Un entusiasmo oltremodo smisurato si è creato intorno a questa (nuova?) tecnologia del futuro.
Come tutti ricorderete saranno trascorsi ormai più di dieci anni da quando Grillo portò sul palco con sé una macchina che non inquinava: quella macchina esisteva già da qualche anno e, se la memoria non mi inganna, il primo prototipo risale all'inizio degli anni '80 (per non parlare delle applicazioni in campo aerospaziale che risalgono ai tempi dello sbarco sulla luna, vero o presunto che fosse).

L'idrogeno è solo una forma dell'energia e il suo impatto sulla salute pubblica e sull'ambiente dipenderà dal modo in cui verrà immagazzinato, se come idrogeno gassoso o liquido, o come metanolo. Solo nelle prime due forme l'idrogeno sarà effettivamente privo di emissioni, mentre se come vettore energetico verrà usato il metanolo vi saranno ancora emissioni di CO2 (gas serra). Altri gravi problemi che non verrebbero eliminati sono l'impatto del traffico sull'ambiente urbano, il consumo di suolo, la congestione, il rumore, gli incidenti e il rilascio di sostanze chimiche. Ammettendo anche una riduzione dei fenomeni di inquinamento locale legati al trasporto su strada e marittimo, dovuti alla combustione e al rilascio di idrocarburi incombusti, il problema da affrontare è legato alla produzione dell'idrogeno, che è, come già accennato, solo un mezzo di trasporto dell'energia e non, come nel caso degli idrocarburi, una fonte di energia esso stesso. L'idrogeno può essere ottenuto dall'elettrolisi dell'acqua o dal gas naturale (metano). La prima soluzione sarà quella che quasi sicuramente si imporrà sul lungo periodo, ma la produzione da gas naturale sembra quella che avrà la meglio nel prossimo ventennio. Il problema ad essa legato è la consistente produzione di anidride carbonica (gas serra) come scarto del processo produttivo: questa soluzione lascerebbe praticamente insoluto il problema del riscaldamento planetario dovuto al rilascio in atmosfera dei gas serra (sebbene vi siano sistemi di contenimento del rilascio dei gas nell'atmosfera). Inoltre questo significherebbe che ci toccherà assistere ancora a lungo a guerre per il controllo dei giacimenti di idrocarburi.
Altro grosso problema è inoltre l'enorme dispendio di energia in fase di produzione: la soluzione ottimale sarebbe quella di sfruttare energie rinnovabili, come previsto dalle politiche per lo sviluppo sostenibile in Islanda, che sarà probabilmente il primo Paese al mondo a convertire la propria economia interamente all'idrogeno entro il 2040 (stime dell'Icelandic New Energy Co. Ltd., INE), idrogeno interamente prodotto utilizzando energie rinnovabili e senza produzione di gas serra.
Questa sarà la vera via maestra da seguire per tutti i Paesi del mondo, e sono apprezzabili gli sforzi fatti in questa direzione dalla Comunità Europea, che non ha accesso diretto ai giacimenti di idrocarburi. Purtroppo, però, le tecnologie che consentiranno la commercializzazione a breve su larga scala delle autovetture a idrogeno (prevista per il 2010) sono tutte basate sulla produzione da idrocarburi. Il dibattito scientifico è più che mai acceso, poiché gran parte delle ricerche in questo campo sono condotte da case automobilistiche e da multinazionali del petrolio, che dispongono già di capitali e strutture per rendere disponibile l'idrogeno (prodotto prevalentemente da gas naturale) per quella data come nuovo combustibile. Il progresso dunque, almeno inizialmente, sarà meno significativo di quello che si crede ed i benefici ad esso legati saranno potrebbero essere più limitati del previsto. Le politiche dei singoli stati potranno fare la differenza, tassando gli idrocarburi tradizionali e finanziando lo sviluppo delle tecnologie sostenibili, ma la scommessa è ancora aperta.

Luca Palazzotto