Cass. Sez. III n. 20403 del 13 maggio 2013 (Cc 26 feb. 2013)
Pres. Mannino Est. Marini Ric. PM in proc. Edilpower ed altro
Sviluppo sostenibile. Impianti fotovoltaici ed impatto sull'ambiente ed il paesaggio

In tema di impianti fotovoltaici, la differenza fra gli impianti minori, realizzabili mediante la presentazione di D.i.a. conforme agli strumenti urbanistici e quelli di maggiori dimensioni, che richiedono la più complessa procedura autorizzatoria prevista dall’art.12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n.387, risiede nella diversa incidenza degli interventi sul bene paesaggio e ambiente. La natura del bene tutelato e le caratteristiche della procedura di autorizzazione rendono evidente come la compromissione del paesaggio e dell’ambiente non si esaurisce con la sola edificazione dell’impianto e danno conto delle ragioni per cui l’art.12, citato, affermi al comma 4 che l'autorizzazione costituisce «titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto». Tale espressione giustifica l'interpretazione secondo cui l’assenza dell’autorizzazione riveste rilevanza anche in corso di esercizio ed esclude che la conclusione delle opere di edificazione comporti il venir meno delle esigenze cautelari che sostengono il provvedimento cautelare.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 26/02/2013
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 491
Dott. MARINI Luigi - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere - N. 39610/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi;
"ECOPOWER II S.r.l.";
"GIRASOLE II S.r.l.";
Nel procedimento a carico di:
BUGLISI Gaetano, nato a Milazzo il 27/6/1974, e altri;
avverso l'ordinanza del 9/7/2012 del Tribunale di Brindisi, che ha accolto parzialmente l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari in sede in data 11/6/2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Mazzotta Gabriele, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso del Pubblico ministero e annullamento con rinvio in relazione ai ricorsi delle parti provate;
uditi gli avv. Apa Nivola e Manfreda Massimo, che hanno concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso del Pubblico ministero.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto in data 11/6/2012 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Brindisi ha accolto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla Procura della Repubblica in sede ed avente ad oggetto alcuni impianti di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica (di seguito impianti fotovoltaici) situati nel numero di sette in località Falli-Agro e nel numero di due in località Verardi, Comune di San Donaci. I reati per cui si procede e che fondano la misura cautelare sono costituiti dalla violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per gli impianti in località Falli-Agro, e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, per gli impianti in località Verardi. Le ipotesi di reato prevedono, altresì, la violazione degli artt. 81, 359 e 481 c.p., ma non includono l'ipotesi di lottizzazione abusiva (ricorda il Tribunale che in altri simili casi tale ipotesi era stata avanzata dalla pubblica accusa). Fatti commessi tra il febbraio 2008 e il 30/12/2010.
Nella sostanza, l'ipotesi dell'accusa ha per oggetto la strumentale frammentazione di un unico progetto in due separate iniziative in modo da fare ricorso alla sola procedura per D.i.a. ed evitare le procedure autorizzazione che sarebbero state, invece, necessarie (permesso di costruire e autorizzazione unica regionale, per entrambi, nonché autorizzazione paesistica per il secondo). 2. Avverso tale decisione le società che gestiscono gli impianti hanno presentato istanza di riesame con la quale si contesta l'esistenza delle esigenze cautelari poste a fondamento del sequestro e sì chiede che gli impianti siano restituiti nella disponibilità dei gestori.
3. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Brindisi ha parzialmente accolto la richiesta di riesame, disponendo la restituzione degli impianti situati in località Falli-Agro e confermando il vincolo per quelli situati in località Verardi.
Osserva il Tribunale che il tema delle esigenze cautelari deve essere affrontato muovendo dalla premessa che gli impianti sono ultimati da tempo e in esercizio e che un esame della concreta situazione in atto conduca ad escludere che per gli impianti situati in località Falli- Agro si possa ravvisare alcun pregiudizio ulteriore rispetto al pregiudizio già realizzato con l'edificazione delle opere. Rileva a tal fine, poi, che il tema degli utili da gestione e della percezione di incentivi pubblici è del tutto estraneo rispetto alla contestazione, che attiene alle sole violazioni urbanistiche. A diversa conclusione deve giungersi per gli impianti siti in località Verardi, per i quali il pregiudizio alla disciplina paesaggistica risulta attuale e pacificamente rilevante secondo la giurisprudenza di legittimità.
4. Avverso tale decisione hanno proposto ricorso sia il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi sia i legali rappresentanti delle società Ecopower II e Girasole II, interessate alla gestione degli impianti situati in località Verardi. Il Procuratore della Repubblica in sintesi lamenta:
errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all'art. 321 cod. proc. pen. e artt. 104 e 104 bis disp. att. c.p.p., e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) sotto il profilo del mancato apprezzamento di elementi essenziali della fattispecie giuridica. In particolare, osserva:
Con decisione della Corte di cassazione n.8441 del 25/1/07 (rv 236527) si è chiarito che il sequestro dell'immobile ha la finalità di limitare "il godimento e l'uso del bene che costituisce il prodotto del reato già consumato" e che l'aggravamento del carico urbanistico costituisce "protrazione delle conseguenze del reato". Tale principio trova supporto con riferimento agli impianti in esame nella disciplina degli artt. 104 e 104 bis disp. att. c.p.p., che per gli impianti produttivi prevede espressamente la nomina di un amministratore e, dunque, concilia il provvedimento di sequestro con la continuità della gestione. Erra, dunque, il Tribunale nel limitare il giudizio al solo carico urbanistico e nel tralasciare del tutto "le ulteriori conseguenze dovute all'uso e al godimento dell'opera abusiva al di fuori di ogni controllo prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti"; e ciò vale anche per le conseguenze dall'esercizio degli impianti discendono nei rapporti pubblicistici, soprattutto con riguardo alle erogazioni di sovvenzioni pubbliche legate alla produzione di energia (1).
Infine, il Tribunale omette di considerare che il rilascio dell'autorizzazione unica regionale "costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato", così che l'assenza dell'autorizzazione priva di legittimità anche la fase di gestione e ciò dimostra l'esistenza di un pericolo di aggravamento e protrazione delle conseguenze da reato che deve essere fronteggiato con il sequestro (2).
Il legale rappresentante di ECOPOWER II S.r.l. in sintesi lamenta:
a) Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione al "fumus" di reato, posto che il Tribunale esamina il tema solo con riferimento alla mancanza di autorizzazione;
b) Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) con riferimento alle esigenze cautelari, per avere il Tribunale omesso di chiarire quale in cosa consista l'aumento di carico urbanistico che giustifica la misura;
c) Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) posto che l'area era compatibile con la realizzazione di impianti fotovoltaici e che il Tribunale non illustra le ragioni per cui la mera assenza di autorizzazione rende gli impianti in contrasto con le caratteristiche dell'area: valutazione che va operata in concreto.
Il legale rappresentante di GIRASOLE II S.r.l. in sintesi lamenta:
a) Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione al "fumus" di reato, posto che il Tribunale esamina il tema solo con riferimento alla mancanza di autorizzazione;
b) Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) con riferimento alle esigenze cautelari, per avere il Tribunale omesso di chiarire quale in cosa consista il pregiudizio che l'esercizio degli impianti comporta in relazione al bene paesaggio.
Con memoria depositata in data 9/2/2013, la Difesa dei ricorrenti privati osserva:
1) Il ricorso del Pubblico ministero è inammissibile in quanto i profili di assenza di motivazione consistono, in realtà, in censura della motivazione del Tribunale;
2) Il ricorso è, altresì, infondato in quanto il fine del sequestro non è quello di impedire il godimento del bene oggetto di reato, bensì quello di evitare che il reato sia portato a ulteriori conseguenze con riferimento alla "offesa al bene protetto che sia in rapporto di connessione con la condotta penalmente illecita" (Cass., sent. n.8441 del 2007); ne consegue che il sequestro non può essere adottato in relazione a beni e finalità diversi;
3) Analoga conclusione con riferimento all'invocata applicazione degli artt. 104 e 104 bis disp. att. c.p.p., posto che la nomina di un amministratore può essere effettuata in presenza di un legittimo atto di sequestro e in relazione alle esigenze di gestione del bene, ma va escluso che la previsione del citato art. 104 bis possa costituire fondamento della decisione di procedere al sequestro. In realtà (pagg.7-8 della memoria) la gestione di un impianto fotovoltaico non comporta alcuna aggravamento del carico urbanistico e del bene paesaggio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene opportuno rimuovere subito un possibile equivoco:
in assenza di contestazione cautelare dell'ipotesi di reato ex art. 316 ter cod. pen. e di indicazioni di elementi di fatto coerenti, non può trovare ingresso in questa sede l'argomento che il Pubblico ministero ha introdotto riguardante i termini contrattuali e i relativi profili economici; questi non costituiscono elementi direttamente conseguenti le condotte oggetto dei reati che fondano il sequestro e non possono essere adesso portati a sostegno dell'esistenza di esigenze cautelari che giustificano la misura. 2. Analoga valutazione critica deve essere operata con riferimento alle finalità argomentative che il Pubblico ministero intende perseguire mediante il richiamo operato agli artt. 104 e 104 bis disp. att. c.p.p.. La lettura congiunta delle due disposizioni rende evidente che il legislatore ha inteso approntare strumenti che consentano all'autorità giudiziaria di custodire efficacemente un bene sequestrato che abbia natura dinamica (azienda; realtà produttiva; realtà economicamente in divenire), ma non ha inteso in tal modo incidere sui presupposti che presiedono all'emissione del provvedimento cautelare.
3. Venendo ai restanti argomenti del Pubblico ministero e a quelli introdotti dalle difese, va ricordato che la differenza fra gli impianti minori, realizzabili mediante la presentazione di D.i.a. conforme agli strumenti urbanistici (si veda anche la procedura semplificata prevista dal, e quelli di maggiori dimensioni, che richiedono la più complessa procedura autorizzatoria prevista dal D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12, risiede nella diversa incidenza degli interventi sul bene paesaggio e ambiente. La natura del bene tutelato e le caratteristiche della procedura di autorizzazione rendono evidente come la compromissione del paesaggio e dell'ambiente non si esaurisce con la sola edificazione dell'impianto e danno conto delle ragioni per cui l'art. 12, citato, affermi al comma 4 che l'autorizzazione costituisce "titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto". 4. Tale espressione giustifica l'interpretazione secondo cui l'assenza dell'autorizzazione riveste rilevanza anche in corso di esercizio ed esclude che la conclusione delle opere di edificazione comporti il venir meno delle esigenze cautelari che sostengono il provvedimento cautelare. Sul punto si registrano in realtà valutazione non coincidenti del giudice di legittimità. Questa Sezione con la sentenza n. 24986 del 13/4/2012, P.M. in proc. Di Giglio e altri, avente ad oggetto le violazioni connesse ad impianti fotovoltaici gestiti dalla soc. Geos e altre, ha affermato il principio che l'offesa la bene protetto viene realizzata con la costruzione degli impianti in assenza di autorizzazione, e che non si vede quale altro impatto sull'ambiente possa avere luogo a seguito del funzionamento degli impianti, posto che il carico urbanistico sul territorio non può dirsi sensibilmente aggravato a seguito della limitata presenza umana. Osserva, invece, Sez. 3, n.44494 del 17/10/2012, P.M. in proc. Girasole II S.r.l., che la circostanza che i lavori siano ultimati non fa venire meno le esigenze cautelari, la cui esistenza deve essere verificata in concreto in relazione all'impatto ambientale dell'impianto.
5. Tale ultima decisione segue quella con cui la medesima Sezione ha affrontato compiutamente il tema della identificazione degli interessi tutelati (sentenza n.38733 del 20/3/2012, Ferrerò e altro). La lettura della motivazione consente di apprezzare come l'autorizzazione unica debba tenere conto delle caratteristiche complessive della zona a vocazione agricola, a partire dalla tutela delle biodiversità per giungere al paesaggio rurale. Del resto, il D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 3, afferma in maniera inequivoca che la autorizzazione unica deve avere come riferimento il rispetto della normativa in tema di ambiente, di paesaggio e di patrimonio storico artistico; affermazione che supera il mero riferimento all'assetto urbanistico del territorio e al concetto di "carico urbanistico", mettendo in relazione il rilascio dell'autorizzazione a realizzare e gestire l'impianto non solo coi tradizionali beni tutelati dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, ma anche con i beni sopra indicati. Così non fosse, non si comprenderebbe la ragione di una procedura autorizzativa che, per gli impianti di capacità maggiore di 1 MW elettrico (sulla persistenza di tale limite si veda il D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 6, comma 9), comporta il coinvolgimento di plurime amministrazioni. 6. Si passa, così, da una concezione statica della realizzazione degli impianti a una concezione dinamica del loro impatto sul territorio, riproponendo in qualche modo la differenza che, in termini di esigenze cautelari, esiste fra il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) e c), e il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181. 7. Sulla base delle considerazioni che precedono questo giudice ritiene che l'esercizio dell'impianto di produzione di energia di tipologia come quella in esame non costituisca fattore riconducibile alla mera presenza fisica dell'impianto nelle sue articolazioni e non sia paragonabile a quello di un manufatto. Non solo gli interventi di controllo e manutenzione comportano accessi e presenza di persone, ma deve considerarsi che l'estensione degli impianti, la produzione e conduzione di energia elettrica, gli effetti sull'ambiente propri di un'ampia estensione di materiali tecnologici sono tutti elementi che depongono per la permanenza di una compressione permanente dei beni protetti: come si accennava, non soltanto il carico urbanistico, ma anche il bene paesaggio e più in generale il bene equilibrio ambientale.
8. Così fissata l'interpretazione che deve essere data del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12 in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, la Corte considera che le affermazioni prospettate dalle difese in ordine alla situazione ambientale e alle caratteristiche degli impianti introducono esattamente quelle censure in fatto che hanno ravvisato nel ricorso del Pubblico ministero e che non possono trovare ingresso in sede di legittimità alla luce del dettato della prima parte dell'art. 325 c.p.p..
9. Un'ultima osservazione sì impone con riferimento alla invocata specialità delle sanzioni amministrative rispetto alla rilevanza penale dei fatti invocata dal Pubblico ministero. Le sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 44 ai commi 1, 2 e 3 sono applicate ai casi di costruzione e gestione degli impianti in parola "fatte salve", ai sensi del successivo comma 4, le diverse sanzioni previste dalla legge. Si tratta con ogni evidenza di previsione che non esclude la sussistenza del "fumus" di reato. Deve conclusivamente affermarsi che l'ordinanza impugnata merita di essere annullata a causa del vizio interpretativo sopra illustrato e che spetterà al giudice di rinvio sanare avendo riguardo ai principi fissati in questa sede e all'esame della effettiva situazione di fatto in relazione all'attualità delle esigenze cautelari.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Brindisi per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2013