in cui la decisione di un organo giurisdizionale resta inoperante, non disponendo il medesimo organo di alcun mezzo per farla rispettare, viola il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 72). 36 Infatti, tale diritto sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria resti inoperante a danno di una parte (sentenze del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 57)”. 11

L’importanza della sentenza in commento è data anche dall’indicazione contenuta nella stessa – quasi a mitigare il riconoscimento (condizionato) della sanzione detentiva come forma di tutela effettiva dell’ambiente - di possibili, altri rimedi previsti dal diritto dell’U.E. per l’inerzia dell’amministrazione statale o infrastatale nell’effettiva attuazione dei precetti comunitari: dal ricorso per inadempimento, al principio di “responsabilità extracontrattuale dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili”. 12

2.3. Un (soltanto) apparente arretramento si registra però, proprio in relazione a tale ultima affermazione, nella successiva sentenza della Grande Sezione, 22 dicembre 2022, in causa C-61/21: laddove la Corte – andando di contrario avviso rispetto alle conclusioni dell’Avvocato Generale - ha affermato che le direttive in materia di tutela della qualità dell’aria devono essere interpretate nel senso che esse non sono preordinate “a conferire diritti individuali ai singoli che possono attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro, a titolo del principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili”. 13

In realtà la decisione contiene un’affermazione di grande rilievo: quella per cui ai singoli è data, anzitutto, tutela in forma specifica. 14

La scelta di incentrare la tutela sul terreno delle regole di validità, piuttosto che su quello delle regole di responsabilità, conferma ulteriormente la natura degli obblighi di risultato gravanti sugli Stati membri, la cui (in)attuazione non è surrogabile con un succedaneo monetario, ma va perseguita (anche ad opera dei singoli) sul terreno dell’effettività degli obiettivi – non negoziabili - di tutela ambientale.

Come si vedrà nei paragrafi successivi, la via d’uscita risarcitoria (o comunque sanzionatoria sul piano meramente economico) potrebbe essere inefficace, potendosi risolvere per alcuni Stati in un comodo escamotage per non adottare scelte realmente attuative degli obblighi comunitari (imputando peraltro alla spesa pubblica anche il costo dell’inadempimento: sia per effetto delle procedure d’infrazione, che delle penalità di mora liquidate dai giudizi nazionali su ricorso dei privati e delle associazioni): laddove la riaffermazione della tutela reale in capo ai singoli apre (o meglio, conferma) scenari rimediali di grande e più pregnante interesse.

3. I superiori rilievi trovano conferma nella giurisprudenza di alcune Corti nazionali: che evidenzia, non senza qualche problema, come l’unico modo per garantire effettività al risultato della tutela della qualità dell’aria sia quello di praticare i rimedi di diritto processuale interno volti a superare l’inazione delle autorità nazionali (statali, ed infrastatali) rispetto alla concreta ed effettiva adozione di misure volte a raggiungere gli obiettivi indicati dalle direttive.

Si tratta, anzitutto, di due decisioni della Corte Suprema olandese 15 e del Conseil d’Etat francese 16 aventi entrambe ad oggetto l’inadempimento da parte dei rispettivi governi nazionali degli obblighi su di essi gravanti in forza del c.d. Accordo di Parigi, 17 definito come l’atto di “nascita di un nuovo diritto internazionale dell'ambiente”. 18

Sempre il Conseil d’Etat francese ha invece recentemente adottato un’analoga decisione (n. 428409 del 24 novembre 2023) nel giudizio relativo all’esecuzione della precedente decisione del 12 luglio 2017 (n. 394254) che aveva annullato il silenzio delle competenti autorità statali rispetto all’adozione delle misure necessarie per garantire il contenimento del livello di polveri sottili e di biossido di azoto entro i limiti massimi previsti dalla direttiva 2008/50/CE. 19

Tale decisione per un verso ha preso atto dell’avvenuta, corretta esecuzione della pronuncia del 2017 quanto al consolidamento del contenimento delle PM10 entro i limiti consentiti anche per l’ultima delle aree (quella della città di Parigi) che fino al 2021 aveva registrato degli sforamenti. 20

Per altro verso, quanto al biossido di azoto, constatata la permanenza degli sforamenti (o comunque di valori prossimi alla soglia critica) dei limiti massimi in tre aree del Paese, per una (Marseille-Aix) ha rilevato che sono state adottate misure (relative soprattutto ai trasporti, anche marittimi) “suffisamment précises et détaillées” da far ritenere eseguita la decisione sul silenzio.

Per le altre due aree (Paris e Lyon) la decisione ha invece ritenuto che le misure esecutive indicate dal Governo non fossero sufficienti a garantire nel più breve termine possibile il contenimento delle emissioni entro il limite massimo consentito, anche in ragione dei consistenti sforamenti registrati nel periodo precedente, ed ha liquidato a favore delle associazioni ricorrenti delle ulteriori penalità di mora per somme piuttosto significative.

È interessante notare come tale decisione si articoli, correttamente, in un’ottica di puro risultato: essa non ritiene ricevibili gli argomenti difensivi del Governo in punto di adozione di misure di carattere generale (punto 14 della motivazione), come quelle relative alla transizione ecologica nel settore dell’alimentazione dei veicoli, ritenute sicuramente utili ma non tali da offrire ragionevoli aspettative di risultare determinanti quanto ai valori relativi alle due zone critiche, soprattutto alla luce dei concreti dati fin qui registrati.

Il sindacato del giudice dell’esecuzione è dunque assolutamente coerente all’impostazione delle direttive: constatato l’inadempimento agli obblighi (di risultato) da esse posti, gli Stati possono valutare discrezionalmente quali misure siano ritenute più idonee, nel contemperamento con tutti gli interessi coinvolti, ad eseguire la decisione e dunque ad adempiere a quegli obblighi, purché però tali misure producano realmente, e non come mera aspettativa (più o meno credibile), ovvero come allegazione di un (solo) formale sforzo adempitivo, il risultato della stabile riduzione, “à la période la plus courte possible”, delle emissioni al di sotto dei livelli massimi consentiti. 21

In tutte queste decisioni emerge la tensione scaricata sulla giurisdizione (nazionale) fra l’esigenza di rispettare da un lato il principio di separazione dei poteri, e la necessità di garantire ai cittadini, di fronte all’inazione dell’autorità (a volte costituente essa stessa non una mera omissione, ma il frutto di una scelta: quella di non scegliere), l’effettivo rispetto di prescrizioni portanti obblighi precisi e puntuali. 22

In questi casi, infatti, si è affermato l’obbligo del potere (legislativo, in un caso; amministrativo, negli altri) di adottare le misure necessarie a garantire l’effettivo raggiungimento degli obiettivi di tutela: ma si è precisato che il contenuto specifico di tali misure non può essere indicato e definito dalla giurisdizione (pena, evidentemente, l’invasione delle prerogative degli altri poteri).

Nondimeno, l’affermazione per cui i governi nazionali sono liberi di adottare le misure che ritengano più consone, purché però efficaci in un’ottica di risultato (e non solo, quindi, sul piano del rispetto formale degli obblighi, o in un’ottica dilatoria: in ragione della mancata assunzione delle relative responsabilità da parte del decisore politico), potrebbe risolversi in una tutela inefficace tutte le volte in cui gli organi statali decidessero di ignorare – a differenza di quanto accaduto in Francia - l’obbligo di eseguire la sentenza, preferendo esporsi al pagamento di penalità pur di non assumere decisioni impopolari.

L’inadempimento di un simile ordine sancito dalla sentenza sarebbe infatti incoercibile, arrestandosi al rilievo della proclamazione dell’obbligo ma non consentendo un seguito rimediale sul piano esecutivo che vada al di là di mere misure sollecitatorie accompagnate dalla previsione di penalità per ulteriori ritardi (in assenza della possibilità di esecuzione coattiva mediante la nomina di un commissario ad acta). 23

L’effettività del rimedio dipende, quindi, oltre che dalle caratteristiche ordinamentali del sistema processuale, dal livello di osservanza spontanea della decisione da parte dell’amministrazione, dalla reale volontà di superare la situazione di inadempimento.

In Francia, come visto, il senso di responsabilità istituzionale ha fatto sì che la mancanza di uno strumento giurisdizionale di esecuzione coattiva non pregiudicasse, in termini di effettività, il risultato imposto dalle norme europee.

Questo rilievo sdrammatizza il problema del mancato riconoscimento da parte della Corte di Giustizia del rimedio risarcitorio in capo ai singoli.

Lo stesso rimedio delle astreintes, percorso in Francia, nasce infatti da iniziative di associazioni ambientaliste volte a censurare l’inazione delle amministrazioni competenti, e a sollecitare (non già un risarcimento, ma) concrete misure di contenimento delle emissioni: sicché il deterrente economico, se non consegue al rimedio risarcitorio, in ogni caso si ricollega alle misure disposte in sede giurisdizionale a fronte della mancata esecuzione delle decisioni che dichiarano illegittima l’inerzia.

Si è in proposito affermata “la complementarità tra misure di private e public enforcement: a mezzo dell'azione congiunta della Commissione e dei privati di fronte ai giudici nazionali, si garantisce il raggiungimento degli obiettivi di tutela dell'ambiente e della salute, che con l'approvazione delle direttive sulla qualità dell'aria gli Stati si sono impegnati a perseguire nell'ordinamento europeo24.

In realtà in argomento occorre operare un distinguo.

Sul piano delle competenze, l’applicazione delle Direttive, mediante esecuzione delle misure da esse previste, è un obbligo che grava esclusivamente sugli Stati.

Nondimeno, il sistema dei rimedi contribuisce a raggiungere un simile risultato nell’ipotesi – patologica – di violazione di tali obblighi.

In questo senso accanto alle procedure d’infrazione negli ultimi anni si mostra sempre più efficace l’apparato rimediale a disposizione dei singoli (come il signor Janecek) e delle associazioni di tutela ambientale che agiscono davanti ai giudici nazionali.

Non si tratta però, a rigore, di un rapporto di complementarietà, posto che i risultati della tutela apprestata dal giudice a seguito dell’attivazione del rimedio attengono comunque ad una vicenda patologica dell’attuazione degli obblighi discendenti dalle direttive: in sostanza, si tratta dell’efficacia degli strumenti di tutela contro il rifiuto (o l’inadeguatezza) dell’enforcement(public).

È tuttavia innegabile che i private remedies possono costituire, indirettamente, una forma di private enforcement: gli obiettivi di risultato saranno tanto più facilmente perseguiti, quanto più i soggetti privati reagiranno in sede giudiziaria all’inazione pubblica (tuttavia si tratta pur sempre di una re-azione, e non di un’azione, assimilabile a quella pubblica). 25

Sotto questo profilo il problema che si pone è quello dell’efficacia del rimedio, vale a dire della sua idoneità a perseguire, per via giudiziaria, i medesimi risultati che si sarebbero dovuti fisiologicamente ed ordinariamente raggiungere mediante l’adempimento spontaneo da parte degli Stati degli obblighi gravanti su di essi: efficacia da valutarsi nella prospettiva dell’effettività dell’attuazione (coattiva) delle norme del diritto dell’U.E. 26

4. In una prospettiva di antropologia giuridica, l’efficacia dei rimedi va parametrata al costume sociale (e politico-amministrativo, nel caso di specie).

Se in Francia il deterrente delle conseguenze economiche dell’inadempimento si è fin qui rivelato in certa misura efficace, per la concretezza dello sforzo governativo nell’eseguire la sentenza che ne certificava l’inadempimento, non si può dire che esso lo sia anche in altre realtà nazionali, nelle quali si potrebbe accordare preferenza al depauperamento patrimoniale pubblico conseguente alle procedure d’infrazione e ai giudizi davanti ai giudici nazionali, operando in sostanza una fiscalizzazione dei costi della violazione delle direttive a tutela dell’ambiente, pur di non adottare misure risolutive, che potrebbero presentare il rischio della impopolarità. 27

La giurisprudenza italiana ha avuto recentemente modo di precisare – in relazione a molteplici istituti del diritto processuale amministrativo - quali siano le forme rimediali che nel nostro ordinamento processuale sono concesse al singolo (o alle associazioni di tutela ambientale) di fronte all’inerzia dell’amministrazione che rifiuti di adottare misure efficaci per il perseguimento degli obiettivi normativamente stabiliti, o che ometta di dare accesso alle informazioni in materia ambientale. 28

4.1. Proprio con riferimento a quest’ultimo profilo, la sentenza n. 6611/2023 della VII Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che la nozione di informazione ambientale accessibile, di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, anche per effetto della Convenzione di Aarhus, 29 configura un diritto dal contenuto “il più ampio possibile, per la speciale rilevanza del bene giuridico in questione e il diretto impatto che le scelte ambientali rivestono sulla vita della Comunità, anche in termini di coinvolgimento e partecipazione al momento decisionale. Tale speciale rilevanza è confermata, secondo questo Collegio, dal regime giuridico differenziato e senz’altro meno limitativo che connota l’accesso alle informazioni ambientali rispetto alle tradizionali forme riconducibili alle norme sul procedimento amministrativo”. 30

4.2. Per quanto riguarda invece l’azione contro l’inerzia, va richiamata una recente vicenda che aveva visto il giudice amministrativo adito perché fosse dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Lazio sull’istanza-diffida di provvedere avente ad oggetto l’esercizio dei poteri sostitutivi previsti dall'art. 152 del d.l.gs. 3 aprile 2006, n. 152, in relazione alla tutela delle acque del Lago di Vico, destinate al consumo umano e interessate da un documentato deterioramento.

Il T.A.R. del Lazio, con la sentenza n. 1927 del 2023, ha rigettato il ricorso, ritenendo sufficiente, nel senso dell’infondatezza della pretesa, il rilievo dell’avvenuta emanazione di una nota con cui la Regione “ha dato atto di aver provveduto alla nomina di un commissario ad acta e al trasferimento della gestione del servizio idrico in questione”; a seguito dell’adozione di tale nota, secondo la sentenza, “non ricorre più la fattispecie processuale del silenzio amministrativo”.

In sede di appello il Consiglio di Stato, IV Sez., con sentenza n. 8897 del 12 ottobre 2023, ha invece accolto il ricorso, con un’argomentazione che mostra consapevolezza del ruolo e dei confini del sindacato giurisdizionale in materia, al di là della dimensione puramente formale della fattispecie: “I provvedimenti e le azioni intraprese dalla Regione, al di là degli obiettivi programmatici, oggetto di richiamo nella nota regionale di risposta del luglio 2022, non appaiono, in concreto, esaustivi rispetto agli specifici obblighi di provvedere imposti (a partire dalla Direttiva acque potabili) anche all’Amministrazione regionale in ossequio alle finalità ed esigenze di tutela delle acque ad uso umano, come descritti anche nell’atto di diffida, restando nondimeno integre le valutazioni tecnico-discrezionali spettanti alla Regione in sede di azione sostitutiva degli altri Enti e organi competenti”. 31

Analoga vicenda giurisdizionale si rinviene nella dialettica fra la sentenza del T.A.R. del Lazio n. 1925/2023, e la sua riforma ad opera della sentenza del Consiglio di Stato n. 3945/2024.

La prima, in particolare, esclude che si sia in presenza di un fenomeno di inerzia dell’amministrazione: “Tenuto conto che dalla lettura della nota di risposta dell’ente regionale prot. n. 692791, del 13 luglio 2022, si evince invero che la Regione Lazio ha compiuto delle attività e delle valutazioni con riferimento al punto specifico del degrado degli habitat naturali presenti nel SIC/ZSC IT6010024, con la conseguenza, quindi, che sul punto l’amministrazione resistente non risulta silente, né l’atto in questione può qualificarsi come soprassessori”.

Il giudice d’appello, ancora una volta, mostra invece di cogliere la portata degli obblighi discendenti dalla Direttiva Habitat, e la tutela giurisdizionale contro il silenzio-inadempimento (riferito al mancato assolvimento di tali obblighi), in un’ottica sostanziale e “di risultato”: “Questo Consiglio di Stato ritiene, dunque, che nel caso di specie sia accertata l’esistenza di uno stato di “degrado” in un Sito di Interesse Comunitario/Zona Speciale di Conservazione, che impone uno specifico obbligo di provvedere anche ai sensi del paragrafo 6.2 della Direttiva Habitat, con l’adozione di autonome e ulteriori “opportune misure”. A tale obbligo, l’amministrazione intimata non ha dimostrato di avere adempiuto. Da ciò consegue la fondatezza, nell’an, dell’originario ricorso avverso il silenzio inadempimento ex art. 117 c.p.a.”.

La sentenza 3954/2024 è, sotto questo profilo, particolarmente interessante, perché afferma chiaramente che le “opportune misure” di cui al paragrafo 6.2 della Direttiva vanno individuate dall’amministrazione certamente con ampia discrezionalità, ma devono essere “effettive” (esattamente come nella giurisprudenza Janecek della Corte di Giustizia): esse, nella logica della Direttiva, devono quindi perseguire (ed anzi raggiungere) un “risultato”, perché l’obbligo normativo è quello di arrestare il degrado delle zone SIC/ZSC.

Inoltre tale pronuncia in più punti della motivazione (10.4., 11.4, 11.5.) insiste, coerentemente, sul fatto che la struttura della norma implica la “verifica ex post” dell’efficacia delle misure (discrezionali) adottate in assolvimento dell’obbligo di cui si discute, “in termini di effettiva riduzione dei fenomeni indicatori del degrado (ad es., la temperatura o il tasso di eutrofizzazione)”.

Il che apre ulteriori scenari di tutela, in sede di giudizio di ottemperanza, ove le misure adottate dall’amministrazione risultino inefficaci (tanto più che la verifica è resa estremamente agevole dal fatto di inerire a possibili indicatori quantitativi).

4.3. Nell’ottica “della dottrina del risultato coerente con un canone di effettività della tutela”, 32 il sistema italiano di giustizia amministrativa offre infatti un rimedio suscettibile di affinare ed ottimizzare la tutela senza per ciò violare il principio di separazione dei poteri, vale a dire il giudizio di ottemperanza (e le misure esecutive da esso previste). 33

Nell’alternativa fra le soluzioni estreme (la mera sanzione economica, ovvero la pena detentiva per l’agente inerte) oggetto della richiamata giurisprudenza della Corte di Giustizia, probabilmente la misura più efficiente – e più equilibrata - è quella che il sistema italiano di giustizia amministrativa conosce a proposito della mancata esecuzione delle sentenze del giudice: anche delle sentenze rese su ricorso avverso il silenzio. 34

4.4. È particolarmente evidente, dall’analisi sia delle premesse teoriche che delle applicazioni giurisprudenziali relative al diritto europeo dell’ambiente, che gli strumenti di tutela volti a contrastare il cambiamento climatico attengono al sindacato sull’adempimento degli obblighi che le direttive pongono a carico degli Stati membri: si tratta di un sindacato di legittimità sull’esercizio dei relativi poteri, tanto che i rimedi, come osservato, mirano proprio a garantire l’effettività di tale esercizio.

Questo dato trova recente conferma, ove mai ce ne fosse bisogno, nella sentenza del Tribunale di Roma, II sez. civile, n. 3552 del 26 febbraio 2024, che ha dichiarato inammissibili “per difetto assoluto di giurisdizione del Tribunale adito” le domande proposte per il risarcimento in forma specifica del danno derivante dal mancato rispetto, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’obbligo gravante sullo Stato italiano in relazione all’ “abbattimento, entro il 2030, delle emissioni nazionali artificiali di CO2-eq nella misura del 92% rispetto ai livelli del 1990”.

Il meccanismo rimediale azionato è, strutturalmente, identico a quello descritto con riguardo alle vicende che si sono esaminate: i ricorrenti lamentavano un inadempimento delle direttive in materia di qualità dell’aria e chiedevano condannarsi lo Stato italiano al risarcimento in forma specifica ( ex art. 2058 cod. civ.) del danno così cagionato.

La scelta del giudice non ha però tenuto conto del fatto che l’illecito lamentato si fosse sostanziato nella mancata attivazione, doverosa, dei relativi poteri: e, soprattutto, che il rimedio più efficace (anche quanto a presupposti) non fosse quello ex art. 2058 cod. civ., ma piuttosto il giudizio di ottemperanza.

Tanto che in sede di commento a tale pronuncia opportunamente è stato sottolineato “il richiamo finale nella sentenza al giudice amministrativo e alla sua sfera di cognizione sul potere”; tanto più “a fronte della ritenuta inadeguatezza del diritto soggettivo a dar conto di determinate dimensioni di doverosità e responsabilità, sull’onda lunga della categoria, di sempre maggiore dignità teorica, dell’interesse legittimo fondamentale, e della centralità del giudice amministrativo non solo al fine di rendere giustizia al privato, ma sempre più anche come arbitro del dialogo e del confronto tra le amministrazioni e del conflitto di attribuzioni fra enti”. 35

La previsione, conseguente, è nel senso che “Probabilmente anche i climate change litigation attecchiranno presso il giudice amministrativo, specie dopo la sentenza in commento, e magari con più fortuna”. 36


5. Nel diritto amministrativo generale la dottrina del risultato sta vivendo una stagione che, affrancandosi da una prima fase di mera enunciazione del principio, individua precisi strumenti normativi e conseguenti scenari di tutela, nella direzione di un “diritto amministrativo praticato”. 37

Il diritto dell’ambiente, e in particolare la c.d. giustizia climatica, sono stati da questo punto di vista – come fin qui osservato – un “«diritto precursore» o «diritto sonda» delle evoluzioni dell’ordinamento giuridico generale”38.

Una delle ragioni risiede nel fatto che, come ricordato, l’approccio delle direttive sulla qualità dell’aria (ma in generale quelle aventi ad oggetto settori della tutela ambientale) è nel senso di imporre agli Stati membri degli obblighi di risultato.

Il terreno di verifica della legittimità dell’azione amministrativa diviene dunque, secondo quanto fin qui ricostruito, quello della effettività delle misure di tutela ambientale.

Non è senza significato che la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 105 del 2024, che ha fatto il punto sul significato della riforma costituzionale del 2022, abbia specificato che il nuovo parametro costituzionale non ha solo rilievo “in negativo”, ma “vincola così, esplicitamente, tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa”: il riferimento, espresso, alla categoria dell’efficacia - quale criterio di verifica della conformità dell’azione delle “pubbliche autorità” alla norma costituzionale - rappresenta una significativa ed autorevole conferma del perfetto allineamento della prospettiva costituzionale a quella del diritto dell’U.E.

Il c.d. public enforcement (spontaneo) attiene alla pratica , da parte delle amministrazioni nazionali, del diritto amministrativo predicato dalle direttive in materia, alla sua traduzione in misure (doverose, ed efficaci) concrete: mentre le misure giurisdizionali volte al superamento coattivo della mancanza di pratica attengono alla più ampia nozione di effettività del relativo disegno normativo e delle tutele ad esso connesse, suscettibili anche di supplire ad un livello inadeguato di attuazione spontanea da parte di tutti i soggetti coinvolti; 39 ovvero, secondo una diversa terminologia, alla nozione di effettività secondaria . 40

Il dato caratterizzante tale sistema normativo è la presa d’atto – da parte delle direttive europee relative alla lotta al cambiamento climatico - di una gerarchizzazione ontologica degl’interessi. 41

Essa implica che gli Stati devono comunque raggiungere - in chiave di effettività, e non come mero sforzo tendenziale - determinati risultati indicati dalle stesse direttive: in difetto, i singoli possono agire perchè in sede giurisdizionale (nazionale) si impongano misure tali da annullare azioni illegittime (perché insufficienti), ovvero tali da superare l’inerzia.

Il modello delineato è del resto ormai irreversibile dopo la recente crisi pandemica, come opportunamente posto in risalto in dottrina. 42

Una simile presa d’atto, normativamente imposta da fonti comunitarie, implica evidentemente, come pure si è accennato, una inevitabile riflessione sulla discrezionalità amministrativa (con riguardo a scelte involgenti conseguenze sul terreno in esame), 43 come pure un corrispondente e necessario affinamento degli strumenti di tutela giurisdizionale offerti dal diritto interno, che superino una prospettiva di sindacato puramente formale per risultare conformi al diritto sostanziale dell’UE secondo i noti parametri dell’effettività e dell’equivalenza. 44

Peraltro il sistema italiano di giustizia amministrativa, ad una attenta lettura, si mostra compatibile con una simile prospettiva rimediale, anche prima delle (e indipendentemente dalle) esigenze di adattamento poste dalle fonti del diritto europeo dell’ambiente: si pensi all’ “ampliamento della nozione di legittimità come presupposto per un sindacato pieno” già predicata da autorevole dottrina. 45

È pertanto ormai innegabile, nell’ambito della disciplina dell’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, la collocazione dell’interesse ambientale - alle condizioni e nei casi previsti dalle disposizioni in materia di qualità dell’aria e delle acque - in posizione gerarchicamente prioritaria rispetto ad altri interessi con esso potenzialmente antagonisti.

5.1. Si, pensi, per rimanere nell’ambito delle forme di tutela del territorio, alla dialettica fra paesaggio e ambiente: che in passato, specie in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha portato alcune amministrazioni a ritenere recessive le esigenze di tutela ambientale rispetto a quelle – spesso neppure rilevate in funzione di un reale rilievo estetico-culturale - di mera conservazione della forma del territorio. 46

Gli evidenti limiti di una simile concezione della tutela del paesaggio e dei beni culturali, non adeguatamente consapevole del quadro d’insieme delle tutele, sono stati posti in evidenza in giurisprudenza laddove si è affermato che “L’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale non ha, nel caso concreto, il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica, la quale comporta la trasformazione del sistema produttivo in un modello più sostenibile che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone”. 47

5.2. Tale dialettica, che già in origine evidentemente scontava una non adeguata considerazione del ruolo “dell’intervento dell’uomo quale fattore del divenire del paesaggio”, 48 è ormai definitivamente superata, come rilevato da autorevole dottrina, dalla recente riforma dell’art. 9 della Costituzione, che “nella formulazione risultante dalle modifiche approvate con la legge costituzionale n.1/2022 viene a configurarsi come una norma in cui finalmente vengono messi assieme, sotto un unico cappello, beni e valori solo apparentemente differenti e distanti come la cultura, la ricerca scientifica, il paesaggio e, appunto, l’ambiente”. 49

Opportunamente questa analisi fa rilevare che il bilanciamento giurisprudenziale fra le esigenze di tutela del paesaggio e quelle della tutela dell’ambiente dopo la riforma costituzionale comporterà inevitabilmente che “la tutela dell’ambiente venga intesa come “espansiva della vita” ossia in quell’accezione complessa, articolata e variegata e come tale graduabile e bilanciabile che si è affermata sinora nella giurisprudenza non solo costituzionale; diverso è invece il caso in cui ci si riferisca alla tutela dell’ambiente come tutela delle condizioni di sopravvivenza della vita dell’uomo del Pianeta, secondo la teoria dei Planetary Boundaries, in questo caso, infatti, dovrebbe assumere sicuramente una primazia in quanto precondizione non solo della tutela del paesaggio ma di ogni altro tipo di tutela”. 50

Ancor più esplicitamente – ed altrettanto condivisibilmente - si è affermato che “non sembrano sussistere dubbi circa il fatto che un criterio generale di azione, vincolante in sede di adozione di scelte amministrative che possano incidere sull’ambiente e improntato alla sua tutela, sia suscettibile di essere inferito direttamente dalla Costituzione e non solo dalla disciplina legislativa. (….) l’art. 9, gerarchizzando il valore ambientale, costituisca un freno alla libertà del legislatore (ma pure della giurisprudenza costituzionale e all’amministrazione) di ordinare gli interessi”. 51

Il nuovo art. 9 della Costituzione, pertanto, “se coraggiosamente interpretato (e nel lungo periodo) può fornire solido supporto normativo alla profondità intergenerazionale di decisioni responsabili (che vanno assunte “anche nell’interesse delle future generazioni”, dimostrando che non tutti i valori sono equiordinati e raccomandando la virtù della sostenibilità e, quindi, dell’equità intergenerazionale verso i più deboli”. 52

5.3. Se il quadro costituzionale è dunque ormai esplicito in tal senso, anche il diritto comunitario si avvia – nella materia in esame – a scelte normative ancor più nette (per scarsa fiducia nel “coraggio” delle scelte nazionali?).

L’art. 16 -quinquies della Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, stabilisce che “Entro [tre mesi dall'entrata in vigore], fino al conseguimento della neutralità climatica, gli Stati membri provvedono affinché, nella procedura autorizzativa, la pianificazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa e i mezzi di stoccaggio siano considerati d'interesse pubblico prevalente e nell'interesse della salute e sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi e ai fini dell'articolo 6, paragrafo 4, e dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 92/43/CEE, dell'articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE e dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2009/147/CE"”.

La gerarchizzazione degl’interessi, in vista del perseguimento del risultato della “neutralità climatica” (individuato quale parametro di riferimento), diviene ancora più esplicita.

5.4. Le fonti normative – costituzionale e comunitaria - sovraordinate rispetto a quella legislativa pongono così dei limiti a quest’ultima: ritenuta evidentemente incapace, nell’attuale fase storica, di attuare in modo virtuoso l’insegnamento secondo cui “Il sistema pluralistico (….) per poter funzionare richiede una rigorosa definizione dell’area di rilevanza di ciascun interesse, e ciò comporta l’ovvia infungibile competenza del legislatore, supremo garante della equilibrata composizione degli ineliminabili conflitti che i diversi bisogni della collettività possono provocare”. 53

Secondo alcune posizioni critiche, talora anche autorevolmente sostenute, 54 l’ambiente si eleverebbe, in tal modo, a una sorta di “diritto-tiranno”.

La questione in alcuni casi rischia di essere puramente lessicale, sulla spinta di dispute “ideologiche”, o comunque di petizioni di principio.

A ben vedere, lo sfavore affermato dalla Corte costituzionale verso la “tirannia dei diritti” (fondamentali) nelle sentenze n. 85/2013 e n. 58/2018 non esclude – ma anzi implica - che, in caso di conflitto, i diritti vengano bilanciati in conformità al loro grado di protezione garantito dall’ordinamento.

È la conformazione, a monte, degl’interessi che condiziona tale bilanciamento (a volte in termini molto espliciti, come nella richiamata proposta di Direttiva).

Tale schema logico è del resto chiaramente richiamato dalla stessa Corte costituzionale, ad esempio, nella sentenza n. 275 del 2016: laddove la discrezionalità del legislatore in materia di garanzia del diritto all’istruzione dei disabili è limitata dalla necessità di garantire quel “nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati” che le fonti che lo regolano indicano come insopprimibile.

Nessun assolutismo ambientalista, dunque: ma anzi proprio la necessità di rimanere fedeli alla “lezione del positivismo giuridico 55 impone di prendere atto di un assetto normativo ormai ineludibile: perché tale assetto, contrariamente alle critiche rivoltegli, è frutto della considerazione di una complessa pluralità di fattori, e non di uno soltanto.

La tutela giuridica dell’ambiente, declinata – per evidenti ragioni ontologiche di cui la norma giuridica si è fatta carico: fra le quali quella di contrastare il cambiamento climatico - nella prospettiva dello sviluppo sostenibile e delle relazioni intergenerazionali, per effetto della richiamata evoluzione normativa ha visto dunque confermato sul piano strutturale l’originario carattere “convenzionale” 56 della nozione, al punto da diventare il perno di “politiche generali”, caratterizzate peraltro da uno “statuto minimo derivante dal diritto comunitario”. 57

In altre parole, l’indicazione normativa della primarietà dell’esigenza di contrastare il cambiamento climatico implica inevitabilmente il conflitto con istanze antagoniste: tuttavia, fin dai primi e più avveduti studi sui “profili giuridici della nozione di ambiente”, si è insegnato che “La composizione del conflitto fra i vari interessi si ottiene predeterminando il grado di rilevanza delle relative posizioni soggettive e definendo la natura dei poteri che a ciascun soggetto titolare di quel determinato interesse l’ordinamento giuridico assegna”. 58

È pertanto sulla base di tale consapevolezza, e non di ricostruzioni non autorizzate dal dato normativo, che vanno sciolti i relativi nodi interpretativi. 59

5.5. Nella dottrina italiana il tentativo di teorizzare le categorie giuridiche della tutela ambientale, pur se in relazione ai nodi posti dalla disciplina dei vari poteri pubblici implicati nella vicenda, è infatti stato originato - nelle forme più consapevoli - dagli studi sugli strumenti e gli istituti del diritto civile. 60

Quasi mezzo secolo dopo si assiste, sul piano dogmatico, ad un fenomeno inverso: gli stessi civilisti affermano che “il rapporto soggetto-ambiente, ove svolto al di fuori di ogni strumentalismo, può diventare addirittura paradigmatico del corretto modo di intendere oggi la giuridicità”; e che il principio dello sviluppo sostenibile “non può essere relegato ad una dimensione esclusivamente pubblica o normativa perché, se correttamente inteso, finisce per diventare criterio di giudizio dello stesso modo di intendere il rapporto tra persona e mercato, facendo prevalere gli interessi personali su quelli esclusivamente patrimoniali61.

Si afferma così, tra l’altro, che “l’interesse ambientale diventa un limite interno allo sviluppo economico e quindi all’attività di impresa e all’autonomia negoziale. Vi è stato chi ha addirittura parlato – con una solo apparente forzatura terminologica – di “contratto ecologico”, pensando ad un contratto in cui l’interesse ambientale penetra e colora la causa del contratto62.

Una simile funzionalizzazione della causa negoziale allo sviluppo sostenibile è del resto praticata in materia di contratti della pubblica amministrazione, a partire dal riconoscimento operato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 17 settembre 2002, C-513/99, in causa Concordia Bus Finland (e con i limiti ivi stabiliti), a testimoniare la pluralità degli strumenti di cui dispongono le amministrazioni pubbliche per il raggiungimento degli obiettivi in questione63: anche se attraverso una disciplina che, diversamente da quanto accadde un ventennio or sono con il richiamato leading case, pone un problema di legittimità dei relativi atti non già per l’ipotesi di ampliamento “volontario” in senso ambientale della causa negoziale, ma al contrario per l’opposta ipotesi di mancato rispetto dei criteri ambientali minimi (evoluzione normativa che denota forse la sfiducia verso la sensibilità ambientale delle stazioni appaltanti, e la conseguente necessità di obbligarle normativamente a ciò)64.

È pertanto necessario che il confronto con i problemi da decenni sul tappeto sia operato, anche nella prospettiva qualificatoria, non in base a petizioni di principio astratte ma nella consapevolezza della “nuova conformazione verde del diritto pubblico dell’economia 65 (e, sembrerebbe, non solo del diritto pubblico): facendo da ciò derivare l’esatta ricognizione (teorica e normativa) di poteri, diritti ed obblighi, che costituiscono le premesse dell’individuazione della misura della tutela da approntare a ciascuna istanza in sede giurisdizionale.

5.6. Negli ultimi anni, anche in conseguenza dell’inefficacia delle politiche nazionali, il baricentro della regolazione giuridica si è spostato – sul piano dei livelli territoriali di governo – in ambito sovranazionale, e i contenuti della disciplina sono stati irrigiditi: con la conseguenza di un accentramento della responsabilità nella definizione “dell’area di rilevanza di ciascun interesse”, e – sul piano dei contenuti - di un minore relativismo dell’oggetto delle tutele, come tale più agevolmente sindacabile in sede giurisdizionale.

Peraltro, l’irrigidimento della discrezionalità (legislativa ed amministrativa) consegue al fatto che le indicate riforme (e proposte di riforma) hanno “spostato decisamente il sempre oscillante pendolo tra autorità e libertà a favore della prima”. 66

Anche se forse, proprio in questa materia, tale dialettica deve essere oggetto della “rimodulazione nella coppia concettuale, più aggiornata ai tempi che viviamo, solidarietà/individualismo67: una rimodulazione probabilmente giustificata, sul piano pre-giuridico, dal fenomeno della decostruzione delle categorie sociali, e dall’ingresso nell’epoca post-sociale. 68

Sulle cause di tale processo ha probabilmente pesato la scarsa propensione di governi e parlamenti nazionali a bilanciare efficacemente, nel rispetto degli obiettivi di risultato, istanze ed esigenze antagoniste: in una stagione storica in cui la ricerca del consenso politico immediato probabilmente fa premio sulla bontà di scelte strategiche ottimali e di lungo periodo.

Il tutto tenendo comunque presente – sul piano del metodo - che, anche ai sensi del riformato art. 9 della Costituzione, “la prevalenza degli interessi delle generazioni future (che, tra l’altro, non necessariamente ed esclusivamente implica un acritico incremento di tutela del valore ambientale) non è in nessun modo assoluta, nel senso che le scelte intergenerazionali debbono tenere conto “anche” degli interessi di quelle generazioni, ma non solo. Esattamente in questo “luogo ordinamentale” entra in gioco il principio di proporzionalità, il cui impiego è noto e collaudato in seno alla riflessione e alla prassi giuridica69.

Tutto ciò scarica sulla giurisdizione la responsabilità della ricostruzione (e dell’affermazione) delle gerarchie fra gli interessi, ed alimenta inevitabilmente il fenomeno della c.d. giustizia climatica: quella gerarchia, però, è posta, a monte, dal dato normativo non adeguatamente attuato – in via di “effettività primaria” - sul piano dell’azione amministrativa.

6. Il riferito assetto impone così al formante giurisprudenziale il ruolo di garante dell’effettività degli obiettivi normativamente posti, della “pratica” del diritto amministrativo dell’ambiente: ruolo invero reso agevole dalle peculiarità del parametro normativo fin qui descritte, che facilitano la ricostruzione dell’assetto degl’interessi convolti e la conseguente individuazione della regola del caso concreto, e dagli strumenti offerti dal processo amministrativo.

A meno che la giurisprudenza, allontanandosi dal compito di “decidere secondo la legge”, 70 si accontenti di assicurare una tutela solo formale, 71 o al contrario si faccia portavoce in questa materia di una “deriva valoriale” che alimenta il fenomeno della crisi del giudizio e, in ultima analisi, della legittimazione culturale e sociale del diritto stesso. 72

Si tratta, piuttosto, di “comprendere, rompendo le sedimentazioni del passato, che il senso del fenomeno giuridico sta tutto nel suo esercizio73; e di raccogliere - con coerenza, rigore e credibilità - l’autorevole e illuminato monito per cui “L’“amministrazione del fare” smette allora di essere uno slogan per farsi necessità vitale. Con tutte le sue conseguenze. Di ciò, il giudice amministrativo deve tener conto”. 74

1 La Corte di Giustizia dell’U.E. in quell’occasione aveva affermato i seguenti princìpi: “1) L’art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, dev’essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell’ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell’ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l’inquinamento atmosferico. 2) Gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco”.

La sentenza è commentata, fra gli altri, da M. Clément, Droit européen de l’environnement, Bruxelles, Larcier, 2010, pagg. 235 e segg.

2 G. Tulumello, Sviluppo sostenibile, discrezionalità amministrativa e sindacato giurisdizionale , in Climate change: la risposta del diritto, a cura di F. Fracchia e M. Occhiena, Napoli, 2010, pag. 142.

3 In argomento sia consentito il rinvio a G. Tulumello, La funzione: fisionomia e implicazioni del potere amministrativo nello stato sociale pluriclasse , in www.giustizia-amministrativa.it , 2018.

4 In argomento, per un approccio meditato e critico (nel senso etimologico del termine), F. Fracchia – P. Pantalone, Decider(ci) per la morte: crisi, sostenibilità, energie rinnovabili e semplificazioni procedimentali. Interpretare il presente con il paradigma delle relazioni intergenerazionali nutrite di solidarietà ”, Napoli, 2022, pag. 105.

5 In argomento, L. Bartolucci, La valutazione di impatto generazionale delle leggi come forma di attuazione degli articoli 9 e 97 della Costituzione , in Federalismi.it, 21 febbraio 2024.

6 Si tratta di un’esplicita adesione alla tesi formulata, in dottrina, da F. Fracchia e P. Pantalone, Decider(ci) per la morte: crisi, sostenibilità, energie rinnovabili e semplificazioni procedimentali. Interpretare il presente con il paradigma delle relazioni intergenerazionali nutrite di solidarietà ”, cita.; e da P. Pantalone, La crisi pandemica dal punto di vista dei doveri. Diagnosi, prognosi e terapia dei problemi intergenerazionali secondo il diritto amministrativo , Napoli, 2023.

7 Conseil constitutionnel, Décision n° 2023-1066 QPC, 27 octobre 2023 : “Il découle de l’article 1er de la Charte de l’environnement éclairé par le septième alinéa de son préambule que, lorsqu’il adopte des mesures susceptibles de porter une atteinte grave et durable à un environnement équilibré et respectueux de la santé, le législateur doit veiller à ce que les choix destinés à répondre aux besoins du présent ne compromettent pas la capacité des générations futures et des autres peuples à satisfaire leurs propres besoins, en préservant leur liberté de choix à cet égard.”

8 A. Celotto, I diritti delle generazioni future, ingiustamm.it, n. 4/2021.

9 Sui profili generali della gerarchia degli interessi nel procedimento, si veda la ricostruzione di F. Frattini, Le fonti della gerarchia degli interessi , in AA.VV.,Gerarchia e coordinamento degli interessi pubblici e privati dopo la riforma delle autonomie locali e del procedimento amministrativo, Milano, 1994, pagg. 19 e segg.

Per un’applicazione al diritto dell’ambiente, e in particolare ai temi dello sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, F. Fracchia, Transizioni: il punto di vista del diritto amministrativo , Napoli, 2024, in specie pag. 60: “In periodo di crisi occorre decidere; per decidere è necessario ordinare gli interessi; l’art. 97 conferma che ciò è possibile, fornendo una base minima per effettuate una gradazione, raccomandando la virtù della sostenibilità e indicando che non tutti i valori sono equiordinati. Più in generale, questo settore del diritto offre una cornice di principi (pur se assai generici: chi inquina paga, prevenzione e precauzione) alla luce dei quali illuminare le politiche pubbliche e, soprattutto, sindacare, da parte delle diverse magistrature, le scelte di transizione, financo quelle consacrate nella legge”.

10 In argomento sia consentito il rinvio a G. Tulumello, Il diritto dell’UE e la disciplina del processo amministrativo: l’accesso alla giustizia e l’estensione del sindacato di legittimità degli atti amministrativi nella materia della tutela ambientale , in giustizia-amministrativa.it, 2020; e a G. Tulumello, L’effettività della tutela dei diritti fondamentali dei disabili nello Stato sociale, fra vincoli di bilancio e amministrazione di risultato, in Questione giustizia , n. 3/2018, ove il rilievo secondo cui “Il pluralismo pone infatti la necessità che, a fronte di tali, plurime esigenze potenzialmente antagoniste, si rinvenga, come criterio ordinatore, una “gerarchizzazione degli interessi”. D’altra parte l’opposta prospettiva egualitaria, oltre ad essere incompatibile con chiare indicazioni sia sistematiche che positivizzate, rischierebbe di condurre il sistema allo stallo e alla paralisi. Il tradursi in atto del potere amministrativo è il veicolo attraverso il quale tale gerarchia degli interessi, fissata a livello normativo, trova concreta attuazione. Il potere amministrativo gioca dunque nella vicenda non già un ruolo di limite, ma al contrario un ruolo di necessario meccanismo di attuazione del diritto: «nello Stato sociale la vuota enunciazione costituzionale o convenzionale del diritto è priva di contenuto se non è riempita dalla prestazione corrispondente, che deve essere resa dall’amministrazione: il potere conformativo, in altre parole, correlato alla funzione di regolazione (volta a ricercare una compatibilità nel potenziale conflitto fra le tante attività oggetto di tutela anche costituzionale e convenzionale), riempie di contenuto un catalogo di diritti dal contenuto altrimenti puramente simbolico». La verifica della legittimità dell’esercizio del potere, avuto riguardo al parametro normativo portante la gerarchia fra gli interessi (e la concreta disciplina di questi), è dunque la prospettiva per una coerente ed efficace verifica della effettività della tutela dei diritti fondamentali (conformati): anche in ipotesi di negazione della pienezza della tutela per ragioni legate all’incapienza delle risorse”.

Nello stesso senso E. Guarna Assanti, Il ruolo innovativo del contenzioso climatico tra legittimazione ad agire e separazione dei poteri dello Stato. Riflessioni a partire dal caso Urgenda , in Federalismi.it, n. 17/2021, pagg. 65 e segg., il quale indica nella sopravvivenza un prius logico, e definisce “l’ambiente come prerequisito della democrazia costituzionale”.

11 Con riguardo alla normativa italiana, può essere questione interessante – comunque estranea all’oggetto del presente lavoro – comprendere se gli artt. 323 e 650 del codice penale possono rilevare nella prospettiva indicata dalla Corte di Giustizia.

12 Su questo tema, M. di Francesco Torregrossa, La responsabilità dello Stato-legislatore e l’attività amministrativa , Napoli, 2019.

13 La sentenza è commentata da M. Delsignore, Il giudice europeo e il risarcimento del danno per inquinamento dell’aria , inGiornale di dir. amm.vo, n. 5/2023, pagg. 619 e segg.

14 Si veda il paragrafo 58 della sentenza: “il fatto che, qualora uno Stato membro non abbia garantito il rispetto dei valori limite di cui all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 e alle disposizioni analoghe delle direttive precedenti, i singoli interessati devono poter ottenere dalle autorità nazionali, eventualmente agendo dinanzi ai giudici competenti, l’adozione delle misure richieste da tali direttive (v., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2014, ClientEarth, C‑404/13, EU:C:2014:2382, punto 56 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe, C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 56), non è tale da modificare tale constatazione”.

15 È il c.d. caso “Urgenda”: Corte Suprema olandese, sentenza n. 19/00135 del 20 dicembre 2019, ECLI:NL:HR:2019:2007.

16 Si tratta del c.d. caso “Grande-Synthe” (427301): nel quale si sono succedute una prima decisione interlocutoria (del 19 novembre 2020, ECLI:FR:CECHR:2020:427301.20201119), una successiva decisione di accoglimento del ricorso contro il silenzio (1° luglio 2021, ECLI:FR:CECHR:2021:427301.20210701), ed una ulteriore decisione (10 maggio 2023, ECLI:FR:CECHR:2023:467982.20230510) che accerta l’ulteriore inottemperanza.

17 Si tratta dell’Accordo collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015; La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno Autorizzato il Presidente della Repubblica alla ratifica con legge 4 novembre 2016, n. 204, il cui art. 2 recita: “Piena ed intera esecuzione e' data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformita' con quanto disposto dall'articolo 21 dell'Accordo medesimo”.

Con Decisione (UE) 2016/1841 del Consiglio del 5 ottobre 2016, l’Accordo è stato approvato dall’Unione europea.

18 M. Montini, Riflessioni critiche sull’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici , inRiv. dir. internaz., 2017, pagg. 719 e segg.

19 CE, V e VI sezioni riunite, n. 428409 del 24 novembre 2023.

Il giudizio ha riguardato l’inottemperanza delle amministrazioni statali nel periodo luglio 2022-luglio 2023, mentre per i periodi precedenti erano intervenute (rispettivamente, nel 2020, 2021 e 2022), tre decisioni relative alla (in)esecuzione della pronuncia del 2017.

La sentenza è consultabile all’indirizzo https://www.conseil-etat.fr/actualites/pollution-de-l-air-le-conseil-d-etat-condamne-l-etat-a-payer-deux-astreintes-de-5-millions-d-euros

20 “Il résulte de l’instruction qu’aucun dépassement n’a été constaté non plus en 2022 pour cette même zone, confirmant donc la situation constatée depuis 2020. Compte tenu de ces différents éléments, et alors que la situation d’absence de dépassement dans la ZAG Paris peut désormais être considérée comme consolidée, la décision du 12 juillet 2017 doit être regardée comme étant exécutée s’agissant du respect des taux de concentration en particules fines »

21 La vicenda sembra smentire la pessimistica prefigurazione dei limiti del c.d. private enforcement prospettata da a F. Munari, Public e private enforcement del diritto ambientale dell'Unione , in Quaderni AISDUE, Sezione Atti convegno, 1, 2023, in specie par. 5.

22

Con riferimento al caso “Urgenda”, il tema è messo in evidenza da E. Guarna Assanti, Il ruolo innovativo del contenzioso climatico tra legittimazione ad agire e separazione dei poteri dello Stato. Riflessioni a partire dal caso Urgenda , cit.

23 La riferita tensione fra le contrapposte esigenze, ed il tentativo di raggiungere un equilibrio, sono evidenti nel punto 25 della motivazione della citata sentenza del 10 maggio 2023 del Conseil d’Etat: nella quale è comunque evidente lo sforzo di effettività della tutela giurisdizionale.

24 M. Delsignore, Il giudice europeo e il risarcimento del danno per inquinamento dell’aria , cit. pag. 621.

25 Prospettiva ulteriormente diversa è poi quella della responsabilità gravante sugli amministratori di società secondo il diritto europeo: in argomento, S. Bruno - M. Manna, Rischio climatico e responsabilità degli amministratori: il caso ClientEarth vs. Shell, High Court of Justice 12 maggio 2023 , in Foro It., 1/2024, IV, 45 e segg.

26 Il che ridimensiona, com’è noto, il principio di autonomia processuale degli Stati membri: Fra i principali contributi in argomento, R. Caranta, Giustizia amministrativa e diritto comunitario: studio sull’influsso dell’integrazione giuridica europea sulla tutela giurisdizionale dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione , Jovene, 1992; Id., La tutela giurisdizionale (italiana, sotto l’influenza comunitaria) , in Trattato di diritto amministrativo europeo , diretto da M.P. Chiti, e G. Greco, II ed., Giuffrè, 2007, tomo II, pagg. 1031 e segg.; D. de Pretis, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione , in Il diritto amministrativo dei paesi europei tra omogeneizzazione e diversità culturali , a cura di G. Falcon, Padova, 2005, pp. 303 e ss.; M. Eliantonio, Europeanisation of Administrative Justice? The influence of the ECJ’s Case Law in Italy, Germany and England , Amsterdam, Europa Law Publishing, 2009; D.U. Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise lost? Studio sulla c.d. autonomia procedurale: ovvero sulla competenza procedurale funzionalizzata , Giappichelli, 2009; G. Morbidelli, La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento comunitario , Milano, Giuffrè, 2001; A. Travi, Verso una convergenza di modelli di processo amministrativo? , inForme e strumenti di tutela nei confronti dei provvedimenti amministrativi nel diritto italiano, comunitario e comparato, a cura di G. Falcon, Padova, 2010, pp. 7 e ss.

27 Per quanto riguarda l’Italia, secondo la fonte governativa al 23 maggio 2024 risultano pendenti 19 procedure d’infrazione in materia di violazione di norme sulla tutela dell’ambiente: https://www.affarieuropei.gov.it/it/attivita/procedure-dinfrazione/stato-delle-infrazioni/23-mag-24/ : si tratta peraltro – secondo la stessa fonte - di un trend in costante crescita in relazione alla precedenti rilevazioni dell’ultimo semestre (15 al 20 dicembre 2023, 17 al 25 gennaio 2024, 18 al 7 febbraio 2024, 18 al 13 marzo 2024, 18 al 24 aprile 2024).

28 Per un quadro generale si rinvia a G. Tulumello, Il diritto dell’UE e la disciplina del processo amministrativo: l’accesso alla giustizia e l’estensione del sindacato di legittimità degli atti amministrativi nella materia della tutela ambientale , cit.; ove, tra l’altro, il rilievo per cui “la connessione fra strumenti rimediali di natura processuale e obiettivi di natura sostanziale posti dal diritto comunitario, che ha portato alla teorizzazione di una stagione ormai molto evoluta del principio di autonomia processuale degli Stati membri, ha trovato e trova nel settore della giustizia amministrativa un terreno naturalmente predisposto a valorizzare tale correlazione”.

29 Sulla quale, tra gli altri, A. Tanzi, E. Fasoli, L. Iapichino, La Convenzione di Aarhus e l’accesso alla giustizia in materia ambientale , Padova, 2011; e N. De Dominicis, L’accesso alla giustizia in materia ambientale. Profili di diritto europeo , Padova, 2016.

30 In dottrina, in argomento, si veda l’ampia ed approfondita indagine di M. Lipari, L’accesso alle informazioni ambientali e la nuova trasparenza amministrativa , inFederalismi.it, 5 giugno 2023. Sui profili generali del diritto di accesso, M. Sinisi, I diritti di accesso e la discrezionalità amministrativa , Bari, 2020.

31 La sentenza peraltro precisa che “Le delibere regionali, oltre al declassamento delle acque, hanno previsto la necessaria adozione di una serie di misure per garantire la tutela della risorsa idrica dai fenomeni massivi di proliferazione algale atti ad evitare il definitivo deterioramento delle acque (v. D.G.R. n. 43/2013, § 6, lett. a), b), c) e d); D.G.R. n. 276/2020, § 11, lett. a), b), c) e d). Tali misure non sono state attuate, ragion per cui in data 15 giugno 2022 le odierne ricorrenti hanno presentato distinte istanze-diffide di provvedere ai sensi dell’art. 2 della l. n. 241/90 per domandare agli Enti competenti l’adempimento dei predetti obblighi. (….) Nel caso di specie, del resto, l’istanza – diffida presentata dalle Associazioni appellanti non era volta ad imporre alla Regione una specifica modalità di esercizio del potere sostitutivo quanto a stimolarne l’iniziativa, al fine di assicurare l’avvio della messa in atto delle azioni preventive e correttive per contrastare il fenomeno della proliferazione delle alghe nel lago di Vico”.

32 G. Tulumello, L’effettività della tutela dei diritti fondamentali dei disabili nello Stato sociale, fra vincoli di bilancio e amministrazione di risultato, cit.

33 Per un utilizzo del giudizio di ottemperanza coerente all’esigenza di effettività della tutela e garante - oltre che del principio di separazione dei poteri - della “pratica” del diritto amministrativo, Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sez. giurisdizionale, sentenza 18 giugno 2018, n. 356.

34 Ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza n. 2413/2020.

Sul regime degli atti adottati dal commissario ad acta nominato dal giudice ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a. all’esito del giudizio proposto avverso il suo silenzio, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 25 maggio 2021, n. 8, in Dir. proc. amm ., n. 1/2023, pagg. 156 e segg., con nota di T. Tornielli, La figura del commissario ad acta e la garanzia di effettività della tutela tra rito contro il silenzio e giudizio di ottemperanza .

Il rito del silenzio non preclude neppure la tutela cautelare: su tale questione, proprio in materia di tutela cautelare di interessi ambientali avverso il silenzio-rifiuto della pubblica amministrazione, si veda da ultimo l’ordinanza 10 novembre 2023, n. 365, del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana.

35 G. Tropea, Il cigno verde e la separazione dei poteri (nota a sentenza Tribunale civile di Roma, causa n. 39415 del 2021) , in giustiziainsieme.it; sulla stessa sentenza si veda altresì M. Magri, Diritto al clima: negato o riconosciuto? , in diariodidirittopiubblico.it, 1° luglio 2014.

36 G. Tropea, Il cigno verde e la separazione dei poteri (nota a sentenza Tribunale civile di Roma, causa n. 39415 del 2021) , cit.

37 In argomento si rinvia, per brevità, a G. Tulumello, Affidamento, buona fede, e fiducia nel nuovo codice dei contratti pubblici: la verifica delle categorie, e la disciplina dei rimedi (verso un “diritto amministrativo praticato”) , in giustizia-amministrativa.it., ottobre 2023, in specie § 3.

In materia di diritto ambientale, e di giustizia climatica in particolare, questa prospettiva di riflessione è particolarmente rilevante, perché - come già affermato in passato: G. Tulumello, Il diritto dell’UE e la disciplina del processo amministrativo: l’accesso alla giustizia e l’estensione del sindacato di legittimità degli atti amministrativi nella materia della tutela ambientale , cit - il c.d. enforcement del comune quadro normativo europeo condiziona il reale contenuto della tutela nei diversi contesti.

G. Corso, M. De Benedetto e N. Rangone, Diritto amministrativo effettivo, Una introduzione , Bologna, 2022, definiscono del resto il tema dell’effettività (solo in parte coincidente con quello della “pratica” del diritto amministrativo, nel senso che qui si è esposto) la «pietra d’inciampo» del diritto amministrativo contemporaneo (pag. 154).

Si veda in argomento anche il recente studio del Conseil d’Etat francese « L’usager, du premier au dernier kilomètre: un enjeu d’efficacité de l’action publique et une exigence démocratique » , Paris, 2023.

Nella giurisprudenza italiana, per una ipotesi di illegittimità dell’atto amministrativo consistente nella “divaricazione, sul piano dell’effettività, fra tutela astrattamente prevista e misure realmente praticate”, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 6 dicembre 2023 n. 10570.

38 E. Guarna Assanti, Il ruolo innovativo del contenzioso climatico tra legittimazione ad agire e separazione dei poteri dello Stato. Riflessioni a partire dal caso Urgenda , cit., pag. 77.

Per un’analisi del contenzioso climatico anche nella prospettiva della politica del diritto, S. Valaguzza, Liti strategiche: il contenzioso climatico salverà il pianeta? , in Dir. proc. amm., n. 2/2021, pagg. 293 e segg.

39 Osserva C. Volpe, Protezione, garanzie e tutele in una società fluida, globalizzata e multilivello. Principi, diritti e interessi fondamentali , in giustizia-amministrativa.it, ottobre 2023, che “Le posizioni giuridiche soggettive sottostanti ai diritti fondamentali hanno modo di esprimersi nella loro pienezza soltanto se ne viene garantita l’effettiva attuazione. E non solo attraverso la giurisdizione in generale e quella amministrativa in particolare, ma soprattutto da parte della società, attraverso l’ordinamento giuridico, il quale deve essere in grado di apprestare un sistema che consenta effettività ed efficacia alla soddisfazione dei diritti fondamentali. In attuazione di norme e principi costituzionali e del diritto europeo”.

40 A. Zito, Lanudge regulationnella teoria giuridica dell’agire amministrativo. Presupposti e limiti del suo utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni, Napoli, 2021, pag. 77: “Il diritto è effettivo dunque se è in grado di raggiungere sul terreno fattuale il risultato cui la regolazione giuridica è finalizzata, ossia l’effettiva corrispondenza dei comportamenti umani a quelli normativamente ‘regolati’. Si tratta di quella che è stata definita l’effettività primaria perché accanto ad essa esiste anche un’effettività secondaria da intendere come l’applicazione demandata agli organi competenti di irrogare la sanzione in caso di violazione della norma”.

41 Come si è già avuto modo di affermare (G. Tulumello, Il diritto dell’UE e la disciplina del processo amministrativo: l’accesso alla giustizia e l’estensione del sindacato di legittimità degli atti amministrativi nella materia della tutela ambientale , cit.), “Ciò che infatti sul piano logico e teorico connota il diritto ambientale, e che nella prospettiva del diritto comunitario differenzia la disciplina del relativo interesse nel senso di attribuire a questo – pur in un sistema fortemente pluralista – un primato logico, è la funzione di gestione (preventiva) del rischio, che impone la fissazione di una soglia di tutela non mobile, ma tendenzialmente fissa e non negoziabile (a scapito degli interessi confliggenti)”.

In argomento G. Corso, La valutazione del rischio ambientale , inDiritto dell’ambiente, a cura di G. Rossi, Torino, Giappichelli, 2008, pag. 162: “Costi quel che costi, il diritto alla salute deve essere soddisfatto. Lo stesso dicasi per il diritto all’ambiente. Quale siala posizione dei beni che formano il contenuto dei due diritti nella costellazione dei beni e degli interessi pubblici lo comprova la normativa italiana sul procedimento amministrativo: nella quale istituti come il silenzio-assenso, o la conferenza di servizi non trovano applicazione o sono sottoposti a differenti regole decisionali quando il dissenso rispetto alla maggioranza viene espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute. Questa normativa ha per presupposto una gerarchia di valori o di interessi nella quale ambiente e salute stanno in cima. Da qui la loro incommensurabilità con altri valori o interessi: da qui il rifiuto di sottoporre le misure di tutela dell’ambiente o della salute ad una valutazione in termini di costi”.

42 F. de Leonardis, La transizione ecologica come modello di sviluppo di sistema: spunti sul ruolo delle amministrazioni , inDir. Amm., n. 4/2021, pag. 809: “La pandemia potrebbe essere considerata come la goccia che ha fatto traboccare il vaso: ha messo di fronte ciascuno di noi al concetto di “limite”, ci ha fatto superare la hybris, la superbia intellettuale con la quale l'uomo pensava di poter dominare il mondo. (…) La pandemia ha accelerato un processo di transizione che era già in corso anche con riferimento all'insieme delle istituzioni che si collocano ai vari livelli ordinamentali (e a cascata, anche in relazione ai poteri che nel nostro ordinamento nazionale sono oggi chiamati ad affrontare tale sfida: siamo adesso nel momento più difficile quello dell'attuazione, dell'esecuzione e in esso, come si è visto, le amministrazioni giocheranno un ruolo fondamentale”.

43 Con riguardo all’elaborazione di un modello di discrezionalità della pubblica amministrazione che consenta un controllo più penetrante delle relative scelte, A. Zito, La scelta discrezionale della P.A. tra principio di esauribilità del potere e controllo effettivo del suo esercizio: per una ridefinizione del concetto di discrezionalità , in Dir. amm., n. 1/2023, pagg. 29 e segg.

44 In questo senso anche C. Feliziani, Dall’accesso alla giustizia in materia ambientale alla giustizia ambientale , in Ord. Internaz. e dir umani, 2023, 3, 597 e segg.

45 P. Chirulli, Il mobile confine tra legittimità e merito: rileggendo Eugenio Cannada-Bartoli, in giustiziainsieme.it, 25 ottobre 2023, ove, tra l’altro, a conclusione di un’articolata riflessione, l’affermazione di “nozione evidentemente molto ampia di legittimità, e conseguentemente una concezione molto evoluta del controllo giurisdizionale”.

In argomento M. Trimarchi, Appunti sulla legittimità in diritto amministrativo: origine, evoluzione e prospettive del concetto , inConcetti tradizionali del diritto amministrativo e loro evoluzione, a cura di A. Carbone e E. Zampetti, Napoli, 2018, pagg. 319 e segg.

46 Su questa vicenda sia consentito il rinvio a G. Tulumello, L’energia eolica: problemi e prospettive – L’esperienza italiana , in giustamm.it, n. 10/2007. Fra i contributi recenti, anche per una ricognizione del panorama giurisprudenziale, D. Bevilacqua, La dialettica tra la promozione delle energie rinnovabili e la tutela di altri beni ambientali , inGiorn. dir. amm.vo, n. 1/2024, pagg. 125 e segg.

47 Cons. di Stato, sez. VI, sentenza n. 10624/2022, in Giorn. Dir. amm.vo , n. 5/2023, pagg. 657 e segg., con nota di A. Pirri Valentini, Attività amministrativa e sindacato giurisdizionale nella tutela del paesaggio .

La sentenza citata, che opportunamente valorizza la transizione ecologica come “interesse indifferibile” (in argomento F. de Leonardis, La transizione ecologica come modello di sviluppo di sistema: spunti sul ruolo delle amministrazioni , cit.), osserva ulteriormente che “La posizione “totalizzante” così espressa dall’Amministrazione dei beni culturali si pone in contrasto con l’indirizzo politico europeo (Direttiva CEE n. 2001/77) e nazionale (D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387) che riconosce agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili importanza fondamentale, dichiarandoli opere di pubblico interesse proprio ai fini di tutela dell’ambiente: l’art. 12, comma 7, del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, in particolare, sancisce la compatibilità degli impianti eolici con le zone agricole, stabilendo che nella loro ubicazione si deve tenere conto “delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale ...”)”.

Nello stesso senso Cons. di Stato, sez. VI, sentenza n. 8167/2022, in Urb. e app., n. 3/2023, pagg. 346 e segg., con nota di C. Vivani, Ambiente, clima e patrimonio culturale: un approccio giurisprudenziale innovativo .

Su tale sentenza si vedano altresì F. Pellizzer e E. Caruso, Tutela della cultura e transizione ecologica nel vincolo culturale indiretto: un binomio (solo) occasionale. Alcune riflessioni a margine di Cons. Stato, sez. VI, n. 8167/2022 , in www.aedon.it, n. 2/2023.

48 G. Torregrossa- C. Varrone, L’evoluzione del concetto di amministrazione per la tutela dei beni culturali , inAnastilosi. L’antico, il restauro, la città, Roma-Bari, 1986, pag. 152.

Nel senso del rifiuto di “una concezione ampia e “olistica” del “paesaggio”, che arrivi “ad affermare - in maniera emblematica - che questa ormai ingloberebbe anche la nozione di “ambiente”, Consiglio di Stato, IV, sentenza 28 gennaio 2022, n. 624; tale decisione esplicitamente rimarca che “come affermato da parte della dottrina, resta netta la distinzione tra paesaggio e ambiente, implicando - il primo - la percezione (per lo più qualitativa) e l’interpretazione da un punto di vista soggettivo e - il secondo - prevalentemente l’apprezzamento delle quantità fisico-chimiche e dei loro effetti biologici sull’ecosistema da un punto di vista oggettivo (approccio, quest’ultimo, implicito nella nozione - centrale nella legislazione ambientale - di inquinamento, cfr. art. 5, lett. i-ter) d.lgs. n. 152 del 2006)”.

49 F. de Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost. nella legge costituzionale n. 1/2022: suggestioni a prima lettura , inApertaContrada, 28 febbraio 2022. Tale impostazione, come ricordato sopra, è ora accolta dalla sentenza n. 105/2024 della Corte costituzionale.

50 F. de Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost. nella legge costituzionale n. 1/2022: suggestioni a prima lettura , cit.

51 F. Fracchia, L’ambiente nell’art. 9 della Costituzione: un approccio in “negativo” , neIl dir. dell’ec., n. 1/2022, pagg. 15 e segg.

52 F. Fracchia, Lo spazio della pubblica amministrazione. Vecchi territori e nuove frontiere. Un quadro d’insieme , neIl dir. dell’ec., n. 2/2023, pagg. 247 e segg.

53 G. Torregrossa, Introduzione al diritto urbanistico, Milano, 1987, pag. 5; ove, peraltro, l’ulteriore precisazione, plasticamente confermata dall’analisi dei formanti, per cui “il grado di rilevanza (…) dei diversi interessi considerati non è determinabile in astratto, né in modo uniforme, ma va riferito alle singole concrete situazioni, ed è suscettibile di mutare nel tempo” (pag. 28).

54 G. Montedoro, Il ruolo di Governo e Parlamento nell’elaborazione e nell’attuazione del PNRR , in www.giustizia-amministrativa.it, 2021; lo stesso A. si mostra peraltro, a monte, critico nei confronti della nozione di sviluppo sostenibile, e di talune forme di “invadenza del giudiziario in materia ambientale”: Id., Spunti per la “decostruzione” della nozione di sviluppo sostenibile e per un critica del diritto ambientale , in amministrazioneincammino.luiss.it, 30 aprile 2009. .

55 A. Schiavello, Conoscere il diritto, Modena, 2023, pag. 65.

56 La tesi, formulata da G. Torregrossa, in Profili della tutela dell’ambiente , inRiv. trim dir. e proc. civ., 1980, pagg. 1357 e segg. (ove anche un’analisi delle principali tesi in argomento, a partire da quella di M.S. Giannini, Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici , inRiv. trim. dir. pubbl. 1973, pagg. 15 e segg.) fu espressamente accolta dalla Corte cost. nella sentenza n. 239 del 1982.

Si trattava, in sostanza di evitare di cadere nel tranello delle “etichette di successo” (su cui si veda M. Delsignore, La tutela o le tutele pubbliche dell’ambiente? Una risposta negli scritti di Amorth , in Dir. Amm.vo, n. 2/2021, pagg. 313 e segg.), per tentare di ristabilire con rigore del metodo la ricostruzione di nozioni e competenze.

A conclusioni sostanzialmente analoghe, anche se con lessico apparentemente diverso, perviene ora, dopo la riforma dell’art. 9 della Costituzione, la Corte costituzionale nella sentenza n. 105/2024, allorché afferma che “La riforma del 2022 consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela dell’ambiente, inteso come bene unitario, comprensivo delle sue specifiche declinazioni rappresentate dalla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, ma riconosciuto in via autonoma rispetto al paesaggio e alla salute umana, per quanto ad essi naturalmente connesso (….)”.

57 F. Fracchia, Lo sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana , Napoli, 2010, in specie pagg. 247 e segg.

58 G. Torregrossa, Introduzione al diritto urbanistico, cit., pag. 16; ove anche (pag. 19) il rilievo per cui “la prospettata convergenza di più (confliggenti) interessi verso una determinata ‘cosa’, non comporta una identità del ‘bene’ in senso giuridico”.

59 Osserva G. Tropea, Biopolitica e diritto amministrativo del tempo pandemico , Napoli, 2023, pag. 430, che “è questo l’aspetto a mio avviso più rilevante del principio di effettività della tutela: mettere alla prova la tenuta delle categorie tradizionali e dei “ruoli” dei doctores”.

60 Per tutti, G. Torregrossa, Profili della tutela dell’ambiente, cit.

61 N. Lipari, Premesse per un diritto civile dell’ambiente, inRiv. dir. civ., n. 2/2024, pagg. 209 e segg.; ove, tra l’altro, il rilievo per cui “Nel mutato scenario ecologico-istituzionale il diritto, anche quello privato, è chiamato a confrontarsi con nuove occasioni di danno e di pericolo, prima impensabili o sconosciute, cui corrispondono esigenze di tutela meritevoli di protezione da parte dell’ordinamento. Si tratta, in altre parole, di registrare il progressivo acquisto di rilevanza giuridica da parte di eventi lesivi un tempo privi di significato, non solo perché non riscontrabili o verificabili, ma anche (e più spesso) perché concepiti come una mera fatalità, semplici retroscena di un paradigma concettuale, quello della crescita economica, e di un sistema, quello giuridico, ritenuti non idonei ad occuparsi di eventi o situazioni che travalicano la soglia temporale del presente. Va sempre più chiaramente emergendo un bisogno di sicurezza della società, dichiarato secondo un orizzonte temporale di lungo periodo”.

62 N. Lipari, Premesse per un diritto civile dell’ambiente, cit., ove l’ulteriore affermazione secondo la quale “se ci si colloca nell’ottica della sostenibilità, non è più possibile assegnare alla proprietà e all’impresa il loro valore originario, proprio della cultura liberale, di diritti di libertà, che non consentirebbe altre limitazioni se non quelle funzionali al sistema commerciale di mercato e la cui circolazione sarebbe esclusivamente riservata alla libertà negoziale”.

63 In argomento, fra i contributi più interessanti, F. de Leonardis, L’uso strategico della contrattazione pubblica: tra GPP e obbligatorietà dei CAM , inRiv. quadr. dir. ambiente, 2020, pagg. 62 e segg.; E. Caruso, La funzione sociale dei contratti pubblici: oltre il primato della concorrenza? , Napoli; 2021; Id. Equo trattamento dei lavoratori nel nuovo codice dei contratti pubblici tra sostenibilità e risultato amministrativo , in Dir. Amm.vo, n. 4/2023, pagg. 863 e segg.;, E. Guarnieri, Funzionalizzazione e unitarietà della vicenda contrattuale negli appalti pubblici , Bologna, 2022; Id., Il principio di risultato nei contratti pubblici: alcune possibili applicazioni fra continuità e innovazioni , inDir. Amm.vo, n. 4/2023, pagg. 829 e segg.

Con riferimento al vigente codice dei contratti pubblici, G. Tropea, L’evoluzione della disciplina e i princìpi del codice, in AA.VV., Lineamenti di diritto dei contratti pubblici, Napoli, 2024, pagg. 13 e segg.

In giurisprudenza si vedano, tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2024, n. 807; e Cons. Stato, sez. III, 27 maggio 2024, n. 4701.

64 Sul problema del mancato rispetto dei criteri ambientali minimi, P. Provenzano, Spigolature in tema di criteri ambientali minimi , in M. Immordino, N. Gullo, C. Celone (a cura di), Democrazia, diritti umani e sviluppo sostenibile. Quali sfide in Italia e in Brasile? - Democracia, direitos humanos e desenvolvimento sustentável. Quais os desafios da Itália e do Brasil? , Napoli, 2024 (in corso di pubblicazione).

65 F. de Leonardis, Lo Stato ecologico. Approccio sistemico, economia, poteri pubblici e mercato , Torino, 2023, pag. XIX.

66 F. de Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost. nella legge costituzionale n. 1/2022: suggestioni a prima lettura , cit.: ove, a proposito della riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione, si osserva che “da una parte, il deciso ampliamento del perimetro dei limiti apponibili all’iniziativa economica privata (secondo comma) e, dall’altra, mediante l’aggiunta dei fini ambientali a quelli sociali a cui può essere indirizzata e coordinata dalla legge l’iniziativa economica privata (terzo comma) si costruiscono le basi costituzionali per un non scontato ritorno della politica e della programmazione industriale nel nostro Paese”.

67 G. Tropea, Biopolitica e diritto amministrativo del tempo pandemico , cit., pag. 16.

In argomento si veda anche N. Lipari, Premesse per un diritto civile dell’ambiente , cit.: “l’ottica dell’ambiente induce oggi ad una prospettiva privilegiata, da un lato per intendere il ruolo autentico

del diritto nell’esperienza contemporanea, capace di superare le logiche riduttive dell’individualismo e del formalismo, dall’altro per superare il condizionamento delle categorie qualificanti alle quali siamo stati educati”.

68 A. Touraine, La fin des sociétés, Paris, Seuil, 2013.

69 F. Fracchia, Transizioni: il punto di vista del diritto amministrativo , cit., pag. 60.

70 N. Irti,Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, inRiv. Dir. Proc., n. 4-5/2016, pagg. 917 e segg.

71 Afferma che “Il corpo giudiziario è chiamato così a superare la tradizionale ritrosia manifestata in questa materia”, C. Vivani, Climate change litigation: quale responsabilità per l'omissione di misure idonee a contrastare i cambiamenti climatici? , inAmbiente e Sviluppo, n. 7/2020, pagg. 599 e segg., n. 21.

72 A. Lo Giudice, Il dramma del giudizio, Milano-Udine, 2023, in specie pagg. 25 e segg.

L’esercizio della giurisdizione nel modello neoliberale è uno degli elementi critici riscontrati nella citata analisi di G. Tropea, Biopolitica e diritto amministrativo del tempo pandemico , cit.; ove anche (pag. 350) il rilievo di una “gara al rialzo tra corti all’insegna del diritto più neoliberale”.

In argomento C. Volpe, Protezione, garanzie e tutele in una società fluida, globalizzata e multilivello. Principi, diritti e interessi fondamentali , cit., osserva che “Il giudice, nelle lacune e nell’oscurità di una normativa farraginosa, è incentivato a ricorrere a soluzioni creative a discapito dell’applicazione della legge, con conseguenti ripercussioni sulla prevedibilità e la stabilità delle decisioni. La creatività fa parte del dna del Consiglio di Stato, ma se si crea troppo si corre il rischio di sostituirsi ai diversi poteri cui compete l’emanazione delle norme”

73 N. Lipari, Premesse per un diritto civile dell’ambiente, cit.

74 F. Frattini, Relazione del Presidente del Consiglio di Stato sull’attività della giustizia amministrativa, 22 febbraio 2022, in giustizia-amministrativa.it: ove l’invito alla giurisdizione amministrativa ad “accompagnare la modernità”, a recuperare la “fiducia dei cittadini” e la fiducia degli “osservatori della comunità internazionale e dell’Europa, e ad operare con “efficienza e credibilità”.